Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 45
Chemioterapia Pag. 1 Chemioterapia Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 45.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Chemioterapia Pag. 41
1 su 45
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

SNC.

Amantadina:

Amina primaria simmetrica la cui azione é probabilmente legata ad inibizione della

liberazione del virus dalla vescicola endocitotica o del decapping del virione.

E’ atticva nei confronti dei virus influenzali A, ma non I B ed I C. L’uso terapeutico é

confinato alla profilassi dell’ influenza di tipo A in pazienti ad alto rischio (6-10

settimane con 200 mg/die). Effetti collaterali a livello del SNC: confusione,

allucinazioni.

Inibitori della trascrittasi inversa: analoghi nucleosidici

Questi farmaci sono fosforilati nei metaboliti attivi che competono per

l’incorporazione nel DNA virale.

Essi inibiscono l’enzima transcrittasi inversa del HIVb in maniera competitiva e

agiscono come se chiudessero la catena della sintesi del DNA.

Zidovudina:

Farmaco contro i retrovirus.

Meccanismo di azione: inibisce per la sua alta affinità la transcrittasi inversa (DNA

polimerasi RNA-dipenndente) del virus HIV

Ha una elevata affinità per la DNA polimerasi/RNA dipendente (transcrittasi inversa)

tipica dei retrovirus ( sito d’ azione anche della dideossicitidina e dideossinosina).

La sua affinità nei confronti di questo enzima rispetto alla timidina é molto maggiore,

cosa che non avviene per gli enzimi cellulari.

Meccanismo di resistenza: mutazione puntiforme che modifica l’affinità del farmaco

sulla transcrittasi inversa

Farmacocinetica: viene assorbito rapidamente dal tratto gastrointestinale. L’emivita è

di circa 1 ora.

Il farmaco è uno dei pochi antivirali che riesce a raggiungere livelli ematici

significativi nel LCR e che sembra fornire protezione contro la demenza HIV relata.

Effetti collaterali: la maggiore tossicità è l’anemia e la granulocitopenia che aumenta

con il diminuire del valore dei CD4.

Cefalea grave, nausea, vomito ed intensa mialgia.

Didanosina:

La didanosina (ddI) è una purina dideossi nucleoside che viene fosforilata a

dideossiadenosina trifosfato nelle cellule e agisce interrompendo la catena di

formazione del DNA. Essa è uno dei più potenti inibitori della transcrittasi inversa.

È stato dimostrato come il passaggio alla terapia con ddi ritardi la comparsa delle

patologie che permettono la diagnosi di AIDS o la morte nei pazienti che prendevano

ZDV se confrontati con quanti continuavano ad assumere la ZDV.

La ddI viene somministrata in forma tamponata per prevenire la sua degradazione

da parte dell’acido gastrico e deve essere assunta a stomaco vuoto.

Le compresse devono essere masticate completamente o schiacciate e disciolte in

acqua. Gli effetti collaterali includono la neuropatia periferica, la pancreatite e la

diarrea.

Zalcitabina:

La zalcitabina (ddC) è un analogo nucleosidico sintetico pirimidinico della 2-

deossicitidina che ha il gruppo 3_-idrossilico rimpiazzato da un idrogeno. Il

metabolita attivo, dideossicitidina 5_-trifosfato, agisce interrompendo la catena del

DNA virale.

La dose è 0,75 mg PO tid; la combinazione di ddC e ZDV ritarda la morte o la AIDS ma

soltanto nei pazienti senza precedente esperienza di terapia con ZDV. Gli effetti

collaterali includono ulcere orali e neuropatia periferica nel 17-30% dei pazienti

trattati, rash e febbre.

Lamivudina:

La lamivudina (3TC) è un analogo nucleosidico sintetico che viene fosforilato nel

composto attivo 5_-trifosfato che inibisce la transcrittasi inversa del HIV, dando come

risultato l’interruzione della catena del DNA.

Il HIV diviene rapidamente resistente con una modifica nel codone 184, ma questa

mutazione ritarda l’emergenza di resistenza verso altri inibitori della transcrittasi

inversa quali la ZDV. Questo fenomeno di resistenza precoce può portare a parziale

resistenza crociata verso altri inibitori della transcrittasi inversa, come la ddI e la ddC

e perciò la 3TC va utilizzata solo in combinazione.

In alcuni pazienti con resistenza alla ZDV, l’aggiunta di 3TC permette di recuperare la

sensibilità alla ZDV. Il dosaggio è 150 mg PO bid. Gli effetti collaterali sono rari e

includono disturbi GI, cefalea, astenia e rash.

La 3TC ha mostrato anche di essere in grado di sopprimere il DNA-HBV nei pazienti

con epatite cronica B attiva; ulteriori studi sono in corso.

Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa

Questi farmaci si legano direttamente all’enzima transcrittasi inversa a livelli diversi

da quelli cui si legano gli analoghi nucleosidici.

In generale, la resistenza virale a questi farmaci si sviluppa rapidamente e per tale

motivo non devono essere utilizzati in monoterapia a eccezione di casi specifici.

Nevirapina:

La nevirapina si lega direttamente alla transcrittasi virale e blocca l’attività della DNA

polimerasi RNA dipendente DNA dipendente interrompendo il sito catalitico

dell’enzima. L’aumento a scalare della dose riduce lo sviluppo del rash che può

essere letale. Se si verifica rash durante il periodo di induzione la dose non va

aumentata sino a risoluzione del quadro. In caso di monoterapia la resistenza si

sviluppa rapidamente.

La nevirapina è un induttore del citocromo P-450 e può provocare la diminuzione dei

livelli plasmatici di altri farmaci somministrati in concomitanza, cioè, rifampicina,

inibitori della proteasi e contraccettivi orali.

