Biotecnologia per la difesa delle piante - Appunti
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xilematici si interrompe sia il flusso della linfa, ma anche la traslocazione del patogeno all’interno
del tessuto vegetale, chiaramente il tessuto vegetale un po’ ne soffrirà ma sono presenti spesso
anastomosi quindi se anche muore questa piccola parte di tessuto grazie ad anastomosi dei vasi
xilematici l’organo viene preservato; e per ultimo le piante hanno la possibilità di avere dei geni di
resistenza che possono essere è o – specifici comunque sono geni presenti quindi sono possibili
barriere pre infezionali, sono presenti anche se non c’è il patogeno, ma vengono attivati + avanti.
Dal punto di vista evolutivo da tenete presente che l’agricoltura ha circa 10.000 anni, ovviamente
questo non ha fatto altro che stimolare la co evoluzione di microrganismi che ha iniziato ad
apprezzare questa uniformità anche 8.000 anni fa, in Asia quando le prime popolazioni agricole
iniziarono a coltivare con povere tecniche i cereali i cereali questo non ha fatto altro che incentivare
anche lo sviluppo di epidemia e la maggiore aggressività dei patogeni, per quanto riguarda
l’interazione di norma le piante non sono ospiti di patogeni per la presenza di barriere biochimiche,
metaboliche e costituzionali, una difesa è passiva e dal punto di vista molecolare non si può parlare
di riconoscimento, non c’è alcun riconoscimento, il patogeno non entrerà mai in contatto
molecolare con la pianta ospite, l’esempio del conidio che si trova nell’aria che va a cadere nel
frumento, va cadere sul melo, entra in contatto fisico, ma non entra in contatto molecolare, non c’è
nessun riconoscimento, il propagalo semplicemente non germina, non c’è nessuna correlazione.
Alcune volte invece la pianta potrebbe essere una pianta ospite, abbiamo una interazione tra il
patogeno ed una pianta che potenzialmente potrebbe essere ospite però la pianta riconosce qualche
segnale, qualche molecola del patogeno quindi esiste un riconoscimento molecolare ma
immediatamente viene attivata la resistenza nei primissimi minuti dell’interazione, il patogeno non
ha la minima possibilità di colonizzare o di sviluppare tutte le sue potenzialità negative per la
pianta, quindi anche se noi non vediamo la malattia l’interazione c’è stata, se noi prendiamo il solito
pseudomanas siringe patovar fasiolocola, se questo cade sul pisello o sulla soia c’è un
riconoscimento molecolare perchè potenzialmente potrebbe essere un patogeno, ma questo
riconoscimento impedisce l’attivazione dei geni di virulenza del patogeno, quindi la pianta attiva
molto velocemente una resistenza localizzata a livello di poche cellule e la malattia non esiste, lo
stesso avviene nelle piante resistenti quindi la pianta è resistente non perché non c’è nessun
riconoscimento molecolare, anzi la pianta è resistente, il fagiolo diventa resistente perché riconosce
immediatamente una molecola segnale prodotta da un batterio e attiva immediatamente a livello di
singole cellule una resistenza che impedisce al patogeno di svilupparsi, poi come ultimo caso
abbiamo la pinta suscettibile: anche qui esiste un riconoscimento molecolare, la pianta riconosce il
patogeno e qui gli avvenimenti non sono ancora chiari al 100%, ma si pensa che o non ci sia alcuna
attivazione dei meccanismi che sollecitano le cellule atte a contrastare questa correlazione, oppure
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c’è una attivazione solamente parziale della resistenza per una differente questione tempistica
quindi abbiamo la malattia, a volte questa malattia è solamente parziale, diciamo che la pianta
attraverso altre vie biosintetiche riesce a limitare il danno del tessuto quindi abbiamo una sorta di
tolleranza, la tolleranza non è resistenza, la tolleranza è una malattia con un grado di severità molto
+ basso e questo ultimo caso si deve sempre tenere presente quando si fa miglioramento genetico
perché quando si fa miglioramento genetico quindi si studia una pianta suscettibile con il suo
patogeno specifico dobbiamo sempre valutare l’importanza dei parametri ambientali per capire se la
non comparsa di malattia è dovuta semplicemente ad una diversa tolleranza alla temperatura e
questo è il caso ad esempio di ‘’transponsa macerali’’ che riesce ad attivare i suoi geni di
pategenicità solamente dai 24 ai 25° in su, quindi se facciamo breeding in scozia o in Norvegia
teniamo presente che quel patogeno lavora a temperature diverse, quindi no malattia però siamo
sempre in un sistema suscettibile e quindi con rischio di epidemia. La tolleranza è un parassitismo
che salvaguardia il patogeno che non riesca a svilupparsi […] possiamo avere una progressione
della malattia, in ogni caso la malattia che può essere presente c’è, il patogeno riesce a svilupparsi,
magari ha un numero molto inferiore di cicli e in questo modo riusciamo a valutare quelle che sono
le linee genetiche di questo materiale, quindi il sistema è compatibile, le condizioni agro climatiche
devono essere standardizzate, le uniche variabili sono il tempo e la qnt di malattia. Facciamo un
esempio pratico perché uno pensa che la tolleranza sia dovuta a particolari geni, la tolleranza
vedremo tra breve che è un esempio di resistenza orizzontale, gli esempi di marciumi sono le
erwinie che causano marciumi molli in patate e altri ortaggi sono agenti molto distruttivi e
ubiquitari, in venti anni si è cercato di selezionare varietà di patata resistenti a queste erwinie però i
meccanismi di azione che hanno queste erwinie sono talmente comuni, set di enzimi litici che non è
basato su una espressione di un particolare gene di patogenecità o di virulenza per cui si è visto che
il sistema diventa un sistema tollerante se noi sviluppiamo selezioni di patata nella fitta rete
vegetale se c’è un contenuto molto elevato di calcio bivalente, il calcio bivalente compatta la parete
cellulare e la rende meno aggredibile da enzimi litici che produce in abbondanza la nostra erwinia
carotovora e questo è un esempio di tolleranza, i geni sono gli stessi da parte della pianta, da parte
del patogeno, quello che varia è la fisiologia, questa pianta è capace di assorbire meglio il calcio
bivalente e di depositarlo nella parete cellulare e si sono notate differenze enormi, patate che in
pochi gg marcivano completamente e altre che avevano la macchietta ma tutto sommato il danno
era limitatissimo e questa è tolleranza. Nello studio di genotipi dobbiamo valutare il comportamento
dei 2 bionti e se il comportamento è interessante vediamo che la nostre selezione di golden non
viene infettata dalla nostra venturia amilora si che possiamo valutare se questa selezione è idonea,
tentiamo di studiare quella interazione con diversi ambienti.
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Sappiamo ad esempio che una ricca concimazione azotata determina nelle piante di melo e di pero
molto + suscettibili al colpo di fuoco batterico, sono note tecniche che hanno le loro motivazioni,
l’amilovora è un batterio che ama la vegetazione lussureggiante che viene ottenuta con abbondante
concimazione azotata come si usa nelle serre per produrre delle piante da appartamento che sono
piante che sono molto sensibili all’attacco da patogeni.
Difese passive strutturali: ovviamente queste difese sono da tenere in considerazione per quanto
riguarda la selezione di materiale tollerante, l’immagine che abbiamo visto prima delle 2 cellule era
una immagine che viene descritta con questi particolari quindi dall’esterno verso l’interno abbiamo
cere epicuticolari, cuticola all’interno del tessuto vegetale, corteccia, superare questa difesa non è da
tutti i patogeni, i componenti della cuticola si chiamano monolignomi e chimicamente sono dei fenil
propanoidi esterificati con acidi grassi e acidi carbossilici e questo dice che solamente pochissimi
microrganismi in genere funghi riescono a perforare, superare, possiedono quel pull di enzimi litici
per superare questa barriera, i batteri ad esempio non possono fare nulla contro le cere cunicolari, al
di sotto di queste cere abbiamo la vera e propria epidermide, il tessuto vivo e quindi inizia il
momento della vera e propria interazione, epidermide con cellule ben distese con la parete esterna
un po’ più spessa, l’epidermide non è un tappeto compatto di cellule ma possiede diverse cose tra
cui tricomi e ghiandole, tricomi e ghiandole o tricomi che sono ghiandole hanno la possibilità e
spesso si rompono e questo è un vantaggio per la pianta perchè rompendosi disperdono delle
sostanze come degli isoflanoidi, mono e di terpenici che sono sostanze repulsive per la maggior
parte dei patogeni, sono sostanze ad esempio inibenti la germinazione dei funghi ecco perché arriva
il conidio e non si sviluppa, trova in terpene, ma alcuni patogeni, alcune popolazioni specifiche
hanno sviluppato dei sensori chimici che quando sentono un particolare terpene prodotto da una
varietà di frumento per esempio germinano, quindi in rari casi queste molecole non sono molecole
repellenti, ma sono molecole segnale, diventano segnali transmembrana che attivano virulenza di
patogeni specifici, per questo la malattia è un evento raro, il 99% dei patogeni viene inibito da
queste sostanze, neanche inibito ma non parte nemmeno la germinazione, ma alcuni hanno
selezionato delle popolazioni che non fanno altro che apprezzare questo segnale e capiscono di
essere sull’ospite. Come fa un patogeno ad arrivare su una foglia? Vento, vento vuol dire che si
strofinano, il grano ad esempio di piega e qualche tricoma si rompe, oppure esistono vere e proprie
ghiandole che vengono stimolate da una azione del vento, il vento stimola la produzione di
escrezione di ghiandole proprio al momento in cui ci sia la possibilità di questo volo di conidi,
stessa cosa quando non c’è il vento, ma c’è un animale o l’uomo che cammina lungo il campo di
grano, il movimento attiva la produzione di questa sostanza fatta di ghiandole oppure rompe i
tricomi e la sostanza si riversa verso l’esterno, a volte come succede con i funghi come la
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peronospora della vite queste sostanze non vengono immessa da ghiandole specifiche o da rizoni,
semplicemente sono sostanze che fuori escono dallo stoma e questo è un meccanismo molto bello di
chemotassi, ad esempio la plasmopora viticola percepisce questo gradiente che è un oomicete
quindi abbiamo una oospora biflagellata, si muove in un film liquido nella superficie della foglia e
si muove secondo il gradiente di queste sostanze che proviene dall’interno dello stoma, sente il
chemismo, la chemotassi. Conformazione degli stomi: ci sono degli stomi che hanno delle
conformazioni stranissime per impedire l’accesso di un micelio fungino o di batteri, a volte sono
stomi che sono sovra elevati, a volte sono stomi che sono immersi a un livello più basso
dell’epidermide; topografia della superficie fogliare ed è importantissima per le ruggini del
frumento, sanno perfettamente dove dirigersi e queste nell’ immagine erano 2 spore fungine e il
fungo si sviluppa secondo queste direzioni perché sa perfettamente che prima o poi troverà lo
stoma, mentre se prendesse direzioni casuali probabilmente non riuscirebbe ad arrivare in tempo a
penetrare attraverso lo stoma quindi la tipografia e vedremo poi dal punto di vista chimico e
genetico in cosa si basa questa sensibilità è importante per fare capire al patogeno che si sta
sviluppando dove penetrare, questo ad esempio + un patogeno che penetra passivamente, penetra
solo attraverso delle aperture, poi nella parte + viva del tessuto vegetale abbiamo la ‘’prestula’’
primaria e secondaria che è l’ultima barriera che il patogeno deve superare anche quando è entrato
attraverso lo stoma perché non si trova all’interno del tessuto, la prestala primaria e secondaria sono
gli ultimi ostacoli da superare, una delle caratteristiche che alcune pianti resistenti hanno per cereali
è quella di avere gli stomi disposti in modo strano, particolare per cui un patogeno non riesce a
trovare gli stomi. Ancora come difese passive a parte quelle strutturali, abbiamo delle difese passive
chimiche, esistono tutta una serie di composti chimici sempre presenti, preformati
indipendentemente dall’interazione ad azione antifungina od anti batterica od anti vettore, non
dimentichiamo che i virus, i fitoplasmi necessitano di un vettore per entrare all’interno dell’ospite e
alcune piante hanno dei composti chimici repellenti per eventuali insetti vettori quindi la loro
resistenza non è tanto una resistenza nei confronti di un patogeno specifico, ma è una resistenza
dovuta al fatto che il vettore non appetisce a quella pianta, alcuni esempi sono le saponine, i
glicosidi cianogenetici, i glucosinolati, polifenoli etc. per esempio queste sostanza sono denaturanti
delle membrane fungine come le saponine, i glicosidi cianogenetici, i glicosidi cianogenetici e i
glucosinolati sono deterrenti nei confronti di erbivori, sono molecole repulsive quindi anche i ovini
possono essere inibiti dal cibarsi qualcosa e queste sostanze sono sempre presenti, altre sostanze che
si trovano comunemente nelle piante, sono degli enzimi, io ho citato le idrolisi che sono degli
inibitori enzimatici, una delle possibilità che ha il patogeno è produrre enzimi che degradano la
parete cellulare, il tessuto vegetale però ci possono essere certi ospiti che possiedono delle proteine
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che inibiscono l’azione di inibitori, quindi queste molecole di patogenecità o di aggressività anche
se vengono espresse non hanno una azione finalizzata alla malattia.
Questa è una categoria di sostanze molto interessanti chiamate lectine, una volta venivano chiamate
emaglutinine, le lectine sono sostanze che agglutinano il patogeno, soprattutto batteri, ma anche
funghi, li legano, quindi non permettono la loro diffusione ad esempio i batteri vengono agglutinati
in una massa appena penetrata all’interno del tessuto vegetale e questa massa muore, le lectine sono
anche fattori anti nutrizionali per l’alimentazione umana contenute ad esempio nei fagioli crudi, le
lectine hanno anche la capacità di agglutinare gli eritrociti, sono sostanze presenti in diverse specie
vegetali: nel fagiolo per esempio e servono come sostanze anti batteriche, anti fungine preformate,
chiaramente anche qui una tolleranza o una suscettibilità può essere dovuta a una qnt maggiore o
minore di lectine. Poi ci sono altre sostanze come le tionine, che sono sostanze a basso peso
molecolare che alterano la permeabilità della membrana, si legano alle membrane, hanno una
elevata affinità per le membrane fungine in particolare e interferendo con la permeabilità alterano
quella che è la vitalità dell’ifa fungina, ma non solo, possono anche penetrare ed andare ad
interferire con la biosintesi degli acidi nucleici, anche queste sono sostanze pre formati in diverse
specie vegetali a quantità maggiore o minore e possono essere tenute in considerazione quando si
saggia una tolleranza di una pianta verso un patogeno. L’ultima categoria di sostanze pre formate
sono le rip, sono le ribosome inattivation proteins, sono delle piccole proteine che tagliano
l’adenina dagli acidi nucleici, ovviamente sono piccole e riescono a permeare attraverso le
membrane e adenilano l’rna ribosomiale proprio tagliando l’adenina tagliandola, quindi disattivano
i ribosomi e si arresta la sintesi proteica del patogeno, questo è importantissimo per l’inibizione
della diffusione dei virus, vedremo che i virus vegetali sono soprattutto virus a rna, sono ssrna+
quindi l’aver scoperto che alcune pianti sono tolleranti o resistenti ai virus con lunghi studi hanno
scoperto che il motivo è la presenza di queste piccole proteine che vanno a disattivare deaminando
l’rna virale, quindi il virus viene denaturato, disattivato e non viene più traslocato all’interno della
pianta, questo è uno dei caratteri da tenere in considerazione per la selezione di genotipi resistenti ai
virus. In questa slide si parla dell’interazione patogeno-ospite, è una visione globale di quello che
abbiamo detto, il patogeno è un patogeno perché ha un corredo genetico che gli permetterebbe di
aggredire una o + piante ospite, nel sistema pianta-ospite possono avvenire diverse cose, il patogeno
ha questi geni di patogenecità, questi geni possono essere o specifici per quella pianta ospite quindi
vengono attivati in un sistema di compatibilità in una pianta ospite oppure il patogeno manca di
geni specifici li ha ma non sono specifici e sono geni che di normanno vengono attivati, quindi il
sistema con le piante come potrebbe essere? Il patogeno potrebbe arrivare su una serie di piante e
non causare nulla, non esistono gene di specificità, non vengono espressi, il patogeno muore, non
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riesce a svilupparsi e la pianta non ne risente minimamente, è quello che gli inglesi chiamano
immunità, quindi correttamente gli italiani dicono resistenza non ospite, non è una vera resistenza
perché non è stato attivato nulla all’interno della pianta, è come se pseudomonas fasiolocola cadesse
su una noce di cocco (non host resistans); poi possiamo avere altri 2 casi interessanti: il patogeno ha
i geni di patogenecità e attacca una singola specie ed è il caso di pseudomonas siringe patovar
fasiolocola che attacca il fagiolo, poi abbiamo l’altro caso in cui sempre il solito patogeno con i suoi
geni di patogenecità può attaccare molte specie vegetali per esempio ‘’raustonico racearum’’ questo
batterio tropicale attacca oltre 140 specie diverse di piante dalla banana, alla patata alle arachidi etc.
che cose è avvenuto in questo contesto? Avviene l’espressione di un fenomeno che è chiamato
resistenza, di vera resistenza, la resistenza che può essere una resistenza generale di diverso grado
cioè abbiamo varietà diverse dell’ospite che si comportano in modo diverso quindi ci sarà una
varietà che mostra tolleranza e una varietà invece è completamente suscettibile oppure in campo
possiamo vedere un’altra cosa, possiamo vedere che le piante o sono resistenti o sono suscettibili,
non c’è nessuna via di mezzo ed è una cosa molto interessante questa che spieghiamo subito
introducendo 2 concetti fondamentali per il miglioramento genetico che sono la resistenza
orizzontale e la resistenza verticale, nella resistenza verticale possiamo avere che la pianta o è
resistente o è suscettibile nessuna via di mezzo, la resistenza verticale è una forma di resistenza che
è controllata di norma da un singolo gene, sono i famosi geni R, uno o pochi, magari 2 o 3 di geni, è
una resistenza molto efficiente e conferisce una resistenza completa, il patogeno sviluppa le sue
potenzialità, viene bloccato con una interazione con la pianta per l’espressione nella pianta di geni
di resistenza che non permettono al patogeno di fare nulla altro che morire, apparentemente è una
cosa molto bella questa resistenza completa però essendo una resistenza molto specifica è una
resistenza che viene sviluppata nei confronti di una sola razza del patogeno quindi se noi abbiamo
nel caso di fusarium exisporum forma speciale licopersici se abbiamo diverse razze sicuramente una
razza non riuscirà a produrre la malattia, un’altra razza ammalerà e dal punto di vista del
miglioramento genetico è importante sapere se ci sono questi geni R e quali sono questi geni R e
verso quali razze, molte varietà hanno + di un gene R anche se sono sempre molto pochi questi
geni, poi abbiamo la resistenza orizzontale chiamata anche resistenza di campo ed è una resistenza
multigenica, cioè ci sono numerosi geni coinvolti, questi geni non conferiscono una resistenza
completa è il caso in cui in una popolazione di ospiti possiamo avere diversi individui con diversa
severità della malattia e questa resistenza di solito è efficace verso tutte le razze patogene, quindi la
migliore opzione per chi fa miglioramento è lavorare sulla resistenza orizzontale che però è molto +
difficile e consiste nel valutare pull genetici con domini diversi, con strutture diverse, con
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espressioni diverse e vedere come la pianta reagisce e portare la malattia a un livello di severità
accettabile, vedremo tutte le interazioni genetiche, molecolari di questa resistenza.
Adesso vediamo più nel particolare sui processi infettivi: da adesso in avanti noi parleremo sempre
di interazione ospite-patogeno, l’infezione quando inizia? L’infezione è fatto molto caratterizzato di
interazione ospite-patogeno quindi deve esserci una interazione, altrimenti un patogeno può entrare
all’interno di un ospite per caso anche però non c’è una infezione, oppure un patogeno può entrare
in un ospite non specifico, il patogeno può essere non virulento e non c’è l’infezione, l’infezione
inizia dopo la penetrazione quando il patogeno inizia a moltiplicarsi, se inizia a moltiplicarsi
evidentemente i primi colloqui molecolari sono già avvenuti, per la moltiplicazione di un patogeno
sia batterico che fungino che comincia a diffondersi nel tessuto vegetale è possibile solamente se la
pianta non è riuscita a mettere in atto delle strategie per limitare l’invasione del patogeno.
