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B) ICSI
Si ricorre a questa tecnica quando la situazione dei gameti maschili è ancora più critica e si ha una
motilità spermatica praticamente nulla, ma un corredo genetico adeguato.Per questo tipo di
trattamento, non è necessario che l’ovocita abbia la zona pellucida integra (che normalmente ha
funzione di mandare dei segnali di attrazione per il gamete maschile) in quanto lo spermatozoo non
è in grado di perforarla. Per questo motivo sono state messe a punto diverse tecniche nel corso
degli anni, prima di arrivare all’attuale ICSI. La prima prevedeva la cosiddetta zona drilling che
coinvolgeva l'uso di un acido molto delicato chiamato tiroide (a ph 2-3) per dissolvere una piccola
porzione della zona pellucida, scoperta dal cumulo ooforo, nell’ ovocita maturo. I problemi maggiori
relativi a questo metodo erano la sensibilità dell'ovocita al ph dell'acido, la sua degenerazione ed
un ridotto sviluppo embrionale. Per questo motivo si è pensato di introdurre un nuovo metodo
chiamato PZD (dissezione parziale della zona pellucida), conosciuto anche come zona cutting o
zona opening. Con questo metodo che prevede l'utilizzo di una pipetta specifica per tenere fermo
l’ovocita e di un ulteriore microsonda, si ottiene un taglio molto più piccolo rispetto a quello ottenuto
con il metodo precedente. Questa tecnica non è stata molto utilizzata, perché richiedeva un uso
relativamente elevato di sperma motile ed era giudicata insoddisfacente se comparata con le
tecniche di FIVET. Infine l'ultima tecnica sviluppata, chiamata Suzi (sub zonal injection), consisteva
nella microiniezione di sperma a livello dello spazio perivitellino, oppure sotto la zona pellucida, in
un ovocita precedentemente denudato. Questo tipo di tecnologia non è stata utilizzata
clinicamente, finché non furono dimostrate le limitate applicazioni dei precedenti metodi, ma oggi è
stata completamente soppiantata dall’ICSI.
Questa tecnica attualmente adoperata, consiste nell’inserimento di un unico spermatozoo
all’interno della cellula uovo per mezzo di una pipetta specializzata. L'uso dell'ICSI è stato
inizialmente pensato come una soluzione per la sterilità maschile grave; tuttavia, è diventato molto
più diffuso, con una tendenza crescente ad usarlo regolarmente per le indicazioni che includono
moderata subfertilità maschile, età materna avanzata, pazienti a bassa reattività, ovociti o sperma
donatore; infatti, alcune cliniche ora usano l'ICSI come routine per tutte le indicazioni. L’ICSI è
particolarmente consigliata quando si ha struttura dell’assonema spermatico alterata del tipo 9+2 o
9+0 e quindi lo spermatozoo non ha motilità. Lo strumento essenziale è un microscopio rovesciato
con obiettivi x10, x20 e x40, ed ottica di contrasto per visualizzare le cellule su piastre Petri in
plastica. I micromanipolatori sono costituiti da due manipolatori motorizzati grossolani e da due
joystick meccanici, elettrici o idraulici di precisione, oltre a microsiringhe in grado di erogare
quantità minime di liquido. Per recuperare lo sperma è necessario immobilizzarlo con un tampone
contenente Polyvinyl pyrrolidine (PVP) al 10%, che conferisce al mezzo una certa densità,
ostacolando la motilità spermatica. Le controindicazioni riguardano una possibile riduzione della
qualità embrionale, per questo motivo sono stati pensati buffer alternativi che riducano gli effetti
indesiderati, come l’acido ialuronico.Questa molecola è naturalmente presente a livello del cumulo
ooforo dell’ovocita, quindi non dovrebbe intervenire nello sviluppo embrionale. Con l’impiego
dell’acido ialuronico si ha una immobilizzazione solo momentanea dello spermatozoo ed inoltre,
entrando nel metabolismo, questo può essere facilmente smaltito dalla cellula. Il principio di questo
metodo è la coltivazione di sperma maturo in una piastra appositamente trattata, alla quale viene
applicato un gel contenente acido ialuronico. Si osserva la formazione classica a cerchio e gli
spermatozoi aderire spontaneamente al gel. Da qui possono essere facilmente selezionati per
l’analisi successiva.
Una volta scelti gli spermatozoi che sembrano maggiormente idonei, si passa ad un’analisi
morfologica più specifica, volta a determinare la qualità. Ad esempio vengono scartati spermatozoi
che mancano di omogeneità del citoplasma e che presentano dei vacuoli all’interno, perchè
potrebbero essere il risultato, non solo di un polimorfismo, ma anche di un'anomalia associata a
lesioni del DNA. Come per il gamete maschile, anche quello femminile, selezionato in MII, deve
subire alcuni trattamenti prima dell’ICSI vera e propria, che sono costituiti principalmente da una
serie di operazioni tra cui l’impiego di enzimi specifici (ialuronidasi per 1 min), finalizzate a
rimuovere la corona radiata e lasciare l’ovocita denudato.
Con una pinza si trattiene l’ovocita e con l’altra
si buca l’ovocita per l’inserzione. In dettaglio le
fasi sono:
1. Preparare le capsule per iniezione con gocce
di 2-5 μL di terreno di coltura HEPES
tamponato per ogni singolo ovocita, e con una
goccia di PVP da 5 μL per lo sperma. Piccole
quantità di sostanze evaporano molto rapidamente e devono essere immediatamente ricoperte da
uno strato di olio.
