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Vediamo, nell’immagine, una rappresentazione di ciò che avviene. Le proteine del reticolo endoplasmatico

vengono trasferite al Golgi tramite la formazione di vescicole, trasportate, grazie al citoscheletro, fino alla

cisterna cis dell’apparato del Golgi. Ci sono 2 modelli che spiegano come le proteine viaggino all’interno del

Golgi:

• Secondo il primo modello, le cisterne cis, mano a mano che si formano dal cis Golgi network,

maturando, diventano cisterne mediali e poi trans. Quindi si ha una continua formazione di cisterne

cis. A sua volta, la cisterna trans si dissolve nel trans Golgi Network, trasformandosi in una serie di

vescicole. Ci sarebbe dunque una maturazione delle cisterne del Golgi.

• La seconda modalità attestata è una comunicazione diretta tra le cisterne, ognuna delle quali può

produrre delle vescicole: esse si muovono di moto anterogrado (cis-medial-trans) e uno retrogrado

(trans-medial-cis). Dal cis si possono originarie vescicole che contengono le proteine residenti nel

reticolo endoplasmatico che viaggiano a ritroso fino al reticolo endoplasmatico. Dal trans Golgi

network originano varie vescicole che hanno distinte destinazioni. Le proteine possono essere

indirizzate alla membrana plasmatica o entrare nella via endocitotica.

Come si forma una vescicola?

Nel formarsi, la vescicola si contorna di un involucro proteico. Sul lato

citoplasmico si forma un polimero che costituisce una sorta di capside

virale che contorna la vescicola. Nella vescicola sono presenti dei

recettori, che permettono il riconoscimento (tramite specifici segnali), e

le proteine da trasportare (dette anche “cargo”). Insieme viaggia anche

una proteina che si chiama “v-snare”, che serve per il riconoscimento e

per la fusione delle vescicole con le altre membrane.

La formazione del rivestimento vescicolare da vita ad una struttura

rotondeggiante, dopodiché avviene il distacco mediato da proteine

particolari. Una volta staccata, la vescicola perde il rivestimento e può

essere riconosciuta dal citoscheletro, che la porta a destinazione.

L’organello accettore riconosce la vescicola grazie a un complesso

proteico, una sorta di antenna, che identifica i tipi di vescicola che

possono ancorarsi ad esso. Si forma un complesso proteico che

promuove l’ancoraggio della vescicola all’organello accettore grazie alla v-snare e grazie al recettore posto

sulla membrana dell’organello accettore (t-snare). In questo modo, avviene la fusione delle membrane.

Il primo processo è la gemmazione che richiede la presenza di determinate proteine sull’involucro esterno: le

principali sono COP I, COP II e clatrina. Servono dei fattori che permettano lo scambio della guanina,

perché questo sistema di trasporto vescicolare è mediato da G protein. Infatti le GTPasi sono G proteins

(Sar1-ARF, Rab). Il trasporto delle vescicole coinvolge, invece, il citoscheletro, specificamente il sistema

dei microtubuli. Il riconoscimento richiede complessi di riconoscimento come la Rab ed i fosfoinositidi, tipi

di lipidi particolari le cui tipologie differiscono in base alla fosforilazione dell’inositolo. Infine abbiamo la

fusione, mediata dalle snare.

I rivestimenti

Le vescicole che originano nel reticolo endoplasmatico sono rivestite da una proteina che si chiama COP II e

si fondono con le cisterne dell’apparato del Golgi. La formazione di vescicole dalle cisterne dell’apparato del

Golgi, invece, avviene grazie a rivestimenti della proteina COP I, vescicole che si possono muovere sia in

senso anterogrado sia retrogrado fino anche a formare vescicole che vanno a fondersi col reticolo

endoplasmatico. Le vescicole che si formano dal trans Golgi network, che vanno a fondersi alla membrana

plasmatica, sono anch'esse rivestite dalle COP I. Le vescicole, invece, che si originano dalla membrana

plasmatica dalle vescicole di secrezione (che tornano indietro verso il Golgi), oppure che dal Golgi vanno

verso la via endocitotica, sono rivestite da un’altra proteina che si chiama “clatrina”. Questi due tipi di

vescicole sono un po’ diverse tra di loro, le più piccole sono quelle di clatrina, mentre le più grandi sono

quelle di COP I, mentre quelle di COP II sono di misura intermedia.

Le vescicole di clatrina

Queste sono le vescicole di clatrina, le prime ad essere state scoperte. La clatrina costituisce il rivestimento

delle vescicole (la forma sembra quella dei palloni da calcio), formato da una gabba sferica molto rigida che

ha delle finestre esagonali ed alcune pentagonali. La clatrina è costituita da trimeri che prendono il nome di

trischeli. Queste sono immagini al microscopio elettronico di trischeli e a fianco vediamo una

rappresentazione di come sono disposti. I trischeli sono trimeri di cui ciascun monomero è formato da una

catena pesante e una catena leggera. La gabbia di clatrina non è costituita semplicemente dalla

giustapposizione di questi trischeli, bensì da una loro sovrapposizione. Ciò contribuisce a creare una gabbia

rigida, che può essere mantenuta assieme grazie ad una caratteristica vantaggiosa della clatrina, ovvero il

fatto che essa può essere aggiunta e rimossa nel ciclo.

