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Assumiamo fenilalanina dall'esterno, in parte viene utilizzata per la sintesi proteica, viene catturata

dall'aminoacil-tRNA transferasi competente per la fenilalanina e viene impiegata nella sintesi

proteica. Un'altra parte subisce una idrossilazione in posizione para e questo ci dice che la tirosina

non è un amminoacido essenziale, la tirosina

nell'organismo viene fabbricata a partire dalla

fenilalanina. E' una reazione di idrossilazione, ossidazione su

carbonio aromatico; è una reazione difficile dal punto di vista

energetico, una idrossilazione su un anello benzenico occorre un'ossidazione forte, le reazioni che

avvengono sull'anello benzenico non hanno nulla a che vedere con il carbonio carbonilico, non

sono attacchi nucleofili, il meccanismo è quello dell'attacco elettrofilo [che non svilupperemo]. E'

un'ossidazione a partire da ossigeno molecolare, l'enzima coinvolto sarà un'ossidasi, appartenente

alla classificazione EC di classe I, una idrossilasi o monossigenasi, entra ossigeno ed esce acqua

più un OH.

Quali enzimi riescono a fare una reazione così violenta? Non il NAD, alcune volte il FAD è in grado

di ossidare legami carbonio-carbonio in condizioni stericamente favorite. Qui la reazione è dieci

volte superiore a quella ad esempio della diidroorotato deidrogenasi; neanche il Fe dell'eme riesce

a farcela. Queste reazioni sono fatte da enzimi che hanno come cofattore un metallo puro. i metalli

più utilizzati sono Fe e Cu, alcune alghe utilizzano anche il vanadio, ma in generale ferro e rame

coordinati ad alcuni amminoacidi particolari. Questo Fe sarà coordinato a un'istidina, a un

carbossile e a un'altra istidina; il Fe è particolare, non ha coordinazione ottaedrica, qui ha una

coordinazione tetraedrica, tre leganti più il quarto che sarà l'ossigeno.

Le ossidasi che intervengono sugli aromatici, le idrossilasi, hanno

bisogno di un metallo libero, un ossidante molto forte, altrimenti non

riescono a fare la reazione. Il meccanismo di reazione è molto

complesso e in parte non conosciuto. Si necessita di un Fe non eme che ha proprietà redox

ancora più estreme rispetto a un Fe dell'eme. L'enzima, che si chiama fenilalanina idrossilasi, è

capace di ossidare con l'ossigeno molecolare la fenilalanina per

trasformarla in tirosina. Questo è in genere il primo passaggio metabolico a

cui va incontro la fenilalanina. La tirosina prodotta in parte va per la sintesi

proteica e in parte viene ossidata ancora una volta in posizione para e

diventa una catecolammina. Qual è l'enzima che catalizza questa

idrossilazione? La tirosina idrossilasi. La fenilalanina va quindi incontro a

due passaggi successivi di ossidazioni sull'anello aromatico; queste due

ossidasi sono molto simili, si deduce che derivino da una duplicazione genica dello stesso enzima,

derivano dallo stesso gene, sono tutti e due enzimi a Fe, che si ossida durante la catalisi, poi viene

ridotto da un cofattore particolare, entra a far parte della molecola dell'acido folico, la biopterina, è

la pteridina dell'acido folico staccata dei componenti dell'acido e partecipa come cofattore

riducente. A che serve la biopterina (BHT)? Serve solo a ridurre il Fe.

Le catecolamine seguono poi due vie, la via biosintetica di neurotrasmettitori come la dopamina e

l'adrenalina, oppure seguono la via biosintetica delle melanine. Questi sono percorsi biosintetici in

cui dal catabolismo di un amminoacido si passa all'anabolismo di neurotrasmettitori e pigmenti,

melanine e neurotrasmettitori derivano da una tirosina idrossilata, quindi dalla fenilalanina. Queste

vie sono importanti perché sono vie soggette a grossa pressione evolutiva, le patologie che

originano da alterazioni di queste vie metaboliche sono molto più importanti di patologie che

originano da alterazioni delle reazioni del ciclo di Krebs ad esempio.

La patologia genetica più comune è dovuta a mutazioni della fenilalanina idrossilasi (circa 300 o

400 mutazioni, la fenilalanina idrossilasi ha 500 amminoacidi) che dà la cosiddetta

fenilchetonuria, una malattia genetica grave che può essere controllata limitando l'apporto di

fenilalanina nella dieta. E' chiaro che non si può sopprimere del tutto, ma diminuire l'apporto è una

soluzione che permette una vita quasi normale. Se la fenilalanina viene in minima parte convertita

in tirosina (anche la tirosina diventa essenziale), la fenilalanina in eccesso va incontro nel fegato

enzimi che contengono piridossal fosfato che iniziano a spostare l'equilibrio della fenilalanina

quando in grande eccesso (transaminasi reversibili) nel corrispondente chetoacido (utilizzano PLP,

trasformano la fenilalanina in chetoacido), un acido piruvico sostituito con un fenile, l'acido

fenilpiruvico. L'accumulo di acido fenilpiruvico è tossico oltre che neurotossico, se non viene

corretto il metabolismo si ha accumulo di acido fenilpiruvico, con gravi ritardi mentali e alterazioni

neurologiche dovute all'accumulo. Come si diagnostica la malattia? In età pediatrica si può dosare

l'acido fenilpiruvico nelle urine (fenilchetonuria). Gli screening sono frequenti, si può anche

sequenziare il gene e verificare dove è la mutazione. Su un gene di 500 amminoacidi ci possono

essere mutazioni silenti, mutazioni che diminuiscono l'espressione della fenilalanina idrossilasi,

mandano in giro una proteina instabile. Sono mutazioni in cui l'enzima è ancora funzionale. Ci

sono altre mutazioni, mutazioni del sito attivo, che aboliscono completamente l'attività dell'enzima.

