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Passò poi, dal 1506 al 1513, al servizio del re di Francia.
Fu quindi la volta della Roma di Papa Leone X, in cui però non ricevette incarichi di
grande spessore: nell’agosto del 1516, dopo aver ricevuto continui inviti dal re
francese, suo fervente ammiratore, Leonardo decise allora di trasferirsi in Francia alla
ricerca di nuovi spazi in cui esprimere la propria arte. Qui ricevette finalmente il
trattamento principesco di cui si sentiva degno: gli fu infatti assegnato come dimora il
magnifico castello di Cloux presso la residenza reale di Amboise e conferito il titolo di “
Primo pittore, architetto e meccanico del re”, senz’alcun obbligo e con la piena libertà
di dedicarsi agli studi e alla meditazione.
Leonardo non inventa né scopre ma applica. Sperimenta principi già noti con curiosità
e immaginazione senza pari. Il suo merito sta piuttosto nell'aver sentito il bisogno, non
avendo sufficienti nozioni in una materia specifica, di trovare, adottare e perfezionare
un metodo innovativo di ricerca, un modo di pensare fatto di continui rimandi tra
norma e applicazione, tra enunciazione teorica e sperimentazione. Ecco il vero germe
dell'ingegnere moderno. Se sul piano della pratica professionale altri ingegneri furono
più puntuali e concreti di lui, nessuno mai si pose gli stessi problemi
nell'approfondimento e nella trasmissione del sapere.
Leonardo è un vero e proprio ingegnere in quanto si preoccupa soltanto dell'efficienza
e vede nei propri sforzi soltanto un mezzo per dominare il mondo materiale. Per
Leonardo l'arte è scienza e la scienza è arte. Difatti non è possibile scindere i due
aspetti, essendo la conoscenza del mondi legata alla creazione dell'opera d'arte e la
pittura, architettura alla conoscenza, rappresentazione e divulgazione dei segreti che
governano natura ed uomo. La pittura è l'unico mezzo per cercare di possedere la
bellezza attraverso la sua percezione e rappresentazione, nonostante i limiti stessi
dell'uomo scoraggino l'impresa: dunque una concezione visiva, anche "ottica", della
realtà. La scienza è alla base della visione e rappresentazione del reale, rendendo la
pittura un atto meramente "mentale" ed infatti attraverso la contemplazione del
dipinto il fruitore dell'opera si approprierà della scienza della pittura. Nella scienza, a
differenza della letteratura, non si può procedere per "citazioni" poiché imparare dalla
natura significa comprenderne le leggi che la governano: come diceva Aristotele era
sbagliato discorrere riferendosi alle autorità del periodo perché così facendo si
metteva da parte l'ingegno e ci si limitava ad adoperare citazioni mnemoniche.
Si avrà proprio con Galileo tra il XVI e il XVII secolo la prima delineazione del metodo
scientifico grandemente anticipato da Leonardo e molti altri prima di lui: bisogna
partire induttivamente dall'osservazione dei fenomeni per risalire alle leggi,
sperimentandole attraverso lo strumento matematico e infine verificandole negli
effetti. Così non è più ammesso un vincolo che possa derivare da verità assolute come
quelle religiose che Leonardo lascerà agli uomini di Chiesa. Al massimo potrà esserci
una sorta di "compromesso" di concessione "deduttiva" assicurata da un sapere
basato sulle cause acquisite degli eventi: questo fare sarà coronato dall'affermazione
"intendi ragione e non ti bisogna sapienza".
La superiorità della Natura rispetto all'uomo sta nel fatto che nulla in essa è mutabile
dall'uomo stesso e nessun tratto delle leggi universali potrà essere trasformato ma
solo imitato attraverso una buona applicazione della tecnica. Nello svolgere il suo
lavoro Leonardo attinge dall'architettura "concreta" di Francesco di Giorgio. La
costruzione viene indagata con particolare attenzione ai problemi di statica e di
tipologia strutturale, con approfondimenti in campo fisico sulle reazioni di vincolo.
Leonardo è più ingegnere di Alberti sebbene più interessato alla rappresentazione del
progetto che alla sua pratica esecuzione; egli concepirà sempre la costruzione come
un problema di metodo, con precise regole e princìpi che vanno indagati e rispettati
pur senza giungere al cantiere. Nel campo della statica Leonardo arriva persino ad
enunciare teoremi procedendo per simulazioni ed ossia risolvendo una casistica di
problemi senza fare alcun esperimento ma bensì attraverso un facile ragionamento
intuitivo e un calcolo matematico semplificato. Nel Codice di Madrid I affronterà così il
problema del carico su archi e volte riuscendo a calcolare con buona approssimazione
le tensioni dei conci e la loro disposizione lungo l'asse neutro da lui definita come
"linea neutra". Leonardo è stato il primo a lasciarci interessanti studi circa la
formulazione matematica del proporzionamento e della resistenza dei muri, la
diagnosi dei dissesti statici attraverso l'analisi delle lesioni, il calcolo della solidità delle
travi in relazione alle caratteristiche del materiale, al grado di elasticità e al tipo di
vincolo.
Come si è notato, non tutto ciò che Leonardo rappresenta è di sua invenzione,
trattandosi più spesso della prima rappresentazione di congegni già in uso da tempo.