Abbiamo quindi come primo step quello della penetrazione, il batterio deve penetrare all’interno
della pianta ospite, il virus deve penetrare e per quanto riguarda la penetrazione questa può essere
attiva e può essere passiva, in ogni caso comunque devono essere superate tutte quelle barriere pre
costituite che l’ospite ha strutturalmente, da dove può entrare un patogeno? Aperture naturali, ferite,
come aperture naturali abbiamo visto gli stomi, i datodi, gli stigmi, i nettari, aperture naturali le
lenticelle anche oppure micro e macro ferite, ci sono delle ferite che vengono prese poco in
considerazione, certamente c’è il taglio da potatura, un chicco di grandine però ci sono delle ferite
che in genere non vengono prese in considerazione come le punture di insetto sia che sia che non sia
vettore e quelle aperture che si formano nell’apparato radicale per la fuori uscita delle radici
secondarie in genere si dimentica ma molti patogeni terricoli utilizzano queste aperture per
penetrare all’interno dell’apparato radicale quindi funghi per esempio, verticilli, batteri, oppure la
penetrazione può essere attiva rompendo le difese delle piante e in genere sono i funghi che hanno
penetrazione attiva perché con i loro corredi enzimatici rompono la cuticola, l’epidermide con le
pareti cellulari ed entrano all’interno della pianta e c’è tutto il problema dei vettori, il sistema
ospite-patogeno-vettore è un sistema un pò particolare, è + complesso degli altri sistemi perché ci
deve essere anche un colloquio molecolare con il vettore, vedremo con i virus che i vettori non sono
così a specifici, molto spesso un fitoplasma o un virus viene vettorializzato solo da una specie di
afide, o di cicadellide o da qualsiasi altro insetto con apparato boccale pungente succhiatore, il
problema dei vettori è un problema interessante perché noi dobbiamo studiare anche quali sono le
interazioni molecolari tra un fitoplasma o un virus e il suo vettore, non è vettore la larva che va a
mangiare la radice di una pianta quindi creando una ferita e all’interno della quale può penetrare un
fungo o un batterio, quindi da un punto di vista ecologico un vettore deve essere in grado di
trasportare per un tempo + o – lungo un patogeno, addirittura ci sono molti casi in cui l’insetto una
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volta che ha acquisito il fitoplasma o ha acquisito un virus lo metabolizza, il virus o il fitoplasma
sono in tutto il suo corpo, nell’emolinfa per esempio e questo rimane per tutta la vita vettore di quel
virus o di quel fitoplasma, addirittura in alcuni casi il virus viene trasmesso alla progenie quindi una
volta che si è infettata la mamma tutte le generazioni a venire vengono infettate dal virus. Questo è
il momento dell’infezione, poi si parla anche della colonizzazione, la colonizzazione quando inizia
indica che sono già state superate tutte le barriere che la pianta ha messo in atto per contrastare
l’infezione, il patogeno che può essere un batterio, o fungino o virale durante la colonizzazione si
diffonde negli organi di competenza o addirittura in tutta la pianta, i sintomi della malattia
compaiono di solito quando inizia la vera e propria colonizzazione, quando il patogeno comincia a
diffondersi, la comparsa del sintomo può avvenire in pochi giorni, in poche o molte settimane, in
mesi o addirittura in anni, pare che ci siano dei virus e dei fitoplasmi che una volta che hanno
infettato una pianta compaiono i sintomi anche dopo 1-2 anni quando la qnt del patogeno è rilevante
e quando certi meccanismi fisiologici sono molto alterati. Per quanto riguarda la colonizzazione dal
punto di vista metabolico ce ne sono di 2 tipi: la biotrofica e la necrotrofica, si parla di
colonizzazione anche nel caso di necrotrofia perché i marciumi e le carie (di solito sono questi
questo agenti) si diffondono in tutto l’organo colpito o in tutta la pianta, nella colonizzazione
necrotrofica abbiamo 2 tipi di eventi: abbiamo l’attacco al simplasto e l’attacco all’apoplasto, qui
abbiamo soprattutto agenti di marciumi quindi batteri tipo erwinia carotovora e poi funghi agenti di
marciumi molli ad esempio della patata o della frutta tipo la monodia, quindi l’attivazione
indispensabile per colonizzare il tessuto di un corredo enzimatico in genere molto complesso,
enzimi che vengono sintetizzati a livello del citoplasma fungino o batterico e enzimi che vengono
trasportati all’esterno dove attivano i processi di degradazione attraverso i sistemi proteici di
secrezione, un’altra modalità che avviene durante la colonizzazione soprattutto necrotrofica è
l’attivazione di geni per produrre tossine per facilitare la colonizzazione e diciamo uccidere
definitivamente le cellule vegetali, le tossine le vedete + come fattori di patogenecità o fattori di
aggressività *** ? devo intendere tossina come fattore di virulenza, di patogenecità o fattore di
aggressività? Ci sono tossine specifiche e tossine non specifiche, le tossine non specifiche non sono
fattori di patogenicità, sono fattori di aggressività, sono molecole che sono usate per alterare quella
che è la fisiologia normale cellulare, per esempio tornando a pseudomonas fasiolocola è un batterio
che produce almeno 4 tossine che bochimicamente sono degli isoflavonoidi quindi non sono nulla
di particolare, però in un conteso di patogenecità, di infezione queste tossine vanno ad interagire
con quello che è la fotosintesi della cellula vegetale, la cellula vegetale si indebolisce e va a compire
uno dei meccanismi energetici principali della cellula, la tossina inibisce la sintesi di clorofilla, la
cellula si indebolisce e risulta questa cellula + suscettibile all’infezione, dà meno problemi al nostro
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batterio, ci sono altre tossine come la coronatina che è specifica, coronatine sono molecole che
vengono sintetizzate in molti sistemi, sono molecole di classi di molecole di aggressività chiamate
anche fattori di virulenza, non sono comunque considerati geni di patogenecità quelli che codificano
per queste molecole, sono fattori accessori che possono aggravare una malattia o rendere una
malattia meno grave come severità, come qnt di malattia, quindi la differenziazione tra i diversi
patogeni nella loro efficacia può essere dovuta alla + o – espressione di tossine, chiaramente se un
patogeno sovra esprime uno di questi geni chiaramente sarà molto + aggressivo, se un patogeno ha
una espressione molto blanda o la non espressione sarà un patogeno, causerà sempre una malattia
ma una malattia con una severità molto meno accentuata. Lasciamo perdere la parte della
colonizzazione, ve la fate sul libro, il primo evento che può capitare in un sistema ospite-patogeno
che porta poi alla protezione della pianta è quella che si chiama reazione di ipersensibilità (HR),
questa è la prima vera reazione di difesa che andiamo ad esaminare perché ci è utile quando
esamineremo dei programmi di breeding, (HR = higher sensibility reaction), nel lucidi abbiamo 2
foglie di tabacco dove si vedono delle lesioni, delle necrosi e sotto abbiamo dei fasoleni con aree
necrotiche e sono entrambi agenti di reazione di ipersensibilità, quindi la reazione di ipersensibilità
è la necrosi, la degnazione di tessuto vegetale a seguito di un contatto con un patogeno, dal punto di
vista sperimentale noi prendiamo per esempio dei batteri, una sospensione di cellule batteriche, poi
con una siringa noi infiltriamo nel tessuto vegetale, il mesofillo del tabacco o il tessuto sotto
epidermico del baccello del fagiolo e noi vedremo che dopo 24 ore che tutto necrotizza, quindi
qualcosa è successo, se noi infiltriamo invece un altro battere qualsiasi non succede nulla, quindi è
una reazione che non è specifica nei confronti di un battere molto particolare, ma è una reazione che
tutte le piante possono attivare quando vengono a contatto con un agente patogeno fungino o
batterico, è la prima reazione di difesa e è una reazione che implica il colloquio molecolare con il
patogeno perché la pianta riconosce se c’è un patogeno quello che abbiamo infiltrato oppure se non
è un patogeno, se noi prendiamo ranella aquatilis che è una nitro batteriacea saprofitaria che vive
nell’ambiente molto comune, è una parente prossima di erwinia amilovora che è un’altra nitro
batteriacea, quindi parente anche di E. Coli, se noi infiltriamo ranella aquatilis in un tessuto vegetale
non succede nulla, vediamo l’area idropica poi nel giro di 10/20 minuti l’acqua viene assorbita nel
tessuto e quindi questo colore verde + scuro scompare e il tessuto ritorna normale, se infiltriamo
erwinia amilovora parente stretta di ranella aquatilis con lo stesso profilo metabolico notiamo per le
stesse ore la stessa cosa: area idropica che noi andiamo a riempire con la sospensione delle cellule
batteriche il tessuto vegetale, dopo 30 minuti in cui l’acqua si è assorbita […], noi infiltriamo con
una siringa e tutto si riempie di acqua e all’interno di questo liquido ci sono le nostre cellule di
ranella aquatilis oppure andiamo ad infiltrare una erwinia amilovora, sono batteri molto vicini dal
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punto di vista tassonomico, nel giro di 10/15/20 minuti tutta l’acqua presente nel mesofillo o nel
tessuto epidermico di fagiolino che dà l’aspetto di bagnato viene assorbita e il tessuto ritorna
normale e gli spazi inter cellulari ritornano normalmente pieni d’aria, ma le cellule batteriche come
fanno a passare? Le cellule batteriche quando l’acqua si riassorbe vanno ad aderire alla parete
cellulare, c’è un contatto e con questo contatto la cellula vegetale di chi ha alla porta, se ranella e se
erwinia e in 24 ore circa attiva una risposta tale che la cellula muore e si forma quindi l’area
necrotica, muore perché deve limitare l’infezione e dentro alla cellula muoiono anche i batteri,
come fa a sapere se c’è ranella aquatilis o erwinia amilovora? Non solo c’è uno scambio, si suppone
che ci sia qualcosa di diverso tra erwinia amilovora e ranella aquatilis, ma suppone anche che ci sia
un sistema, un apparato di ricezione del segnale da parte della cellula, ma non solo questo segnale
deve essere un segnale percepibile dalla membrana ma dalla membrana ci deve essere un altro
segnale che arriva al nucleo per attivare qualcosa per fare morire la cellula, è una cascata di eventi
molto complessa ed è la base del riconoscimento cellulare, lo stesso avviene anche con i funghi.
Quindi la reazione di ipersensibilità è una risposta primaria della cellula all’infezione di un agente
patogeno perché gli agenti patogeni hanno qualcosa che li caratterizza. Poi c’è un’altra cosa che è
molto + complessa: la cellula vegetale ha la parete esterna, il batterio ha anche lui la parete, ci
saranno sostanze, ma queste sostanze sono preformate o sono sostanze che vengono formate solo al
momento dell’interazione? E se vengono formate al momento dell’interazione quale è il segnale che
viene dato dal batterio per attivare la sintesi, esprimere un certo gene, traslocare verso l’esterno
esterno questa molecola, quando il batterio è dentro avviene uno stress osmotico che è uno dei
segnali che porta per esempio ad una depolimerizzazione di membrana, riduzione del potenziale di
membrana, poi porterà alla diversa permeabilità, sono segnali chimici, elettrici, nella prima fase non
c’è trasferimento di qualcosa ma viene attivata la sintesi proprio da uno stress osmotico iniziale,
comunque vedremo meglio i vari step di questa reazioni di ipersensibilità.
Vediamo l’analisi di quello che può accadere quando un patogeno e un ospite si incontrano e la
reazione ospite patogeno è una reazione molto dinamica e per lo sviluppo della malattia è
indispensabile che ci siano dei colloqui molecolari evidenziando degli ostacoli da parte della pianta
ospite oppure evidenziando la capacità che ha un patogeno di aggirare tutti quei meccanismi che la
pianta può o potrebbe mettere in atto, quindi si parla di processo infettivo, un processo infettivo è
anche un processo che inizia ma viene stoppato dalla pianta, un processo infettivo coinvolge un
patogeno quindi un microrganismo che ha le potenzialità di causare una malattia e una pianta ospite,
possibile sito di moltiplicazione del nostro patogeno e come infezione è una infezione che
raggiungerà un esito positivo se il patogeno riesce a stabilire un qualche rapporto trofico con
l’ospite, il patogeno può essere biotrofico o necrotrofico, è importante questa divisione perché dal
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punto di vista delle interazioni molecolari avvengono cose distinte nel caso dei 2 tipi di rapporti, è
una cosa abbastanza ragionevole perché il patogeno biotrofico ha la necessità che l’ospite rimanga
in vita il + possibile in modo da potersi nutrire il + a lungo possibile, mentre il patogeno
necrotrofico ha la necessità di uccidere quanto prima la cellula vegetale perché solamente dalla
materia morta trae il suo nutrimento e cellula dopo cellula i patogeni necrotrofi sono in grado di
percorrere un cammino all’interno dell’organo colpito fino ad arrivare per esempio nel tubero della
patata alla necrosi di tutto l’organo, solamente quando non c’è + nessuna cellula da parassitizzare il
patogeno deve seguire una diversa strategia vedi i batteri o si spostano nell’ambiente, sopravvivono
nel terreno oppure vanno incontro a dei processi vitali come i funghi dove avviene al termine di un
ciclo stagionale può avvenire la modificazione della vita del patogeno quindi una riproduzione
gamica per esempio con la produzione di organi resistenti, cellule resistenti oppure come nel caso
delle mummie dei frutti causata da moniglia, tutto l’organo colpito, morto necrotizzato rimane
vitale per un ciclo successivo nella stagione successiva. Ci sono 2 momenti che caratterizzano
l’infezione, la penetrazione e la colonizzazione, sono pochissimi i patogeni che non penetrano
interamente all’interno dell’ospite, abbiamo gli oidi dove la maggior parte del tallo rimane esterno,
però all’interno ci sono delle cellule trasformate del patogeno che tendono a contatto con il
citoplasma della cellula ospite per trarne nutrimento, se vogliamo anche le angiosperme parassite
come la cuscuta o il vischio il corpo rimane al di fuori della pianta ospite però esistono strutture che
devono penetrare nel tessuto vegetale perché da lì riescono a trarne il nutrimento, di solito noi
parliamo di batteri di funghi, vi virus che hanno una vera e propria penetrazione attiva o passiva, la
maggior parte del corpo del patogeno è all’interno del tessuto vegetale e in questi 2 momenti, sia in
quello delle penetrazione che in quello della colonizzazione è necessario per il patogeno stabilire
relazioni molecolari per superare i meccanismi di difesa dell’ospite, quindi barriere che possono
essere già pre costituite, pre infezionali o barriere che vengono attivate solamente al momento
dell’interazione quindi post infezionali, come tipo di barriere intendiamo barriere strutturali quindi
qualcosa di solido come una parete, una cuticola e barriere invece biochimiche: molecole, sostanze
capaci di fermare la colonizzazione. La colonizzazione biotrofica: è necessario che esista una
elevatissima compatibilità tra ospite e parassita, il parassita deve avere quella delicatezza da poter
utilizzare le sostanze nutritive cellulari senza danneggiare almeno nell’immediato la cellula della
pianta quindi un massimo sfruttamento nello spazio e nel tempo di energie e di nutrimenti da parte
dell’ospite, mentre i patogeni necrotrofici devono immediatamente distruggere la cellula, quindi al
momento della penetrazione abbiamo l’uccisione delle cellule, abbiamo diversi meccanismi di
attacco che un patogeno mette in atto per poter prendere questi rapporti trofici con l’ospite,
meccanismi di attacco che poi stimoleranno da parte della pianta ospite reazioni di difesa, i
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meccanismi di attacco possono andare contro l’apoplasto e contro il simplasto, nel caso
dell’apoplasto sono meccanismi di attacco enzimatici quindi il patogeno produce degli enzimi che
aiutano a distruggere, a sezionarsi, ad allargarsi nello spazio all’interno della parete vegetale quindi
abbiamo le poligatturonasi, delle glucanasi, emicellulasi, delle fenolo ossidasi enzimi vari e diversi
perché la parete cellulare è molto complessa e ogni patogeno ha sviluppato un particolare set di
enzimi diversi magari da un patogeno all’altro per penetrare all’interno della cellula, per quanto
riguarda il simplasto i meccanismi di attacco anche qui enzimatici sono enzimi di tipo diverso:
abbiamo delle lipasi, peptidasi, amilasi enzimi che vanno ad agire avendo come substrato delle
sostanze che si trovano a livello del citoplasma, ma abbiamo anche delle molecole di natura non
enzimatica, le cosiddette fito tossine, sono molecole molto importante, in genere di basso peso
molecolare perché devono essere ben diffusibile, sono molecole segnale, quindi molecolare che
vanno ad interagire con i meccanismi biochimici della vita cellulare alterando il normale
biochimismo della cellula vegetale a tutto vantaggio del patogeno, questo tossine le possiamo già
dividere funzionalmente come tossine non selettive e tossine selettive, le tossine non selettive sono
fattori di aggressività, sono abbastanza comuni nei patogeni mentre quelle selettive sono fattori di
specificità, quando un patogeno ha come bersaglio una pianta ospite ben individuata e specifica.
Qui abbiamo una rappresentazione di questi rapporto: qui si vuole individuare 2 fasi che il patogeno
può avere, 2 fasi molto distinte e ben caratterizzate, una fase epifita che molti patogeni hanno anche
se non tutti, per esempio un patogeno che non ha fase epifita può essere (quelli che non vivono fuori
dal tessuto, deve per forma essere all’interno del tessuto vegetale) i fitoplasmi, per quanto riguarda i
batteri ce ne sono alcuni che hanno una ben descritta fase epifita, altri che hanno una brevissima
fase epifita per essenzialmente vivono endo tipicamente, quindi dobbiamo differenziare una fase
epifita quando c’è e una fase patogenica se un patogeno c’è sempre, questa fase patogenica. La fase
epifita la si può caratterizzare in questo modo: colonizzazione epifita quindi abbiamo all’esterno nel
filloplano, nella rizosfera o nel rizoplano popolazioni batteriche o fungine che lì vivono o
sopravvivono in attesa di aderire chimicamente ad un tessuto idoneo ed entrare come patogeno
endofita, effettuare una colonizzazione endofita, oppure se non ci sono le condizioni per la endofita,
questa colonizzazione porta a una moltiplicazione, in genere una moltiplicazione molto blanda e
ulteriore disseminazione, è sempre lì a disposizione, c’è inoculo a disposizione ma per qualche
ragione questa adesione non porta alla colonizzazione ad esempio quelle molecole che vengono
diffuse dai peli radicali, dalle ghiandole, quelle molecole perse dalla rima stomatica fa capire al
patogeno epifita che si trova sulla pianta giusta , quindi po’ moltiplicarsi, può disseminarsi, aderisce
ma aspetta qualcosa per la colonizzazione endofita, aspetta una via di accesso che può essere una
ferita, una idratazione eccessiva per cui riesca a passare attraverso la rima stomatica, può aspettare
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una giusta fase fenologica, è importantissimo, se un patogeno entra attraverso le foglie chiaramente
può avere una fase epifita anche lunga sui rami, sui germogli, sui fiori, ma deve aspettare che ci sia
una foglia idonea per penetrare, per esempio la peronospora della vite, c’è la famosa regola dei tre
dieci, che cosa sono? 10 gradi di temperatura esterna e questo per attivare lo zoosporangio per
attivare la produzione di zoospore, bagnatura di almeno 10 mm di pioggia nelle 24/48 ore e questo
per dare la possibilità a queste zoospore di planare, di nuotare, di arrivare al sito di penetrazione, ma
servono anche 10 cm di germoglio perché? Non penetra perché se non c’è germoglio non ci sono gli
stomi, plasmopora viticola ha una penetrazione stomatica, perché quando il germoglietto è di 3-4
cm non può penetrare? La ragione è molto semplice ed è quella che la dimensione della rima
stomatica non è idonea per la penetrazione, ecco quindi che la fase epifita può continuare qualche
gg o poche settimane fino a che un sito di penetrazione idonea non sia disponibile per la
colonizzazione endofita e lì abbiamo la vera e propria fase patogenica quindi con lo sviluppo di tutti
quei sintomi della malattia quindi capiamo a questo punto macroscopicamente che l’infezione è
andata a buona fine, dall’infezione poi abbiamo la disseminazione e dalla disseminazione ancora
adesione, colonizzazione, oppure adesione se non c’è + la possibilità della fase endofita da qui si
torna a passare sopra.
Entriamo in merito alla colonizzazione endofita di un patogeno: la colonizzazione endofita di un
patogeno può portare a 2 tipi di reazione e qui entriamo nel molecolare: la reazione compatibile che
porterà alla infezione o la reazione incompatibile che porterà allo sviluppo di fenomeni d resistenza,
riuscendo a capire perchè avviene un meccanismo e perché avviene l’altro noi abbiamo tutte le basi
per lo studio di piante resistenti per esempio. Inoculazione del patogeno: abbiamo un patogeno,
quindi abbiamo un microrganismo teoricamente in grado di provocare una malattia e in questo
schema io ho indicato che esistono le barriere pre costituite e delle barriere indotte, la pianta non è
passiva, la pianta nella sua co evoluzione con il patogeno ha messo a punto delle strategie che
possono essere indotte, per quanto riguarda le barriere pre costituite l’altra volta abbiamo parlato
della cuticola, parete cellulare, le cere, abbiamo nella rizosfera quelle che chiamiamo border sels, la
rizosfera è un ambiente molto favorevole ai patogeni, stabile, idratato, non ci sono picchi di
temperatura, è un ambiente dove il patogeno può entrare molto facilmente soprattutto attraverso la
cuffia, oppure attraverso le ferite che si formano dall’uscita delle radici secondarie, però le radici
hanno la possibilità di produrre le cosiddette border sels, immaginiamo una radice che si sviluppa,
ha uno sviluppo apicale, quindi incontra zone in cui il patogeno è presente, anzi patogeni che hanno
sviluppato una chemotassi cioè che sentono dove sono le radici di cui potrebbero cibarsi, ma le
radici hanno la possibilità dalla loro epidermide di rilasciare delle cellule bersaglio che sviano il
patogeno dal punto più delicato della radice che è la parte apicale, quindi i patogeni eventualmente
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presenti si concentrano sulle border sels, le uccidono ovviamente, però non hanno attraverso le
border sels accesso alla radice, sono lontano dall’apice e hanno la possibilità di richiamare
chimicamente i patogeni, quindi il patogeno non si dirige verso l’apice, ma si dirige per chemotassi
sulle border sels, le colonizza, le uccide, ma uccidendole non fa altro che uccidere anche sé stesso
perché non ha + accesso alla radice, questo è un meccanismo abbastanza tipico quelle delle border
sels ed è una barriera pre costituita perché le border sels vengono sempre prodotte, non è un
meccanismo indotto, poi dal punto di vista del tessuto quindi all’interno della cellula vegetale
abbiamo delle barriere pre formate ma sono essenzialmente barriere chimiche, sono sostanze che
chiamiamo fito anticipine, sostanze che hanno carattere anti patogeno, sono pre formate e
inibiscono lo sviluppo del patogeno una volta penetrato, per esempio se all’interno di una cellula
viene immesso del virus perché un insetto si è cibato, se un austorio penetra all’interno della cellula,
queste fito anticipine sono pronte per combattere la prima intrusione di un patogeno, tutto il resto
sono segnali localizzati indotti, localizzati perché sono segnali cellulari laddove il patogeno prende
contatto con la cellula o le prime cellule della pianta ospite, indotti perché questi segnali non ci sono
prima del contatto con il patogeno, ma il primo contatto con il patogeno attiva una trascrizione
genica e lo sviluppo di questi segnali, colleghiamo le fito anticipine con le fito alessine, queste
piccole molecole appartengono a diverse classi biochimiche e sono abbastanza simili sia
bochimicamente che come azione, le fito alessine sono molecole come le fito anticipine ma sono
prodotte ex novo, oppure c’è una sovra espressione di geni che codificano per le fito anticipine, una
sovra espressione attivata dal contatto col patogeno, le fito anticipine le puoi trovare anche come
fito alessine pre formate. Per quanto riguarda i segnali localizzati abbiamo anche qui modificazioni
strutturali e modificazioni chimiche o biochimiche, la prima modificazione strutturale che vedremo
è la morte cellulare, quelle che si chiama apoptosi in biologia animale, o P.C.D. program self deadh
(morte cellulare programmata) descritta in sistema animali ma confermata anche in sistemi vegetali,
possiamo notare in questo contesto che la cellula eucariota che lavora molto spesso come se fosse
una cellula vegetale o animale o dell’uomo, i meccanismo quindi sono molto simili, a volte =,
certamente una caratteristica che ha la cellula vegetale è la deposizione di callosio, la cellula
vegetale ha la parete che la cellula animale non ha e uno dei meccanismi per rafforzare la struttura
cellulare è quella di deporre del callosio, quindi questo segnale di presenza di un patogeno induce la
produzione di callosio che va ad apporsi rafforzando la parete cellulare, poi abbiamo una struttura di
parete che può essere diversa quando questa parete ha delle zolle ricche di idrossi prolina, poi
abbiamo rafforzamenti con lignina, suberina, silicone o calcio, questi sono tutte sintesi che vengono
attivate al momento dell’interazione, a seconda del sistema possiamo avere polimeri di lignina o
suberina o silicone o arricchimenti con ioni calcio bivalenti di parete che danno una struttura molto
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compatto e + difficilmente penetrabile da parte del patogeno. La prima strategia che usa il vegetale
è limitare l’infezione perché non esiste un sistema immunitario così come esiste negli animali a
sangue caldo, quindi non c’è qualcosa che immediatamente attivi tutto l’organismo, il patogeno
deve essere fermato laddove sta cercando di entrare e la prima strategia è quella di ostacolarne
l’ingresso oppure se il patogeno riesce ad entrare morte cellulare, quindi limitare con la morte della
cellula l’ingresso del patogeno, la morte della cellula potrebbe portare a morte del patogeno perché
innanzitutto il patogeno non può più mangiare se è biotrofico, poi la morte cellulare implica una
degradazione di tutte le componenti cellulari con la produzione di sostanze tossiche, per quanto
riguarda i segnali localizzati chimici abbiamo visto le fito alessine, poi abbiamo tutta una classe di
proteine chiamate pr proteins, le famose patogenesis rileited proteins, sono proteine di
patogenicità, proteine che vengono sintetizzate quando ci sono particolari segnali di origine
patogenica, enzimi ed inibitori, questi segnali chimici, queste modificazioni rappresentano ciascuna
dei segnali chimici per l’attivazione di corredo genetico che la pianta ha nella sua cellula.
