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Caravaggio

Skira, 2010perla composizioni che si apprestava a dipingere. Si tratta di "sintetici" tratti di riferimento eseguiti con unostilo o con la parte finale appuntita del pennello, visibili solo a una osservazione a luce radente, che servivano aCaravaggio durante l'esecuzione del dipinto. Dal 1600 fino alla fuga da Roma del 1606 le incisioni sonocostantemente presenti nelle sue opere. Si ridurranno gradualmente nei dipinti eseguiti a Napoli, Malta e inSicilia, a dimostrazione di una maggiore maturazione pittorica raggiunta dal Maestro nella composizione. Neidrammatici anni della fuga anche la tavolozza si modifica, privilegiando i toni spenti delle terre e scurendocontemporaneamente le preparazioni dei dipinti, arrivando ad usare toni sempre più scuri fino al nero (Le setteopere di misericordia). È sempre più lontano il ricordo dei verdi brillanti a base di rame, del cinabro e dellelacche rosse dal prezioso effetto.Caravaggio sembra ormai

avere superato il tradizionale metodo di dipingere un quadro. I diversi modi esecutivi del dipinto non si distinguono più tra loro, vengono realizzati di getto in un unica soluzione, in una straordinaria sintesi pittorica, in cui tutto si "riduce" ad un unico atto creativo fino a determinare la forza espressiva caravaggiesca. 5 Caravaggio, Skira, 2010 Opere Riposo durante la fuga in Egitto, 1596-96 - Maurizio Calvesi Il dipinto viene descritto da Bellori nel 1672 che lo vide nel palazzo del Principe Pamphilio. Viene valutato come autografo già nel 1910 da Lionello Venturi (primo e per molto tempo unico ad avvertire la profonda religiosità del Merisi), da altri fu assegnato a Carlo Saraceni, ma a partire dalla mostra milanese del Caravaggio (1951) è stato poi unanimemente riferito al maestro lombardo. L'opera sembrò contraddire l'immagine stereotipa di un Caravaggio sempre "tenebroso" e aspro. In realtà, il netto contrastotra luce ed ombra, senza precedenti nella tradizione rinascimentale, non è un tratto di stile oscuramente connaturato da sempre alla sua maniera, bensì un costrutto simbolico (luce come immagine della Grazia divina che riscatta l'ombra del peccato e della morte spirituale) nato con i suoi primi soggetti di matura ispirazione religiosa. Qui siamo prima della cappella Contarelli, anche se non molto lontano da essa: 1597-98. Un dipinto di Giovanni Baglione del 1599 raffigurante San Giuseppe e l'angelo sembra testimoniare l'immediata eco del dipinto del Merisi negli ambienti romani (il dipinto del Baglione rappresenta, forse in polemica con lo stesso Caravaggio, l'angelo che appare in sogno a Giuseppe suggerendogli la fuga da Erode e non l'angelo in un momento di riposo durante la fuga stessa). Nell'opera di Caravaggio quindi è presente una sottile e nuova invenzione iconologica non compresa dal Baglione. La luce non ha ostacoli d'ombra esi propaganda tutta la scena per attenuarsi ne lontano orizzonte, di un tenerogrigio richiamato e nitidamente esaltato in primo piano dallo stacco delle ali angeliche. Queste si schiudono come battenti aprendo sulle due metà del dipinto: la prima, fiorente di una rigogliosa vegetazione perché abitata dal divino, nel tratto in cui riposano la Vergine e il figlio; mentre la seconda, che ospita la Santa ma mortale figura di Giuseppe, è contrassegnata da un suolo sassoso e dalle foglie secche di un albero. Dietro di lui si scorge la figura mite e attenta del somarello. Il perno di questo mutamento, e si direbbe rotazione di scena, o rovesciamento della condizione mortale dellaperennità della vita eterna, è il corpo dell'angelo sospinto in avanti dalla propria leggerezza e plasmato a tutto tondo, ma quasi immaterialmente, dal volgere alla luce eterna. "Canta e suona", dice il Bellori, benché la boccasia chiusa, ma il biografo sapeva che le
Ragazzo con canestra di frutta
Ragazzo con canestra di frutta
i Musici
i Musici
Ragazzo con vaso di fiori
Ragazzo con vaso di fiori

Canto e musica insieme, o l'uno o l'altra, cari a San Filippo Neri, comunicano in queste opere quella "christiana laetitia" di cui si era fatta promotrice la religiosità del santo, quale Caravaggio, vicino alla congregazione dell'Oratorio, interpretava con gentilezza d'animo. La gentilezza d'animo verrà corretta dall'orgoglio e trascinata nell'ira di assedianti ostilità. Siamo comunque ben lontani dai pretesi compiacimenti omosessuali (Caravaggio ebbe relazioni esclusivamente femminili). La sensualità è rivolta all'"amore divino" ed è ben congeniale a dei testi biblici allora molto frequentati come il Cantico dei Cantici dove le tenerezze dello sposo vanno interpretate come amore di Gesù per la chiesa. Lo sposo non andrà identificato con

Giuseppe perché il vero Sposo del cantico è il Salvatore. Al suo sposo la Vergine, noto simbolo della chiesa, è abbracciata, sfinita anche dal grande amore per lui, e caduta nel sonno. Chiome color mogano e vesti rosse ha dato alla Vergine il Merisi. Appartato, Giuseppe partecipa al divino amore degli Sposi da altra sfera e mostra lo spartito che ne canta le lodi. Egli rappresenta l'umanità, è l'uomo (questa creatura a mezza via tra l'animale e l'angelo; Vita da animale, vita da uomo, vita da angelo, distingueva San Filippo nei gradi della fede). Inedita per questo soggetto è comunque la figura dell'angelo: se si trattasse di quello che, secondo i Vangeli, apparve in sogno a Giuseppe per invitarlo a fuggire da Erode, sarebbero inspiegabili la musica, il contenuto del mottetto e il "riposo". Bisogna quindi pensare a un angelo che con la sua musica conforta il santo durante il suo viaggio in Egitto: tema senza precedenti.

ne appigli nelle Sacre Scritture, ma motivare dal disegno allegorico.

