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Estratto del documento

ISTITUZIONALI DI MARCA

PRODOTTO PAESE D’ORIGINE NATURA SIMBOLI

BENEFICI

FUNZIONALI

ATTRIBUTI

MODALITA’ D’USO

IMMAGINE RELAZIOENE

VALORE/QUALITA’

DELL’UTENTE MARCA/CLIEN

TE

BENEFICI BENEFICI DI

EMOTIVI AUTOESPRES

SIONE

IMMAGINE

DELL’UTENTE IMMAGINE

DELL’UTENTE

In molte teorie di molti autori il concetto di nocciolo centrale e costitutivo dell’identità (“essenza di marca”) ritorna di

frequente nei modelli presi in esame.

In linea generale le rappresentazioni di marca che si collocano sotto il segno del cerchio tendono a suggerire che

l’identità di marca appartiene all’ordine dell’assoluto e del concluso. Quelle che adottano il triangolo ne hanno una

concezione dinamica, estroversa, più evolutiva. Le migliori rappresentazioni dell’identità di marca giungono

dall’elaborazione dei due modelli.

Kapferer propone un esagono, figura ideale finalizzata a rappresentare tutte le facce della marca. Si tratta di un campo

simbolico e reale, fisico ed immaginario, relazionale e culturale al contempo. La marca è in prima istanza un luogo fisico,

un pacchetto di attributi tangibili, un insieme di caratteristiche oggettive e salienti, oppure latenti, emergenti, ma

ugualmente significative. Si tratta di quello che Lombardi chiama il “piumaggio” (l’elemento di prima riconoscibilità della

spiecie): il cioccolato per Ferrero, la sicurezza per Volvo, il blu di Barilla. Non si tratta di un elemento estetico, la forma,

la caratteristica esteriore. Piuttosto di un punto di forza, ciò che la marca evoca. La bottiglia di Coca Cola.

Poi c’è la personalità: la marca acquisisce un carattere dal momento in cui inizia a comunicare. Barilla è affettiva,

Telecom utile, Dior borghese, Vodafone dinamica. La via + semplice – ma non + efficace – per conferire carattere e

personalità alla marca è quella di abbinarla ad un portavoce, una effige reale o simbolica altamente rappresentativa

(Gerry Scotti, Tomba, Il cowboy Marlboro, Giovanni Rana, l’omino Michelin, la tigre di Kellogg’s Frosties).

La marca ha una 3a dimensione: la cultura. La marca è a tutti gli effetti un universo culturale, un sistema di valori, una

sommatoria di significati profondi. Il volto culturale della marca è quello dei suoi principi fondamentali, delle sue origini,

delle sue espressioni, delle sue manifestazioni. Benetton ad esempio è portavoce di una cultura multietnica, Mercedes

ingloba i valori della Germania.

La marca è anche relazione: un legame simbolico, uno scambio di contenuti e di significati tra persone, un discorso con

il consumatore (Nike just do it, L’Oreal perché voi valete).

L’esagono di Kapferer considera un’ulteriore dimensione della marca, quella del riflesso: la marca è l’incarnazione del

proprio consumatore tipo e produce una immagine della persona che la utilizzerà. La marca costruisce la raffigurazione

del destinatario ideale, dell’individuo al quale sembra indirizzarsi. Il riflesso non va confuso con il target: uno è ideale,

l’altro reale. Il target è la descrizione degli acquirenti e degli utilizzatori potenziali della marca. Il riflesso è l’immagine

esteriore che la marca fornisce di questo target. È un modello di identificazione. Molti utilizzano questi prodotti come

accesso al mondo immaginario che la marca propone. Ma il target reale è differente.

Infine per Kapferer la marca è una mentalizzazione, una rappresentazione mentale. Se il riflesso è lo specchio esteriore

del target, la rappresentazione mentale è il suo specchio interno, è la relazione che il suo consumatore intrattiene con se

stesso attraverso il consumo della marca. Alcune griffe rappresentano dei potenti simboli di status, che gli individui

acquistano per provare di aver raggiunto traguardi sociali, economici e professionali. Il riflesso può anche essere

negativo (chi guida una Porche è uno sbruffone) mentre il target è diverso.

Lo schema proposto da Kepferer non fa altro che ribadire l’assoluta complessità della marca, la sua natura polisemica,

la sua essenza relazionale e discorsiva.

Capitolo 6 L’IDENTITA’ VISIVA DELLA MARCA

Visual identity. Ta Corporate Identity e Brand Identity

La corporate identity è l’ambito in cui la marca proietta e manifesta la propria identità organizzata. È l’essere

dell’impresa: è il suo volto e la sua voce. La corporate identity è fatta di tracce e stratificazioni di comunicazione, di

legami con il territorio e con la cultura di un Paese, di oggetti, tradizioni, persone. La parte visibile della Corporate

identity è la visual identity. Per un’impresa, disporre di identità visiva forte, vitale e densa di significazione, equivale a

possedere una moneta preziosa da spendere. Per identità visiva della marca intendiamo l’immagine che la marca

propone di sé attraverso quel complesso sistema di segni connotativi e codici reiterati – nome, logo, lettering, simbolo,

cromatismo, personaggi, forme, ecc.. che rimandano ad un sistema di significazione indispensabile per garantire

riconoscibilità e affermazione.