Ecco che entriamo in dettaglio, quindi oltre alle barriere pre costituite le piante sono capaci di
indurre risposte specifiche che possono contrastare l’infezione da parte di un microrganismo
patogeno, attenzione: le risposte indotte dall’interazione con un patogeno possono essere
localizzate, ma possono anche essere sistemiche, di recente si è scoperto la possibilità di avere delle
risposte indotte a carattere sistemico quindi la pianta certamente mette in atto dei meccanismi di
resistenza localizzata, ma ha anche la possibilità in subordine di attivare delle risposte anche
lontano dal punto di ingresso del patogeno, non siamo ad un sistema immunitario strutturato come
gli animali a sangue caldo però esiste la possibilità che questi segnali attivino risposte anche ben
lontano da dove il patogeno sta cercando di entrare, questa risposta cosa implica? la risposta implica
innanzitutto il riconoscimento del patogeno da parte della pianta ospite, la pianta ospite lo riconosce
sa chi è, perché il patogeno entra o tenta di entrare utilizzando dei segnali, delle molecole, poi
occorre una trascrizione di segnali molecolari, la cellula vegetale attiva una cascata di reazione fino
ad arrivare al nucleo, quindi la pianta ha la possibilità di esprimere un set di geni, vediamo un
esempio: è una reazione di ipersensibilità che è la prima che esamineremo, questa è la reazione di
ipersensibilità di un fagiolino che è stata provocata dall’infiltrazione di una sospensione acquosa di
un batterio fitopatogeno incompatibile, in questo caso io ho inoculato xantomonas flavolicola
patovar prugni che è l’agente del cancro batterico delle drupaceae in fagiolino che ovviamente non
è la sua pianta ospite, che cosa possiamo vedere? Vediamo quella che si chiama necrosi iper
sensitiva, questa parte bianca non è altro che una piccola cicatrice provocata da un ago e attraverso
questa micro siringa io ho infiltrato questa area (un paio di cm) con una sospensione acquosa di un
patogeno, quindi ho riempito lo spazio inter cellulare di questa area con questa sospensione, che
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cosa avviene all’interno? L’acqua viene richiamata dal tessuto perché naturalmente lo spazio inter
cellulare è pieno di aria però il batterio non passa, non viene accolto all’interno dell’apoplasto,
rimane, aderisce alla parete vegetale, l’adesione del batterio in questo caso, con la parete vegetale è
il primo momento della interazione, con l’adesione il batterio riesce a trasmettere qualcosa
all’interno della pianta e la pianta reagisce, reagisce come? Iniziando una cascata di reazioni che
porta alla apoptosi, questa macchia noi la vediamo a distanza di 20/24 ore, quindi dopo 2/ ore il
patogeno è già morto, bloccato, il patogeno incompatibile, se noi invece avessimo infiltrato
xantomonas faseolo o xantomonas faseolicola cosa sarebbe successo? Nulla, dopo 24h, 36, 48 non
avremmo visto niente, dopo 4/5/6 gg inizieremmo a vedere i sintomi della malattia, evidentemente
la pianta per qualche motivo non è riuscita a bloccare l’infezione. Le piante quindi possono
riconoscere alcuni patogeni, se metto dentro xantomonas prugni ho una risposta, se metto dentro
xantomonas faseolicola ne ho un’altra e sono entrambi batteri patogeni, in questo caso l’attivazione
di un meccanismo di difesa ha portato al blocco dello sviluppo del patogeno nel sito di
penetrazione, se io vado a contornare l’area che ho infiltrato vediamo che la necrosi non va oltre a
quel punto, arriva solamente dove c’è il batterio e dove c’è il contatto e dal punto di vista dei casi
reali si presuppone che qualsiasi batterio incompatibile che per qualche motivo riesca a penetrare,
anche uno solo, attiva la morte di una singola cellula dell’ospite, certamente se muore una cellula
noi non ce ne accorgiamo, nella normalità delle nostre situazioni ambientali l’ingresso di un
propagulo che sia un tubo germinativo di un fungo, che sia uno o poche virus o un batterio a
contatto con una cellula la necrosi iper sensitiva si attiva a livello della singola cellula vegetale e noi
non vediamo nulla, avviene normalmente quando questo patogeno è compatibile e ha la possibilità
di penetrare, immaginiamo una mattina di rugiada con uno stato di congestione idrica sulle foglie,
quando si attiva la fotosintesi c’è un richiamo di acqua all’interno del tessuto, tutto quello che c’è
attorno allo stoma viene richiamato dentro, saprofiti, patogeni compatibili ed incompatibili, ma la
risposta viene attivata solamente se c’è la sensitizzazione dell’ospite incompatibile.
Ci sono o non ci sono dei geni? Che cosa producono? C’è interazione molecolare? Quali sono le
basi genetiche della resistenza? È importante sottolineare che le piante possono riconoscere
qualcosa molecola, quindi è uno scambio di segnali, la risposta in questo caso è il blocco dello
sviluppo del patogeno, come fa a bloccare in poche ore lo sviluppo di un patogeno? Semplicemente
facendo morire la cellula, rapida e localizzata morte cellulare (ricordare questi 2 aggettivi) che
limita la diffusione del patogeno e lo uccide, questa è una risposta cellulare, è una risposta
istologica e si chiama reazione di ipersensibilità HR, è uno dei fondamenti della patologia vegetale,
questa reazione di ipersensibilità noi qui la vediamo in tabacco, qui abbiamo il mesofillo di tabacco,
qui è infiltrato con erwinia amilovora responsabile del colpo di fuoco batterico delle pomaceae, il
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tabacco che è una solanaceae il batterio è patogeno, questo è il foro che ho utilizzato con la mia
siringa per infiltrare questa area e dopo 18-20 ore c’è il collasso completo dell’area, se aspetto un
altro giorno c’è la necrosi. Nel caso avessi infiltrato pseudomonas tabaci l’agente del fuoco
selvaggio del tabacco non avrei osservato nulla, ma dopo 4/5/6 gg osserverei lo sviluppo della
malattia, e se andassi ad inoculare E. Coli cosa avviene? Non avviene nulla perché non è patogeno,
allora abbiamo diversi casi, abbiamo un batterio patogeno, un organismo geneticamente patogeno,
un batterio, un fungo, un patogeno che ha al suo interno un corredo genetico con quelli che
chiamiamo determinanti di patogenecità, geni, sequenze che sono coinvolte nella patogenesi e
queste sequenze una volta espresse riescono ad essere percepite dalla pianta, ma abbiamo anche
tutta una serie di batteri che sono la maggior parte, che non hanno questi determinanti di
patogenicità, questi se occasionalmente entrano all’interno del tessuto vegetale muoiono perché non
sono in grado di fare nulla, muoiono di fame, vanno ad aderire anche alla cellula vegetale, ma non
fanno nulla, la pianta non li considera, non li percepisce e loro non riescono ad attivare nulle perché
non hanno la possibilità di attivare qualcosa che li renda patogenica nei confronti dell’ospite, questo
è un caso che viene chiamato non host immunità cioè immunità non ospite ed è la maggioranza dei
casi, quando un organismo qualsivoglia entra all’interno di una pianta non ha la possibilità di
sopravvivere, non è il suo ambiente ed E. Coli non ha come ambiente il mesofillo del tabacco, così
come ci sono dei bacillus nel terreno che non hanno come ambiente loro quello del tessuto vegetale,
quindi quando si trovano in un ambiente che non è il loro non c’è altra speranza, la stessa cosa in
patologia umana, noi abbiamo erwinia amilovora, pseudomonas tabaci che cosa succede se
mangiamo loro? Nulla perché quando questi patogeno si trova nel nostro stomaco non si trova nelle
sue condizioni per sviluppare una patogenicità.
Vediamo la morte cellulare programmata: program self death è il meccanismo chiave per il
controllo e la difesa degli attacchi di un agente biotico, ma anche di un agente abiotico, la morte
cellulare programmata è causata anche da qualche molecola dannosa nei confronti del tessuto
vegetale, ma noi dobbiamo concentrarci sugli agenti biotici, evidenze morfologiche, che cosa
succede a questa cellula: essenzialmente 3 fenomeni, questo è vero anche negli animali (nella
apoptosi), 1. abbiamo la condensazione della cromatina alla periferia del nucleo, quindi c’è uno
smiscelamento della cromatina, qualcosa che è arrivato fino al nucleo, una qualche informazione
che è arrivata fino al nucleo, 2. condensazione e vacuolizzazione del citoplasma, il citoplasma
modifica la sua struttura, si formano dei vacuoli, va come in ribollio il citoplasma 3. e in
contemporanea la membrana citoplasmatica si in vagina, comincia a essere ondulata quindi un
disordine a livello di membrana, da queste evidenze morfologiche che noi andiamo a studiare al
microscopio elettronico abbiamo il messaggio che qualcosa è arrivato al nucleo, abbiamo che dal
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nucleo è partita qualche altra informazione che mi modifica il citoplasma e addirittura qualcosa è
tornato alla membrana citoplasmatica, qualche altra informazione e questo noi lo osserviamo al
microscopio e poi si osserva che anche nel tessuto molto giovane che notoriamente non è molto
vacuolizzato si formavano dei vacuoli, eventi biochimici: abbiamo visto che la cromatina si
concentra alla periferia del nucleo, ma non solo: il dna nucleare si frammenta e si degrada: si
degrada in frammenti da 300 fino a 50 kb questo in una prima fase, in una seconda fase c’è una
ulteriore degradazione dei frammenti in oligo nucleotidi, non si sa perché ma questi sono multipli di
180 paia di basi, quindi proprio la degradazione totale del materiale genetico, una cosa che è strana
e non si capisce bene neanche in patologia umana: la struttura del mitocondrio rimane stabile, i
mitocondri sono gli ultimi che risentono di questa alterazione iniziale, probabilmente perché i
mitocondri sono quelli che devono con la loro attività (respirazione) contrastare l’ingresso del
patogeno, la cellula subisce quello che gli inglesi chiamano frinkage, cioè il rattrappimento, la
cellula rattrappisce, si vede anche al microscopio ottico che la cellula tende a scollarsi dalla sua
struttura e tutto questo è quello che riguarda l’HR, le prime fasi della risposta. L’induzione dell’HR
però dà luogo ad altri fenomeni, l’HR abbiamo detto che è un fenomeno localizzato solo dove c’è il
contatto con il patogeno, però l’HR è un fenomeno che dà origine a delle risposte molto +
complesse, risposte che vanno ad attivare quella che sarà una attività sistemica o distante dal punto
di ingresso del patogeno, innanzitutto e interessantissimo aumento dei livelli di acido salicilico,
l’acido salicilico (la classica aspirina) è una molecola molto piccola, molecola molto mobile e
candidata ad essere un segnale di allarme, da qualche parte c’è stata una HR, la pianta ne è
consapevole perché l’acido salicilico prodotto in quella zona inizia a circolare, una cascata di
segnali, la pianta da qualche parte riesce a percepire un segnale e ad attivare qualcosa che può
essere utile a tutta la pianta, non c’è un sistema immunitario, ma c’è qualcosa che è sistemico, ma
non sono i risultati degli ultimi studi mostrano che ci sono dei segnali che da una pianta arrivano ad
un’altra pianta, quindi non solo la reazione localizzata blocca il patogeno, non solo la pianta attiva
delle sintesi di molecole molto mobili come l’acido salicilico che porta in allarme tutti i tessuti della
pianta, ma le piante sono in grado di produrre segnali di allarme che rendono resistenti o tolleranti
le altre piante della stessa specie ovviamente, poi abbiamo la sintesi di particolari proteine, abbiamo
una espressione molto complessa di geni vegetali che porta la sintesi di proteine chiamate PR
patogenesys related, quindi uno dei primi fenomeni è l’aumento dei livelli di acido salicilico, poi la
sintesi di proteine è + complessa, richiede + tempo la sintesi proteica e l’ispessimento e il
rafforzamento della parete vegetale, questo avviene a seconda del tipo di rafforzamento da pochi
minuti ad alcuni gg e produzione di composti anti microbici chiamati fito alessine, da non
confondere le fito alessine con le PR proteins, perché le fito alessine sono metaboliti secondari con
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diverso carattere chimico tipo isoflavonoidi, sesqui terpeni, sono 2 classi completamente diversi di
composti, questa è la sequenza chiave, noi dobbiamo andare + nel dettaglio, cosa avviene non nei
primi minuti, nei primi secondi, perché so che la chiave della resistenza è nella temporalità degli
eventi, il primissimo evento di riconoscimento, il vero riconoscimento nell’interazione
incompatibile quindi quando c’è un patogeno che cerca do entrare ma la pianta lo contrasta e lo
uccide è la rapida produzione di intermedi reattivi dell’ossigeno chiamati ROI o ROS, reacted
oxigen intermediate oppure reacted oxigen species, specie reattive dell’ossigeno e sono
indispensabili per iniziare la morte cellulare, perchè proprio le specie reattive dell’ossigeno hanno
questa parte importante nei primissimi minuti dell’interazione e non qualcosa altro? perché
l’ossigeno è ovunque, l’ossigeno è l’unica molecola disponibile che mi dà in pochi minuti la
possibilità di costruire qualcosa di reattivo, queste specie reattive uccidono anche il patogeno oltre
che la cellula quindi hanno una azione diretta ed indiretta, se dovesse chiamare qualcosa altro ormai
è entrato. (Quando noi andiamo a fare dei breeding per tenere attivi i meccanismi di HR lo
dobbiamo fare nei confronti di patogeni biotrofici, per i virus ad esempio non ha senso la
sensitizzazione della membrana cellulare o della parete perché il virus si trova direttamente
all’interno, quindi le molecole segnale iniziatrici di resistenza sono diverse e attivano via
biosintetiche diverse)
Vediamo di fare un riassunto e descrivere in dettaglio gli eventi: reazione di iper sensibilità (HR): è
una risposta primaria della cellula vegetale all’infezione, attivata da sostanze induttrici o elicitori
prodotte dal patogeno, gli elicitori sono molecole le + svariate, eventi temporali: penetrazione del
patogeno compatibile, quindi senza penetrazione non possiamo avere una reazione, noi possiamo
avere una fase epifita di un batterio aggressivo, patogeno, ma se rimane in fase epifita non si attiva
assolutamente nulla da parte del tessuto vegetale, poi occorre una adesione del patogeno alla parete
cellulare della pianta ospite, adesione di una ifa fungina, di una cellula batterica o come adesione si
intende anche la penetrazione di un virus con un contatto intimo che permette il riconoscimento
molecolare, poi il primo fenomeno che andiamo a misurare è un fenomeno di carattere fisiologico
che è l’alterazione del flusso ionico transmembrana con perdita di elettroliti, quindi questo stress del
tutto aspecifico implica una modificazione del flusso di membrana, ci sono delle proteine collegate
al plasmalemma che attivano dei canali ionici per cui c’è qualcosa che si modifica dal punto di vista
elettrolitico e di ph, solo a questo punto c’è l’ingresso all’interno della cellula vegetale di molecole
segnale specifiche, i batteri vedremo che hanno la possibilità di attivare dei sistemi di secrezione,
sono apparati transmembrana che iniettano determinanti di virulenza o di patogenecità all’interno
delle cellule o nella loro immediata vicinanza, oppure la trasmissione di segnali esogeni e/o
endogeni come per esempio hanno i funghi, in contemporanea quindi dopo l’alterazione del flusso
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ionico transmembrana in contemporanea all’invio di queste molecole segnale abbiamo la
formazione delle ROS, delle specie reattive dell’ossigeno con lo stress ossidativo, qui siamo nel
giro di minuti, per la trasmissione di questi segnali occorrono alcune ore però lo stress ossidativo sta
progredendo, nel frattempo il batterio sta cercando di inviare il + segnali di patogenecità prima che
lo stress ossidativo combini qualcosa alle pareti, poi come prima molecola che può dare
informazioni e portare informazioni lontano dal sito di penetrazione è la produzione di acido
salicilico ma non è la sola molecola che viene prodotta, abbiamo anche altre molecole che vengono
prodotte durante l’interazione che inviano segnali messaggeri di stress, messaggeri di qualcosa di
grave che sta accadendo come l’acido giasmonico, acido salicilico e acido giasmonico sono
molecole che si trasferiscono da cellula a cellula attraverso i vasi, poi abbiamo anche molecole
gassose come l’acido metil salicilico, i metil salicilati o i metil giasmonati che sono composti
volatili, quindi abbiamo la possibilità di una diffusione molto + rapida di queste sostanze volatili,
sostanze volatili sono anche l’etilene e l’ossido nitrico NO, questo proprio per la necessità di
attivare una risposta veloce, l’etilene viene prodotto anche durante la senescenza, quindi l’etilene è
un segnale abbastanza a specifico, la strategia è quella di usare molecole volatili + specifiche che
vengano interpretate esattamente alla pianta, come attenzione rischio patogeno; questi sono gli
eventi temporali e in 16/18/20 ore il risultato è questa necrosi iper sensitiva ma tutto è già concluso,
entro una giornata è già tutto finito da un pezzo, il fenomeno dell’HR è un fenomeno che non deve
essere specifico perché deve proteggere dal + ampio numero di patogeni possibile appartenenti ai
taxa + diversi, è un fenomeno molto antico che ha sviluppato la pianta nella sua co evoluzione con i
patogeni + diversi, però l’HR non conferisce protezione nei confronti di infezioni causati da
organismi necrotrofici, quindi l’HR è un meccanismo che si è sviluppato durante una co evoluzione
pianta-microrganismi patogeni biotrofici, addirittura l’attivazione di HR mentre per un patogeno
biotrofico è segno di resistenza, questa attivazione può essere il frutto di una interazione con un
necrotrofico che l’attiva come segna della sua aggressività e della sua virulenza, ci sono diversi
patogeni necrotrofici: botritis sinerea e sclorofina sceroziorum che sono 2 funghi e la loro
aggressività è proprio dovuta all’aumento e all’accumulo delle ROS, quindi è dovuta all’attivazione
della reazione di iper sensibilità. I patogeni necrotrofici hanno una caratteristica, sono patogeni mai
specifici, botritis sinerea può colpire di tutto dalla fragola all’uva, quindi non esiste la specificità.
Vediamo di fare un piccolo esempio di genomica dell’interazione ospite-patogeno incompatibile: il
sistema tabacco ralstonia: ralstonia è uno dei pochi batteri che sono stati completamente
sequenziati, quando la cellula di questo battere arriva in contatto con la cellula di tabacco sono
attivati 2 geni in tabacco SPR, HSR responsabili della reazione di ipersensibilità, a sua volta
ralstonia è una pseudomanadiacea, quindi ha il cluster genico HRP, questi geni SPR, HSR e il
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cluster HRP possono interagire in qualche modo, perché? Se io muto un ceppo di ralstonia in questo
cluster non ho + l’HR, io devo capire quali geni e se ci sono dei geni collegati, questo gene HSR
che è uno dei + studiati, la sua espressione è rapida, altamente localizzata e specifica, altra
indicazione di compatibilità con l’HR, l’HR è immediata, localizzata, specifica nei confronti del
cluster genico HRP quindi questo è un gene candidato e la genomica funzionale ha chiarito che
l’espressione di questo gene è la causa dell’HR in cellule di tabacco e l’espressione di questo gene è
correlato alla morte cellulare programmata, questo per introdurre quello che è un rapporto gene per
gene, in generale quindi possiamo dire che l’interazione oggi come oggi l’ospite-patogeno viene
descritta e viene anche interpretata in base al modello gene per gene, gene for gene, è un modello
che ha già diversi anni, si ipotizzava ancora prima della scoperta del dna (anni 40’), quindi
l’interazione viene descritta in base al modello gene per gene, c’è un gene del patogeno, un gene
dell’ospite e in qualche modo questi interagiscono e in base a questa interazione possiamo avere o
malattia o non malattia, per esempio le piante possiedono geni di resistenza, i geni R che sono una
categoria enorme di geni che hanno diversi nomi in diverse piante, R = resistance, ma anche i
patogeni possiedono dei geni responsabili della loro patogenecità, i geni che noi chiamino AVR, ce
ne sono tanti altri coinvolti, ma il modello gene per gene è viene descritto in modo eccellente con
l’interazione tra il prodotto del geni R e il prodotto dei geni AVR che sta per avirulence, quindi il
prodotto di un gene AVR interagisce con una proteina recettrice codificata in un gene R, abbiamo
chiarito l’interazione molecolare, dobbiamo capire dove avviene questa interazione e quale è la
cascata di reazioni che inizia da questa interazione e se c’è qualcosa che viene regolato prima,
infatti questa interazione dà inizio ad una cascata di eventi che portano a resistenza, vediamo quindi
di entrare nel dettaglio: abbiamo un sistema ospite-patogeno qui a sx + ospite, per patogeno
possiamo immaginarci qualsiasi patogeno, poi c’è la cellula ospite, abbiamo 4 casi, 2 al quadrato, 1.
patogeno non ha geni AVR non ha nulla, l’ospite non ha nulla, 2. abbiamo geni AVR che
producono elicitori e la cellula vegetale non ha nulla, 3. il patogeno non ha geni AVR, non produce
elicitori e la pianta ha geni R dominanti, 4. abbiamo interazione geni AVR quindi elicitori e geni R
dominanti, in questa combinazione e sola in questa combinazione abbiamo una risposta di iper
sensibilità, c’è il riconoscimento, la patogenicità del nostro microrganismo e la cellula ha attivato
tutti quei meccanismi precedentemente descritti, negli altri 3 casi cosa abbiamo? Abbiamo la
malattia in tutti e tre i casi, solamente in un caso abbiamo la reazione di iper sensibilità.
Qui sono stati presi in esempio i geni AVR e i geni R, io ripeto patogeno-ospite e questo ci deve
aiutare quando facciamo miglioramenti genetici, breeding per la resistenza, noi abbiamo l resistenza
di ibridi nei confronti di un patogeno, noi andiamo a lavorare con erwinia amilovora e con pero
abbiamo un sistema patogeno-ospite, io devo capire come funziona l’ipersensibilità per attivare
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questi meccanismi per esempio in questo caso noi abbiamo un patogeno verso il quale vogliamo
sviluppare delle resistenze, cosa facciamo? Conoscendo bene il patogeno che ha questo
meccanismo di virulenza dobbiamo selezionare, migliorare od ottenere una pianta che abbia un
recettore idoneo, una cellula che mi esprima questa proteina ed ecco che abbiamo ottenuto un ibrido
resistente. Abbiamo almeno 4 famiglie di geni R, codificano per delle proteine in genere trans
membrana o associate alla membrana e hanno simili domini, quindi sono classi geniche simili che si
esprimono delle proteine simili e sono proteine che hanno qualcosa a che fare con il segnale trans
membrana. Dobbiamo sapere che è possibile produrre piante gm con un particolare gene R che
codificano per un a proteina di membrana, devono avere elicitori specifici.
