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Elementi dentali inclusi e semi-inclusi
Eliminazione dei focolai infettivi in pazienti immunodepressi, in dialisi
e nei pazienti che devono essere trapiantati
Carie o processo infettivo periapicale di un elemento deciduo: se
l’elemento deciduo è prossimo alla permuta, l’estrazione previene
un’estensione del processo infettivo all’elemento permanente; quando
invece tale estrazione deve avvenire molto tempo prima della normale
permuta, è necessario provvedere all’inserimento di un mantenitore di
spazio, per consentire la corretta eruzione dell’elemento permanente
Anchilosi di un deciduo: l’estrazione si rende necessaria in quanto
potrebbe ostacolare la normale eruzione del permanente, ed
eventualmente provocarne un’eruzione ectopica o l’inclusione;
l’estrazione deve essere effettuata non appena viene formulata la
diagnosi
Possibilità di sostituire elementi dentali compromessi con impianti
osteointegrati
Fattori di tipo economico
Diversi sono i fattori da valutare in occasione della visita prechirurgica per
pianificare correttamente l’avulsione:
Bilancio preoperatorio generale
Valutazione radiografica: in molti casi è sufficiente l’esecuzione di
una rx endorale, quando invece è necessario avere un quadro più
ampio dei rapporti tra il dente e le strutture anatomiche circostanti è
meglio affidarsi ad una panoramica, mentre la TC è indicata solo in
casi particolari, quando esistono rilevanti rischi di lesione di strutture
adiacenti anatomicamente importanti
Valutazione dell’anatomia radicolare: valutare la conformazione
dell’apparato radicolare di un dente rappresenta il fattore più
importante nel determinare la difficoltà della sua estrazione.
Il numero delle radici è il primo fattore da valutare, permettendo così
di scegliere un’adeguata tecnica chirurgica (es. ricorso
all’odontotomia) riducendo il rischio di frattura.
La forma delle radici, in particolare la loro curvatura, lunghezza ed il
grado di divergenza rappresentano fattori importanti in grado di
influenzare il protocollo chirurgico. Anche la presenza di una radice
bulbosa con un apice allargato può costituire un fattore complicante.
La presenza di riassorbimento radicolare, sia interno che esterno,
rende la radice più fragile e soggetta a frattura, soprattutto se
l’estrazione viene condotta con una pinza.
Anche i denti precedentemente sottoposti a terapia canalare
presentano un maggior rischio di frattura durante l’estrazione
Valutazione della mobilità del dente: l’estrazione di un dente con
elevata mobilità, frequente da osservare in caso di malattia
parodontale, presenta di solito scarsa difficoltà; una completa assenza
di mobilità, invece, deve far sospettare la sua anchilosi, ovvero la
fusione tra cemento radicolare e osso alveolare, specie quando a tale
assenza di mobilità si associa il quadro radiografico di scomparsa dello
spazio parodontale
Valutazione dei rapporti con le strutture anatomiche vicine:
prima di estrarre un molare superiore è importante conoscere i
rapporti esistenti tra le sue radici ed il pavimento del seno mascellare
in quanto, in presenza di un sottile strato osseo tra le radici ed il seno
mascellare, è possibile che in seguito all’estrazione si crei una
comunicazione oro-antrale (in tali casi è consigliata la separazione
delle radici, che permette di mantenere i setti interradicolari ed il
processo alveolare vestibolare, che utilizzando la pinza si potrebbero
invece fratturare)
Anche i rapporti tra le radici dei molari inferiori, specie degli ottavi, ed
il canale mandibolare dovrebbero essere sempre indagati, e per lo
stesso motivo deve essere nota anche la posizione del forame
mentoniero quando è necessario scollare un lembo nella regione dei
premolari inferiori
Situazione clinica della corona del dente: la presenza di un’ampia
lesione cariosa nella parte coronale di un dente, soprattutto quando la
carie si estende al di sotto del margine gengivale e interessa la radice,
può rendere impossibile l’utilizzo della pinza da estrazione ed imporre
un approccio chirurgico “a cielo aperto”; nei denti con ampi restauri
coronali, l’uso della pinza deve essere molto cauto, per evitare una
frattura della corona che potrebbe poi impedirne l’utilizzo: in questi
casi è importante che la pinza afferri il dente quanto più apicalmente
possibile, evitando di agire sulla corona protesica
Valutazione della posizione del dente da estrarre nell’ambito
dell’arcata dentale
Mineralizzazione dell’osso alveolare circostante: l’osso alveolare
con minore radiopacità presenta solitamente una minore densità, è
più elastico e determina minore difficoltà nelle estrazioni; al contrario,
quando l’osso alveolare presenta una radiopacità superiore alla norma
l’estrazione potrebbe essere complessa, a causa della maggiore
mineralizzazione e minore elasticità del tessuto osseo (caratteristiche
spesso presenti nei bruxisti)
Presenza di lesioni periapicali: è utile conoscere l’esistenza di una
lesione periapicale in sede di programmazione di un’avulsione, poiché