Inibitori delle proteasi:

Gli inibitori della proteasi rappresentano la classe più potente tra i farmaci antivirali;

essi hanno come obiettivo l’enzima virale proteinasi. L’inibizione della proteasi virale

previene la divisione delle poliproteine gag-pol, da cui risultano particelle virali non

infettive.

Mutazioni primarie e accessorie del genoma che codifica per la proteinasi virale

porta all’emergenza di resistenze crociate tra i farmaci di questa classe.

L’unica combinazione di due inibitori della proteasi ben documentata è costituita da

ritonavir e saquinavir, che ha dimostrato riduzione della carica virale e un aumento

dei CD4. Alcuni dati ottenuti da studi in vitro suggeriscono che il saquinavir e

l’indinavir sono antagonisti.

Gli inibitori della proteasi sono metabolizzati attraverso il citocromo P-450 e tutti i

farmaci somministrati in aggiunta a essi devono essere valutati per possibili

interazioni.

Saquinovir:

Il dosaggio del saquinavir è 600 mg entro 2 h da un pasto completo; questa

formulazione ha una biodisponibilità di solo il 4%, fattore questo che limita

enormemente la sua efficacia.

Formulazioni alternative, come le capsule in gel morbido, che permettono di

ottenere livelli sierici più elevati, sono state registrate di recente negli USA. In questa

formulazione il dosaggio è di 1200 mg. Una dose più elevata (7200 mg/die) permette

risposte più durature ma non è ben tollerata.

La combinazione con ritonavir a 400 mg per entrambi i farmaci determina un

aumento > 20 volte del livello medio di saquinavir, con una provata durevole

capacità di soppressione virale. Gli effetti collaterali includono la diarrea, la nausea e

la cefalea. La rifampicina o la rifabutina diminuiscono in modo significativo le

concentrazioni di saquinavir e non vanno utilizzate con questo farmaco. Anche altri

farmaci che inducono il citocromo P-450 possono determinare la riduzione delle

concentrazioni di saquinavir.

Il saquinavir è un inibitore moderato del citocromo P-450 e la co-somministrazione

di terfenadina, astemizolo o cisapride e di altri substrati dei composti del citocromo

P-450 devono essere evitati o comunque gli effetti collaterali monitorati con

attenzione. Farmaci che inibiscono il citocromo P-450, quali ketoconazolo,

itraconazolo e fluconazolo, determinano un aumento dei livelli di saquinavir

Ritonavir:

La dose del ritonavir è 600 mg e può essere assunta con il cibo. L’aumento della dose

da 300 mg a 600 bid in 5 giorni può ridurre l’incidenza di diarrea, manifestazione che

può rappresentare un effetto collaterale importante.

Le capsule devono essere mantenute in frigorifero la soluzione orale ha invece

bisogno di essere refrigerata solo se non viene consumata entro 30 giorni.

È comune il riscontro di resistenza crociata con indinavir; si verifica inoltre parziale o

completa resistenza con altri inibitori della proteasi. Il ritonavir è il più forte inibitore

del citocromo P-450 e la sua co-somministrazione con alcuni antiistaminici non

sedativi (cioè, terfenadina), sedativi ipnotici (cioè, midazolam) oppure con farmaci

antiaritmici può determinare dei livelli tossici e importante morbilità.

Tutti i farmaci somministrati contemporaneamente al ritonavir devono essere

valutati per verificare potenziali interazioni. I farmaci che inducono il P-450, quali la

rifampicina, ridurranno i livelli sierici del ritonavir e potranno diminuirne l’efficacia.

Gli effetti collaterali comprendono diarrea, parestesie periorali, alterazione del

gusto, nausea, epatite e anormalità dei lipidi.

Interferoni:

Gli interferoni (IFNs) sono delle proteine prodotte dalle cellule del sistema

immunitario di molti vertebrati in risposta a stimoli indotti da virus, parassiti e

cellule tumorali. Essi appartengono alla classe delle glicoproteine conosciute come

citochine e sono prodotti da una varietà di cellule in risposta alla presenza di RNA a

doppia elica, un indicatore importante dell’infezione virale. Gli interferoni assistono il

sistema immunitario inibendo la replicazione virale dentro la cellula ospite attivando

le cellule Natural Killer, I macrofagi e aumentando la presenza antigenica per I

linfociti T e aumentando la resistenza della cellula ospite all’infezione virale.

Zanamivir:

Lo zanamivir è un potente inibitore della neuraminidasi virale dei virus dell'influenza

di tipo A e B, l’enzima maggiormente coinvolto nel meccanismo di rilascio del virus

antinfluenzale.

Probabilmente interrompe l'infezione influenzale in atto, inibendo la penetrazione

virale nelle secrezioni mucose e il rilascio del virus da parte delle cellule infettate,

processi per cui è necessaria la neuraminidasi.

Gli studi clinici hanno dimostrato che zanamivir, se assunto entro 48 ore

dall’isorgenza dei sintomi, è in grado di ridurre tanto la la durata che l’intensità dei

sintomi influenzali.

I pazienti con sindrome influenzale diagnosticata e trattati con tale sostanza hanno

mostrato una riduzione statisticamente significativa dei sintomi, quali cefalea,

mialgia ed artralgie, tosse, debolezza e perdita dell’appetito.

Risultati positivi si sono avuti anche nel trattamento di persone ad alto rischio, fra cui

pazienti con broncopatie croniche.

Nel corso delle sperimentazioni cliniche non si e’ rilevata comparsa di virus

zanamivir-resistenti.

La valutazione in vitro della sensibilit&ag

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
45 pagine
7 download
SSD Scienze mediche MED/06 Oncologia medica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eli_marini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chemioterapia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Cantoni Orazio.