Io ho voluto rappresentare schematicamente l’interazione gene per gene sulla base di 2 geni di
resistenza R1 e R2 nella pianta ospite e 2 geni di a virulenza AVR1 e AVR2 in patogeno, noi
abbiamo 4 razze del patogeno e 4 cultivar diverse e voglio valutare i differenti fenotipi che ottengo
come questi variano per quanto riguarda la resistenza nei confronti di ogni razza del patogeno, ci
deve essere esatta interazione fra i geni AVR e il corrispondente gene R perché se noi abbiamo in
questo caso per esempio gene AVR1 non corrisponde il gene R1 abbiamo la malattia, se al gene
AVR2 non corrisponde il gene R2 abbiamo la malattia, no malattia quando c’è corrispondenza nel
fenotipo quindi viene considerato anche il genoma aploide, comunque ritorneremo su questo
aspetto. Introduciamo lo stress ossidativo della pianta, prima però facciamo vedere un primo evento
che è quasi contemporaneo all’attivazione dello stress ossidativo è la variabilità della permeabilità
della membrana e l’arricchimento in calcio: qui abbiamo la nostra membrana citoplasmatica e
abbiamo l’interazione elicitore-recettore, quindi una molecola di funzione del patogeno e può
trovare un recettore specifico sul plasmalemma della cellula vegetale, la prima cosa che avviene e
avviene quasi in contemporanea alla stress ossidativo è che varia la permeabilità della membrana
con la conseguenza c’è l’arricchimento di calcio all’interno del citoplasma, quindi la pompa calcio
viene attivata, non solo una calcio adpasi viene inibita quindi il calcio una volta entrato non ha la
possibilità di uscire, questo è un meccanismo che viene controllato dalla proteina G che è presente
anche nelle cellule animali, responsabile di queste pompe del calcio. Quindi abbiamo come prima
azione l’arricchimento di calcio bivalente all’interno della cellula, ma non solo, attraverso un
intermedio questa proteina G attiva una fosfatasi che va a pescare eventuale calcio bivalente nel
tonoplasto. Il vacuolo è una compartimentazione dove a volte vengono isolate delle sostanze che
non devono entrare nei meccanismi di fisiologia cellulare, ma l’attivazione di questa fosfatasi porta
ad una permeabilità della membrana del tonoplasto in modo da fare uscire il calcio, da un lato
abbiamo un meccanismo di membrana che mi attiva le pompe calcio verso l’interno proteine
strutturate presenti nel plasmalemma e in contemporanea bloccando altre pompe calcio perché non
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viene attivato l’adpasi e il calcio rimane dentro, non può uscire arricchito da un altro calcio che è
già interno che va ad attivare le proteine chinasi. Le proteine chinasi calcio dipendente vanno ad
agire a livello di membrana nucleare attivando la trascrizione, la regolazione genica, questo è il
primo fenomeno perché il calcio è una molecola chiave, da un lato il calcio bivalente ‘’attiva’’ la
trascrizione di geni direttamente coinvolti nella risposta di resistenza e dall’altro il calcio bivalente
mi altera il ph all’interno del citoplasma e all’interno del citoplasma può avvenire una sintesi
proteica specifica ph dipendente che porta a fenomeni di resistenza cellulari.
Parlavamo della alternative che possono esserci tra un patogeno e un ospite tenendo presente la
genetica dell’interazione, dei geni di a virulenza e dei geni di resistenza dominanti, questo per
inquadrare le interazioni molecolari, quale molecole sono coinvolte, quale cascata di reazione
sviluppano, regolano etc. la parte genetica l’affronteremo la prossima settimana.
Continuiamo a parlare dello stress ossidativo che è uno degli avvenimenti principali che danno
inizio alla reazione di resistenza, lo stress ossidativo è un meccanismo molto rapido di inibizione
dei patogeni, anche di morte cellulare della pianta ospite, stress ossidativo perché viene coinvolto
l’ossigeno, l’ossigeno è la molecola che è a disposizione in tutto il tessuto vegetale per cui è un
meccanismo questo generico, rapido che non richiede molti sforzi, lo stress ossidativo è la riduzione
dell’ossigeno molecolare, una riduzione che lo porterà ad acqua attraverso ad intermedi, alcuni dei
quali sono estremamente reattivi, pericolosi e danneggiano fortemente le membrane, danneggiano
gli organelli, il nucleo, gli acidi nucleici e la corretta gestione dello stress ossidativo può fermare
l’invasione del patogeno, come specie reattive dell’ossigeno (ROS o ROI) essenzialmente sono 2 le
+ pericolose, il radicale super ossido e il radicale idrossile, poi abbiamo una forma intermedia tra
ossigeno e acqua che è l’acqua ossigenata che si forma durante lo sviluppo di tutti i radicali reattivi
e una forma un po’ particolare che in alcuni sistemi viene prodotto che è il radicale idro perossile,
essendo radicali sono fortemente reattivi, le ROS sono molecole molto attive e reagiscono nel giro
di secondi con quasi tutte le macro molecole presenti nella cellula, lipidi, proteine, acidi nucleici,
composti fenolici, modificandone la struttura, la funzionalità, la conformazione e sono molecole
molto piccole e molto mobili quindi possono avanzare tra cellule e cellula molto velocemente.
Le ROS non sono prodotte esclusivamente durante l’interazione ospite-patogeno o durante una
interazione ospite-ambiente, vengono di norma prodotte a basso livello continuamente, per cui
esistono all’interno della cellula vegetale delle catalasi, delle dismutasi e delle perossidasi che
lavorano continuamente sempre a basso livello.
Dove, come, quando vengono prodotte queste ROS? Esistono 2 vie principali, nel lucido è
rappresentata una reazione che porta l’ossigeno molecolare che troviamo negli spazi inter cellulari,
all’interno della parete cellulare, all’interno della cellula la reazione che arriva a produrre acqua
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attraverso un importante composto che è il perossido di H e a monte e a valle abbiamo i 2 principali
radicali fortemente reattivi: l’anione superossido e il radicale idrossilico, l’anione superossido con
la superossi redattasi si trasforma in acqua ossigenata e la superossi redattasi è sempre presente,
sempre attiva a bassi livelli nella cellula, dall’acqua ossigenata all’acqua abbiamo reazioni di
protonazione. Poi abbiamo una particolare reazione che è la reazione di Fenniton che ha origine da
un ciclo secondario che dall’acqua ossigenata porta all’idrossile, questa reazione viene valutata dal
ferro, questo ferro lo va trovare nella membrana nucleare, questa è la reazione di Fenniton, è quella
che porta alla formazione di radicale idrossile, dicevamo che questa reazione di stress ossidativi
serve per uccidere il patogeno, ma uccide anche la cellula stessa e l’uccisione della cellula porta alla
limitazione della colonizzazione nel tessuto vegetale per i patogeni biotrofici, mentre vedremo che
per i patogeni necrotrofici traggono vantaggio da questa reazione, i necrotrofici sono quelli che
vivono su cellule morte, è un meccanismo simile a quello dell’apoptosi, uno dei meccanismi di
apoptosi è quello della reazione con questi radicali dell’ossigeno, la stessa reazione che avviene
anche nelle piante. Vediamo i 2 modi principali per la generazione di queste specie reattive
dell’ossigeno: una è via NADPH/NADH ossidasi che è quella che troviamo anche nelle cellule
animali grazie a una scoperta di una subunità genica la GP-91-FOX che è una subunità che
appartiene alla proteina G, già ampiamente descritta nei sistemi animali, questa subunità codifica
una proteina avente un dominio N terminale idrofobico e contiene 2 siti di legame con il calcio
bivalente, la volta scorsa abbiamo molto marcato l’importanza che ha il calcio bivalente perché la
prima cosa che avviene qualche momento prima dello stress ossidativo, c’è una permeabilità di
membrana che cambia e l’ingresso di ione calcio bivalente e vedremo che ha una importanza
fondamentale in tutte le reazioni che coinvolgono l’interazione ospite-patogeno, non è ancora tutto
chiaro nella cellula vegetale, ma alcune cose sono già chiarite come quella di questa subunità genica
che è collegata alla membrana cellulare e sente la presenza, l’eccesso di calcio bivalente all’interno
della cellula e quindi capisce la cellula grazie a questa proteina che è in corso l’attacco di un
patogeno, quindi abbiamo un ingresso del calcio bivalente e un cambiamento di ph dovuto
all’ingresso di eccesso di calcio che è quello che blocca questi domini, un arricchimento di calcio
porta a questa reazione che porta a produrre radicale super ossido e acqua ossigenata, poi abbiamo
una seconda via che è quella delle perossidasi apoplastiche, è una seconda via di conduzione del
radicale idrossilico e in questo caso il contenuto di calcio all’interno del citosol non è importante. È
importante che ci siano delle perossidasi a livello di membrana, anche qui lo stimolo principale è il
sensore, quindi la molecola elicitrice che si lega a un recettore, qui i segnali partono da una
modificazione della conformazione del recettore, si attivano da un lato i canali del calcio come
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prima ma dall’altro vengono attivate le perossidasi che portano l’ossigeno a diventare acqua
ossigenata.
Localizzazione dello scoppio ossidativo: dobbiamo capire dove e in quali cellule del tessuto avviene
lo scoppio ossidativo, se vado a prendere un tubero di patata c’è poco da verificare, essenzialmente
sulla superficie cellulare quindi lo scoppio ossidativo è una cosa che avviene + o – a livello di
parete di membrana e nella parte esterna del citoplasma e per quanto riguarda l’istologia
essenzialmente nei tessuti epidermici e nei fasci vascolari che sono in effetti quei tessuti che per
primi vengono a contatto con eventuali organismi patogeni: batteri, virus, funghi; fasci vascolari per
esempio quando un virus viene iniettato all’interno delle cellule floematiche.
ELICITORI DELLE ROS: ce ne sono infinite di molecole elicitrici, io vi ho diviso per categorie per
quanto riguarda il patogeno, enzimi fungini: i funghi nei loro meccanismi di attacco hanno la
capacità di produrre tuta una serie di enzimi che degradano la parete cellulare o enzimi che vanno
ad agire dall’interno del citoplasma, essenzialmente sono cellulasi, pectinasi e xilanasi e questi
enzimi stessi da un lato possono danneggiare la cellula vegetale però dall’altro possono essere
elicitori di reazioni di difesa, sempre una cosa che contrasta perché una cellulasi è un fattore di
virulenza, dovrebbe instaurare una malattia, però è un segnale di difesa e non c’è malattia e
vedremo come si comportano questi 2 bionti quando ci sono molecole di questo tipo, come viene
modulata la resistenza; elicitori batterici: i batteri, questi microrganismi, producono degli essudati,
polisaccaridi extra cellulari (EPS), oppure i lipo polisaccaridi di parete che sono quelle strutture che
sono all’esterno della cellula batterica, di protein lipo polisaccaridi che sono simili a quelli di prima
però hanno delle subunità proteiche collegate o delle glicoproteine, ma non solo per esempio
proteine del capside virale anche questi sono elicitori, un elicitore molto particolare è l’rna virale,
l’rna virale è un elicitori di resistenze, di silenziamento; abbiamo anche elicitori endogeni e questo è
interessante perché quando un patogeno soprattutto fungino inizia a degradare la parete cellulare
vegetale alcune subunità di parete sono loro stesse segnale per la cellula o le cellule vicine di
attacco, quindi viene recepito questo segnale, quindi elicitori endogeni che appartengono al tessuto
vegetale, per quanto riguarda tornando ai processi ossidativi evocati da queste molecole, quale è
l’utilità di queste specie reattive dell’ossigeno? Abbiamo diverse cose da raccontare, io ho citato 5
eventi fondamentali che aiutano la cellula vegetale e il tessuto vegetale a proteggersi, le specie
reattive dell’ossigeno innanzitutto a livello di parete vegetale favoriscono il cross linking delle
proteine, ci sono delle proteine di parete, le famose proteine ricche di idrossi prolina: glicina,
prolina e idrossi prolina sono aminoacidi di cui le proteine sono ricche e le specie reattive
dell’ossigeno favoriscono il legame tridimensionale di queste proteine compattando la parete,
rendendola + resistente agli enzimi per esempio cellulosolitici, questo è il primo effetto immediato
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nelle specie reattive dell’ossigeno, poi le specie reattivo dell’ossigeno hanno come intermedio il
perossido di idrogeno (acqua ossigenata) che ovviamente aumenta di livello, l’acqua ossigenata è
uno dei principali messaggeri di risposte secondarie, l’acqua ossigenata è molto mobile all’interno
del tessuto vegetale e alti livelli di acqua ossigenata stimolano l’espressione di tutta una serie di
geni che poi arriveranno a produrre proteine di patogenesi o altre cose che rendono la cellula
resistente, ma soprattutto hanno azione anti patogeno, anti batterica e anti fungina. La cosa
straordinaria e di recente acquisizione è che le cellule vegetali hanno la capacità di riconoscere gli
elicitori, l’interazione è una reazione di riconoscimento, può essere specifica e può essere non
specifica, la cosa straordinaria è che una specie ad esempio tabacco riesce a riconoscere tutta una
serie di molecole segnale e non altre quindi è specifica per un gruppo di segnali, ma non per altri,
cambiando specie botanica questa specie avrà dei recettori perché poi è un problema di co-
evoluzione per altri segnali a volte in comune con specie precedenti a volte non in comune, c’è la
possibilità di riconosce un riconoscimento specifico, ma anche di un riconoscimento non specifico
nel senso che so che è un patogeno, agisco, con lo stesso meccanismo agisco contro un altro
patogeno, una cellulasi può essere prodotta da tutta una serie di funghi infiniti, io riconosco la
cellulasi non so chi ci sia dietro che l’ha prodotta, la riconosco con una molecola potenzialmente
pericolosa e blocco il patogeno chiunque esso sia e in questo senso il meccanismo non è specifico,
cosa è specifico che vedremo poi quando analizzeremo i geni? È specifica la risposta gene per gene,
quando c’è un gene R che riconosce il prodotto di un gene avr per esempio di pseudomonas tomato,
allora si che è specifica, la reazione gene per gene è una delle modalità di risposta della cellula
vegetale al patogeno, ce ne sono altre che non sono così ben definite, ma vengono attivati dei geni
di risposta generica. Nell’ipotesi gene per gene ogni gene R della pianta è uno stimolo da parte del
patogeno a selezionare una sub popolazione che abbia un gene avr con una proteina diversa che
possa alterare la cellula vegetale, quindi un gene avr di un patogeno colpisce una pianta, questa
pianta muore, questa pianta poi svilupperà un gene R che appena sente la proteina avr la cattura e
protegge, ma a questo punto il patogeno nella sua evoluzione potrebbe modificare un suo gene per
qualsiasi motivo ed avere una via R2 che produce la proteina avr2 che non viene + riconosciuta, ma
la pianta a questo punto deve evolvere un gene R2, è tutta una catena di questo tipo e questo per i
geni R e avr che vedremo perché è una delle cose principali del corso. Quello che sto descrivendo
sono gli eventi come noi li osserviamo per capire per esempio che cosa è la morte cellulare
programmata che è uno degli eventi che accadono quando c’è un incontro di una proteina R con
una proteina avr e la morte cellulare programmata è anche data dalle specie reattive dell’ossigeno,
morte cellulare programmata quindi isolamento del patogeno al sito di penetrazione.
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Attività anti microbica dei prodotti di degradazione cellulare: una cellula che sta degenerando ha
tutta una serie di intermedi che sono deleteri per un patogeno biotrofico, mentre per un patogeno
necrotrofico anzi questo ne approfitta per nutrirsi e un’altra cosa molto importante, qui abbiamo una
cascata di reazioni molto avanzata, lo stimolo di vie biosintetiche alternative del metabolismo
secondario, la cellula vegetale ha un metabolismo primario essenziale per la vita, il metabolismo
secondario è un metabolismo di adattamento alle varie condizioni ambientali, vengono prodotti dei
metaboliti per esempio i pigmenti, durante la stagione vegetativa la vite produce una serie di
pigmenti diversi a seconda del periodo della maturità, della T, della illuminazione, quindi questo
metabolismo secondario se stimolato dall’acqua ossigenata può sviluppare vie alternative per la
produzione di molecole che vengono chiamate fito alessine cioè molecole di guardia con azione anti
patogeno, se notate ci sono degli eventi che temporalmente sono situati in periodi diversi, la volta
scorsa dicevamo che occorre innanzitutto una risposta rapida, in pochissimi minuti, poi occorrono
delle risposte di + lunga durata e + stabili, le prime risposte, il cross linking delle proteine […]
quindi è importante iniziare una cascata di reazioni down regolata per arrivare finalmente ad una
stabilità nel rapporto ospite-patogeno a fermare il patogeno definitivamente per esempio con delle
fito alessine o delle proteine di patogenesi, quindi dal punto di vista temporale lo stress ossidativo
deve inquadrarsi all’interno di risposte rapide e transitorie gli inglesi chiamano erly defens respons
perché abbiamo anche i late defens respons quando abbiamo una risposta immediata e una risposta
ritardata, ritardata sono fito alessine, proteine di patogenesi e varie modifiche che sono down
regolate da segnali iniziali, vengono attivati a gg di distanza del geni di resistenza o di tolleranza,
per esempio la erly defens respons è in ogni caso localizzata al sito di penetrazione del patogeno,
mentre la late defens respons può essere anche altrove, i segnali vengono traslocati quindi io ho
sicuramente una risposta immediata nel sito di ingresso e solo lì, mentre ho delle risposte resistenza
anche altrove, in esperimenti che ho fatto con delle molecole segnale, trattare per esempio dei calli,
delle plantule e vedere andando a raccogliere gli apici meristematici e preparare delle piante in vitro
micro propagate queste erano resistenti, chiaramente un apice meristematico è uno dei sistemi che
vengono utilizzati per produrre piante in vitro, ma io le voglio resistenti, quindi io posso trattare le
piante madri e poi continuare la produzione con normali tecniche agronomiche dagli apici
meristematici avere piante virus esenti che è una delle tecniche che si usano però protette perché
questi segnali sono circolate dal tessuto e questo meristema è in qualche modo + sensibile.
I risultati nella late defence responce sono: produzione di fito alessine, occorrono 2-3 giorni,
accumulo di proteine ad attività anti microbica le famose patogenesis related protein e ce ne sono di
13 categorie e sono le vere sostanze anti microbiche che troviamo all’interno della pianta, poi
un’altra attività che troviamo all’interno della pianta è una modificazione nel modo di fosforilare
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proteine cellulari per rendere il tessuto + resistente forse per rendere il tessuto + sensibile e + attivo
nei confronti dell’ingresso di patogeni e ancora rapidi cambiamenti del ph eso cellulare, quindi
mantenimento del potenziale di membrana e questo lo possiamo avere anche come late defence
responce quindi un potenziale di membrana che non viene modificato all’istante poi ritorna normale
oppure muore la cellula, ma un potenziale di membrana che viene alterato in modo che la cellula sia
naturalmente ricca di calcio e tenga sempre attivi i sistemi di allarme, questo per gg, settimane,
possibilmente anche per mesi, quando feci la sperimentazione del tabacco sono riuscito ad abbattere
dell’80% la malattia, sono sempre allerta per parecchie settimane, il problema è che cosa tu vai a
selezionare, su cosa lavori, il breeding lo fai su tabacco, su pomodoro, o sul melo? Non sono
cambiamenti eterni, non durano 20 anni, sono cambiamenti che possono durare, permanere qualche
settimana e il fatto di lavorare su una stagione quindi con caratteristiche di T, di fase fenologica
abbastanza costanti ci aiuta nel mantenere ci aiuta nel mantenere un potenziale di membrana
attivato, quando la pianta va in riposo vegetativo e riprende in estate io me lo scordo il potenziale di
membrana attivato, io devo agire di nuovo tanto che questi attivatori di resistenze, per esempio ce
ne è uno di cui parlerò che è il calcio trexadione, è un attivatore di resistenze perché attiva delle vie
biosintetiche secondarie alternative che hanno funzione anti erwinia amilovora, anti plasmopora
viticola, anti venturia inequalis, ma devono essere attivati tutti gli anni, io in primavera faccio 2-3-4
trattamenti con questo attivatore di resistenze, la pianta risulta protetta per qualche mese, durante
l’estate o durante le fasi + pericolose della malattia, poi la pianta quando va in quiescenza perde
questa capacità di mantenere le cellule attive perché se va in quiescenza va in quiescenza tutto,
compreso il meccanismo secondario, devi riattivarla l’anno dopo, ce ne sono alcune non sono tante
le molecole che attivano questi meccanismi di azione. L’uso di queste molecole stimola in genere
processi di metabolismo secondario, per esempio la via dell’acido scichimico è una delle vie
preferite su cui agiscono questi elicitori di resistenza, devi calcolare quando il patogeno è +
pericoloso e in quel periodo avere il picco della attività, effetti collaterali ci sono e il primo effetto
collaterale di questa molecola che viene usata anche da noi da pochissimo che è il calcio
proexavione è l’effetto bracchittante, ha un effetto ormonale e tende a raccorciare gli internodi, non
c’è il problema se la coltura è annuale, abbiamo provato il pomodoro e va benissimo, alla fine della
stagione raccogli il pomodoro e sei contento che la malattia non è comparsa, quando si tratta di
trattare colture poliennali come vite o il pero, questo effetto bracchittante si somma all’effetto
bracchittante l’anno successivo, dell’altro anno e a questo punto probabilmente ci sarà un calo della
qnt e della qlt perché magari pezzatura + piccola dei frutti potrebbe essere una conseguenza, oppure
sono trattamenti che non vanno fatti tutti gli anni, vanno fatti solo quando i famosi sistemi
previsionali, di previsione e avvertimento delle malattie ci dicono che il pericolo è molto grave.
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La funzione delle ROS, di queste specie reattive dell’ossigeno è molto rapida però ci sono delle
differenze da sistema a sistema, la cosa + semplice è lavorare con le colture cellulari, con le colture
cellulari si lavora per la produzione di piante, lavorando con colture cellulari noi rischiamo ad
attivare le ROS, che non uccidano in ogni caso le cellule vegetali, ma che le rendano + sensibili, in
modo che da queste cellule vegetali noi riusciamo a produrre tessuti e piante tolleranti ai patogeni,
se noi per esempio prendiamo colture cellulari + mettiamo degli oligo galatturonidi di origine
fungina o vegetale, gli oligo galatturonidi sono frazioni di parete cellulare o parete fungina e sono
molecole elicitrici, abbiamo che lo stress ossidativo avviene dopo 1-2 minuti, quindi riusciamo a
studiare anche la temporalità dello stress ossidativo, e si completa dopo 30/60 minuti, c’è un picco
nella produzione delle ROS, nel giro di pochi minuti abbiamo stress ossidativo e che cosa avviene?