Mentre le carni della Vergine, del bambino, dell'angelo sono levigate e intatte, il volto di Giuseppe reca evidenti segni della vecchiezza e tale contrasto tra le forme del divino e dell'umano si ripete in molti dipinti del Merisi.

Caravaggio, Skira, 2010

All'uomo mortale e corruttibile, l'angelo incorruttibile comunica, tramite la musica, la promessa della vita eterna. Come commenta P. Askew, la musica dell'angelo non portava soltanto consolazione, ma precognizione del futuro, cioè della prossima morte del passaggio alla perenne beatitudine.

I bari, 1595-1596 - Maria Cristina Terzaghi

Ha avuto una storia travagliata e particolarmente recente. Prima del suo acquisto da parte del Kimbell Art Museum di Fort Worth come originale di Caravaggio, alcuni indizi fornivano un'idea dell'opera abbastanza precisa: l'accurata descrizione di Giovan Pietro Bellori che vedeva il dipinto in

casa di Antonio Barberini e nesegnalava la provenienza dalla raccolta del cardinale Del Monte, e due buone immagini di fine Ottocento.Il dibattito intorno al quadro risultava per altro di grande attualità, svolgendosi in contemporanea con conl'apertura dell'esposizione milanese "Caravaggio e i Caravaggeschi", curata da Roberto Longhi. Lo studiosonella primavera del 1951 esponeva in mostra una delle tante copie seicentesche della tela, con l'intento difornire almeno un labile documento visivo del dipinto originale.L'alto numero di copie e derivazioni, nonché di varianti sul tema, forniva un'idea dell'invenzione caravaggescae rendeva più scottante il problema dell'identificazione dell'originale, di cui erano note a quel punto le precisefattezze, oltre alla provenienza.La tela perviene alla collezione Sciarra nel 1812 e rimane nel palazzo familiare al Corso fino al 1889, perpassare a Parigi tra il 1891 e il 1892. La

Tela si trova ancora nella capitale francese nel 1895 quando erano incorso le trattative con la National Gallery di Londra. Da questo momento di perdono le tracce dei Bari fino allasua ricomparsa nel 1986 a Zurigo, dove l'opera fu riconosciuta da Mina Gregori e esposta tra il settembre e il novembre del 1987 al Metropolitan di New York. Nel 1988 fu oggetto di un accurato studio di Denis Mahon. Il restauro permise peraltro di recuperare il sigillo di Francesco Maria Del Monte, posto sul retro nell'angolosinistro della tela (Christiansen 1988) fugando ogni dubbio sull'autografia del dipinto e sull'identificazione con il quadro citato da Bellori.

Recentemente Mina Gregori (con la quale concordano Mahon e Maurizio Marini) ha proposto di identificare un'altra versione autografa della tela, che costituirebbe una redazione più antica di quella Del Monte. L'ipotesi, seppure suggestiva poiché basata sull'idea di fondo che, come narra Mancini in

relazione al Ragazzo morso da un ramarro, Caravaggio abbia eseguito alcuni dipinti per "vendere" nei suoi faticosi esordi romani, appare però ancora passibile di ulteriori verifiche. Anche ammesso il caso di repliche autografe, resta da chiarire infatti se l'artista abbia riproposto i soggetti in modi quasi identici, come dimostrerebbe il caso dei Bari di Mahon, o non, piuttosto, introducendo varianti, come nel caso ormai acclarato delle due versioni della Buona ventura. Tornando al dipinto in esame, è Bellori a informare sulla provenienza. L'opera è stata acquistata dal cardinal Del Monte. L'inventario stilato nel 1627 alla morte del cardinale registra infatti puntualmente: "un gioco di mani del Caravaggio con cornice negra di palmi cinque". L'opera è registrata nel palazzo a Ripetta, nella galleria contigua alla "Gallaria Nova Stretta", nella stessa stanza dove erano collocati altri quadri di Caravaggio, tra cui la.

Buona ventura. I due dipinti erano inoltre racchiusi dalla stessa cornice nera. Con la Buona ventura, dunque, I bari intrattengono n rapporto non sol stilistico e iconologico, ma innanzitutto storico; questione ribadita sia da Giulio Mancini che dal cardinale Federico Borromeo. Lo stesso Mancini scrive al fratello nel febbraio del 1615 della possibilità di ottenere una copia della "zingara", del "gioco" e della "musica", affare che però non andrà in porto. Il carteggio però illumina sull'importanza attribuita alla collezione Del Monte dagli estimatori di Caravaggio: riuscire a mettervi piede era infatti fondamentale per la conoscenza dei dipinti del Merisi. Scomparso il Del Monte, un pagamento dell'8 Maggio 1628 attesta che Antonio Barberini acquistò la tela. La presenza dell'opera presso la famiglia Barberini é attestata fino all'ultimo decennio dell'Ottocento. 7 Caravaggio, Skira, 2010 Nel ricordo

sei testimoni più diretti I bari appaiono strettamente legati alla Buona ventura. Le due opere non condividono solo le dimensioni e il taglio compositivo, coincidenze che hanno fatto parlare di pendants, ma sono accomunate anche e soprattutto dalla stessa sostanza et

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A.A. 2012-2013
21 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ricky5 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia dell'arte comparata nei Paesi europei e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Ghirardi Maria Angela.