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CONDOTTI VENOSI. VENA GRANDE SAFENA (VGS)
Nei primi due decenni dell’era moderna della rivascolarizzazione miocardica, la VGS è stata il condotto più
utilizzato in quanto ha una lunghezza sufficiente per bypassare tutte le coronarie ed un diametro, specialmente al
di sotto del ginocchio, che si adatta bene (3-4 mm) ai vasi di maggior calibro. Tuttavia essa possiede una struttura
morfofunzionale di tipo venoso, non idonea ad un flusso pulsato ad alta pressione come quello arterioso, e
dopo l’impianto sull’aorta ascendente, progressivamente incontro ad un’iperplasia
pertanto, essa va mio-intimale
che, se da un lato consente al condotto di adeguarsi alle nuove condizioni emodinamiche, dall’altro
di tipo reattivo
può portare al malfunzionamento ed all’occlusione del bypass. La VGS viene prelevata utilizzando come punti di
repere il malleolo mediale e la cresta tibiale anteriore, legando tutti i rami collaterali ed infine sezionando il
condotto per ottenere segmenti di lunghezza sufficiente per i by–pass da confezionare (la safena viene impiantata
invertendone il decorso in modo che le valvole, presenti nel suo decorso, non ostacolino il flusso ematico). Quando
la vena safena viene utilizzata come graft, in particolare nella circolazione coronarica, la proliferazione delle
cellule della media si produce ad un ritmo accelerato e provoca un restringimento critico del lume, con
infiltrazione lipidica fino ad un quadro di aterosclerosi evoluta, con possibile occlusione a distanza del graft
venoso. Circa il 70-80% dei condotti venosi a 10 anni presenta aterosclerosi, e solo il 50-60% è pervio.
VENA SAFENA BY PASS IN SAFENA 3
CONDOTTI ARTERIOSI “ free “:
Bisogna distinguere condotti in situ e condotti liberi o nel primo caso si utilizzano arterie che
conservano la loro origine vascolare (AMI e AGE), mentre nel secondo vengono adoperate arterie sezionate dalla
loro origine vascolare (AEI e AR). L’AMI e l’AGE possono, a seconda della necessità, essere anche usate come
condotti liberi. Diversi studi, hanno dimostrato che i condotti in situ hanno una maggiore pervietà a breve e medio
termine rispetto a quelli liberi, probabilmente per problemi tecnici nell’anastomosi prossimale sull’aorta o per
cause emodinamiche (in particolare si avrebbe una proliferazione dell’intima con iperplasia e successiva stenosi
sulla parete, fino all’occlusione del graft). Per tale motivo molti chirurghi eseguono
sotto lo stimolo sistolico
l’anastomosi dei condotti liberi sull’AMI, dove lo stress di parete è minore, formando i cosiddetti “ grafts
con o senza anastomosi sequenziali. Un’altra considerazione importante da fare è quella sulla
compositi a T o Y”, “peduncolata”,
tecnica di preparazione dei condotti. Vi sono infatti due modalità di prelievo: una detta in cui il
prelievo comprende tutto il peduncolo vascolare che include le vene satelliti, i nervi, la fascia toracica interna ed il
tessuto adiposo circostante; l’altra “scheletrizzata”,
tecnica è detta e consiste nel prelievo del condotto senza le
strutture circostanti (quest’ultima tecnica presenta il vantaggio di ottenere una lunghezza ed un calibro del condotto
maggiori, di preservare i rami sternali ed intercostali, importanti per l’irrorazione sternale, e di poter osservare se
vi sono state lesioni durante il prelievo).
ARTERIA MAMMARIA INTERNA ( AMI )
succlavia, scende in basso fino a raggiungere la faccia posteriore della
Nasce dal primo tratto dell’arteria
prima cartilagine costale e decorre quindi verticalmente in prossimità delle cartilagini costali, fino al sesto spazio
intercostale ove si biforca dando origine all’arteria muscolofrenica ed all’epigastrica superiore (la quale si
esaurisce in vicinanza dell’ombelico, anastomizzandosi con i rami della epigastrica inferiore), e nel suo decorso
fornisce rami mediastinici, timici, sternali ed intercostali. L’arteria mammaria interna è stata largamente usata
come graft arterioso, in particolare per la rivascolarizzazione del ramo interventricolare anteriore. Essa infatti è,
per calibro e per caratteristiche morfologiche, il vaso che più si adatta al ramo interventricolare anteriore (IVA). Si
tratta di un’arteria elastica la cui lamina elastica interna è intatta, con i vasa vasorum confinati nell’avventizia.