Avviene la produzione per esempio di fito alessine o sostanze in modo molto lento graduale però
tutto sommato abbastanza rapido, questa attivazione è completamente a specifica, abbiamo invece
un altro tipo di reazione, infatti ho perlato di pre condizionamento, avviene uno stato di
sensibilizzazione, per esempio le colture cellulari vanno allevate su un agitatore rotativo, questo
movimento è già fattore di père condizionamento, è stato visto che allevando le cellule in questo
modo si ha un aumento delle ROS nei primi minuti, con un aumento di queste sostanze ad azione
anti microbica, ma noi una volta che abbiamo pre condizionato posiamo immettere un elicitore, per
esempio acidi salicilico e abbiamo la reazione bifasica, abbiamo un picco iniziale molto rapido poi
abbiamo qualcosa più lento, però la tempistica +è completamente diversa, qui abbiamo 60 minuti,
ma nell’altro caso avremo giorni, questa reazioni bifasica mi dà la possibilità di avere una stabilità
nella produzione di molecole ad azione anti fungina od anti batterica + stabile nel tempo, quindi +
lungo periodo. Ho fatto un esempio molto veloce quando lo stress ossidativo ci può aiutare nel
breeding di piante mutanti resistenti alla malattia, per esempio l’uso di elicitori di pre
condizionamento, io ho usato polisaccaridi e batterici come elicitori di pre condizionamento ed
elicitori di resistenza lavorando sia su colture cellulari pre condizionate da una situazione oppure
lavorando su colture meristematiche, su calli da cui poi produrre le piantine, quindi la presenza di
un elicitore biotico, in questo caso di origine batterica ha reso le cellule + sensibili, ovviamente non
c’era il batterio quindi non c’è stata ne morte cellulare, bisogna anche essere molto attenti alla qnt,
ho visto per esempio che le piante che nascono sono + sensibili delle piante normali, diciamo che
l’eccesso di stimolazione causa enorme qnt di varianti clonali, molte delle quali sono estremamente
sensibili alla malattia, non si sa perché, comunque certamente la moludazione nell’uso degli
elicitori e non solo da qnt, ma anche il periodo cioè a che punto devo lavorare quando sto
preparando un callo, il callo dopo vari trapianti forma degli abbozzi di piantine, devo usarlo prima o
quando ci sono già gli abbozzi di piantine? La temporalità va studiata, io volevo parlarvi di questa
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possibilità di usare elicitori ma anche elicitori abiotici, ci sono elicitori di chimica inorganica, dei
fosfiti per esempio che possono agire come sensibilizzatori di colture cellulari o meristematiche o
addirittura piante in attiva crescita, un fosfito è usato anche già da qualche anno per la lotta contro il
colpo di fuoco batterico, quindi lo possiamo usare in piante in campo in attiva crescita. Poi come
elicitori possiamo usare dei preparati micro biologici, è un po’ come facevano con la vaccinazione,
usare dei batteri o dei virus ipo virulenti o non virulenti modificati eventualmente in modo che da
un lato siano sentiti perché mantengono la produzione di un polisaccaride ex cellulare batterico, ma
dall’altra non abbiamo i geni avr quindi in ogni caso non sono in grado di provocare una malattia o
di fare completare alla pianta l’iter di morte cellulare, oppure possiamo produrre piante transgeniche
con l’introduzione di un gene, è una glucosio ossidasi che genera H2O2 a un livello basso per non
essere dannosa alla pianta, ma sufficientemente alto perché il contenuto di ROS si mantenga tale e
contrasti da un lato direttamente l’ingresso di un patogeno e dall’altro sviluppi di continuo la
produzione di alcune di queste proteine di patogenesi, in questo caso sono piante transgeniche, in
questo caso introducendo un gene per una glucosio ossidasi che genera un pò + di H2O2 che non è
dannosa per il tessuto vegetale, ma che funzioni da segnale permanente di allarme. Oppure piante
transgeniche con una risposta di iper sensibilità verso un patogeno compatibile e qui l’introduzione
di geni tipo geni R, in modo che la reazione sia sempre di incompatibilità.
Parliamo di altri sistemi,l ci sono dei sistemi dove abbiamo notato che le resistenze non sono
sufficientemente spiegate per l’accumulo di ROS nelle primissime fasi, noi stiamo esaminando i
primissimi minuti dell’interazione, ci deve essere qualcosa altro e anche qui ci vengono in aiuto i
sistemi animali, la patologia clinica, come nei sistemi animali le piante producono monossido di
azoto attraverso l’azione di una nitrato redattasi che è NADPH dipendente, è stata trovata a livello
cellulare ed è la stessa redattasi delle cellule animali, per dire questo si sono fatti degli studi
biochimici. Guarda caso nelle piante è anche presente una proteina NOS simile, la NOS è una
proteina che è presente nelle cellule animali che è Ca2+ dipendente, ecco che rientriamo ancora nel
meccanismo della cellula come prima risposta quando varia la permeabilità di membrana, attiva dei
canali per l’ingresso del calcio e blocca i canali per l’uscita del calcio, quindi non sono può partire
un meccanismo di sviluppo di specie reattive dell’ossigeno, ma parte alternativamente in altri
sistemi, in altre piante o in altre interazione ospite-patogeno un meccanismo sempre calcio
dipendente, ma che porta alla sintesi di NO (monossido di azoto) tanto che per vedere la specificità
si è visto che la sintesi di NO avviene in combinazione ospite-patogeno incompatibili, cioè quando
abbiamo la presenza di geni di resistenza, ma no in quelle compatibili, e in questa combinazione
vengono trascritti i geni PR1 e PAL ricordate che li troveremo + e + volte, il gene PR1 è il primo
gene che è stato scoperto per le proteine di patogenesi e pal è la fenilalanina ammonio liasi che
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è l’enzima cardine, principe della via dell’acido scichimico che è quella via biosintetiche che
produce la lignina, quelle sostanze di resistenza della pianta, di norma sono resistenze meccaniche
per esempio la lignina viene prodotta alla fine di questa via biosintetica, ma la lignina è una
molecola che indurisce, rende la pianta consistente e dà anche una azione tossica nei confronti di
diversi patogeni e questo per spiegarvi che dalla stessa via biosintetica noi possiamo modificare e
ridirezionare questa via biosintetica che è già attiva, già presente all’interno delle piante per
incrementare qualche intermedio ad azione battericida o fungicida oppure qualche intermedio che
mi funzioni da molecola segnale. Quindi NO è una molecola segnale, c’è una cosa che è da chiarire:
l’espressione di PR1, questa proteina di patogenesi è acido salicilico dipendente, la volta scorsa
abbiamo parlato dell’importanza dell’acido salicilico, l’attivazione della ROS ha come una delle
conseguenze la produzione di acido salicilico che è la vera molecola che gira ovunque nella pianta e
allerta i tessuti vegetali quindi l’espressione di questa proteina di patogenesi, la numero 1,
appartiene ala prima classe scoperta è acido salicilico dipendente, mentre la espressione di PAL è
indipendente da acido salicilico, ci deve essere qualcosa di diverso, si parte da una situazione di
contatto elicitore, di un patogeno, un elicitore qualsiasi e un recettore nella cellula vegetale, con
questa azione della nitrato redattasi che guarda caso è una proteina di membrana viene generato NO
in planta, questo mi attiva la guanilato ciclasi che produce la guanosina mono fosfato ciclica che è
una delle molecole che è collegata ai canali ionici di ingresso o di uscita, non esiste sistema di
ingresso o di uscita di ioni che non comprenda la guanosina mono fosfato ciclica; ovviamente
abbiamo un flusso di calcio verso l’interno della cellula, quindi la generazione di NO, attivazione
della guanilato ciclasi che è già presente, formazione della guanosina mono fosfato ciclica ed
ingresso di calcio, a questo punto il calcio da un lato mi attiva la produzione di acido salicilico
direttamente a livello citoplasmatico, dall’altro un incremento di calcio oltre a una soglia di
sensibilità mi induce il gene PAL che non fa altro che produrre acido salicilico, quindi l’induzione
del gene PAL non è acidi salicilico dipendente, ma lui stesso può attivare la produzione di acidi
salicilico con quale conseguenza? Induzione del gene PR1, questa proteina di patogenecità e difesa
della cellula vegetale, del tessuto vegetale, quindi PAL è al centro dalla via biosintetica dell’acido
scichimico che può essere gestita modulata la PAL a produrre diverse vie, ne vedremo un’altra +
avanti, mi preme farvi vedere che questo percorso quanto può durare? Questa è una late defence,
quindi occorrono un paio di giorni 2/3/4 gg a seconda, però questo NO deve agire anche in un modo
un po’ + drastico, altrimenti nei sistemi in cui non abbiamo una produzione sufficiente di ROS i
patogeni hanno campo vinto e abbiamo anche in questo sistema una early induced responce che è
questa: NO in pianta mi attiva all’interno del citoplasma, soprattutto in collegamento con la
membrana nucleare, una proteina di cui non ho trovato il nome che è ferro dipendente ed è quella su
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cui si appoggia la reazione di Fenniton che avviene in prossimità del nucleo producendo idrossile, è
quella reazione che avviene nei pressi del nucleo o all’interno del nucleo e ovviamente porta a
morte la cellula vegetale, altra via questa NO in planta, l’ossigeno è sempre presente e abbiamo la
formazione di un perossi nitrito, composto molto instabile, che lui stesso essendo velenosissimo
porta a morte cellulare e ovviamente a morte del patogeno direttamente o indirettamente e questa è
una reazione che può avvenire in pochissime ore, quindi abbiamo una early induced resistans e una
late induced resistans, cosa serve l’una se c’è l’altra? Serve perché vi ho detto prima che ci sono
delle reazioni che devono essere localizzate, ma delle reazioni che devono essere sistemiche,
perché? Prendiamo una foglia, conoscente una ticchiolatura, una ruggine del grano, qualsiasi cosa,
questa è una foglia, la foglia notoriamente nella pagina inferiore ha degli stomi, possiamo avere una
penetrazione stomatica del patogeno, ma possiamo avere anche una penetrazione del patogeno in
modo attivo anche non attraverso gli stomi, se noi prendiamo un patogeno come la venturia
inequalis, quindi abbiamo conidi che forano e vanno ad aderire alla nostra foglia, ma non ce ne è
uno ce ne sono migliaia che vanno ad appoggiarsi sulla foglia, batteri: una pioggia porta in giro
cellule del batterio che vanno a coprire la nostra foglia e in questo caso la penetrazione è stomatica,
come agiscono quelle 2 vie? Una via agisce nel sito di penetrazione, la penetrazione non è
contemporanea soprattutto per quanto riguarda funghi, la penetrazione di un fungo può avvenire
anche ore dopo, un giorno dopo, quando noi abbiamo questa reazione l’informazione se ne va in
giro, quando un patogeno entra abbiamo che nel tessuto è presente acido salicilico, la PAL, è
presente eventualmente una proteina di patogenesi, in questo caso è presente un tessuto che è già
stato sensibilizzato, ecco l’importanza di coordinare queste 2 vie, perché se esistesse solo la prima
noi avremmo la necessità ogni volta di attivarla e in pratica volta per volta una macchia qua e una là
la foglia necrotizzerebbe tutta, nella seconda via quando il patogeno penetra viene fermato a livello
cellulare, nelle prime pochissime cellule avviene una necrosi, ma è limitatissima e non è visibile,
sono delle micro HR che si suppone che avvengono. Ad esempio l’acido salicilico segue il percorso
vascolare e informa i vari tessuti, che a loro volta rifanno quella via lì e nel caso siano penetrati
sono già ponti a morire, penetrano perché se un patogeno ha dei meccanismi di penetrazione ad
esempio un fungo che produce naturalmente degli enzimi cellulosolitici o pectolitici penetra, ma
non trova le cellule normali che devono ancora attivare tutti i meccanismi, trova delle cellule già
con dei messaggeri di resistenza, o addirittura possono già trovare la PR1 pronta a bloccarlo
immediatamente alla prima cellula, o addirittura ci sono delle sostanze tossiche come delle fito
alessine che non c’è nemmeno bisogno di entrare nelle cellula perché vengono emesse fuori o
trovano la parete vegetale che è cross link, è diversa oppure ha opposizione di lignina,
polimerizzazione della lignina, ci sono diversi meccanismi che sono indotti.
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Vi parlavo di patogeni biotrofici e di patogeni necrotrofici, i necrotrofici non possono fare altro che
approfittare di eventuale tessuto che sta necrotizzando, come necrotrofici abbiamo per esempio le
botriti, le ervinie pectolitiche di questi batteri, quindi nel tessuto vegetale ci devono essere anche
risposte che non dipendono dalla produzione accumulo e traslocazione di acido salicilico che
avviene quando c’è una necrosi iper sensitiva e trasferimento del segnale, io qui ho citato i batteri
del genere erwinia che sono di marciumi molli, sono patogeni tipicamente necrotrofici, sono quelli
che fanno marcire un po’ di tutto, anche le monilie per esempio, quindi in questi sistemi abbiamo
l’intervento di altre molecole segnale, infatti l’induzione di glucanasi e chitinasi che sono molecole
ad azione anti fungina è stimolata da piccole molecole segnale che sono l’acido giasmonico o i
metil giasmonati che sono molecole di dimensione tipo l’acido salicilico e in genere se vengono
prodotti i giasmonati non viene prodotto acido salicilico o viceversa; nei sistemi con patogeni
necrotrofici spesso vengono prodotte le famose difensine e le tionine che sono molecole, sono dei
poli peptidi ad azione anti batterica ricchi di cisteina, le difensine e le tionine sono poli peptidi con
18/20/30 residui aminoacidici, molta cisteina, molta metionina, le difensine sono sempre polipeptidi
con una struttura molecolare molto caratteristica e sempre quella sia in sistemi animali che in
sistemi vegetali dove questa struttura è mantenuta da 8 ponti di solfuro, le tionine sono simile ma
sono molto + varie nella lunghezza e nella loro composizione aminoacidica, anche le tionine sono
comunque ricche di cisteina e di metionina, quindi abbiamo introdotto un’altra molecola segnale:
l’acido giasmonico e i giasmonati sono un’altra cosa, l’acido giasmonico è solubile, un liquido,
mentre il metil giasmonato è gassoso e la particolarità è sempre quella di essere estremamente
mobili attraverso tutto il tessuto, vengono immobilizzati attraverso il floema, le cellule vegetali del
tessuto facilmente traslocabili da una parte all’altra dell’organo colpito, i giasmonati sono molecole
che derivano da acidi grassi particolari che hanno 12 atomi di carbonio e la loro biosintesi richiede
una lipasi, un’altra proteina enzimatica, localizzata nella membrana cellulare, questa lipasi è indotta
dal calcio bivalente, quindi la costante nelle cellule vegetali è il calcio bivalente, perché? Perché il
vero riconoscimento lo abbiamo dopo, quindi l’attivazione dei canali che permettono l’ingresso del
calcio e che bloccano avviene in ogni caso, avviene anche quando noi spruzziamo dei fosfiti che
sono molecole inorganiche, il vero riconoscimento avviene in una seconda fase, quindi il fatto che
in questo sistema per esempio con una botriti o con una erwinia vengono prodotti dei giasmonati e
non acido salicilico è perché c’è stato un riconoscimento, la nostra foglia, il nostro peperone o
pomodoro ha riconosciuto una erwinia, non ha riconosciuto una pseudomonas che è biotrofica, poi
abbiamo anche un’altra molecola che l’etilene, anche l’etilene stimola la risposta di difesa nella
pianta. Questo è il sistema solito dove abbiamo un recettore, uno o + recettore, la lipasi che è quella
che viene attivata dalla presenza di un eccesso di ioni calcio, oppure da una proteina chinasi, questa
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è la via biosintetica che porta all’acido giasmonico, il recettore dell’acido giasmonico è nella
membrana nucleare e questa è una cosa nuova: questo recettore può immediatamente attivare la
regolazione, quindi abbiamo da acido giasmonico da un lato la metilazione dell’acido giasmonico
quindi diventa gassoso e diffonde velocemente alle cellule vicine che vengono in pochissimi minuti
allertate, nella cellula dove ci sta il segnale avviene in brevissimo tempo la regolazione, il recettore
sente 2 segnali e nel caso di questo recettore dove c’è una sistemina viene attivata la lipasi, nel caso
dell’altro recettore attraverso una proteina chinasi, calcio, la lipasi ancora e questa via biosintetica
che è la via che porta all’acido metanoico che porta all’acido giasmonico, tutto all’interno del
citoplasma, il vero recettore dell’acido giasmonico è un recettore di membrana nucleare, cosa
avviene? Prima del collegamento l’acido giasmonico in parte viene metilato, il metil giasmonato di
diffonde molto velocemente nelle cellule vicine anche quelle che non hanno avuto in segnale però
lo hanno di riflesso il segnale, vengono allertate anche quelle vicine, l’acido giasmonico come acido
viene sentito dal recettore di parete della membrana nucleare e va immediatamente a regolare.
La sistemina è sia un elicitore, un elicitore molto particolare, la sistemina è un elicitore proteico che
si trova all’interno del citoplasma come pro sistemina, una molecola non attiva, quiescente, la pro
sistemina diventa sistemina quando c’è qualcuno che mangia la foglia, gli insetti erbivori attivano la
sistemina e diventa segnale di qualcosa che non va, quindi acido giasmonico come risposta
all’aggressione di un erbivoro, abbiamo anche acido giasmonico anche in un altro caso: quando il
recettore di membrana sente dei lipo polisaccaridi che appartengono a dei rizo batteri non patogeni,
i rizo batteri sono batteri che vivono nella rizosfera, mangiano gli essudati radicali, ma alcuni di
questi rizo batteri tipo pseudomonas fluorescens sono molto importanti e vengono chiamati fattori
PGPB (plant grow promoting bactiria) o PGPR (plant grow promoting rizo-bactiria) a seconda
degli autori, questi rizo batteri non sono patogeni, anzi sono batteri utilissimi perché sviluppano
molto meglio le colture, in effetti l’attivazione di questa via in assenza di un patogeno provoca una
maggiore distensione cellulare, ha un effetto crescita, il patogeno non c’è, certamente questa via
biosintetica si attiva, non ci sono altri segnali, non ci sono molecole di virulenza, ma in ogni caso si
è attivata una via biosintetica e si è attivata una migliore distensione cellulare, ecco perché questi
rizo batteri si chiamano promotori di crescita e questo è uno dei punti chiave del molecolar farming:
addizionare, selezionare batteri e recentemente anche funghi, recentemente hanno trovato anche
plant grow promoting fungine, selezionare microrganismi da immettere nella coltura per migliorare
le proprietà delle coltura stessa per esempio pomodori, medica, peperoni, ci sono diverse colture
orticole che traggono giovamento da questa interazione, sarebbe una interazione caratteristica di
organismi fito patogeni, ma in alcuni casi questa attivazione non porta a nulla di patologico, ma
porta a uno vantaggio agronomico che in ogni caso è sempre una alterazione di una cellula e lo si
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vede in campo, quando vediamo delle parcelle di pomodoro dove si utilizzano i plant grow
promoting rizo-bactiria piante che sono alti un mezzo metro, di fianco le piante solamente 30 cm,
proprio per un effetto sulla distensione cellulare dovuta alla modificata fisiologia.
La via dell’acido giasmonico è una banalissima via biosintetica che centra anche con la risposta di
difesa, questi sono 2 casi particolari che sono quelli di difesa, la pianta si difende contro i
colonizzatori biotrofici e qui abbiamo la regolazione dell’espressione genica perché il primo segnale
dà avvio alla trascrizione, ma questi geni sono down regolati da altri segnali, sono quelli
caratteristica di erwinia carotovora per esempio, l’attivazione di una prima via biosintetica senza
l’ingresso in un secondo tempo di altre molecole segnale che regolano una ulteriore espressione
genica porta solamente ad una distensione cellulare e a un invio di messaggeri, questi messaggeri
come il metil giasmonato rendono la cellula diversa e meno appetibile agli insetti erbivori, ma se
noi andiamo ad attivare questa via biosintetica con dei lipo polissacaridi che provengono da
pseudomonas fluorescens viene attivata la via biosintetica, si modifica la fisiologia vegetale e
abbiamo produttività vegetale maggiore, ma non c’è altro segnale perché il nostro pseudomonas
fluorescens non ha dei geni avr da mandare + avanti, ricordate la ‘’moltefficità’’ dei segnali
soprattutto nei batteri che vedremo dalla prossima volta, questa è la cellula batterica e in genere
sono gram negativi, c’è una parete cellulare, c’è una membrana interna e una membrana esterna
extra cellulare, sulla membrana extra cellulare ci sono i famosi lipo polisaccaridi, sono molecole
che hanno un nucleo lipidico, una catena iniziale che si chiama KBO, + hanno verso l’esterno delle
altre catene poli saccaridiche che sono gli EPS, a volte sono legati a questo nucleo lipidico che
tende a lipideare, a volte è collegato ad una proteina di membrana e diventano PRPDS, cosa
succede? Il primo segnale che la pianta riceve è il lipo polisaccaride, però questo segnale attiva
ovviamente meccanismi di risposta sia in questo modo sia in altro modo con acido salicilico, in un
secondo tempo a distanza di poche ore se questo batterio per esempio non fosse pseudomonas
fluorescens, ma se fosse pseudomonas tomato l’agente della macchiettatura batterica in pomodoro,
questo avrebbe dei geni avr che appena il segnale di attaccamento è stato recepito, perché c’è un
segnale anche che va verso la cellula batterica non sono quello che va in un senso, questi geni avr
codificano le proteine avr che vanno all’interno della cellula vegetale, quindi la cellula è già stata
sensibilizzata,, ma dipende da che cosa ha attivato la cellula, ci sono dei segnali di specificità che
non vengono compresi dalla cellula vegetale, per questo molecole di virulenza riescono ad attivare
dei meccanismi di patogenecità, nel caso dei rizo batteri non patogeni è avvenuto questo
collegamento, la pianta certamente ha modificato la sua fisiologia come migliore distensione,
attivazione dello giasmonato, inizia una espressione genica a livello di nucleo per rafforzare la
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cellula poi non c’è + niente e questo si chiama molecolar farming, quindi attivazione di processi
molecolari all’interno delle colture, attivati da segnali micro biologici per prendere in giro le piante.
Per finire il discorso, l’acido giasmonico e l’etilene sono anche coinvolti nella trasduzione dei
segnali per la riparazione delle ferite, questo è quando l’insetto, il bruco mangia la fogliolina, ci
sono dei segnali per rafforzare la parete cellulare, nella risposta alla colonizzazione dei rizo batteri
non patogeni e in generale l’induce sistemic resistance cioè la resistenza sistemica indotta che è
differente dalla SAR, vedremo di chiarire 2 concetti che abbiamo nella risposta della cellula
vegetale ai patogeni, quella che chiamiamo ISR e quella che chiamiamo SAR, la induce sistemic
resistance (resistenza sistemica indotta) e la sistemic acquire resistans resistenza sistemica
acquisita), sono 2 cose un po’ diverse, qualche autore le confonde, acido giasmonico e etilene in
genere sono coinvolti nella induce sistemic resistance che è quella localizzata è quella che non
viene traslocata e mantenuta, la induce sistemic resistance non è quella su cui dovremmo lavorare
per produrre piante resistenti, dovremmo lavorare sulla sistemic acquire resistans, acquisire una
diversa modulazione dell’espressione genica del mantenere il + a lungo possibile uno stato di
resistenza, mentre con la induce sistemic resistance noi induciamo una resistenza globalizzata che si
può perdere facilmente.
