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SNC.
Amantadina:
Amina primaria simmetrica la cui azione é probabilmente legata ad inibizione della
liberazione del virus dalla vescicola endocitotica o del decapping del virione.
E’ atticva nei confronti dei virus influenzali A, ma non I B ed I C. L’uso terapeutico é
confinato alla profilassi dell’ influenza di tipo A in pazienti ad alto rischio (6-10
settimane con 200 mg/die). Effetti collaterali a livello del SNC: confusione,
allucinazioni.
Inibitori della trascrittasi inversa: analoghi nucleosidici
Questi farmaci sono fosforilati nei metaboliti attivi che competono per
l’incorporazione nel DNA virale.
Essi inibiscono l’enzima transcrittasi inversa del HIVb in maniera competitiva e
agiscono come se chiudessero la catena della sintesi del DNA.
Zidovudina:
Farmaco contro i retrovirus.
Meccanismo di azione: inibisce per la sua alta affinità la transcrittasi inversa (DNA
polimerasi RNA-dipenndente) del virus HIV
Ha una elevata affinità per la DNA polimerasi/RNA dipendente (transcrittasi inversa)
tipica dei retrovirus ( sito d’ azione anche della dideossicitidina e dideossinosina).
La sua affinità nei confronti di questo enzima rispetto alla timidina é molto maggiore,
cosa che non avviene per gli enzimi cellulari.
Meccanismo di resistenza: mutazione puntiforme che modifica l’affinità del farmaco
sulla transcrittasi inversa
Farmacocinetica: viene assorbito rapidamente dal tratto gastrointestinale. L’emivita è
di circa 1 ora.
Il farmaco è uno dei pochi antivirali che riesce a raggiungere livelli ematici
significativi nel LCR e che sembra fornire protezione contro la demenza HIV relata.
Effetti collaterali: la maggiore tossicità è l’anemia e la granulocitopenia che aumenta
con il diminuire del valore dei CD4.
Cefalea grave, nausea, vomito ed intensa mialgia.
Didanosina:
La didanosina (ddI) è una purina dideossi nucleoside che viene fosforilata a
dideossiadenosina trifosfato nelle cellule e agisce interrompendo la catena di
formazione del DNA. Essa è uno dei più potenti inibitori della transcrittasi inversa.
È stato dimostrato come il passaggio alla terapia con ddi ritardi la comparsa delle
patologie che permettono la diagnosi di AIDS o la morte nei pazienti che prendevano
ZDV se confrontati con quanti continuavano ad assumere la ZDV.
La ddI viene somministrata in forma tamponata per prevenire la sua degradazione
da parte dell’acido gastrico e deve essere assunta a stomaco vuoto.
Le compresse devono essere masticate completamente o schiacciate e disciolte in
acqua. Gli effetti collaterali includono la neuropatia periferica, la pancreatite e la
diarrea.
Zalcitabina:
La zalcitabina (ddC) è un analogo nucleosidico sintetico pirimidinico della 2-
deossicitidina che ha il gruppo 3_-idrossilico rimpiazzato da un idrogeno. Il
metabolita attivo, dideossicitidina 5_-trifosfato, agisce interrompendo la catena del
DNA virale.
La dose è 0,75 mg PO tid; la combinazione di ddC e ZDV ritarda la morte o la AIDS ma
soltanto nei pazienti senza precedente esperienza di terapia con ZDV. Gli effetti
collaterali includono ulcere orali e neuropatia periferica nel 17-30% dei pazienti
trattati, rash e febbre.
Lamivudina:
La lamivudina (3TC) è un analogo nucleosidico sintetico che viene fosforilato nel
composto attivo 5_-trifosfato che inibisce la transcrittasi inversa del HIV, dando come
risultato l’interruzione della catena del DNA.
Il HIV diviene rapidamente resistente con una modifica nel codone 184, ma questa
mutazione ritarda l’emergenza di resistenza verso altri inibitori della transcrittasi
inversa quali la ZDV. Questo fenomeno di resistenza precoce può portare a parziale
resistenza crociata verso altri inibitori della transcrittasi inversa, come la ddI e la ddC
e perciò la 3TC va utilizzata solo in combinazione.
In alcuni pazienti con resistenza alla ZDV, l’aggiunta di 3TC permette di recuperare la
sensibilità alla ZDV. Il dosaggio è 150 mg PO bid. Gli effetti collaterali sono rari e
includono disturbi GI, cefalea, astenia e rash.
La 3TC ha mostrato anche di essere in grado di sopprimere il DNA-HBV nei pazienti
con epatite cronica B attiva; ulteriori studi sono in corso.
Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa
Questi farmaci si legano direttamente all’enzima transcrittasi inversa a livelli diversi
da quelli cui si legano gli analoghi nucleosidici.
In generale, la resistenza virale a questi farmaci si sviluppa rapidamente e per tale
motivo non devono essere utilizzati in monoterapia a eccezione di casi specifici.
Nevirapina:
La nevirapina si lega direttamente alla transcrittasi virale e blocca l’attività della DNA
polimerasi RNA dipendente DNA dipendente interrompendo il sito catalitico
dell’enzima. L’aumento a scalare della dose riduce lo sviluppo del rash che può
essere letale. Se si verifica rash durante il periodo di induzione la dose non va
aumentata sino a risoluzione del quadro. In caso di monoterapia la resistenza si
sviluppa rapidamente.
La nevirapina è un induttore del citocromo P-450 e può provocare la diminuzione dei
livelli plasmatici di altri farmaci somministrati in concomitanza, cioè, rifampicina,
inibitori della proteasi e contraccettivi orali.
