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Messo di fronte ai successi di Chiari nel genere della “rappresentazione storica”, Goldoni inventa
una summa dei generi teatrabili in altrettanti esempi di messe in opera formali. Con i nove testi
dedicati alle nove muse Goldoni voleva mettere in scena nella stagione 1759-60 una scommessa
diversa da quella delle sedici commedie nuove. L’introduzione alla stagione sostituisce il dialogo in
Parnaso tra Apollo e le Muse a quello tra gli attori della compagnia, con un’enunciazione del
programma che risentì fortemente delle influenze delle frequentazioni culturali neoclassiche del
soggiorno romano.
Goldoni aveva tuttavia sperimentato i limiti della propria capacità e quelli del proprio linguaggio: la
strada dei testi in martelliani si muove sulla base di un dialogo familiare per non cedere all’estremo
opposto della declamazione. Il fallimento dell’impresa non si può leggere come un coscienzioso
ritorno dell’autore, dopo la sfida ad Apollo, a ciò che gli compete: esso cela un percorso di lunga
sperimentazione. Qui finisce la storia teatrale del martelliano e la gara tra Goldoni e Chiari.
8. La scena veneziana
Il contatto con il popolo felice di vivere – formula stereotipa ma individualizzante – trova nella
connessione di mondo e teatro una definizione nel Viaggio in Italia di Goethe: a teatro, il popolo è
la base su cui poggia ogni cosa; il pubblico partecipa allo spettacolo e la folla si fonde in un sol
tutto con la rappresentazione.
Goldoni non inventa, dunque, un genere, poiché la commedia popolana, corale e femminile gli
preesisteva, ma la serietà e la responsabilità letteraria rivendicata nella scelta di materiare la
memoria di un repertorio in letteratura, anziché affidarlo alla sola durata effimera della scena nei
giorni grassi.
Di carnevale in carnevale la serie di commedie veneziane di Goldoni prosegue più o meno
fittamente, con un’interruzione di percorso nel passaggio di teatro in teatro. Al progetto “morale” e
“politico” sperimentato al Sant’Angelo, Goldoni intreccia una commedia veneziana “ricreativa”,
adatta in particolare alle platee e ai giorni di carnevale.
La commedia veneziana si dedica alla diversione de temo di festa, in una notevole sequenza di
titoli, a dominante corale e femminile, che si succede acquisendo poi al teatro San Luca una
gamma di sfumature di classe.
IL TEATRO COMICO
Commedia in tre atti scritta, prima delle sedici commedie nuove che il commediografo si impegnò a
scrivere per Medebach a partire dal 1750. È una commedia metateatrale che mette in scena
l’allestimento di uno spettacolo.
Dedicato alla nobile milanese Donna Margherita Litta.
Opera considerata dall’autore prefazione di Commedie, più che Commedia; Commedia in cui ho
procurato di dare un’idea del modo mio di pensare.
L’autore a chi legge: prefazione apparsa per la prima volta nell’edizione Paperini. Quest’opera fu
rappresentata per la prima volta nel 1750 in occasione dell’apertura del teatro.
Si prova la commedia Il padre rivale del figlio. Placida dice però di voler rappresentare una
commedia di carattere poiché si è invaghita del nuovo stile. Al contrario, Tonino (Pantalone),
essendo abituato alle commedie d’improvviso, è spaventato riguardo alle nuove commedie perché
ha paura di non essere in grado di ricordare la sua parte: me par che el sbalzo sia troppo grande.
Brighella presenta il poeta comico Lelio: alla richiesta di Orazio di mostrare qualcosa, Lelio mostra
una commedia a soggetto, notando poi il disappunto di Orazio e gli altri commedianti, dice di avere
con sé delle commedie di carattere: la prima proposta è una commedia tradotta dal francese,
rifiutata immediatamente; propone poi una commedia col principio, secondo lui fondamentale,
dell’unità di luogo aristotelica, Il padre mezzano delle proprie figliuole. Lelio chiede infide di poter
divenire comico.
Si propone poi Eleonora come cantatrice di intermezzi, ma Orazio dice di non aver bisogno di lei
poiché secondo lui i comici non necessitano più dell’aiuto della musica.
Lelio poi si mostra ad Orazio mentre recita un soliloquio che però manca del principio di
verosimiglianza: i soliloqui sono necessari per spiegare gli interni sentimenti del cuore, dar
cognizione al popolo del proprio carattere, mostrar gli effetti e i cambiamenti delle passioni. Subito
dopo Lelio si propone di recitare una commedia in versi che, secondo Orazio, non paiono versi.
GLI INNAMORATI
Commedia in tre atti scritta nel 1759, fu scritta nella città di Bologna durante il viaggio che portò
Goldoni da Roma a Venezia. Rappresentata per la prima volta nel 1759 al San Luca.
Eugenia, erede di una famiglia in rovina, ha una relazione con Fulgenzio, tormentata a causa
dell’impulsività di lui e della gelosia di lei. Eugenia non sopporta che Fulgenzio frequenti la cognata
Clorinda nonostante lui sia obbligato a farlo poiché suo fratello è a Genoa per lavoro.
Il conte Roberto d’Otricoli, cliente di Ridolfo, amico di Fabrizio, giunge a Milano e fa visita in casa
di Fabrizio che lo invita a pranzo. Eugenia dice al conte, innamorato di lei, di essere innamorata di
Fulgenzio. Quest’ultimo, all’oscuro di tutto si ingelosisce e minaccia di suicidarsi ma i due riescono
a riconciliarsi.