Piante resistenti e pianti suscettibili hanno in comune lo stesso potenziale per difendersi, cioè non è
che piante suscettibili e piante resistenti siano diverse, ci sono però alcune interazioni ospite-
patogeno che portano alla malattia, altre interazioni che non portano a malattia, portano alla morte
del patogeno, una delle strategie che i patogeni usano o le piante ospite usano è nell’anticipare le
reazioni della contro parte, quindi la tempistica è assolutamente importante, l’accumulo per esempio
di segnali oltre a un certo livello è importante per l’instaurarsi della malattia o per la risposta della
pianta, quindi la tempestività di risposta dell’ospita è sicuramente una delle discriminanti per avere
delle varietà tolleranti, abbiamo poi anche la presenza o assenza di geni di resistenza, ma questi
sono casi particolari, citavo l’ipotesi gene per gene mette in relazione un potenziale genetico del
patogeno, un potenziale di difesa di resistenza nell’ospite e se c’è una interazione gene per gene c’è
una resistenza, se non c’è questa resistenza, questo è solamente un settore non è sempre così, è vero
soprattutto per quanto riguarda la resistenza orizzontale che non è basata sul single gene, per
esempio una rapida attivazione dello stress ossidativo da parte della pianta anche in assenza di geni
specifici di resistenza porta una pianta ad essere tollerante e senza che il patogeno abbia la
possibilità di aggirare questo ostacolo perché non c’è un gene, non c’è una proteina di
riconoscimento, c’è solamente una attivazione molto rapida di un pathway di una sintesi che porta
invece delle 3/4/12 ore dello stress ossidativo magari a solo 2 ore sufficienti per impedire che il
patogeno si moltipliche all’interno dell’ospite. Questo dà anche una spiegazione a un altro fatto, che
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in condizioni non ottimali di sviluppo del patogeno ad esempio con temperature mediamente basse
il patogeno ha un tempo di latenza, dovete ricordare che lo sviluppo di un patogeno mettendo in
ascissa il tempo e la qnt di inoculo in ordinata otteniamo un andamento sigmoidale e quando un
patogeno si moltiplica normalmente la pianta può darsi che in questo contesto non riesca ad attivare
una risposta di stress ossidativo, quindi la produzione di specie reattive dell’ossigeno in qnt
sufficienti da bloccare lo sviluppo del patogeno, quando il patogeno in condizioni climatiche non
favorevoli allunga il suo periodo di latenza la pianta può attivare dei geni dello stress ossidativo
prima ancora che il patogeno abbia iniziato a produrre fattori di virulenza che possano aggredire la
cellula e questo è un caso che si verifica normalmente, per esempio lo stesso sviluppo di ibridi
tolleranti a climi un po’ + freschi è una tecnica di ‘’escape’’ per evitare che l’ospite arrivi in una
fase fenologica suscettibile verso un patogeno quando questo patogeno è nel suo massimo
potenziale di malattia.
Riprendiamo le risposte attive di difesa della pianta che è sempre così in qualsiasi sistema ospite-
patogeno: le risposte che attiva la pianta sono di tre tipi: risposte primarie che sono quelle
immediate proprio nei primi 30/60 minuti dall’inoculazione e sono risposte localizzate nelle cellule
dove vengono direttamente a contatto con il patogeno per esempio lo stress ossidativo quindi la
condizione di specie reattive dell’ossigeno che porta poi alla necrosi della cellula stessa, fenomeni
di apoptosi, abbiamo poi risposte secondarie un po’ + dilungate nel tempo, queste sono localizzate
nelle cellule adiacenti, la cellula morente è in grado di sviluppare segnali che le cellule adiacenti
vive, e che rimangono vive probabilmente, attivano delle risposte primario per esempio lo sviluppo
di specie reattive dell’ossigeno o altre risposte che inducono queste cellule a diventare un po’ +
resistenti, poi abbiamo risposte terziarie che sono le risposte + importanti che si attivano anche a
distanze notevoli dal sito di penetrazione del patogeno; questo per introdurre quello che vedremo:
fenomeni di resistenza indotta, fenomeni di resistenza indotta che sono molto importanti perché
come abbiamo visto che il miglioramento genetico può portare alla selezione di individui resistenti,
ammesso che ci siano gli agenti disponibili non è l’unica modalità di azione, ma una modalità che
sta prendendo piede ultimamente è l’utilizzo di molecole segnale o l’utilizzo di attivatori resistenti
che non fanno altro che sensibilizzare, modificare alcuni cicli biosintetica della cellula anche in
assenza di qualsiasi patogeno in modo che questa sia sempre pronta, sono queste risposte terziarie
che noi andiamo a sollecitare tramite l’uso di questi attivatori. Di norma le interazioni ospite-
patogeno vanno a modificare siti del metabolismo secondario, possono avere una influenza
fondamentale sul lungo periodo per quanto può essere lo sviluppo della pianta, per quanto riguarda
le risposte terziarie questi attivatori di resistenza hanno degli effetti di media e lunga scadenza, per
esempio l’azione bracchizzante di un attivatore di resistenza, modificando un ciclo biosintetico
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sempre inserito nella via dell’acido scichimico abbiamo la produzione in pochi secondi di una
molecola ad azione fortemente anti batterica o fungina, però modificando una via biosintetica si
visto che nel medio o lungo periodo c’è una azione bracchizzante quindi vado a influenzare quella
che è la distensione cellulare che può avere effetti positivi o negativi, può avere un effetto all’inizio
positivo perché bracchizzanti in viticoltura sono utili per mantenere la pianta molto è compatta, per
evitare il lussureggiamento della vegetazione, una struttura + aperta della pianta stessa, + luminosità
per i frutti, bisogna fare prove con colture annuali, se in una pianta erbacea questo effetto
bracchizzante deve tradursi anche in una diminuzione della pezzatura del pomodoro allora è chiaro
che non conviene, per quanto riguarda le risposte terziarie tornando al nostro discorso sono le vere
risposte di resistenza, quella media e a lunga scadenza soprattutto per quanto riguarda le specie
poliennali, il problema è lì, difendere la pianta per lungo periodo. Quindi il fatto che elicitori biotici
o abiotici, la molecola bracchizzante è un elicitore abiotico, è una molecole di sintesi, sono
coinvolte nella patogenesi implica che le cellule vegetali vengono ad avere dei sistemi di
sorveglianza, ala superficie a livello di membrana esistono dei sensori capaci di sentire in modo
specifico o semi specifico quello che viene dall’esterno, i famosi elicitori.
Vediamo quali sono gli elicitori, ce ne sono tantissimi + o – specifici, ce ne sono alcuni storici come
la monicolina A che è un polipeptide di amilinia fructicola dell’agente del marciume molle delle
drupaceae, la monicolina A è un elicitore fungino, sintetizzato durante l’interazione ospite-
patogeno, poi abbiamo delle molecole sempre fungine che sono oligomeri che appartengono alla
struttura del fungo: chitina e chiosano, la pianta cerca di difendersi cominciando a degradare il
fungo, ma fa un errore perché queste molecole sono molecole che possono disattivare i meccanismi
di difesa della cellula, oppure nei casi di resistenza sono quelli che attivano i meccanismi di
resistenza della cellula: sono le molecole segnale e in questo caso i primi oligomeri storicamente
furono riconosciuti nei fusarium, poi per quanto riguarda i batteri abbiamo delle molecole, dei
polipeptidi che sono anche delle piccole proteine che vengono prodotte durante l’interazione, sono
geni che rimangono silenti se non vengono attivati dal contatto della cellula con la pianta ospite per
esempio le arpine, i generi pseudomonas, erwinia amilovora agente del colpo di fuoco batterico,
oppure tutte le pseudomonadi siringe, producono arpine perché hanno dei cluster genici in grado di
essere attivare dal contatto. Le arpine negli stati uniti in questi giorni, sono commercializzate,
quindi batteri che producono queste arpine in colture, in fermentatori, vengono spruzzate sulle
piante, la pianta ottiene il segnale, attiva le molecole di difesa, temporalmente non c’è problema
perchè non c’è il batterio dietro, quindi questa arpine vengono utilizzate non tanto come molecole di
patogenecità per uccidere, ma vengono utilizzate per attivare le risposte cellulari, quando c’è poi
una infezione reale le arpine hanno già svolto la loro funzione e le cellule sono già mobilitate a
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rispondere immediatamente, anche qui la temporalità è importante, una erwinia o una pseudomonas
e ad uccidere la cellula dove il batterio si attacca. Oltretutto con le arpine abbiamo la reazione gene
per gene, quindi le piante attivano i geni R appena sentono il segnale dell’arpina quando c’è una
interazione con un batterio molto veloce l’attivazione dei geni R non è veloce abbastanza per
impedire l’invasione da parte del batterio, nel caso non ci sia il batterio i geni R vengono attivati, il
batterio dopo 2/3 giorni, una settimana riesce ad entrare, questi sensori fanno morire la cellula
quindi non si perde nulla, non si vede nulla perché è una interazione cellulare, singole cellule
vengono uccise e se uno guarda il tessuto non si vede nulla, per quanto riguarda i virus abbiamo per
esempio delle replicasi, nel caso del virus del mosaico del tabacco, sono molecole segnale quindi di
attivazione di biosintesi all’interno della cellula vegetale. Noi finora abbiamo analizzato elicitori
esogeni, quelli derivati dal patogeno, esistono anche elicitori endogeni derivati dalla cellula vegetale
e uno dei meccanismi di azione che i patogeni usano è la degradazione della parete cellulare con un
set di enzimi molto ampio a seconda della specie del patogeno, fungino, batterica, alcuni producono
isolasi, altri cellulasi, altri xilanasi, ma sono enzimi che vanno a degradare la parete cellulare,
spezzettandola in oligomeri e a volte possono essere molecole segnale interne, quindi cellule vicine
sentono che la cellula di fianco è stata degradata perché ci sono dei recettori per questi oligomeri
residui, e attivano risposte di difesa. Poi c’è una parte un po’ complessa: coordinamento e
integrazione dei segnali, abbiamo visto fino ad oggi una serie di vie biosintetiche, di segnali, di
recettori, come vengono coordinati? Per esempio come può venire coordinato una percezione di
specie reattive dell’ossigeno con produzione di ossido nitrico? Come vengono coordinate
temporalmente le reazioni locali da quelle + lontane? Io le accenno appena perchè ci sono molti
lavori in corso e molte vie biosintetiche non sono ancora molto chiare, i segnali dal punto di vista
temporale sono: specie reattive dell’ossigeno, acido salicilico (salicilati), acido iasmonico
(giasmonati) e il coordinamento di questi segnali porta all’ISR (incede sistemic resistant) che è
quella a lunga distanza, è quella che viene citata quando si parla di microrganismi che colonizzano
la rizosfera, microrganismi spesso non patogeni, poi c’è la SAR che è la vera e propria resistenza
indotta (sistemic acquire resistant), quindi è una resistenza acquisita in settori della pianta anche
molti lontani, grazie al trasferimento per esempio di acido salicilico e per ultima la SAS, la
resistenza sistemica dovuta al silenziamento di segnale (sistemic acquire silencing); come
caratteristiche: quando noi dobbiamo esaminare un genotipo dobbiamo per valutare la sua
resistenza, dobbiamo creare i pattern, vedere il motivo della sua resistenza, dobbiamo innanzitutto
differenziare questi genotipi con una caratterizzazione delle proteine di specificità, un ibrido
resistente è esistente perché produce una o + patogenesis resistent proteins, l’attivazione della
resistenza indotta sistemica è sempre collegata alla sintesi di una o + di queste proteine, quindi la
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presenza di + proteine mi caratterizza una resistenza maggiore e di + lunga durata e queste proteine
sono proteine di lunga durata, poi abbiamo 2 categorie di molecole di breve durata, ma di grande
importanza che sono vere e proprie molecole anti microbiche: le difensine e le tionine, leggerete
l’articolo che vi ho dato, sono dei polipeptidi ricchi di zolfo, con strutture molto ben conservate,
addirittura si possono trovare tionine anche in sistemi animali, non sono in sistemi vegetali, poi un
altro pattern soprattutto per quanto riguarda la resistenza ai funghi è avere un elenco di inibitori
della proteasi, quindi ogni volta che dobbiamo fare una valutazione dobbiamo valutare questa serie
di opportunità. Sono diverse classi proteiche, in genere sono classi proteiche che accomunano delle
famiglie, ci sono almeno una dozzina di classi proteiche diverse, nelle solanaceae ne abbiamo 2/3,
nelle leguminose ne abbiamo 2, quindi qnt e qlt di queste proteine mi caratterizzano il mio ibrido
resistente, quindi c’è alla base la capacità di sentire un elicitore, di tradurre il segnale in una risposta
di sintesi proteica, che ci siano geni particolari lo vedremo + avanti. Se noi abbiamo in pomodoro
(per es.) resistenze che mi produce almeno 2 classi di queste proteine e all’interno di una classe ce
ne sono almeno 3-4 che vengono espresse, poi abbiamo una difensina, una tionina e un paio di
inibitore della proteasi abbiamo una varietà di pomodoro che è valida e ci sono delle resistenze di
lungo periodo, resistenze che possono essere anche multiple.
Qui è una immagine per differenziare quello che molti autori confondono: non è ben chiaro che
cosa si intende per resistenza sistemica acquisita e resistenza sistemica indotta, a sx abbiamo la
SAR e a dx la ISR, qui abbiamo l’effetto di una molecola elicitrice biotica oppure abiotica e la
sintesi di proteine di patogenesi che poi possono essere diffuse all’interno di quella pianta, questa
sintesi spesso è mediata dall’acido salicilico che è un potente attivatore di sintesi proteica per via
diretta o per via indiretta, quindi questa è definita come resistenza sistemica acquisita ed è
sicuramente la migliore come tipo di resistenza; poi abbiamo l’altro caso che è la resistenza
sistemica indotta che non si basa e sulla presenza di acido salicilico e nemmeno di proteine di
patogenesi ma ha come segnali l’etilene e l’acido iasmonico ed è quel tipo di resistenza che si
ottiene solo mediante fattori biotici, molto spesso localizzata, a volte trasferita, ma è quel tipo di
resistenza che viene attivata quando abbiamo dei batteri che vivono e penetrano attraverso le radici
tanto è che un tipo simile i comportamento la pianta lo possiede quando la rizosfera è colonizzata
daI plant grow promoting rizo bacteria, è una delle tecniche di coltura + moderne, quindi
selezionare batteri o funghi che vadano a colonizzare la rizosfera e attraverso la rizosfera (acido
iasmonico molto spesso) si traducono in maggiore resistenza, ma soprattutto migliore crescita (plant
grow promoting) distensione cellulare. Eventi temporali: penetrazione del patogeno compatibili o
incompatibile per attivare risposte, le risposte vengono attivate solo quando c’è un contatto;
adesione del patogeno alla parete cellulare della pianta ospite di origine batterica, oppure
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penetrazione nel caso dei fitoplasmi o dei virus, adesione o corrosione della parete batterica da parte
dei funghi, stress ossidativo è la prima risposta di difesa rapida, siamo ancora nell’ambito di 20/30
minuti fino a un max di 60 minuti e invio di molecole segnale del patogeno che sono quelle che
attivano le risposte di difesa, elicitori di superficie: a volte i batteri producono i segnali solo dopo
l’interazione, il contatto con la cellula vegetale; attivazione di sistemi di secrezione 1-2-3-4-5, 5
sistemi di secrezione e trasmissione del segnale del patogeno verso la cellula vegetale attraverso
questi sistemi di secrezione, solamente quando sono stati attivati questi sistemi c’è il
riconoscimento dell’elicitore, nessuno mi ha mai detto come faccia questo segnale arrivare
all’interno del tessuto vegetale: per quanto riguarda i funghi l’azione dell’ifa fungina che penetra
attivamente e produce enzimi degradativi è un po’ + chiara, - chiara per i batteri, ma non è chiaro
almeno per voi, come molecole che si trovano all’interno di fitoplasmi, batteri, funghi, arrivino alla
cellule, io esaminerò solamente batteri, non posso farli tutti, bisogna capire come questi elicitori
arrivino alla cellula vegetale, arrivano attraverso l’attivazione di quelli che vengono chiamati non
correttamente sistemi di secrezione che sono altro che sistemi di traslocazione. Nell’interazione
pianta-batteri, vedremo questa perché è quella che conosco meglio, è quella + affascinante perché è
una interazione valida anche con gli animali e con l’uomo, i primi studi sono stati fatti con
salmonella, scighella e in modo sorprendente si è visto che la filosofia è la stessa, addirittura gli
apparati sono gli stessi, chiaramente le molecole attivatici dei cluster genici sono diversi perché
alcuni sono vegetali e altre animali, comunque il 40% delle proteine batteriche deve passare
attraverso la membrana plasmatica, la sintesi proteica all’interna della cellula batterica è per
proteine che si fermano al batterio 60%, ma il 40% devono essere portate all’esterno e sono
molecole che sono fattori di virulenza, di adattamento ecologico, molecole che aiutano la vita che
devono acquisire elementi come il ferro dall’ambiente, però il problema è che queste molecole e a
volte macro molecole, ci sono proteine a volte molto grandi che vengono esportate anche 8/9000
residui di aa devono attraversare tutta una serie di strutture: la membrana plasmatica innanzitutto
che è la membrana interna, il periplasma che non è un ambiente vuoto ma è un ambiente pieno di
enzimi, la membrana esterna, eventuali strutture di superficie del batterio che può avere e deve
anche questa molecola mantenere la sua conformazione, la sua attività in un ambiente extra
cellulare che a volte può essere non idonea, in + queste molecole a volte devono penetrare
all’interno di altre cellule o essere segnale per altre cellule vegetali, quindi le spiegazione di tutto
questo passaggio è una cosa recentissima. È un problema di conformazione e di segnali, la struttura
funzione certamente è molto importante, ma queste molecole una volta che avviene la sintesi
proteica all’interno della cellula vegetale qualsiasi molecola deve avere dei segnali, una serie di aa
nella parte ammino terminale o nella parte carbossi terminale che le destina al giusto
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compartimento. Volevo farvi vedere la struttura della parete batterica: questo è un gram negativo:
dovere fare passare una proteina attraverso questo no è semplice, è una struttura dinamica, anche lo
strato di peptido glicani che è una parte compatta e da resistenza alla cellula batterica è una struttura
che può essere alterata in modo mirato per lasciare uscire o entrare diverse molecole, adesso ve la
descrivo: abbiamo la membrana interna citoplasmatica si vede il doppio strato fosfo lipidico,
abbiamo delle zolle proteiche, abbiamo lo spazio periplasmatico con all’interno proteine,
polipeptidi, lipo proteine, enzimi con una struttura tridimensionale di peptido glicano abbastanza
sottile, poi abbiamo la membrana esterna quindi di nuovo la struttura fosfo lipidica con zolle
proteiche anche verso l’esterno e caratteristica dei battei gram – sono queste catene poli
saccaridiche che sono dei potenti determinanti antigenici; + compatta è la struttura dei batteri gram
+: manca una membrana esterna, c’è solo quella interna con le zolle proteiche, e abbiamo come
seconda differenza lo strato del peptido glicano che è fortemente ispessito 10 volte è spesso e +
compatto, ma permette la presenza di proteine associate alla parete o di catene di ‘’acido
glicodeicolico’’ che dà quindi la possibilità dall’esterno all’interno, passaggio di ioni, calcio
avviene molto facilmente attraverso quello che c’è già presente, queste proteine di membrana
possono essere dei canali dove lo spostamento di cariche elettriche fa passare o non passare degli
ioni, l’acqua passa, i vari segnali tipo acqua ossigenata passa, non passano le molecole + complesse
e già i piccoli polipeptidi con 12/15 residui di aa non passano, il problema non è tanto l’attivazione
della sintesi proteica, ma è l’indirizzamento, il trasposto e la secrezione delle proteine, quindi
indirizzamento: la proteine, il polipeptide deve essere indirizzata nella via giusta, può rimanere
all’interno del citoplasma, può andare nel periplasma dove rimane, o può andare in una membrana e
rimanere lì, può essere esportato verso l’esterno o esportato all’interno di un’altra cellula, i
meccanismi di trasposto, come vengono trasportate? Chi dà energia per trasportare? E come avviene
la traslocazione di queste molecole verso l’ambiente esterno. Soluzione: quello che si chiamano
sistemi di trasporto e di secrezione (secretion sistem), i sistemi di trasposto sono diversi nei diversi
organismi, non parlo solo dei batteri, ma il problema del trasporto all’esterno è un problema di tutte
le cellule, comprese le nostre, e i sistemi di trasposto possono essere di 2 tipi e seconda della
modalità, di costruzione di questi sistemi di esportazione dipendenti da SEC, sec possiamo
individuarlo come una serie di cluster genici o indipendenti da SEC, altre vie biosintetiche, quelli
dipendenti da sec vengono chiamati General Secretori Pathway (GPS) cioè è la via principale di
secrezione che tutte le cellule possono avere per esportare le molecole verso l’esterno. Le
caratteristiche di questa via sec: è una via essenziale per il trasporto delle mie molecole segnale ed è
conservato nei tre domini che sono quelli citoplasmatico associato alla membrana interna, quello
periplasmatico e di parete e quello esterno della membrana. Nei batterei questo sistema agisce post
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traduzionalmente ed è un sistema che viene attivato e disattivato continuamente, è un sistema
permanente quindi c’è un ritorno alla situazione di partenza perché questo sistema si alimenta
energicamente e si ricostituisce. Questo sistema lo possiamo dividere in tre stadi: è importante
questo perché abbiamo molte possibilità d’intervenire nell’interazione ospite patogeno impedendo
ad esempio lo sviluppo di segnali o favorendo lo sviluppo di segnali alterati, tre stadi: 1. stadio
citoplasmatico: indirizzamento da tre ‘’conteine,’’ si chiamano ‘’conteine’’ questi grossi polipeptidi
o medi polipeptidi, quindi una volta effettuata la sintesi proteica nella localizzazione caratteristica
citoplasmatica esiste la possibilità di indirizzare questa pre proteina al sito nel quale la proteine
deve essere esportata, poi avviene la maturazione di questa proteina, si parla di maturazione perché
vengono staccati i segnali molecolari che favoriscono l’indirizzamento e in genere sono code
amminoacidiche N terminali che vengono staccate e la proteina in questo modo può essere
trasportata, ma può anche assumere la sua conformazione finale, matura come proteina e attraversa
il doppio strato lipidico e viene rilasciata all’esterno dove acquisisce la struttura terziaria o
quaternaria finale. Sistemi di secrezione *** : apparati proteici, struttura terziaria, multiregione,
hanno 2 diversi domini, hanno diverse unità, subunità, possono andare dal citoplasma fino
all’esterno o addirittura possono andare dal citoplasma di un batterio all’interno della cellula
dell’ospite e a volte sono composte da solamente tre subunità proteiche nei casi +è semplici che
formano questo sistema di secrezione, altre invece possono arrivare anche a 40/50 proteine diverse
e inducono l’esportazione di queste molecole o fattori di patogenecità, in genere i geni che
contribuiscono a formare questa strutture sono clasterizzati, questo è un motivo per cui questi
sistemi di secrezione sono presenti in batteri completamente diversi tra loro, sono apparati
transmembrana, un’altra differenza è che alcuni di questi apparati di traslocazione sono sempre lì, vi
ricordate le porine le prime cose che si studiavano quando si cercava di capire come facessero a
entrare o uscire molecole all’interno della cellula batterica, le porine fanno parte di questa struttura
e sono pre costituite, vanno solo attivate o disattivate, altri sistemi di secrezione sono
completamente costruiti al momento dell’interazione per esempio il sistema di esportazione delle
arpine vengono costruiti a partire dal momento dell’interazione, del contatto con la cellula vegetale,
questo è il motivo per cui se noi andiamo a spruzzare le arpine il batterio che sta entrando o è vicino
all’inoculazione ha uno stadio per costruire questa sua struttura ed inoculare eventuali fattori di
patogenecità, questi sistemi di secrezione sono presenti anche in organelli derivati da batteri, sono
presenti nei mitocondri, sono presenti nei cloroplasti, questo è un altro motivo per cui questi
organelli erano una volta microrganismi, di sistemi di secrezione al momento se ne conoscono 5
strutturalmente diversi e funzionalmente diversi, alcuni di questi hanno una doppia modalità di
funzionamento, tanto che le modalità di esportazione sono almeno 8, dipendono dalla possibilità di
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avere energia, ce ne sono almeno 2 che sono auto energetici, non necessitano dell’atpiasi, altri
devono essere energizzati, servono in ogni caso a traslocare attivamente verso l’esterno oppure in
alcuni vasi verso l’interno, l’acquisizione da parte della cellula batterica di qualcosa che è
all’esterno, secretion sistem = sistemi di secrezione oppure apparato proteico enzimatico di
traslocazione è + corretto come definizione. La differenza principale è la presenza o assenza di un
peptide segnale sulla proteina da traslocare, è un peptide segnale che attiva come primo step la
traslocazione all’interno del citoplasma e l’indirizzamento verso uno dei sistemi di secrezione della
cellula batterica che può avere, possono essere anche + di uno, un peptide segnale di norma è una
catena stabile, riconoscibile nella parte ammino terminale della proteina, segnale che viene
distaccato da una peptidasi una volta che la nostra proteina segnale ha passato almeno la membrana
citoplasmatica, in genere le peptidasi in effetti sono contenute all’interno del periplasma, questo per
aiutare poi la proteina a diventare una vera proteina con la sua conformazione attivarla; il peptide
segnale costituito da 10/12 residui amino terminali servono per guidare questa molecola, le guida le
ciaperonine che possono trovarsi o all’interno del citoplasma, nel periplasma e le ciaperonine
riconoscono il peptide segnale e accompagnano la proteina, poi viene tagliato il segnale da una
peptidasi all’interno del periplasma, questo conferisce anche alla proteina di assumere una diversa
conformazione, le ciaperonine hanno anche altre funzioni, non solo quello di riconosce il peptide
segnale e aiutare la proteina ad andare verso l’esterno, ma anche a stabilizzare la struttura delle
proteine perchè ha una conformazione facilmente attaccabile da altri enzimi che sono all’interno del
citoplasma, la ciaperonine stabilizza la struttura della pre-proteina e la ciaperonine impedisce che la
proteina assuma la sua conformazione troppo presto, la sua conformazione la proteina deve
assumerla almeno nel periplasma se non addirittura all’esterno, le ciaperonine sono dedicate al
folding delle proteine, una proteina tende a rinaturarsi e le ciaperonine servono ad impedire questo,
anche perché a parte il tipo 5 di apparato secretorio, le proteine se sono in struttura complessa
quaternaria non passano, devono essere sciolte, devono avere una forma a biscia per passare, tranne
per il tipo 5 che serve per trasferire macro molecole già nella loro struttura quasi normale, attraverso
una membrana. Il peptide segnale c’è sempre tranne nel caso del 4° e 5°, il segnale può essere
ammino o carbossi terminale.