Inibitori delle proteasi:
Gli inibitori della proteasi rappresentano la classe più potente tra i farmaci antivirali;
essi hanno come obiettivo l’enzima virale proteinasi. L’inibizione della proteasi virale
previene la divisione delle poliproteine gag-pol, da cui risultano particelle virali non
infettive.
Mutazioni primarie e accessorie del genoma che codifica per la proteinasi virale
porta all’emergenza di resistenze crociate tra i farmaci di questa classe.
L’unica combinazione di due inibitori della proteasi ben documentata è costituita da
ritonavir e saquinavir, che ha dimostrato riduzione della carica virale e un aumento
dei CD4. Alcuni dati ottenuti da studi in vitro suggeriscono che il saquinavir e
l’indinavir sono antagonisti.
Gli inibitori della proteasi sono metabolizzati attraverso il citocromo P-450 e tutti i
farmaci somministrati in aggiunta a essi devono essere valutati per possibili
interazioni.
Saquinovir:
Il dosaggio del saquinavir è 600 mg entro 2 h da un pasto completo; questa
formulazione ha una biodisponibilità di solo il 4%, fattore questo che limita
enormemente la sua efficacia.
Formulazioni alternative, come le capsule in gel morbido, che permettono di
ottenere livelli sierici più elevati, sono state registrate di recente negli USA. In questa
formulazione il dosaggio è di 1200 mg. Una dose più elevata (7200 mg/die) permette
risposte più durature ma non è ben tollerata.
La combinazione con ritonavir a 400 mg per entrambi i farmaci determina un
aumento > 20 volte del livello medio di saquinavir, con una provata durevole
capacità di soppressione virale. Gli effetti collaterali includono la diarrea, la nausea e
la cefalea. La rifampicina o la rifabutina diminuiscono in modo significativo le
concentrazioni di saquinavir e non vanno utilizzate con questo farmaco. Anche altri
farmaci che inducono il citocromo P-450 possono determinare la riduzione delle
concentrazioni di saquinavir.
Il saquinavir è un inibitore moderato del citocromo P-450 e la co-somministrazione
di terfenadina, astemizolo o cisapride e di altri substrati dei composti del citocromo
P-450 devono essere evitati o comunque gli effetti collaterali monitorati con
attenzione. Farmaci che inibiscono il citocromo P-450, quali ketoconazolo,
itraconazolo e fluconazolo, determinano un aumento dei livelli di saquinavir
Ritonavir:
La dose del ritonavir è 600 mg e può essere assunta con il cibo. L’aumento della dose
da 300 mg a 600 bid in 5 giorni può ridurre l’incidenza di diarrea, manifestazione che
può rappresentare un effetto collaterale importante.
Le capsule devono essere mantenute in frigorifero la soluzione orale ha invece
bisogno di essere refrigerata solo se non viene consumata entro 30 giorni.
È comune il riscontro di resistenza crociata con indinavir; si verifica inoltre parziale o
completa resistenza con altri inibitori della proteasi. Il ritonavir è il più forte inibitore
del citocromo P-450 e la sua co-somministrazione con alcuni antiistaminici non
sedativi (cioè, terfenadina), sedativi ipnotici (cioè, midazolam) oppure con farmaci
antiaritmici può determinare dei livelli tossici e importante morbilità.
Tutti i farmaci somministrati contemporaneamente al ritonavir devono essere
valutati per verificare potenziali interazioni. I farmaci che inducono il P-450, quali la
rifampicina, ridurranno i livelli sierici del ritonavir e potranno diminuirne l’efficacia.
Gli effetti collaterali comprendono diarrea, parestesie periorali, alterazione del
gusto, nausea, epatite e anormalità dei lipidi.
Interferoni:
Gli interferoni (IFNs) sono delle proteine prodotte dalle cellule del sistema
immunitario di molti vertebrati in risposta a stimoli indotti da virus, parassiti e
cellule tumorali. Essi appartengono alla classe delle glicoproteine conosciute come
citochine e sono prodotti da una varietà di cellule in risposta alla presenza di RNA a
doppia elica, un indicatore importante dell’infezione virale. Gli interferoni assistono il
sistema immunitario inibendo la replicazione virale dentro la cellula ospite attivando
le cellule Natural Killer, I macrofagi e aumentando la presenza antigenica per I
linfociti T e aumentando la resistenza della cellula ospite all’infezione virale.
Zanamivir:
Lo zanamivir è un potente inibitore della neuraminidasi virale dei virus dell'influenza
di tipo A e B, l’enzima maggiormente coinvolto nel meccanismo di rilascio del virus
antinfluenzale.
Probabilmente interrompe l'infezione influenzale in atto, inibendo la penetrazione
virale nelle secrezioni mucose e il rilascio del virus da parte delle cellule infettate,
processi per cui è necessaria la neuraminidasi.
Gli studi clinici hanno dimostrato che zanamivir, se assunto entro 48 ore
dall’isorgenza dei sintomi, è in grado di ridurre tanto la la durata che l’intensità dei
sintomi influenzali.
I pazienti con sindrome influenzale diagnosticata e trattati con tale sostanza hanno
mostrato una riduzione statisticamente significativa dei sintomi, quali cefalea,
mialgia ed artralgie, tosse, debolezza e perdita dell’appetito.
Risultati positivi si sono avuti anche nel trattamento di persone ad alto rischio, fra cui
pazienti con broncopatie croniche.
Nel corso delle sperimentazioni cliniche non si e’ rilevata comparsa di virus
zanamivir-resistenti.
La valutazione in vitro della sensibilit&ag