in tali casi è necessario eseguire con particolare attenzione la
revisione dell’alveolo postestrattivo per evitare che eventuali residui di
tessuto di granulazione o epiteliale, presenti sul fondo dell’alveolo,
possano dar luogo alla formazione di cisti
Tecnica chirurgica di base per le estrazioni semplici:
Anestesia locale: per l’avulsione degli elementi dell’arcata superiore
viene utilizzata l’anestesia plessica eseguita sia sul versante
vestibolare che sul versante palatale; nell’arcata inferiore si utilizza
l’anestesia plessica nel settore frontale, fino ai primi premolari inclusi,
e l’anestesia tronculare al nervo alveolare inferiore per l’estrazione del
secondo premolare e dei molari (all’anestesia tronculare deve essere
associata un’infiltrazione locale di anestetico, sia sul versante
vestibolare per bloccare i rami terminali del nervo buccale, che
linguale); in alcuni casi può essere utilizzata anche un’anestesia
intraligamentosa
Sindesmotomia: consiste nell’interruzione della parte più coronale
del legamento parodontale (legamento circolare di Koelliker) che viene
eseguita con uno scollatore affilato o con un sindesmotomo; può
essere eseguita anche con un bisturi, ma richiede un maggiore
controllo; il successivo scollamento delle papille risulterà così più
agevole e meno traumatico; questa fase permette l’inserimento della
pinza da estrazione in posizione quanto più apicale possibile, con una
migliore presa del dente ed un centro di rotazione più apicale nei
movimenti di lussazione (con minor rischio di frattura radicolare)
Scollamento delle papille: è necessario provvedere allo
scollamento delle papille prossimali con uno scolla periostio solo nel
caso in cui si prevede di utilizzare la leva diritta durante la lussazione;
l’inserimento della leva negli spazi interprossimali, dopo che la papilla
è stata scollata, fa sì che essa non venga traumatizzata inutilmente
Lussazione del dente mediante leva diritta: la leva viene
utilizzata in alternativa o in associazione alle pinze per la lussazione
dell’elemento dentario; va inserita negli spazi interprossimali
perpendicolarmente all’asse del dente da estrarre; è necessario
evitare di spingere con forza eccessiva la leva nello spazio
interdentale, poiché la leva stessa potrebbe sfuggire in direzione
palatale o linguale e danneggiare le relative strutture; va impugnata
come fosse un cacciavite: l’indice, posizionato in prossimità della
parte lavorante, consente il massimo controllo della leva stessa; la
leva non dovrebbe mai appoggiarsi al dente vicino ma agire, con un
movimento di rotazione, tra la cresta alveolare ed il dente da estrarre,
per evitare di lussare o danneggiare anche il dente vicino; la prima
leva utilizzata deve essere sottile, per poter penetrare agevolmente
nello spazio interdentale, e può essere successivamente sostituita con
una leva più robusta, dopo che si è avuta una parziale lussazione del
dente; l’efficacia della leva è massima quando distalmente
all’elemento da estrarre non sono presenti altri denti, mentre il suo
ruolo nella lussazione è minore quando sono presenti altri denti
mesialmente e distalmente a quello da estrarre; è poco indicato
utilizzare la leva in caso di denti isolati nell’arcata; raramente,
comunque, essa sostituisce completamente la pinza da estrazione
Utilizzo della pinza da estrazione: rappresenta lo strumento
principale nell’esecuzione di una estrazione semplice e ne esistono
specifiche per i singoli denti e settori della bocca:
Arcata mandibolare: presentano un angolo di circa 90° tra
manico e parte lavorante; le pinze per incisivi inferiori
presentano valve sottili per adattarsi al diametro ridotto di
questi denti; le pinze per canini e premolari sono più robuste,
con valve più ampie, e presentano in alcuni casi un angolo di
110° tra parte attiva e manico; le pinze per i molari
presentano un prolungamento appuntito nella parte mediana
della valva vestibolare e linguale che si impegna nella
biforcazione radicolare del dente: le più utilizzate sono quelle
curve sul dorso o a presa laterale, ma esistono anche pinze
(una per lato) con un’angolazione di 45° nella parte terminale
del manico, che presentano il vantaggio di ridurre la trazione
a livello della commessura labiale durante le manovre di
estrazione, ne esistono poi anche curve sul piatto o a presa
anteriore che possono rivelarsi utili nei casi di accessibilità
ridotta poiché richiedono una minore apertura del cavo orale,
ma consentono di applicare una minore forza
Arcata mascellare: le pinze per l’estrazione dei denti
anteriori, incisivi e canini, sono diritte, mentre quelle per
l’avulsione dei premolari e molari presentano un’angolazione
di 45° tra parte attiva e manico; la pinze per i molari
superiori, una per ogni lato della bocca, presentano un becco
nella valva vestibolare, per potersi impegnare nella
biforcazione vestibolare delle radici di questi elementi
dentali; esistono poi pinze specifiche per l’avulsione degli
ottavi che presentano una conformazione a baionetta e valve
lisce
Residui radicolari ed elementi decidui: le pinze per
l’estrazione di residu