Tipi si sistemi di traslocazione: i tipi 1 e 3 sono sec indipendenti quindi non viene attivata la sintesi
delle varie subunità sec per costruire questi sistemi di traslocazione, i tipi 2/4/5 sono sec dipendenti,
per esempio SEC-A che è il nostro primo enzima che prendiamo in considerazione è una atpasi
quindi è fondamentale per energizzare, i tipi 1-3-4 *** esportano proteine in un singolo step, quindi
dall’interno del citoplasma verso l’esterno, i tipi 2 e 5 esportano le proteine con 2 step e con 2
modalità, primo step dal citoplasma al periplasma, secondo step dal periplasma all’esterno e lo
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fanno con 2 modalità energetiche e 2 tipi di strutture diverse, la SEC e l’ultima molto recente, la
TAT, proteine tat sono delle traslocasi, la modalità tat è una modalità molto semplice per trasferire
macro molecole e utilizza tre unità proteiche per costruite questo sistema di traslocazione: TAT A,
TAT B e TAT C e serve per le macro molecole del tipo 5. li vedremo in dettaglio.
Tipo 1: è un sistema di traslocazione mono step, quindi è una struttura che ha tre domini che vanno
dal citoplasma all’esterno e serve a trasportare delle proteasi all’esterno della cellula batterica, per
esempio le proteasi di erwinia crisantemi noto agente di marciume molli, patogeno degradativi
necrotrofico e necrogenico, diversi peptidi e glucani e lipo oligo saccaridi che sono molecole
segnale che i rizomi usano per la modulazione e per il riconoscimento, trasportano delle metallo
proteasi e il tipo 1 non è molto comune, in molti batterti non è stato descritto a differenza del tipo 2
che è ubiquitario, il sistema secretorio di tipo 2 è bi step quindi abbiamo una traslocazione dal
citoplasma al periplasma e dal periplasma verso l’ambiente esterno, per quanto riguarda i nostri
sistemi di patologia vegetale sono coinvolti nel trasporto di enzimi idrolitici come le pectato liasi
che vanno a degradare la parete primaria del tessuto vegetale quindi anche qui abbiamo agenti
necrotrofi, a volte la secrezione in questo caso può essere specie specifica mentre nel primo caso no,
quindi serve un segnale specifico per attivare l’esportazione, poi abbiamo il sistema + interessante
che è il tipo 3, è interessante perché è il sistema coinvolto nel trasporto dei fattori di virulenza,
quando parliamo di interazione gene per gene cioè geni R delle piante e geni avr dei batteri questo è
il sistema che porta fuori le molecole segnale, abbiamo un sistema che è fortemente analogo in
classi di patogeni che sono distanti tra loro, quindi ci viene da dire che il sistema è lo stesso, le
proteine sono le stesse, ma quello che viene asportato è diverso, le arpine di erwinia amilovora sono
ben diverse dai fattori di virulenza che può produrre una iersinia, una scighella o qualche altro
batterio e il sistema di trasporto di tipo 3 è coinvolto nella patogenecità, se noi andiamo a
modificare la sintesi di una o poche subunità di questa struttura abbiamo la perdita passale o totale
di patogenecità del nostro patogeno, i batteri ve ne cito alcuni: biotrofici necrogenici: raostona,
erwinia amilovora, tutto il sistema sotto cluster geni HRP, HRP o loro geni omologhi, sono tutti
clasterizzati e formano le cosiddette patogenesi islands. È importante avere queste patogenesi
islands perché qui possiamo lavorare, un’altra cosa di queste isole di patogenecità: è possibile il
trasferimento orizzontale di questi fattori di patogenecità, quindi il fatto che patogeni che
appartengano a mondi diversi condividano delle isole di patogenecità è indice di trasferimento
orizzontale e altro fatto fondamentale il sistema di secrezione di tipo 3 è attivato dopo il contatto
cellulare, dopo l’inoculazione, non è pronto, deve essere attivato completamente, ci deve essere un
contatto per l’attivazione e/o dei segnali e il primo segnale, per quanto riguarda i cluster genici HRP
ci sono almeno 2 isole di patogenecità, una è attivata da stress osmotico e vuol dire che il batterio sa
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che da un ambiente esterno è arrivato ad esempio in una camera sotto stomatica, stress osmotico
prima attivazione di un frammento, poi se c’è l’altro segnale quello della pianta allora inizia la
costruzione del sistema di secrezione di tipo 3 *** che porterà all’introduzione dei fattori di
virulenza direttamente all’interno della cellula vegetale, ecco un’altra differenza perché il sistema 3
non butta le molecole fuori nell’ambiente che non servirebbero a nulla, ma le trasferisce all’interno
della cellula vegetale e come molecole sono quelle che devono interagire con vie biosintetiche nel
citoplasma della cellula vegetale, è chiaro che le proteine avr devono essere mandate dentro alla
cellula vegetale dove i ci sono i geni R. poi abbiamo il sistema di secrezione di tipo 4 e anche
questo lo vedremo in dettaglio perché è il sistema associato al trasferimento di macro molecole
come il t-dna dell’agro batterio e questo apparato è quello che ci permette di trasferire delle
sequenze nucleotidiche dal batterio all’interno della cellula ospite, poi il tipo 4 serve al rilascio di
complessi dna-proteine nell’ambiente, serve all’ingresso di dna all’interno della cellula batterica o
alla traslocazione di vettori. Questo apparato di secrezione era quello che in origine permetteva la
coniugazione di frammenti di dna, la cosa incredibile è che è l’unico sistema conosciuto di
trasferimento di materiale genetico da regno a regno, non si conoscono altri casi, u batterio
trasferisce una parte del suo dna all’interno della cellula vegetale, lo trasferisce ed è attivo, questo è
importante perché grazie e questo sistema noi riusciamo a produrre piante transgeniche, è uno dei
modi per inserire quello che vogliamo all’interno dell’ospite che vogliamo, poi il tipo 5 è l’ultimo,
ci sono pochi articoli a riguardo tutti del 2005 o del 2006, sono i cosiddetti auto trasportatori, sono
ancora poco studiati perché sono stati visti di recenti, questo sistema di secrezione serve per
traslocare in 2 step macro fattori di virulenza così come sono, sono in conformazione attiva, quindi
in struttura quaternaria, questa struttura è strettamente mantenuta da ciaperonine, sempre
accompagnata da ciaperonine ed è un sistema di traslocazione che permette anche l’uscita di grosse
strutture.
Vediamo di analizzare nel dettaglio i sistemi di secrezione: sistemi di secrezione di tipo 1: sistema
che è sempre presente, non va costruito al momento ad hoc nelle cellula batteriche ed è un sistema
di trasferimento con uno step solo, citoplasma verso l’esterno e utilizzo quello che gli inglesi
chiamano esportatori ABC, atp binding cassette, una scatola che è inserita ai domini che vanno dal
citoplasma fino la membrana esterna, gli ABC è una super famiglia di proteine esportatrici, sono
diverse a seconda delle specie e dei generi, funzionano allo stesso modo, consistono in 2 domini di
membrana, la membrana interna e formano canali, c’è la membrana interna e la membrana esterna,
sono proteine canale, 2 domini citoplasmatici e sono quelli che forniscono energia, gli energizer,
legano atp, e poi abbiamo 2 proteine ausiliarie che sono i fattori periplasmici, sono quelli che si
legano alla proteina della membrana esterna, al loco AMF. Abbiamo visto che la parete batterica dei
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gram + è diversa di quella dei gram -, nei gram – abbiamo 3 domini, nel caso dei gram + ne
abbiamo 2, manca la membrana esterna, la ABC cassette ha un dominio di membrana poi ha una
parte che è una parte di riconoscimento (nucleotide binding), quindi quando la sintesi di questi
fattori avviene sempre in prossimità della membrana citoplasmatica, viene avvertita da questi
sensori, si attiva una adpasi e si apre il canale. Quando si attiva il sensore l’informazione passa
attraverso la proteina ausiliaria alla proteina esterna che apre, il sistema funziona in questo modo sia
nei gram + che nei gram -.
Tipo 2: 2 step, quindi è un trasferimento di molecole in 2 momenti diversi con il passaggio
periplasmatico, e utilizza il sistema SEC, questo gruppo di proteine che costruisce ed energizza il
mio sistema di trasporto ed è presente in tutti gli organismi viventi, esiste anche una modalità TAT
ma è presente i un numero limitato di procarioti, il sistema SEC è quello in assoluto + importante
(l’unico in cui prestare attenzione) perché fa parte del sistema generale, il sistema SEC è un sistema
formato da numerose subunità proteiche,. Viene costruito da queste subunità proteiche, per esempio
le + importante sono le SEC-Y che sono dei segmenti alfa elicali trans membrana che è quella che
forma il canale di traslocazione, poi abbiamo 2 piccole proteine integrali di membrana SEC-E e
SEC-C che formano il vero e proprio complesso di trasferimento, SEC-Y e SEC-C è il complesso +
comune di tutti i procarioti, per esempio la traslocasi di E. Coli è formato da SEC-Y e SEC-C +
l’atpasi. Poi ne abbiamo altri, abbiamo SEC-B, abbiamo una ciaperonia che riconosce il peptide
segnale ammino terminale, in questo sistema quando si esprime il primo si esprimono tutti gli altri e
l’espressione dell’atpasi e degli energizzati. Come si vede abbiamo queste 2 strutture: una nella
membrana interna collegata a dei domini citoplasmici, una struttura tipo canale della membrana
esterna e dei sensori per il trasferimento delle molecole verso l’esterno, il tutto energizzato da una
atpasi. Questa è una rappresentazione che indica l’importanza che hanno le ciaperonine che sono
queste C che convogliano le strutture proteiche riconosciute verso le uscite preferenziali, quindi
sistema secretorio questo di tipo 2 come quello di tipo 3 può essere collegato anche alle timbrie o ai
pili presenti sulla superficie della cellula batterica, quindi queste ciaperonine portano le subunità
che vanno a formare il pilo dove non è costruito poi quando è costruito altre ciaperonine portano la
molecola, il fattore da traslocare dove è già stato costruito il primo, c’è un riconoscimento, e qui
abbiamo il complesso SEC-Y e SEC-C nella membrana interna. Qui abbiamo delle foto: il pilo di
tipo P in E. Coli, tipo I.
Sistema di tipo 3: sistema sec indipendente ed è un sistema che è stato meso a punto in batteri per il
trasferimento di fattori di virulenza dal patogeno al citosol della cellula eucariotica, è un sistema che
è stato descritto in numero si batteri compresi i batteri di interesse clinico come iersinia, la
salmonella è formato da almeno 25/27 proteine, è un sistema che è associato alla membrana
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interna, esterna del batterio e va a concludersi all’interno della cellula della pianta ospite, questo
perché questi fattori di patogenicità, di virulenza una volta che vengono traslocati all’interno della
cellula vegetale vanno poi ad interferire con i normali processai cellulari dell’ospite, per esempio le
famose proteina AVR prodotta da geni di avirulenza vanno ad interagire con possibili proteine
prodotte dai geni R di resistenza all’interno del citosol della cellula vegetale confermando quella
che è l’interazione gene per gene, vi ricordate che i sistemi di topo 1 e di tipo 2 per esempio vanno a
traslocare degli effettori, delle proteine, degli enzimi però all’esterna della cellula batterica,
nell’ambiente, questa va proprio all’interno della cellula vegetale. Sono presenti nel sistema di tipo
3 anche delle ciaperonine strutturalmente conservate,ciaperonine che si trovano all’interno del
citosol del batterio e come quelle degli altri sistemi, queste ciaperonine servono per prevenire
l’interazione, mantenere la struttura e riconoscere i prodotti dei geni per esempio AVR, quelli che
devono essere traslocati tramite sequenze caratterizzati ed accompagnare queste sostanze verso il
sistema di secrezione. Una cosa molto particolare è che questi geni che codificano tutto questo
complesso di secrezione, di traslocazione sono clasterizzati e vuol dire che non abbiamo geni
distribuiti + o – uniformemente, ma sono geni che si trovano uno di seguito all’altro in frammenti
che si trovano sul cromosoma, oppure molto spesso frammenti, operon che si trovano nei plasmidi,
questa è un’altra caratteristica del sistema di tipo 3, la presenza di geni codificati su plasmidi,
questo è indice di probabile acquisizione orizzontale durante l’evoluzione, ecco forse spiegato
almeno in parte perché si trovano questi cluster su dei patogeni che sono completamente diversi
come iersinia, salmonella o erwinia amilovora, pseudomonas siringe, patogeni delle piante, per
quanto riguarda l’espressione di questi geni sono regolati in stimoli ambientali che derivano o
dall’ambiente inteso come potenziale redox, H, ossigeno, ph oppure regolati dalla presenza di
particolari molecole vegetali, segnali vegetali.
Funzione dell’apparato di secrezione di tipo 3 nei batteri: innanzitutto assemblaggio del pilo per la
iniezione dei fattori di patogenecità, è una vera e propria iniezione, quindi la prima cosa che deve
fare, i primi geni che devono essere costitutivi, devono essere espressi saranno quelli che andranno
a costruire questo iniettore all’interno della cellula vegetale, poi una seconda funzione è la
traslocazione delle arpine, le aprine sono il prodotto dei geni HRP, molecole legate alla
patogenecità, traslocazione delle proteine AVR, quindi espressione di questi geni di avirulenza che
poi troveranno corrispondenza con i geni R delle piante ed eventualmente traslocazione di altre
sostanze a carattere enzimatico in qualche modo coinvolte nella patogenecità, tutte queste funzione
sono da legarsi al potere patogeno o patogenica del nostro batterio. Questa è l’immagine del sistema
secretorio di tipo 3: vediamo il citoplasma del batterio, la membrana interna, la membrana esterna,
qui abbiamo la parete batterica, la parete cellulare e il plasmalemma della cellula vegetale, quindi
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tutta questa struttura viene costruita al momento dell’interazione, nei primi minuti fino a 90 minuti
dopo l’interazione e per quanto riguarda gli effettori che sono queste molecole o polipeptidi di
patogenicità che vanno ad interferire con il metabolismo della cellula vegetale e la presenza
all’interno del citoplasma batterico di ciaperonine che accompagnano e proteggono gli effettori
nella loro struttura, che cosa assomiglia il sistema secretorio di tipo 3? Assomiglia a un flagello, in
effetti la parte basale ha altissima omologia con quelle strutture che vanno a costruire il flagello, la
parte basale è una parte che è presente in tutti i batteri, lungo la linea evolutiva alcuni batteri
patogeni hanno poi sviluppato la possibilità di costruire l’altra parte, come viene costruito il pilo?
Questo qua è un canale, queste sono proteine di membrana che vengono prodotte molto prima che
venga prodotto questo canale, una volta che è pronta la base del pilo o del flagello, questa va a
conformarsi nel modo corretto e da questa parte si apre un poro e fuoriescono unità proteiche che
vanno a costruire lentamente questo tubo, quindi ci sono vari geni HRP che vanno a sintetizzare
delle proteine che vanno poi a costruire il tubo fin verso la cellula batterica e ad entrare nella cellula
vegetale, come fa a passare la parete vegetale o la parete batterica? Passa semplicemente andandosi
ad incastrare, non è una cosa diritta tipo cannone, lo spessore è compatibile con la struttura
tridimensionale della parete, semplicemente passa attraverso questi anfratti della parete, la parte
enzimatica è rappresentata da alfa eliche. Il primo esempio è quello di iersinia, il primo esempio
studiato 15/20 anni, poi continuando nella patologia clinica scighella, salmonella Escherichia, poi
l’attenzione si è rivolta verso patogeni vegetali come amilovora, pseudomonas siringe e si è visto
che hanno altissima omologia.
Sistema HRP: è uno dei sistemi principe nelle reazioni di patogenicità, HRP è un acronimo e sta per
hipersensitive resoponce and patogenicity, è un cluster genico coinvolto solamente nell’interazione
ospite-patogeno e questa cluster è quello responsabile della reazione iper sensitiva nei rapporti
incompatibili ed è responsabile della patogenecità della malattia dello sviluppo dei sintomi delle
interazioni compatibili, si conosce da 20 anni circa scoperto per mutazione trasposonica tanto che i
mutanti lungo questo cluster HRP non producono HR, non producono reazione di iper sensibilità e
non producono malattia, mentre se noi prendiamo il cluster HRP e lo cloniamo questo stimola la
reazione nelle piante, prendiamo per esempio pseudomonas fluorescens, un saprofita, prendiamo
anche E.Coli e cloniamo alcuni geni HRP e notiamo che acquisisce la possibilità di provocare HR
in tabacco oppure stimolare alcune reazioni collegabili ad una malattia delle piante, noi possiamo
differenziare lungo questo cluster dei geni che si chiamano HRP gene (gin) HRP-A, HRP-B etc, ma
di recente alcuni sono stati rinominati HRC perché sono geni altamente conservati e presenti in
quasi tutti i batteri gram negativi, quindi HRP e HRC sono la stessa cosa con diversa
denominazione, altamente conservati e geni presenti nei diversi gram – però con delle omologie.
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Il prodotto di alcuni geni HRP sono proteine analoghe alle flagelline, questi lunghi cluster genici
possono codificare sia per i fattori di virulenza veri e propri, ma soprattutto iniziano a costruire il
pilo, il sistema di secrezione e questo è uno dei motivi per cui questi geni sono clasterizzati, proprio
perché devono essere espressi uno di seguito all’altro per la costruzione e la traslocazione di questi
fattori di patogenecità. Qui vediamo questi cluster genici, 2 esempi: xantomonas campestris patovar
essicatoria l’agente della maculatura batterica del pomodoro e pseudomonas siringe patovar tomato
che è l’agente della macchiettatura batterica del pomodoro, sono 2 patogeni del pomodoro, sono
pseudomonadaceae e vediamo come sono costruiti questi cluster genici: abbiamo la direzione della
trascrizione e abbiamo quelli che vengono chiamati PIT-BOXES che sono i plant induced
promoters che sono i promotori sensibili alle molecole segnale della pianta, come vedete questo
sotto de totano sono 27 geni, abbiamo 7 operon in questo cluster genico, poi abbiamo il trasposone,
degli open riding freims etc.
Le arpine sono prodotte da alcuni geni HRP, in genere l’HRP A che è il primo che viene espresso,
in genere l’HRP A è quello che fa da sensore degli ambienti esterni e iniziando questa sezione viene
seguita tutta la trascrizione degli altri operons, le arpine sono prodotte da alcuni di questi geni e
sono i cosiddetti effettori o elicitori, le arpine non sono specifiche, non sono in grado di riconoscere
una interazione varietà-ospite, come caratteristica biochimica sono ricche di glicina, non hanno
cisteina e sono termo stabili, le arpine una volta che abbiamo estratto e purificato dei batteri
possiamo produrle anche in vitro, se le inoculiamo nelle pianti in massicce dosi questa arpine
provocano la reazione di ipersensibilità anche senza batteri, da qui un paio di industrie hanno
iniziato a produrre arpine sintetiche e modulando il dosaggio queste arpine sintetiche sono
mediatori messaggeri di resistenza, uno dei prodotti si chiama ‘’Messenger’’ che è un prodotto
messo a punto negli Stati Uniti che viene usato per la lotta al colpo di fuoco batterico, non sono
altro che arpine purificate da spruzzare sulla pianta, hanno un dosaggio idoneo per non bruciare la
pianta e non farla iper reagire, ma la fa reagire in modo tale che quando il batterio penetra
all’interno dell’ospite la pianta ha già attivato i meccanismi di resistenza. Queste arpine sono una
classe di composti che vengono riconosciute per la secrezione in 2 modi: o attraverso il segnale che
è contenuto nei primi 10 ‘’operoni’’della proteina oppure attraverso una interazione con una
ciaperonina citoplasmatica per il trasporto verso l’esterno.
