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Le transizioni verso la democrazia nel XX secolo

Soltanto all'inizio dell'ultimo quarto del XX secolo hanno compiuto la transizione costituzionale verso la democrazia la Spagna (1976-1978), Portogallo (1976) e Grecia (1975), poi tre grandi Stati americani del Cono Sur: Argentina (1982-1983), Brasile (1985-1988), Cile (1988-1990). Dunque, fra le democrazie ininterrotte dal secondo dopoguerra vengono annoverati appena ventuno stati con almeno cinque zeri di consistenza demografica (ventidue col Costarica, dal 1949): due in Nord-America (Stati Uniti e Canada), due in Australia e Oceania (Australia stessa e Nuova Zelanda), due in Asia, estremo e medio Oriente (Giappone e Israele), i restanti in Europa.

Sennonché le 'democrazie' non esistono come tali. Una specifica organizzazione dello Stato che, per applicazione di Costituzione scritta quale documento unico oppure essendone privo (Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Israele), possa additarsi, una volta per tutte, a differenza di altre coeve edi se stessa al passato o al futuro.

come la parola scritta, la stampa, i mezzi di comunicazione di massa, è un diritto fondamentale in una democrazia. La libertà di associazione e di riunione permette ai cittadini di organizzarsi e di esprimere le proprie opinioni in modo collettivo. Il diritto di voto è un altro elemento essenziale della democrazia, poiché consente ai cittadini di partecipare attivamente alle decisioni politiche. La democrazia si basa anche sulla separazione dei poteri, con un sistema di controllo e bilanciamento tra il potere legislativo, esecutivo e giudiziario. Inoltre, la democrazia implica il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro razza, religione, genere o orientamento sessuale.nonché di riunione, di associazione e così via, dovrebbe essere misurata caso per caso, anche se apparentemente senza influenza immediata sulla forma di governo e difficilmente in controtendenza (la totale libertà di stampa in regime elettorale a suffragio censitario). Non contano tanto i principi affermati nella Costituzione o nelle leggi, quanto la estensione e attuazione effettiva nei diversi luoghi e momenti. Se la democrazia degli ‘antichi’ era ‘diretta’, ancorché circoscritta, la democrazia dei ‘moderni’ è stata, in generale, ‘rappresentativa’: non deliberazione sugli oggetti, ma elezione di rappresentanti, deputati essi a deliberare, a nome dei rappresentati e senza vincolo di mandato. Nell’ordinamento dello Stato, fenomeno peculiare ed esclusivo dell’età moderna, la democrazia diretta, ove ammessa, è consistita di integrazione della rappresentativa, che, determinandone limiti e applicando risultati.l'ha disciplinata e organizzata. Non comporta certo un progresso di democrazia, diversamente dal referendum di abrogazione o approvazione, il plebiscito che imponga l'unica alternativa del voto popolare favorevole o contrario a una nuova forma di Stato o di governo e, insieme, alla prima immediata personificazione dell'organo apicale. Metro di giudizio retrospettivo, questo, valido pure per ogni elezione proposta senza facoltà di scelta dei nomi (per esempio, lista unica e bloccata con numero di candidati pari ai seggi). A parte tali plebisciti, nei secoli XIX e XX soltanto in Svizzera la democrazia diretta è stata esercitata in maniera sistematica. [...] L'approdo del percorso secolare, che, muovendo dalla monarchia assoluta, un organo monocratico impersonato in via dinastico-ereditaria titolare di ogni potere, e dalle repubbliche aristocratiche coeve, è pervenuto alla forma di Stato democratica, può essere descritto sotto un duplice

profilo: da un lato, la facoltà di modificazione unilaterale dei rapporti giuridici dei privati a prescindere dalla loro volontà (diritto privato) spetta esclusivamente a più organi, semplici o complessi, anzitutto parlamento e governo, istituzioni impersonate in via elettiva o da questa derivate; dall'altro lato, tutti i cittadini, uomini e donne, giunti alla maggiore età, sono elettori di tali organi ed eleggibili. Nella eventuale democrazia diretta il diritto di voto coincide, in genere, con l'elettorato. Ciascuna delle fasi di 'democratizzazione' dello Stato è qualificata, politicamente o costituzionalmente, dalle diverse possibili combinazioni dei due aspetti, oggettivo e soggettivo, in evoluzione entrambi. Nelle monarchie d'Europa, dove, per definizione, l'organo-istituzionale monocratico apicale, che in vario modo si avvale di ministri, da lui nominati e revocabili, è impersonato in via dinastico-ereditaria,

Ogni riduzione effettiva del potere pubblico del medesimo costituisce progresso verso la forma di Stato fondata sull'uguaglianza politica. Si ha una svolta quando, con o senza Costituzione interamente scritta, un organo-istituzione assembleare, impersonato in via elettiva (il parlamento, in almeno una camera), diventa titolare imprescindibile, ancorché non esclusivo, del potere legislativo e, in particolare, dell'imposizione fiscale e della spesa pubblica. Avviene una seconda decisiva trasformazione a mano a mano che, per prassi, coi convenzione costituzionale (XIX secolo) o diritto vigente (XX secolo), il parlamento acquisisce il potere di estromissione e quindi designazione del governo in carica, organo collegiale diretto da un primo ministro e ormai a sé stante, pur ancora nominato con atto del re non più discrezionale. Adottando all'epoca e in seguito pure definizioni diverse, si passa così dalla monarchia assoluta alla costituzionale e dalla