Purtroppo Fabrizio, per buon costume, ha invitato a pranzo anche Clorinda: Eugenia, gelosa, la
insulta e se ne va. Il pranzo si svolge così in maniera drammatica. I due innamorati si chiariscono
ma quando Fulgenzio deve riaccompagnare a casa Clorinda, Eugenia si offende e comincia
nuovamente il litigio.
La ragazza accetta per venetta la proposta di matrimonio di Roberto. Non appena Fulgenzio
ritorna le promette di non frequentare più Clorinda poiché è tornato suo fratello. Eugenia è
costretta a dirgli delle nozze e Fulgenzio sviene. Quando rinviene, la sorella Flamminia, dice di
aver spiegato la situazione a Roberto che ha perciò rotto il fidanzamento.
Fabrizio di lascia convincere dal fatto che Fulgenzio, a differenza del conte, sposerà Eugenia
senza dote.
In quest’opera Goldoni illustra i danni che può provocare l’amore, intervenendo contro essi
mettendoli allo scoperto e smascherandoli agli occhi dei veri innamorati.
PAMELA NUBILE
Rappresentata per la prima volta a Mantova nel 1750.
Questa commedia fa parte del progetto delle sedici commedie nuove. La prima rappresentazione
di Pamela ci fu nel 1750 al teatro Sant’Angelo, e fu un trionfo. Il personaggio di Pamela ha nascita
remota. Il primo antecedente è in Griselda (1734-35), amorosa eroina di nascita vile; si fa
borghese ne La donna di garbo (1743) e ne La vedova scaltra, diventando protagonista di quel
progetto di educazione del pubblico di cui Goldoni parla in polemica con Le putte di Castello. Al
teatro San Luca vide una commedia intitolata Le putte di Castello: era una commedia popolare la
cui protagonista era una veneziana prima di moralità. Tale opera era apparsa prima del decreto
che stabiliva la censura delle rappresentazioni teatrali;
“tutto era pessimo: carattere, intreccio, dialogo; tutto era dannoso; eppure si trattava di una delle
solite commedie italiane: divertiva il pubblico, attirava la gente e si rideva delle facezie di cattivo
gusto. Ero così contento di quella parte di pubblico che cominciava a preferire la commedia alla
farsa e la decenza alla scurrilità che, per impedire il male che una simile commedia avrebbe potuto
causare nelle menti ancora malsicure, ne feci rappresentare una del medesimo genere, ma onesta
e istruttiva, intitolata La putta onorata.
Nasce così la Putta onorata, mutazione plebea e virginale della donna di buoni costumi.
Il soggetto nuovo, amabile, cittadino è ripreso l’anno dopo, ma con minor successo ne La buona
moglie (1749). Dopo l’impegno preso col pubblico, urgevano argomenti diversi: il romanzo di
Richardson è quello con la trama giusta. Lo schema della fanciulla insidiata e vincente rientra nel
progetto di Goldoni ma l’intento morale dell’autore inglese non si adattava né ai costumi né alle
leggi del mio paese. A Londra un lord non perde la propria nobiltà sposando una contadina, a
Venezia un patrizio che sposa una plebea prima i suoi figli della nobiltà patrizia ed essi perdono
così ogni diritto di accedere alle cariche più importanti. La commedia, che è o dovrebbe essere
scuola di virtù, non deve rappresentare le debolezze umane, se non per correggerle.
• La commedia è scuola di costumi
• Il romanzo di Richardson non rispetta questa finalità
Per essere scuola di costumi la commedia deve rispettare le leggi e gli usi della tradizione ed il
romando inglese va contro tutto questo. La morale di Goldoni è pragmatica: la ricompensa della
virtù è valore inferiore rispetto alla perdita dei vantaggi che derivano dall’appartenere alla classe
aristocratica. Il nodo principale è dunque quello del matrimonio: la virtù deve avere il suo premio
ma il matrimonio fra due classi sociali diverse va evitato. Piacque a me immaginare una peripezia
avvantaggiosa per li due Amanti, e cambiando la condizione di Pamela, premiar la di lei virtù,
senza oltraggiare il puro sangue di un Cavaliere, che al pari degli stimoli dell’amore, quelli ascolta
eziandio dell’onore.
L’autore a chi legge: Goldoni dice di aver tratto ispirazione dall’omonomo romanzo inglese di
Richardson, ma egli non vuole però che al merito della virtù si sagrificasse il decoro delle famiglie
(in Inghilterra la legge permetteva matrimoni tra persone di classi sociali differenti, in Italia no).
Goldoni decise quindi di cambiare la condizione di Pamela per non oltraggiare il sangue del conte.
L’autore mostra inoltre le difficoltà da lui incontrate nel “ridurre” a teatro la storia di un romanzo.
La scena si svolge a Londra, in casa di Milord Bonfil.
LA LOCANDIERA
Commedia in tra atti rappresentata per la prima volta nel 1753. Il conte di Albafiorita ed il marchese
di Forlipopoli sono ospiti nella locanda di Mirandolina a Firenze e si contendono il suo amore, il
primo con doni che può permettersi grazie alla sua condizione ed il secondo, appartenente alla
nobiltà decaduta tenta di conquistarla con promesse di protezione. Nella locanda vi è anche il
cavaliere di Ripafratta, un misogino. Mirandolina decide di provarsi nel farlo innamorare e ci riesce.
Riuscita nel suo intento ella però ne rifiuta l’amore e concede la mano al cameriere Fabrizio.
IL VENTAGLIO
Opera più importante composta a Parigi.
In una lettera del 1863 al marchese Capacelli: commedia composta da molte scene brevi, frizzanti,
animate da una perpetua azione.
Il