In precedenza, però, nessuno aveva mai proposto un così grande numero di
applicazioni meccaniche dedotte dai principi generali attraverso una rigorosa analisi
quantitativa e una schematizzazione geometrica. Egli parte dalla meccanica praticata
nelle botteghe dagli artigiani privi di conoscenze dell'antica statica geometrica e fa un
grande sforzo di aggiornamento studiando gli elementi della geometria e applicandoli
al campo delle macchine di cui ora, in maniera più attenta di prima, riconosce i limiti
nell'attrito, negli ostacoli naturali di vario tipo e nella limitata resistenza dei materiali.
L'edificio stesso, per Leonardo, non va considerato come struttura statica formata da
parti proporzionate, ma quale organismo vivente composto di membri in equilibrio
dinamico, proprio come l'uomo. Anche la terra è un organismo vivente, solcato dai
fluidi dove ogni flusso di liquidi avviene secondo leggi meccaniche: lo stesso
dell'uomo. In più punti della sua attività Leonardo torna sull'importanza
dell'illustrazione insostituibile con un semplice testo descrittivo, mostrandosi
consapevole della qualità grafica da esso stesso raggiunta: il disegno è fondamentale
per rappresentare da più punti di vista le parti meccaniche che formano un abaco di
elementi atti a comporre un numero tendenzialmente infinito di macchine come poi
del resto avviene per le parti degli organismi viventi.
Sebbene Ghiberti, nei Commentari, nel trattare le arti liberali esprima il fatto che il
pittore debba conoscere anche le teorie del disegno e la prospettiva (e quindi la
geometria) che prima non vi figuravano, resta per l’artista la condizione di “sine
litteris” per la mancanza di conoscenza del latino, a differenza degli uomini di scienza
e dei letterati. Di qui le difficoltà di Leonardo nell’esprimere in forma appropriata e
accessibile i propri concetti e soprattutto nel giungere a un compendio definitivo nelle
tante discipline che egli coltiva. Insomma nel caso del Libro di Pittura, così come negli
altri trattati, Leonardo voleva superare la precettistica usuale per collocare finalmente
la pittura nel nuovo rango delle discipline “conoscitive” e liberali. Ma Chastel
sottolinea l’equivoco in cui si incorre, ancora una volta se si considera Leonardo al di
fuori del contesto quattrocentesco fiorentino, ossia di una consolidata “cultura di
bottega”. Certo, le possibilità divulgative offerte dalla nuova stampa a
caratteri mobili stimolano una diffusione del sapere che però non è prerogativa del
solo Leonardo. Ingegneri costruttori di orologi o di macchine idrauliche, ma anche
esperti militari, cominciano a redigere tratti su queste discipline. Leonardo non è
diverso, per formazione, da altri uomini <<senza lettere>> del suo tempo, tanto che
egli fu indirizzato proprio dal padre verso le arti meccaniche proprio per la sua scarsa
applicazione nello studio. Solo nel mezzo della propria esistenza egli comincia a
dedicarsi alla lettura e alla scrittura.
Volgendo lo sguardo al “dopo Leonardo”, noteremo come alla metà del Cinquecento
l’antico “maestro di ingegni” sia ormai costruttore in campo civile e militare, offrendo
non di rado anche contributi in ambito architettonico. L’ingegnere è sperimentatore,
applicatore di nuove tecniche, favorendo grazie alla sua curiosità e caparbietà, il
progresso delle procedure e delle “regole dell’arte”; egli riesce, sulle orme di Leonardo
e della tradizione aristotelica, ad applicare magistralmente la matematica e la
geometria nel proporzionamento di strutture e parti di meccanismi. Infine, è abile nel
trarre dall’esperienza principi enunciabili in formule utili alla creazione di un apparato
teorico per le nuove scienze sperimentali.
A valle dell’opera di Leonardo, gli ingegneri mostreranno un sapere sempre più vasto e
lontano dalla pratica di bottega e sempre maggiori capacità matematiche nel campo
del disegno prospettico e del rilievo, che si accompagneranno a una pratica derivata
da lunghe osservazioni.
I nuovi tecnici, ossia l’artigiano o il meccanico di bottega, si trasformano così nel
tecnico di prestigio al servizio del signore o dello Stato, nell’artista che progetta opere
pubbliche, civili e militari ed è consigliere tecnico dei potenti, acquisendo sempre più
credito e autorità, oltre che una nuova condizione sociale, tanto da imporsi o quanto
meno porsi sullo stesso piano dei letterati e dei filosofi. Da qui anche i dotti e avvenuti
si interessano al mondo delle macchine, quell’apparato sempre più ricco di tecniche e
strumenti atti a dominare la natura, a controllare i processi e le forze. Qui comincia
anche la “popolarità” degli ingegneri all’interno del mito umanistico dell’”homo faber”
presso tutti coloro che ammirano le loro conoscenze dei meccanismi artificiali. Ad ogni
modo, lo scatto in avanti non si sarebbe mai compiuto senza l’appello alla “certezza
delle matematiche” da parte di Leonardo e degli uomini della sua epoca, senza
l’interesse per la geometria e per le sue applicazioni pratiche, e senza il recupero
umanistico dei testi di Euclide, Archimede e tanti alti. In questo clima sono sempre più
numerosi i tecnici di origine “