Come si interviene allora? Se l'acido fenilpiruvico è presente nelle urine qualsiasi sia il risultato

dell'analisi genetica, anche una mutazione x, bisogna considerare il soggetto malato di

fenilchetonuria. L'acido fenilpiruvico viene comunque prodotto normalmente nel metabolismo, con

semplici transaminasi della fenilalanina; il problema insorge nel momento in cui vi è un accumulo di

fenilalanina, che sposta tutto l'equilibrio verso il fenilpiruvico e nasce l'evento patologico. Il

catabolismo della fenilalanina si riduce alla partecipazione di tre enzimi, le due idrossilasi e la

transaminasi. Dopodiché dà origine alla via dei neurotrasmettitori e delle melanine, oppure

l'amminoacido viene utilizzato per la sintesi proteica.

Vediamo un altro amminoacido essenziale, il triptofano. E' presente nella dieta ricca di proteine,

deficit di triptofano sono rari, anche la fenilalanina non presenta deficit, è diffusissima. Il triptofano

ha una bella storia con delle cose in comune col meccanismo della fenilalanina. La fenilalanina

viene ossidata sull'anello benzenico e viene poi riossidata da un enzima molto simile. In questo

caso siamo di fronte a una tripla modificazione genica: abbiamo la triptofano idrossilasi, che è

un'altra copia dei due enzimi precedenti, guarda caso la sua azione è molto simile, finisce con

l'ossidare in para rispetto all'azoto il triptofano. C'è quindi un enzima triplicato, alcune differenze ci

sono, sono comunque in grado di distinguere i tre amminoacidi, il primo la fenilalanina, il secondo

la tirosina, il terzo è attivo sul triptofano, si tratta di una minifamiglia di enzimi molto simili tra loro

che sono le idrossilasi degli amminoacidi aromatici; sono una minifamiglia contenente Fe non eme

capaci di catalizzare una ossidazione su un anello aromatico, che sia della fenilalanina o del

triptofano.

Come si chiamerà la molecola? Avviene ossidazione in 5, sarà il 5-

idrossitriptofano. La situazione torna simile agli altri amminoacidi,

in questo caso ci sarà non un'altra ossidazione, ma una

decarbossilazione ad opera di un enzima che contiene PLP, la

triptofano decarbossilasi. Il composto generato: se si

decarbossila il triptofano per intero si ottiene la triptamina; se si

decarbossila il 5-idrossi triptofano il risultato è la 5-idrossi triptamina,

che si chiama anche serotonina. Cos'è la serotonina? Dal punto di

vista funzionale è un neurotrasmettitore, ci sono i

recettori serotoninergici. Da tutti gli amminoacidi aromatici vengono

fuori neurotrasmettitori: dalla tirosina vengono fuori adrenalina e

dopamina, dal triptofano la 5-idrossitriptamina ad opera di due soli enzimi, idrossilasi e

decarbossilasi.

Quali sono le cellule che secernono serotonina? La serotonina è coinvolta nella regolazione

dell'umore, si trovano in diverse zone del cervello correlate col comportamento. Ma c'è una grande

particolarità: la serotonina è un neurotrasmettitore, ma la sede di maggiore produzione sono le

cellule enterocromaffini. Sono delle cellule che mettono in circolo neurotrasmettitori nell'intestino,

non ne è nota la funzione, però la maggior parte della serotonina viene prodotta nell'intestino. La

serotonina ha molteplici effetti fisiologici; tipicamente è una molecola che viene impiegata nella

cura di stati depressivi per favorire il ripristino dei recettori serotoninergici o dopaminergici, che

sono quelli coinvolti in buona parte delle sindromi depressive. Ricordarsi che la serotonina deriva

da un amminoacido essenziale che è il triptofano, carenze di triptofano provoca mancanza di

serotonina che quindi influenzerà l'umore.

Come vengono catabolizzati i neurotrasmettitori come la serotonina? Viene distrutta attraverso

l'azione delle monoamminossidasi, ossidano ammina all'aldeide, l'aldeide viene poi ulteriormente

degradata e termina l'effetto del neurotrasmettitore. Un altro classico esempio di inibitori

competitivi sono gli inibitori delle monoamminossidasi che sono fra gli antidepressivi più utilizzati,

se si inibisce l'ossidazione della serotonina e della dopamina, l'effetto risultante è che questi enzimi

non distruggono i neurotrasmettitori, che rimangono in circolo e si ottiene l'effetto farmacologico

desiderato, in generale antidepressivo. Dopamina e serotonina stimolano tanti circuiti cerebrali, se

manteniamo livelli elevati il sistema nervoso ne beneficia. Attenzione a non abusare perché

l'eccesso di dopamina e serotonina ha effetti collaterali devastanti.

Il bello è che la sintesi dei neurotrasmettitori non si ferma qui. La serotonina nella ghiandola

pineale, che si trova tra i due tubercoli superiori, davanti al cervelletto fra i due emisferi, le vie che

si connettono alla ghiandola pineale non sono tutte note, vi è una che da i nuclei soprachiasmatici

collega alle cellule della ghiandola pineale, è in connessione con il sistema della visione, il

cosiddetto terzo occhio, che nei vertebrati inferiori funziona realmente da terzo occhio, vede la luce

infrarossa, ci sono cellule specializzate; nell'essere umano questa propr

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
6 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher eugcamp93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Boffi Alberto.