2. Inserire le pipette di ritegno e di iniezione nei portapipette, stringere bene e, se si utilizza un
sistema con l'olio, assicurarsi che non vi siano bolle d'aria nel sistema di tubazioni.
4. Allineare le pipette in modo che i puntali di lavoro siano paralleli allo stadio del microscopio. È
importante iniziare con le pipette allineate con precisione, con entrambi i puntali ben a fuoco. Se
una parte della lunghezza è sfuocata, è probabile che la pipetta non sia parallela al palco, ma
rivolta verso l'alto o verso il basso.
5. Aggiungere con cautela una piccola aliquota di sospensione di sperma (0,3-0,5 ml) al bordo
della goccia centrale di PVP. La soluzione viscosa oltre a ridurre la motilità, impedisce anche alle
cellule spermatiche di aderire alla pipetta di iniezione.
6. Dopo un attento esame della goccia di sperma, analizzare nuovamente tutti gli ovociti denudati
per individuare la presenza di un primo corpo polare; lavarli delicatamente con mezzo tampone
HEPES e trasferire un ovocita in ciascuna goccia di ovociti sulla capsula per iniezione.
7. Posizionare il piatto di iniezione con goccioline di sperma centrale sulla fase al microscopio.
8. Abbassare la pipetta di ritenzione nella prima gocciolina di ovociti e posizionarla accanto alla
cuvetta. Utilizzando entrambi i micro strumenti, ruotare lentamente l'ovocita per localizzare il corpo
polare. Aspirare delicatamente in modo che la cuvetta si attacchi alla pipetta. Il corpo polare è
posizionato a ore 6 o 12 per minimizzare la possibilità di danneggiare il fuso meiotico e la
microiniezione avviene sempre ad ore 3.
10. Rimuovere delicatamente la pipetta di iniezione ed esaminare l'area di rottura: la membrana
deve essere imbutiforme, rivolta verso il centro. Se il bordo dell'oolemma viene smascherato, il
citoplasma può fuoriuscire e l'ovocita può andare incontro a citolisi.
11. Lavare tutti gli ovociti nel terreno di coltura, trasferirli nella capsula preparata e riscaldata e
incubare per una notte nell'incubatrice a CO2.
Da 16 a 18 ore dopo l'iniezione, valutare il numero e la morfologia dei due pronuclei al microscopio
invertito, facendo rotolare l'ovocita delicatamente con una sonda di vetro. Il trasferimento degli
embrioni viene solitamente eseguito circa 48-72 ore dopo la microiniezione.
Molto importante è la fase di compattazione che inizia al giorno 4: questo processo porterà alla
formazione di due diverse componenti, cellule della massa interna e cellule del trofoblasto (il
trofoblasto darà origine agli annessi embrionali, le cellule della massa interna all’embrione), e da
questo punto in poi l’analisi morfologica delle cellule della massa interna diventa impossibile.
L’impiego di diversi campioni è giustificabile dal fatto che lo zigote attraversa ambienti a
determinate condizioni, nelle vie genitali femminili e quindi bisogna cercare di riprodurre in vitro
delle condizioni quanto più possibile fedeli all’ambiente delle tube. Nelle primissime fasi di
segmentazione 30-35 ore, lo zigote ha una bassissima attività metabolica e biosintetica, quindi il
tampone da adoperare conterrà prevalentemente acidi carbossilici, piruvato e lattato, funzionali ad
un metabolismo mitocondriale che produrrà ATP. Un’altra molecola da aggiungere è il glutatione,
coinvolto nella riduzione dallo stress ossidativo, che in questa fase ha un’importanza maggiore
rispetto alla produzione di energia. Successivamente l’embrione inizia a trascrivere il proprio
genoma ed aumenta il suo metabolismo. Per questo motivo è necessario fornire al mezzo di
coltura anche il glucosio. Se paragoniamo le cellule della massa interna e quelle del trofoblasto da
un punto di vista metabolico, queste differiscono notevolmente: le prime effettuano
prevalentemente glicolisi, mentre le altre metabolizzano il glucosio sfruttando soprattutto processi
ossidativi. Queste esigenze riflettono l’ambiente extracellulare che circonda l’embrione durante il
suo percorso: nell’ovidotto le concentrazioni di glucosio sono basse, ma aumentano
progressivamente nell’utero. Il piruvato ha un profilo di concentrazione esattamente opposto,
prevalendo nell’ovidotto rispetto all’utero. Lo stesso tipo di monitoraggio si può fare anche a livello
del pH (da 7.5 a 7.1) e della concentrazione di ossigeno (da 8% a 1.5%), come per molte altre
molecole. A causa dei numerosi passaggi operativi necessari per arricchire il terreno di coltura ai
vari stadi, si sono sviluppate due scuole di pensiero:
A) fornire tutti gli elementi in anticipo e lasciare che l’embrione si prenda quello che gli serve al
momento opportuno, per evitare eventuali contaminazioni o effetti indesiderati al lungo
termine sull’embrione.
B) manipolare più volte il terreno con aggiunte sequenziali a tempi prestabiliti.
Il trasferimento avviene al 3 o al 5 giorno a seconda del protocollo preferito dal laboratorio. Il giorno
influisce molto ad uno stadio così precoce dello sviluppo, sulla buona riuscita dell’impianto: se una
donna ha pochi follicoli disponibili si tende ad impiantare al terzo giorno, limitando al minimo il
tempo trascorso in vitro. Per questo motivo la scelta è fortemente influenzata dalla storia clinica
della paziente, da eventuali aborti spontanei precedenti ecc. L’embrione viene preso in cura dal
ginecologo e, con una s