Dalla modulistica agli stampati, dall’impaginazione della carta da lettera alle buste, dai decori sui camion aziendali al sito

internet, dai gadgets ai depliants, dalle divise aziendali alle insegne e alla segnaletica: tutto questo è comunicazione,

tutto questo è visual identity. Senza contare naturalmente il prodotto, il packaging, il design, la pubblicità. Ad esempio, la

forma del prodotto e della sua confezione giocano un ruolo fondamentale nella percezione, nel riconoscimento e nella

personalità della marca. Sono capaci di creare un’identità forte. Nondimeno, i colori possono decretare un successo

commerciale o un autentico fiasco. Il cromatismo del packaging e quello del prodotto stesso connotano la personalità e il

carattere della marca, ne fondano l’identità visiva. Una consistenza cromatica a lungo termine può aiutare la marca a

differenziarsi, a fidelizzare il cliente, a determinare una riconoscibilità significativa e duratura. Anche il nome della marca,

quando rinvia ad un’immagine, è capace di raccontare un’identità, di suggerire un posizionamento, di alludere a dei

benefit, ad un’attitudine specifica del bene o del servizio. Il logo, il lettering, il simbolo, i colori aziendali e di prodotto

rappresentano ulteriori segni connotativi, capaci di generare senso e di edificare un mondo possibile.

La componente estetica rimanda dunque all’essenza della marca. Identità ed immagine appartengono ad un pensiero

strategico del management della marca che sembra non dimenticare la relazione sensibile che lega soggetto ed oggetto

e che, oggi, coinvolge sempre più la cooperazione di tutti i sensi dell’uomo. La marca vuole instaurare un rapporto

polisensoriale con i suoi consumatori: trasformare prodotti ordinari in esperienze straordinarie diviene una delle nuove,

appassionanti sfide del branding contemporaneo.

6.2 il brand name

Il nome è l’indicatore primario della marca, il suo primo punto di contatto con l’esterno, la dimensione fondamentale della

notorietà, la base di tutta la comunicazione. Esso veicola un messaggio, è portatore di significazione. Costituisce un

elemento allusivo e fondativo dell’immagine del prodotto, delle sue caratteristiche più salienti, della sua personalità, dei

suoi benefit. Ecco perché dare un nome ad una marca è un’operazione delicata ed estremamente importante.

Battezzare una marca equivale a conferirle un’identità, ad assegnarle un modo di essere e di apparire, a immaginarne

un destino, un cammino. Il nome della marca individua il tipo, il modello: in questo modo esso consente al brand di

uscire dall’indistinto affollamento delle merci, di presentarsi con una voce e con un contenuto. Il vantaggio del nome è di

dire senza dire. Il nome è in grado di condurre il consumatore/lettore nel mondo possibile della marca, nel suo sistema di

valori e di segni, nella sua atmosfera e nel suo sistema di significazione.

Una strategia è quella di adottare nomi evocativi, suggestivi. Non si deve dimenticare poi che il nome commerciale

fidelizza. Da un lato risponde ad un desiderio di permanenza, di stabilità, di resistenza all’erosione del tempo; dall’altro è

in grado di imbastire una relazione duratura, confidenziale e amicale con il pubblico. Custode del ricordo, il nome facilita

la memorizzazione del prodotto e veicola l’attaccamento come pure la sensibilità alla marca. A differenza del mkt mix il

nome dovrebbe perdurare ed essere pressoché intoccabile.

Un aspetto importante del brand name è la sua memorabilità: un buon appellativo commerciale si dovrebbe ricordare

facilmente. Il ricordo è favorito quando il nome è abbastanza insolito da generare curiosità e attirare l’attenzione del

pubblico: es Alice è un nome insolito per un servizio ADSL, richiama l’attenzione. Il brand name favorisce il ricordo

anche quando contiene un elemento di interesse: una rima, un’assonanza (Flick­Flack, Coca­Cola) oppure quando

generano un immagine mentale (Mulino Bianco, Apple, Vespa). Anche l’emotività incide sulla memoria: nomi capaci di

generare emozioni hanno più possibilità di connessione e di relazione con il pubblico rispetto a nomi puramente

intellettuali (YAHOO), perché sono densi di emotività, energia, entusiasmo, carica emotiva. Infine sono facili da ricordare

quelli semplici: Bic, Pupa, Dash..

Oltre a facilitare il ricordo dovrebbe distinguersi, perché la marca con il suo appellativo commerciale dovrebbe aiutare il

prodotto a definire un proprio territorio. Dovrebbe evocare, suggerire, alludere, rimandare – ma non essere troppo

affermativo e didascalico = definire cioè la categoria (es: Calzedonia ha sofferto del proprio appellativo troppo rigido e

racchiuso in un posizionamento definito. Come farebbe a creare linee da bagno o costumi? Le insegne “non solo” nei

negozi dimostrano tutta gli errori del naming).

Il nome appartiene all’identità visiva della marca, perché è in grado di evocare e produrre immagini mentali. Per questo il

simbolo, il lettering e l’eventuale pay off dovrebbero essere saldamente legati ad esso. Il brand name se efficace, stimola

e sostiene tutte le dimensioni della visual identity.

È opportuno distinguere tra brand name e company name (marca e azienda).

6.2.1 nomi propri

un gran numero di appellativi commerciali deriva da nomi propri. La marca patronimica è quella che porta il nome (il

cognome) di una persona,

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Publisher
A.A. 2014-2015
28 pagine
1 download
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/17 Disegno

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Samarathecrow di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Brand design e laboratorio di progettazione dell’identità visiva e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pontonio Bonifacio.