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SEZIONE INTESTINALE E GIUDIZIO SULLA VITALITÀ DELLE ANSE
Dopo la rivascolarizzazione, occorre esaminare la vitalità dell'intestino. È innegabile l'importanza del giudizio "ispettivo" del chirurgo, basato su tre parametri fondamentali:
- colore delle anse;
- presenza di peristalsi;
- palpazione del polso vasale.
Talora si assiste alla ripresa della peristalsi e del polso, il colore appare normale, e ciò depone a favore del risparmio dell'ansa in esame. Altre volte, la presenza di necrosi e la mancanza di attività peristaltica non lasciano dubbi riguardo alla resezione.
Non sempre, tuttavia, il quadro appare così nettamente definito, e permangono incertezze sul comportamento operatorio che neppure l'esperienza del chirurgo è in grado di dirimere. Di fronte a simili dubbi, l'asportazione di tratti che potrebbero essere vitali rischierebbe di condurre alla cosiddetta "sindrome dell'intestino corto".
Al contrario, lasciare in situ anse che potrebbero divenire necrotiche, rischierebbe di condurre il paziente ad un epilogo infausto. Per tali motivi, sono state messe a punto numerose tecniche di valutazione dellavitalità intestinale, tra le quali spiccano l'uso intraoperatorio del doppler ad onda continua e l'infusione di fluoresceina al 5%. L'esame alla fluoresceina consiste nell'infusione di tale sostanza per via endovenosa, alle dosi di 10-30 mg/kg. La successiva illuminazione del campo operatorio con lampada di Wood a luce ultravioletta, permetterà di visualizzare i tessuti vitali, in grado di captare la fluoresceina. Il lungo tempo di smaltimento e la diffusibilità in tutti i tessuti, costituiscono i limiti principali della fluoresceina, la quale, non potendo essere rapidamente rimossa dal campo operatorio, non rende possibile la ripetizione dell'esame durante un intervento. In realtà, nessuno di questi mezzi è in grado diFornire certezze, e spesso l'unica alternativa è offerta dal "second look" a distanza di 12-24 ore.
Uno studio retrospettivo effettuato su 73 pazienti operati per ischemia mesenterica acuta, ha comparato tre tecniche di valutazione:
- Palpazione del polso
- Doppler
- Fluoresceina
Il confronto dei dati ottenuti durante la prima seduta operatoria con quelli forniti dal "second look" ha dato i risultati espressi dalla seguente tabella:
Metodo | Sensibilità | Specificità | Valore predittivo | Accuratezza |
---|---|---|---|---|
Valutazione del polso | 56% | 40% | 63% | 50% |
Doppler | 0% | 0% | 0% | 0% |
Fluoresceina | 60% | 50% | 60% | 56% |
L'ossimetria rappresenta un promettente metodo di giudizio sulla vitalità dell'anse. Tale esame permette di valutare il flusso ematico della mucosa in modo indiretto, correlandolo alla saturazione o alla tensione parziale tissutale di ossigeno.
Esistono due tipi di strumenti:
- Ossimetri di superficie
- Derivano dall'elettrodo di Clark e, misurando...
l'atensione superficiale di ossigeno, forniscono indicazioni sul flusso locale. Hanno lo svantaggio di richiedere più tempo, rispetto agli ossimetri a pulsazione, per una lettura più precisa e sono poco diffusi nella pratica clinica e nei presidi operatori.
Ossimetri a pulsazione. Il principio su cui si basano è spettrofotometrico, e correlano il flusso alla misurazione della saturazione tissutale di ossigeno. A differenza dei precedenti, sono particolarmente diffusi nelle sale operatorie.
7.3.3 IL "SECOND LOOK"
In tutti i casi in cui permangano dubbi sulla vitalità di tratti non resecati, è buona norma effettuare un secondo intervento esplorativo a distanza di 12-24 ore. Classicamente viene preferito l'intervento a cielo aperto, durante il quale è possibile non solo l'impiego delle tecniche di valutazione citate in precedenza, ma anche l'eventuale resezione di anse necrotiche. Alcuni Autori, tuttavia, optano per un
Approccio meno aggressivo, offerto dallalaparoscopia. È indubbio che tale procedura presenta grandi vantaggi, quali la minore invasività ed il migliore decorso post-operatorio, ma permette soltanto un'ispezione superficiale delle anse, con il rischio di valutazioni errate. Inoltre, in presenza di tratti necrotici, occorrerebbe comunque effettuare una laparotomia. In caso di necrosi limitata a brevi tratti, è stato proposto di procedere con una resezione laparoscopica, ed è doveroso sottolineare che sono state elaborate numerose tecniche al riguardo. Queste, tuttavia, richiedendo una competenza chirurgica e rischiando di allungare i tempi dell'intervento, non hanno ancora avuto particolare successo.
Altri Autori propongono, dopo il primo intervento, il posizionamento di un telo in materiale plastico all'interno della cavità addominale sopra l'omento, evitando di suturare i tessuti soprastanti, i quali andranno accuratamente
protetticoprendo l’intero addome con teli in materiale plastico-adesivo. Anche questa tecnica, simile alla “cerniera laparotomica” utilizzata soprattutto nel trattamento della pancreatite necrotico-emorragica, non viene largamente impiegata nell’infarto intestinale.