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costituzionale allaparlamentare. Nel frattempo il re (o equivalente) perde i poteri residui, in campo non solo esecutivo,ma anche legislativo e giudiziario. Tuttavia sussiste. Non sarebbe, altrimenti, monarchia.La progressiva emarginazione o eliminazione di organi monocratici apicali di estrazione dinastico-ereditaria da qualsiasi ruolo sostanziale nelle politiche pubbliche non è, ovviamente, percorso etraguardo della repubblica, che, forma di Stato originaria (Stati ex colonie 1776, Stati Uniti 1789,Confederazione elvetica) o sostitutiva della monarchia (Francia 1792, 1848, 1870; Germania 1919;Italia 1946), comunque viene ordinata con organi costituzionali di estrazione elettiva, diretta oindiretta. Anzi, talora sono trasferite al capo dello Stato funzioni corrispondenti a quelle precedentidel re persino là dove, nei limiti costituzionali posti da quelle del parlamento, si fa del governo, cuiinvero egli sarebbe estraneo, il fulcro dell’esecutivo di un regime parlamentare.

Per la repubblica, ma nondimeno per la monarchia, le fasi regressive, anche in combinazione fraloro, si caratterizzano per la sottrazione al parlamento della determinazione, con legge, delle politiche pubbliche: il potere legislativo, già spettante all'assemblea elettiva, viene esercitato da un organo monocratico di estrazione dinastico-ereditaria o elettiva (popolare o meno, diretta o meno) oppure da un organo collegiale (governo) costituito e diretto dall'organo monocratico suddetto, impersonato in origine per successione o in via elettiva. Ancora si ha regressione allorché il governo monocratico o collegiale a nomina e direzione monocratica non è soggetto ulteriormente all'estromissione o sostituzione precedentemente prevista oppure non deriva più, alla scadenza, da nuova elezione. Si retrocede, inoltre, dallo Stato democratico o non vi si perviene ove il parlamento non sia rinnovato alla scadenza fissata con elezione popolare oppure

questa non sia libera oppure,eletto, non possa funzionare se non assecondando il governo. Così anche nel caso in cui il parlamento stesso, costituzionalmente privo del potere di revocare anzitempo il governo, monocratico o collegiale, sia suscettibile di discrezionale scioglimento anticipato da parte del medesimo, magari elettivo e rieleggibile. In mancanza di un potere esecutivo subordinato al potere legislativo del parlamento, la sola regolare periodica elezione di un presidente della repubblica titolare del governo non qualifica quell’ordinamento come democratico.

Il processo di ‘democratizzazione’ di ciascuno Stato non appare, nel profilo soggettivo, più lineare. Sono variabili in gioco i requisiti per il diritto di voto e l’eleggibilità; i voti a disposizione di ogni elettore e il loro peso, non necessariamente uniformi; le procedure a garanzia della libertà di scelta e della uguaglianza di costo delle alternative; la ripartizione del

territorio a fini elettorali e il numero dei relativi livelli di aggregazione; i tempi e i modi di presentazione delle candidature; la formula e il calcolo della trasformazione dei voti in seggi. Sulla scia delle rivoluzioni americana e francese si ha dapprima una tendenziale uniformità: al regime rigidamente censitario succede una formale uguaglianza di incidenza tra i cittadini ammessi al voto in ragione di proprietà e reddito. Nelle fasi successive si attuano nell'ordine: l'allargamento del suffragio, pur nella sussistenza di voti multipli e di quote diverse di quelli occorrenti per eleggere un rappresentante; il suffragio universale, anche se ancora con differenza di peso dei voti tra le circoscrizioni; l'estensione del suffragio, infine così universale paritario, alle donne e quindi all'età fino a 21 anni, poi 18; l'uguaglianza territoriale generalizzata del rapporto elettori-rappresentati. [...] Presumibilmente già nel

Corso del XXI secolo, per la natura stessa dell'attività storiografica, si faranno valere e si applicheranno criteri ulteriori di verifica a posteriori del grado di democrazia politica via via raggiunto o perduto nel passato, anche se non potranno essere abbandonati quelli del suffragio universale paritario e della elezione a regolare scadenza (elettorato ed eleggibilità), non più successione ereditaria o dinastica, nell'accesso agli organi istituzionali dello Stato che determinano le politiche pubbliche. Alcuni sono in rebus da tempo.

Se nel 1945 lo statuto della Organizzazione delle nazioni unite (Onu) fu elaborato a San Francisco in California da 50 paesi, in mezzo secolo il numero degli Stati giuridicamente sovrani, comprese le mancate adesioni dell'epoca (Svizzera), è aumentato di trentaquattro volte. Ma pure laddove l'istanza di autonomia non si è tradotta in uno Stato indipendente ha subito modificazioni in tal senso.

l'organizzazione costituzionale e amministrativa interna che non fosse sorta come federazione fin dall'origine. Istituzioni infrastatali, sovrastanti il governo locale tradizionale, ovunque pr
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A.A. 2012-2013
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/03 Storia delle istituzioni politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cecilialll di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle Istituzioni politiche e sociali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Teramo o del prof Bazzano Nicoletta.