L’assenza di discontinuità lamina elastica interna comporta una bassa suscettibilità all’aterosclerosi ed
della
all’iperplasia intimale. L’elastina che compone il tessuto elastico della tonaca media ha un basso metabolismo, con
una domanda di ossigeno o di substrato ridotta ed ottenuta sia per diffusione a partire dal lume arterioso, sia per
perfusione attraverso i vasa vasorum. Molti lavori e trials randomizzati con lunghi follow-up hanno dimostrato
un’eccellente pervietà a distanza dell’AMI su IVA (>90% a 10 anni) con incremento della sopravvivenza dei
pazienti, a confronto di quelli trattati con grafts in vena safena sull’IVA. L’aterosclerosi tardiva è un’eccezione,
mentre colpisce più del 70% dei grafts venosi a 10 anni. Osservazioni recenti suggeriscono che la lamina elastica
interna abbia un ruolo determinante nell’ispessimento intimale: una sua discontinuità permette la colonizzazione
dell’intima da parte delle cellule muscolari lisce della media, provocando un ispessimento intimale precoce e
progressivo. Ciò si osserva a livello delle arterie coronarie così come a livello delle vene safene, le quali
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presentano numerose discontinuità ed un ispessimento intimale progressivo nel corso della vita, che però è minimo
quando il vaso è sottoposto ad una pressione venosa normale. Quando invece la vena safena viene utilizzata come
graft, in particolare nella circolazione coronarica, la proliferazione delle cellule della media si produce ad un ritmo
accelerato e provoca un restringimento critico del lume, con infiltrazione lipidica fino ad un quadro di aterosclerosi
possibile occlusione a distanza del graft venoso. L’AMI,
evoluta, con oltre al vantaggio di una maggiore pervietà a
distanza, presenta anche altri vantaggi: la secrezione di prostaciclina attraverso l’intima, tre volte superiore a quella
della vena, previene il deposito di piastrine nel periodo perioperatorio ed inoltre i vasa vasorum, limitati
all’avventizia, suggeriscono che il prelevamento dell’AMI come graft libero non presenta ischemia parietale
arteriosa. L’AMI sinistra può essere anastomizzata su tutti i rami coronarici sinistri, mentre l’AMI destra è
per le ostruzioni prossimali della coronaria destra, dell’IVA, e, facendola passare
usualmente impiegata al di sotto
del seno trasverso, per il ramo intermedio o il primo ramo marginale dell'arteria circonflessa. Questi sono i targets
mammarie utilizzate in “situ”. La possibilità di costruire un condotto arterioso
coronarici raggiungibili dalle arterie
a “T o Y” con le due mammarie (normalmente l’AMI sinistra in situ e l’AMI destra libera sull’AMI sinistra)
In generale, l’utilizzo della doppia mammaria è
consente la rivascolarizzazione completa arteriosa del miocardio.
sconsigliato nei pazienti diabetici, negli obesi e negli anziani, nelle donne con seno voluminoso per il più elevato
rischio di mediastiniti. Controindicazioni relative all’uso della doppia mammaria sono gli interventi in
urgenza/emergenza e le broncopatie croniche ostruttive. Oggi si ritiene tuttavia che le uniche vere
controindicazioni all’uso dell’AMI siano le pregresse frequenti irradiazioni della parete toracica e l’aterosclerosi
prossimale della succlavia. Diverse condizioni possono, però, essere responsabili dell'insuccesso immediato o
l’errore
precoce di una rivascolarizzazione con AMI: tecnico (lunghezza eccessiva o insufficiente, torsione,
retrazione dell’anastomosi, dissezione per traumatismo di una branca collaterale durante le fasi di prelievo); il
l’ipoperfusione.
furto della succlavia per lesioni ostruttive succlaveari; lo spasmo arterioso; L’uso
inappropriato dell’AMI per le rivascolarizzazioni complesse può avere delle conseguenze disastrose per perfusione
inadeguata, legata ad un diametro ed un flusso insufficienti.
IMPIANTO ARTERIA MAMMARIA INTERNA 5
ARTERIA RADIALE ( AR )
E’ il dell’arteria brachiale e si
ramo laterale di biforcazione estende dalla piega del gomito al palmo
della mano. Nell’avambraccio essa è coperta dal muscolo brachioradiale e, quando questo si trasforma in
tendine, l’arteria diventa superficiale e termina anastomizzandosi a pieno canale con un ramo profondo
dell’arteria ulnare, formando così l’arcata palmare profonda. L’arteria radiale è stata proposta come condotto
per la rivascolarizzazione miocardica da Carpentier nel 1973, con risultati precoci favorevoli, ma presto è stata
abbandonata a causa dell’alta percentuale di occlusioni dopo alcuni mesi, rispetto alla vena safena. Gli esami
anatomopatologici, eseguiti su di un gran numero di arterie radiali espiantate, rilevarono una marcata iperplasia
precoce obliterazione del lume. Nel 1989, Carpentier e coll. hanno ripreso l’utilizzo dell’arteria
intimale con
radiale insieme con l’AMI, supportato da farmaci spasmolitici (calcio-antagonisti o papaverina) peri e post-
dall’intervento
operatoriamente ed i risultati ad un anno hanno così mostrato una pervietà superiore al 90%
(lievemente inferiore a quella dell’AMI, ma superiore a quella della VGS). L’arteria radiale viene prelevata con
il peduncolo comprendente le vene ed il tessuto adiposo circostante, sottoposta a dilatazione intraluminale
mediante infusione di papaverina, e trattata post-operatoriamente con somministrazione di calcio-antagonisti per
controllare lo spasmo del graft. L’arteria radiale viene prelevata dal lato del braccio non dominante in modo tale
che le eventuali parestesie post-operatorie non determinino deficit funzionali al paziente. La lunghezza del graft
(20 cm o più) permette di accedere a tutti i territori miocardici ed il diametro del vaso si adatta bene a quello dei
Le controindicazioni all’uso di altri condotti arteriosi (età avanzata, obesità, diabete,
maggiori vasi coronarici.
BPCO) non sono generalmente rilevanti per l’arteria radiale. Per molto tempo si è temuto che il prelievo della
AR potesse determinare complicanze ischemiche dell’avambraccio, ma un’attenta valutazione clinica ed il test
di Allen effettuato preventivamente al paziente, permettono di evitare facilmente questa complicanza.
ARTERIA RADIALE 6
ARTERIA GASTROEPIPLOICA ( AGE )
Deriva dall’arteria gastroduodenale, ramo collaterale dell&rsquo