Capitolo 8
STRATEGIE TERAPEUTICHE NELL’ ISCHEMIA E NELL’ INFARTO VENOSO
Non appena viene formulata la diagnosi, occorre infondere eparina ed antibiotici ad ampio spettro. Questo è l’unico tipo di ischemia mesenterica che deve essere trattata con terapia anticoagulante per via endovenosa anche durante la seduta operatoria.
L’infusione di eparina non va interrotta neppure nel periodo post-operatorio: nonostante aumenti il rischio di complicanze emorragiche, si riduce l’evenienza di una nuova trombizzazione. La somministrazione prevede un bolo iniziale di 5000 U, seguita da infusione di 1000 U/ora.
Anche per l’infarto venoso valgono le considerazioni fatte in precedenza,
Siariguardo il giudizio della vitalità delle anse mediante fluoresceina, sia riguardola resezione e l’eventuale “second look”.
Per quanto riguarda la rivascolarizzazione, alcuni Autori riportano interventi ditrombectomia della vena mesenterica superiore coronati da successo. In realtà tale procedura è difficilmente attuabile, dal momento che nella maggior parte deicasi è presente trombosi venosa diffusa o particolarmente estesa.
Anche l’attuazione di una terapia trombolitica appare controverso e rischioso,visto l’elevato rischio emorragico. La mortalità a distanza di 30 giorni rimaneancora elevata.
La tabella seguente correla la mortalità alle strategie terapeutiche adottate dadiversi Autori nel trattamento di 164 pazienti.
Autore | n° pazienti | resezione | solo laparotomia | non operati | eparina | mortalità |
---|---|---|---|---|---|---|
Sack | 9 | 9 | 0 | 0 | 6 | 2 |
IL DANNO DA RIPERFUSIONE
Come è stato detto in precedenza, l'ischemia innesca una catena di eventi che evolvono verso la morte cellulare e determinano l'accumulo di metaboliti tossici.
Indubbiamente, la riperfusione di un tessuto ischemico permette la rimozione di tali sostanze ma conduce anche ad una serie di reazioni che, paradossalmente, danneggiano il tessuto stesso.
Parks e Granger hanno dimostrato come il danno osservato dopo 3 ore di ischemia (con flusso ridotto al 20% rispetto al normale) e 1 ora di riperfusione sia maggiore di quello osservato dopo 4 ore di ischemia.
9.1 IL RUOLO DEI RADICALI
L'ossigeno molecolare può dare origine a tre composti ossidanti:
- l'anione superossido (O-)
- il perossido d'idrogeno (H2O2)
- il
radicale ossidrilico (OH-). Tali radicali sono responsabili del danno a carico delle biomolecole tissutali, inclusi gli acidi nucleici, i lipidi di membrana, i recettori e gli enzimi. Il radicale ossidrilico, ad esempio, può agire come potente agente ossidante degli acidi grassi polinsaturi, alterando la fluidità delle membrane e provocando la lisi cellulare.
La xantina ossidasi, enzima chiave nel metabolismo degli acidi nucleici, è implicata in reazioni dalle quali originano anione superossido e perossido diidrogeno.
Le reazioni della Xantino Ossidasi (XO) |
---|
ipoxantina + 2O2 + H2O --(XO)--> xantina + O2- + H2O2 |
xantina + 2O2 + H2O --(XO)--> acido urico + O2- + H2O2 |
Durante l'ischemia si verifica un incremento della xantino ossidasi, dovuto alla conversione della xantino deidrogenasi in tale forma ossidante. Questo meccanismo è in gran parte dovuto alla proteolisi ischemica.
9.2 IL RUOLO DEI
POLIMORFONUCLEATI
Un'altra potenziale fonte di radicali dell'ossigeno nei tessuti riperfusi è costituita dai leucociti polimorfonucleati neutrofili, la cui migrazione dal circolo aumenta durante la riperfusione.
Questi producono la NADPH ossidasi che riduce l'ossigeno molecolare in anione superossido. Producono, inoltre, l'enzima "mieloperossidasi" (MPO), il quale catalizza la formazione di acido ipocloroso dal perossido d'idrogeno e dallo ione cloro.
Sintesi dell'acido ipocloroso |
---|
H2O + Cl- + H+ ------(MPO)------> HOCl + H2O2 |
L'acido ipocloroso è un potente agente ossidante, con una reattività circa 100 volte superiore a quella del perossido d'idrogeno.
Reagisce con amine primarie creando composti responsabili di danno citotossico.
Capitolo 10
IL PROBLEMA DELL'INFARTO INTESTINALE DOPO INTERVENTI DI CARDIOCHIRURGIA
L'infarto intestinale come complicanza di interventi cardiochirurgici
è una evenienza rara, ma caratterizzata da un alto indice di mortalità. La letteratura riporta una incidenza inferiore all'1% ed una mortalità oscillante tra il 67% e il 100%. Uno studio retrospettivo ha riportato un'incidenza dello 0.06% ed una mortalità del 91%. L'infarto intestinale è risultato essere di natura "funzionale" nel 45% dei pazienti (dovuto fondamentalmente al deficit della pompa cardiaca) e di natura embolica nel restante 55%. Gli emboli possono originare, più frequentemente, da formazioni trombotiche su valvole artificiali ma anche a seguito di aritmie post-cardiochirurgiche. La possibilità di sopravvivenza è