La clatrina assicura questo scheletro attorno alla vescicola, consentendo e assicurando la sua formazione,

perché, man mano che si assembla attorno alla membrana, favorisce la struttura rotondeggiante della

vescicola, che tende ad allontanarsi dal resto dell’organello. Questo è favorito dal dominio delle catene

pesanti, che è in grado di legare dei fattori presenti sulla membrana stessa della vescicola. Questi fattori sono

i complessi adattatori: qui vediamo indicata l’adaptatina. I complessi adattatori sono reclutati sulla

membrana dai recettori della molecola cargo. Ovvero, sulla membrana dell’organello che produce la

vescicola, le molecole cargo si associano ai loro recettori, i quali a loro volta sono capaci di associarsi ai

complessi adattatori. I complessi adattatori richiamano a sé i trischeli di clatrina che possono assemblarsi

l’uno con l’altro. È una specie di gioco ad incastro, attraverso cui avviene la formazione di complessi

macromolecolari, che in base alla loro disposizione portano al piegamento della membrana. Infine, sempre

più molecole cargo si associano ai recettori e quindi a complessi adattatori e alla clatrina, andando a formare

la struttura vescicolare. La struttura vescicolare sarà ancora legata all’organello da cui si sta dipartendo e la

separazione avverrà grazie ad una proteina che è la dinamina (avevamo già visto una proteina simile,

richiesta per la fissione dei mitocondri).

La

dinamina media la separazione delle vescicole dagli organelli membranosi,

permettendo la chiusura della struttura costituita dalla clatrina. Perché serve la clatrina? Finché la vescicola è

posta nella prossimità dell’organello da cui si è originata, in presenza di clatrina, non può più muoversi o

tornare indietro. In più, le vescicole che originano da un organello, hanno un rivestimento particolare che è

diverso da quello che origina da un altro organello. Questo serve perché non ci sia confusione nel traffico

vescicolare intracellulare. Successivamente, le vescicole devono liberarsi, per permettere la successiva

fusione.

Questa è una visione del complesso di adattamento: si legano specifici segnali che sono presenti sui recettori

e che servono per legare specifici complessi d’adattamento. Abbiamo visto l’adattatina, un complesso che

serve per la formazione delle vescicole rivestite di clatrina, ma ogni complesso, quelli di COP I o II

richiedono tipi diversi di complessi adattatori. Questi sono posti sul dominio dei recettori che sporgono nel

citoplasma (i recettori sono proteine trans-membrana) riconosciuti specificamente dal complesso adattatore.

Questa è la visione della polimerizzazione della dinamina: la dinamina polimerizza formando una struttura

elicoidale attorno alla membrana e man mano “strozza” le due membrane in modo che si avvicinino. Lo

scopo è di avvicinare gli strati lipidici, in modo che vadano a fondersi spontaneamente. Nello strizzare la

struttura, l’acqua viene spinta verso la vescicola o verso l’interno dell’organello, in modo da rendere

l’ambiente sempre meno acquoso e più favorevole allo scambio di molecole tra i due strati lipidici. La

fusione tra due membrane è favorita quando tra le due non è presente l’acqua, perché, essendo i doppi strati

anfipatici, se c’è un ambiente acquoso e ionico in mezzo, è impossibile che le membrane possano fondere (lo

stesso principio vale anche per la fusione delle vescicole col loro bersaglio).

Come si separa il rivestimento dalle vescicole?

Il rivestimento si separa grazie ad alcune proteine presenti nel citosol. La oxidina è una chaperonina della

classe hsp70. Questa, modifica la struttura dei trischeli della clatrina impedendone il legame ai complessi

adattatori. A questo punto, in assenza della clatrina, anche i complessi adattatori si dissociano, per cui la

vescicola rimane priva della clatrina ma anche dei complessi adattatori sulla superficie dei recettori.

Le vescicole rivestite da COP II

Queste vescicole appartengono alla prima tappa del percorso biosintetico. Esse gemmano dal

reticolo endoplasmatico e contengono un carico composto da: proteine solubili (che si legano a

specifici recettori), alcune proteine legate alla membrana, alcune v-SNARE e altre proteine

deputate all' “impacchettamento” del carico, condizione necessaria per permettere alla vescicola di

trasportare un carico abbondante in un volume molto contenuto.

Nella formazione della vescicola di COP II è impiegata una piccola proteina G, chiamata Sar1:

inattiva se legata al GDP, si attiva grazie ad uno scambio con il GTP, con conseguente

cambiamento conformazionale ed esposizione di un'elica anfipatica, formata da residui

amminoacidici ionici e idrofobici. La parte idrofobica di questa elica permette il legame tra Sar1 e il

reticolo endoplasmatico (sul versante citosolico) e l'assemblamento di altri componenti che,

successivamente, andranno a legarsi sia al recettore che al COP II. La formazione della vescicola

termina con la separazione tra questa e il reticolo endoplasmatico, grazie alla dinamina.

Similmente, nel Golgi, avviene l'assemblaggio delle vescicole rivestite da COP I, grazie alla

proteina ARF, anch'essa di tipo G.

Le proteine RAB

Le proteine Rab sono piccole GTPasi fondamentali nella fusione delle vescicole e nel loro

riconoscimento da parte dell'organello target; ne esistono di vari tipi, a seconda dell'organello di

origine. Esse si legano alle membrane grazie alla presenza di un gruppo prenile (non c'è un' alfa

elica), che permette la formazione di un legame covalente tra un lipide e, a

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
18 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/06 Anatomia comparata e citologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher peppotta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Citologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Zavan Valeria.