Regolazione dell’espressione genica (sempre per quanto riguarda geni HRP, questi cluster genici),
innanzitutto non c’è specificità che possiamo riconoscere nell’ipotesi gene per gene: geni di
avirulenza avr con i geni R quindi non c’è corrispondenza e quindi il range delle piante ospiti, della
specificità non deriva dalla capacità del patogeno di costruire il sistema secretorio, un patogeno
costruisce sempre un sistema secretorio quando sente di essere in un probabile ospite idoneo, la non
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specificità deriva dalla natura dell’effettore, dalla natura dell’arpina,. Quindi se il batterio si trova
nell’ospite giusto ha un elicitore, ha un arpina in grado di modificare la fisiologia della cellula
vegetale e indurre malattia altrimenti questa arpina non provoca nulla, provocherà la morte della
cellula immediata e il blocco dell’infezione. Un’altra caratteristiche che serve per produrre le arpine
in laboratorio è che se i batteri stanno bene, se si trovano su substrato ricco di nutrienti non
producono arpine, quando noi prendiamo un batterio es. erwinia amilovora e lo mettiamo su
substrato ipo osmotico, noi li chiamiamo mezzi di coltura MM (minimol medium), se lo mettiamo
in condizione di fame, questo batterio comincia a produrre arpine perché lo stress del minimal
medium, quando un batterio entra e trova una camera sotto stomatica da mangiare c’è poco e allora
il batterio con dei sensori ambientali che vedremo adesso capisce di essere nel posto giusto e nel
momento giusto e inizia a produrre fattori di virulenza, quindi finchè sta troppo bene non produce
niente, quando entra in stress lui pensa di essere dentro alla camera sotto stomatica o all’interno di
qualche tessuto vegetale, per questo inizia a produrre arpine in modo non specifico, inizia a
produrre arpine anche se sente dei segnali vegetali, molecole vegetali, frammenti di parete vegetale
e probabilmente questa arpine non produrranno a nulla perché questa pianta ospite non è quella
giusta, poi carenza di idrogeno è un altro dei motivi, poi contatto della cellula dell’ospite, esistono 2
modalità che i batteri seguono, io ho descritto 2 modelli: modelli raustona solanacearum che è un
batterio che vive nella rizosfera, terricolo, e modello erwinia amilovora o pseudomonas siringe che
sono 2 batteri che vivono in fase epifita, i 2 modelli uno si basa sulla presenza di un recettore, di un
fattore che viene chiamato PRHA che è un recettore omologo ai recettori sideropori, è un fattore in
grado di recepire delle molecole vegetali esterne e un recettore che inizia l’induzione di una attività
sintetica non ospite-specifica, il modello invece erwinia amilovora o pseudomonas siringe anche
questo ha la proteina sensore, ovviamente devono conoscere cosa c’è all’esterno, mentre il fattore
PRHA ha la necessità di collegarsi con una molecola di chimica e conformazione idonea, la
proteina sensore HRPBX prodotta da uno dei geni del cluster HRP ha un dominio PASS N
terminale, è il solito dominio istidina chinasi quindi sistema 2 componenti, di traslocazione del
segnale, i domini PASS che cosa sono? Quei domini presenti ovunque, anche nell’uomo, che sono
sensibili a tutte le variazioni esterne come il ritmo circadiano, il solito ph che varia, qualsiasi stress
e questo vuol dire che nel modello erwinia amilovora o pseudomonas siringe non serve che ci sia
una molecola vegetale che arrivi e che tocchi e che venga riconosciuta, ma semplicemente serve
uno stimolo che può essere bio fisico o fisico, questo è importante perché basso livello di carbonio,
basso ph, bassa T, potenziale redox cambiato sono sufficienti anche in assenza di un segnale
vegetale per attivare la trascrizione dei geni HRP, iniziare la costruzione del sistema di secrezione e
questa è anche una cosa molto interessante perché come vedete ci sono tantissime analogie tra
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interazioni batteri-piante, interazioni uomo-animali etc. qui ci sono i 2 sistemi, qui abbiamo quello
di raustona solanacearum quindi PRH-A, questa proteina che è omologa a uno xidroforo che deve
sentire una molecola di origine vegetale, un contatto, è importante un contatto per arrivare alla
trascrizione dei geni presenti sul cluster, mentre nel caso di erwinia amilovora o pseudomonas
siringe voi vedete questo sensore a 2 componenti, si trova in ogni caso collegato membrana interna
citoplasma ed è sensibile ai fattori ambientali, va poi ad attivare la trascrizione dei geni HRP senza
contatto. Schematizzando: è un modello di interazione del cluster HRP, qui abbiamo il citoplasma
della cellula batterica, la membrana interna, lo spazio periplasmatico del batterio, la membrana
esterna, la parete vegetale, il plasmalemma vegetale, il nucleo e la parte interna della cellula, qui in
A vedete uno stimolo ambientale che va ad attivare e viene sentito dalla proteina a 2 componenti e
va ad attivare la trascrizione tramite l’HRP-X, a questo punto il prodotto di questi geni che si trova
all’interno del citoplasma, sono diversi prodotti, vengono utilizzati in parte per costruire il pilo e in
parte sono effettori, fattori di patogenecità che vengono iniettati all’interno della pianta, se la pianta
non è in grado di riconoscere questi fattori non fa in pratica nulla e questi fattori vanno ad ammalare
la cellula, alcuni vanno nel nucleo, altri rimangono fuori etc. vediamo ancora + in dettaglio in
questo modello: qui abbiamo il prodotto di un batterio che attraverso il sistema secretorio di tipo 3
arriva all’interno della cellula vegetale, è xantomonas campestris, è una proteina AVR-DS3,
all’interno della cellula vegetale incontra quella che si chiama importina che è una piccola proteina
a 2 componenti che non fa altro che portare questo segnale all’interno del nucleo, questo prodotto è
il prodotto di un gene AVR, quindi vale in questo caso l’hp gene per gene, se questo prodotto viene
riconosciuto da un gene R abbiamo la reazione di difesa, se non è presente un gene R in questa
cultivart, in questa varietà la nostra proteina inizierà ad interagire con i cicli biosintetici della cellula
portando alla malattia, in pratica il primo segnale che in questo caso è la malattia è una alterata
distensione cellulare, la cellula si ingrossa, quindi l’interazione metabolica porta a un ingrossamento
della cellula e alla sua morte infatti il sintomo della malattia sono delle ticchiettature necrotiche, le
cellule ad una a una necrotizzano, volevo solo dire questo perchè se la proteina non viene bloccata
dalla corrispondente proteina codificata in un gene R, quindi in una interazione proteina-proteina
che blocca questo fattore di virulenza e lo annulla, questo fattore non viene riconosciuto e modifica
la fisiologia vegetale alterandone la distensione, vuol dire che la parete cellulare si allenta, vengono
interposte nuove fibrille, si ingrossa la cellula in modo abnorme fino al collasso e morte della
cellula, una cellula dopo l’altra questa morte porterà visivamente al comparire di una ticchiettatura
necrotica.
Ruolo dei plasmidi: i plasmidi sono dna extra cromosomiale, sono frammenti, per quanto riguarda i
batteri fito patogeni abbiamo un classico mega plasmide 2.100 kb di raustona solanacearum
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circolare, ma di solito sono molto + piccoli, possono andare da 140/150 a 300/400 kb che è la
dimensione normale di un plasmide, la cosa interessante è che questi plasmidi sono ereditabili,
quindi durante il processo di scissione il plasmide non è che rimane da una parte o dall’altra, ma
anche quello fa parte del materiale che viene condiviso nelle linee cellulari figlie, la cosa
interessante è che i plasmidi possono essere trasferiti da ceppo a ceppo, da specie a specie o anche
da genere a genere, i plasmidi non hanno un ruolo di mantenimento di momenti essenziali della vita
del batterio, contengono dei caratteri accessori o di adattamento, però hanno un grande significato
nella patogenecità, i batteri fito patogeni se non sono a contatto con la pianta ospite non è che
muoiono, sopravvivono e aspettano tempi migliori, quindi anche nel caso di batteri fito patogeni
questi caratteri non sono essenziali, sono caratteri di adattamento e per quanto riguarda i geni
contenuti nei plasmidi io ho indicato i geni AVR, geni per biosintesi di ormoni, geni per le tossine,
geni di patogenecità, geni di resistenza al rane e agli antibiotici e ad altri prodotti anti batterici usati
nella lotta chimica, in microbiologia probabilmente avete parlato del pericolo che c’è durante le
terapie antibiotiche o durante il trattamento di animali con antibiotici, del rischi di acquisire delle
resistenze ad antibiotici, è stato già documentato anche in patologia vegetale che l’acquisizione di
una resistenza al rame da parte di erwinia amilovora ed è un carattere presente su un plasmide, può
far si ed è stato dimostrato circa 20 anni fa che questo carattere sul plasmide venga trasferito da
erwinia amilovora ad E. Coli, stessa famiglia, ma diversa specie e diverso genere, E. coli fa parte
del nostra apparato digerente, quindi può essere anche un patogeno ad interesse clinico, quindi il
trasferimento di questo carattere di resistenza su un plasmidio può creare anche problemi clinici,
certamente causa problemi in patologia vegetale, questo è uno dei motivi per cui non si possono
usare antibiotici, non tanto per i tempi di carenza che sono abbastanza ravvicinati, il problema è
l’insorgenza delle resistenza e il trasferimento di queste resistenze nei sistemi clinici, antibiotici che
possono essere usati in patologia vegetale, in alcuni paesi li usano e sono la tobra micina, testo
micina, casuda micina, sono antibiotici di uso clinico. Vediamo alcuni gene presenti sul plasmide:
ho citato 5 patogeni vegetali: pseudomonas siringe, ci sono dei geni di avirulenza AVR-B, AVR-
TBHF, ci sono geni HRP, geni per la biosintesi della curomatina che è una tossina ampiamente
prodotta da diverse patovar di pseudomonas siringe e geni per la resistenza al rame, pseudomonas
tavastanoi che è l’agente della rogna dell’olivo, queste deformazioni iper trofiche, presenta geni per
la biosintesi delle citochine e dell’acido indolacetico che sono sostanze che fanno proliferare questi
tessuti; pseudomonas campestris: geni di avirulenza; raustona solanacearum ha geni HRP, e
agrobacterium tumefacens che vedremo ha il t-dna, quindi la sequenza tumorigena e i geni VIR che
servono per la costruzione del sistema di secrezione e il trasferimento del frammento tumorigeno, è
tutto sul plasmidio questo qua. 66
CUORUM SENSING: il quorum sensing è una delle cose + belle e appassionanti della
batteriologia, il quorum sensing è un sistema di comunicazione tra batteri, i batteri comunicano tra
di loro ampiamente e devono sapere quando e come regolare l’espressione dei loro geni, un batterio
non è un individuo isolato dagli altri, è un individuo che ha sempre la percezione di ciò che accade
intorno, perché questo? Perché il batterio quando si moltiplica forma micro o macro colonie, una
cellula batterica addossata alla cellula vegetale chiaramente sente l’ambiente, ma quando abbiamo
una micro o macro colonia le cellule + interne, quelle che non sono a contatto con la cellula
vegetale o non sono a contatto con l’ambiente esterno coma fanno a capire dove sono e cosa sta
succedendo lì fuori? Attraverso il quorum sensing, quindi l’attivazione del quorum sensing in una
cellula o poche cellule permette a tutte le altre cellule di capire che cosa sta succedendo e iniziare o
regolare l’espressione di particolari geni, esattamente quelli che sono necessari in quella situazione.
Esistono delle differenze tra il quorum sensing nei gram + e nei gram -, il quorum sensing nei gram
– è dato da segnali molecolari diffusibili, quindi una o poche cellule producono un segnale
molecolare che è una piccola molecola, un lattone che è facilmente diffusibile all’esterno o
all’interno di altre cellule. Quindi è un auto induttore perché viene recepito e una volta recepito la
cellula vicina sa in che situazione si trova, sa che cosa deve esprimere, sa cosa deve modulare,
questi auto induttori appartengono a una famiglia chiamata acil homoserinsa lattone (AHL), nei
gram + non c’è una AHL ma c’è un oligo peptide, una piccola sequenza aminoacidica che viene
secreta attraverso il famoso sistema ABC della famosa atp binding cassette, piccola molecola che
può uscire ed entrare dalle cellule batteriche e serve anche questo per attivare, modulare e
modificare il sistema di espressione dei geni, mentre l’ acil homoserinsa lattone può passare dentro
e fuori dalle cellule batteriche, l’oligo peptide deve utilizzare un sistema di trasduzione e anche qui
istidina-chinasico come quello precedente, qui c’è lo schema: segnale primario nei gram -, quindi
acil homoserinsa lattone che attiva 2 geni presenti nel cluster HRP che a sua volta attiva un HRP L
che è un fattore sigma e a questo punto viene attivato tutto il cluster HRP e/o AVR, esiste anche un
sistema di repressione, quando viene attivato? Esiste una soglia, al di sopra della soglia di
concentrazione dell’ acil homoserinsa lattone si attiva la trascrizione, al di sotto di una certa soglia
niente, c’è un effetto soglia. Il fattore sigma è il fattore che implica la trascrizione dell’mrna.
Introduciamo un’altra cosa che è quella del BIOFILM: un biofilm è un ambiente che costruiscono i
batteri, una patina, i batteri quando si trovano in una nicchia, per esempio si trovano in una
nervatura di una foglia, alcuni batteri si possono trovare su una depressione, su una questa nervatura
aspettando condizioni idonee per moltiplicarsi ed entrare, nella camera sotto stomatica micro
colonie possono trovarsi, di norma sia nella parte epifita che nella parte endofita questi batteri sono
avvolti da un biofilm che è formato da polisaccaridi che il batterio produce, il biofilm ha diverse
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funzioni e la prima è quella di proteggere la cellula batterica, creare una nicchia ad elevata umidità,
il biofilm è quell’ambiente in cui i nostri segnali possono diffondere, una cellula di un batterio
messo sul tessuto con una vicina e l’altra vicina non possono comunicare tra di loro se non c’è un
mezzo idoneo per la diffusione del segnale, ecco quindi che le micro colonie esterne od interne
formano questi biofilm polisaccaridici e all’interno di questi biofilm c’è la possibilità di trasmettere
segnali e diffonderli uniformemente. Qui in questa micro colonia abbiamo probabilmente 2 o 3
cellule che sono a contatto con la cellula vegetale, queste cellule sentono di essere nell’ospite giusto
al momento giusto e iniziano a moltiplicarsi, ma aumentano anche la produzione di omoserinsa
lattone che diffonde in tutta la colonia e attiva tutte le altre anche, quindi non solo quelle vicino, a
contatto con la cellula vegetale iniziano a moltiplicarsi e a costruire in sistema secretorio di tipo 3,
ma anche tutte le altre, c’è un motivo funzionale per questo: abbiamo detto che nelle relazione
ospite-patogeno vince il + furbo in genere, se solamente 3-4 batteri attivassero il sistema di
secrezione di tipo 3 producendo una molecola di patogenecità probabilmente queste molecole, per
esempio enzimi non sono sufficienti per indurre la malattia, sono ad una concentrazione sub soglia,
a questa concentrazione questa pianta facilmente riesce a bloccare queste molecole, è noto che
erwinia carotovora agente di marciumi molli deve produrre una qnt di enzimi al di sopra di una
certa soglia per distruggere il tessuto vegetale, al di sotto di una certa soglia questi enzimi non
servono altro che ad attivare le difese della pianta che a loro volta uccidono i batteri, quindi poco
enzima vince la pianta, molto enzima vince il batterio, ecco che il sistema di comunicazione del
quorum sensing serve per produrre in massa molecole di patogenecità per abbattere tutele difese
della pianta e sul quorum sensing ci sono i + avanzati studi di lotta alle batteriosi, vuol dire che noi
riusciamo a modificare il tessuto vegetale inducendo l’annullamento del quorum sensing, questo è
possibile modificando le piante e far si che venga annullato il meccanismo del quorum sensing, per
esempio produrre piante con una elevata produzione di enzimi che degradano i polisaccaridi dei
biofilm, oppure piante che hanno nei loro stati periplasmatici delle sostante che legano gli AHL e
non le rendono disponibili. Qui è una rappresentazione del quorum sensing nei 2 casi: nel caso
superiore abbiamo un gram -, sotto abbiamo un gram + quindi l’attivatore è LUXL, questo
attivatore trascrizionale, il solito dimero che possiede i soliti 2 domini di membrana, i 2 domini N
terminali che lega gli AHL e quell’altro che lega il dna dominio carbonio terminale e abbiamo LUX
I che è una sintetasi che produce AHL, questo lattone che possono passare dentro e fuori alla
cellula batterica, questo è il gram + dove è necessaria da un lato la produzione di un peptide
precursore che viene traslocato al di fuori della cellula batterica e diffondendosi anche qua nel
nucleo film può avvenire recepito da un sensore, il solito sensore a 2 componenti, un sensore di
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quorum sensing, una volta trasportato dentro si attiva la repressione del gene target, in un caso
(primo) abbiamo degli auto induttori e in questo caso abbiamo dei polipeptidi.
Per finire i fattori sigma: i fattori sigma sono sempre importanti perché sono proteine di diverse
classi, sono piccole proteine a basso peso molecolare che sono nel citoplasma, sono quelle proteine
indispensabili per iniziare la trascrizione, sono i regolatori della trascrizione, altrimenti non si
capirebbe + niente di cosa deve essere trascritto o -, quindi la regolazione dei batteri si basa sulla
presenza di questi fattori, di queste proteine, quindi sono indispensabili per l’ecologia batterica,
esistono veramente molte famiglie di fattori sigma perché esistono molti casi in cui la cellula
batterica può trovarsi, molte necessità di adattamento all’ambiente, con + fattori sigma la cellula
batterica ha con meglio riesce a iniziare e a regolare la trascrizione a seconda di quello che sta
succedendo, questi fattori sigma sono quei fattori che vanno ad associarsi reversibilmente all’rna
polimerasi, quindi sono queste piccole proteine che vanno a cercare, hanno un sito di
riconoscimento di una sequenza e vanno ad associarsi all’rna polimerasi e questo complesso viene
diretto verso un promoter, u promotore di trascrizione. I batteri quindi sintetizzano diversi fattori
sigma, quindi ci sono diverse sequenze consenso su diversi promoter che vengono riconosciuti e
vengono attivati a seconda dei casi. Lo schema è questo: vedete a sinistra il fattore sigma, questa
piccola proteina e a destra l’rna polimerasi e formano un complesso chiamato olo enzima, a seconda
del complesso, della conformazione questi olo enzimi sono in grado di riconoscere particolari
regioni promotrici, avvenuto il riconoscimento si forma un complesso chiuso con fattore sigma, rna
polimerasi e regione promotrice, questo complesso modifica la sua conformazione e il promoter si
apre e inizia e produrre dei piccoli frammenti di rna, quando inizia questa produzione, questo è il
segnale che serve per il distacco per il fattore sigma che è di nuovo disponibile per legare da altre
parti altre rna polimerasi, a questo punto inizia l’allungamento e la trascrizione del vero e proprio
mrna, ricordatevi questo fatto perché lo riprenderemo per il silenziamento genico.
Al momento noi riconosciamo almeno 14 differenti classi di fattori sigma e a seconda della
dimensione abbiamo i fattori sigma 70 e sigma 54, i sigma 70 sono quelli + studiati, voi vedete qui
la struttura, la mappa dei sigma 70 e come vedete ha per esempio delle regioni che si legano al dna,
sono in grado di riconoscere il dna o una regione di dna melting, quelle di riconoscimento quindi
sono fattori in grado di legarsi e riconoscersi a dei promoter specifici. Esistono anche dei fattori anti
sigma ovviamente, perché noi non vogliamo che certe trascrizioni vadano avanti all’infinito, sono
proteine i fattori anti sigma che interagiscono con i fattori sigma, in pratica noi abbiamo sempre
presenti dei complessi sigma-anti sigma che bloccano il riconoscimento delle polimerasi,
chiaramente un segnale che avviene dall’esterno come uno stress osmotico è uno dei segnali che
separa il fattore sigma dagli anti sigma in modo che il fattore sigma possa riconoscere la sua
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polimerasi e iniziare quella che è la trascrizione dell’mrna. I fattori sigma sono sempre
riconvertibili, l’energia che viene usata è veramente bassa perché sono sempre disponibili in forma
complessata o in forma libera e al momento della necessaria trascrizione. E ritornando al discorso
del sistema secretorio di tipo 3 la costruzione del sistema secretorio è anche qui regolata da fattori e
anti fattori sigma, quando iniziare a quando non iniziare e perché, perché una parte della
costruzione del sistema secretorio di tipo 3 è paragonabile alla costruzione del flagello, ma per
evitare che venga costruito il sistema secretorio quando non è indispensabile abbiamo l’uso o il non
uso di fattori sigma.
La variabilità del patogeno caratterizza , per la variabilità del patogeno io intendo sia a livello di
diverse specie, diversi eventi, sia all’interno di una stessa specie o addirittura all’interno di una
stessa patovar se parliamo di batteri o di una stessa forma speciale se parliamo di funghi, questa
variabilità caratterizzano la relazione che può essere + o – drastica nei rispetti della pianta, la pianta
che a sua volta ha delle razze, delle cultivar diverse che sono state selezionate non solo per problemi
di patologia vegetale, ma anche per problemi di qualità del prodotto: mela gialla, mela rossa, mela
arancia, adesso vanno di moda le albicocche arancioni, quindi le caratteristiche del prodotto che il
mercato richiede a volte porta a selezionare il breeding non tenendo il considerazione quella che
può essere la suscettibilità nei rispetti del patogeno, gli ultimi genotipi quelli + appezzati dal
mercato di drupaceae: pesco, susino, albicocco, ciliegio sono molto suscettibili alle batteriosi, un
paio di cultivar sono molto suscettibili a virus, a viroidi perchè questi caratteri di resistenza
orizzontale e verticale non sono stati tenuti in considerazione durante il processo di selezione
genetica, comunque una cosa che avevo già accennato è che la variabilità della specie ospite
influenza quella che è la qnt di malattia, qnt intesa come incidenza per severità, quindi sono
caratteri questi da studiare, a volta quando si vanno a cercare delle resistenze multi geniche, le
classiche resistenze orizzontali, bisogna optare per dare + rilievo all’incidenza e meno alla severità
o viceversa a seconda della epidemiologia della malattia, vi facevo un esempio giallume della vite e
ticchiolatura del melo, quindi se noi andiamo a lavorare come briders sulla vite o sul melo bisogna
utilizzare delle strategie diverse se lavoriamo ovviamente con le resistenze poligeniche, quindi
dobbiamo utilizzare le nostre strategie in base all’incidenza e alla malattia, nel caso della
ticchiolatura devo lavorare sull’incidenza più che sulla severità, in ogni caso dobbiamo arrivare ad
un equilibrio dinamico, siamo sempre di fronte ad una situazione dio equilibrio, quindi il fatto di
andare a rintracciare qualche gene di resistenza ad esempio della patata è importante andare nella
zona di origine della patata (sulle Ande) dei solanum spontanei che potessero avere qualche
carattere che rendesse le patate resistenti nei confronti dei marciumi che è un grosso problema,
anche il ritrovare qualche gene di fenomenale in una specie spontanea e utilizzare questa specie nel
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miglioramento genetico non vuol dire che abbiamo trovato la soluzione ad un problema, ma
abbiamo raggiunto un nuovo equilibrio che può essere di lunga durata o di media durata o
addirittura di breve durata e l’equilibrio nel breve periodo è modulato in funziona dell’ambiente
quindi i fattori ambientali come T e piovosità sono fondamentali per caratterizzare l’interazione di
resistenza o di suscettibilità. Per quanto riguarda le resistenze, che tipi di resistenze noi abbiamo?
L’abbiamo accennato, abbiamo diversi tipi di resistenza, dobbiamo essere consapevoli all’interno di
quale tipo di resistenza noi andiamo ad operare, il primo è quello di non appartenenza al gruppo
tassonomico, non host resistant: la resistenza non ospite, una pianta semplicemente non è ospite,
perché non è ospite? Semplicemente perché il patogeno non ha accesso, la pianta ha delle difese pre
costituite, la pianta sviluppa naturalmente metaboliti che anche se il patogene riesce ad entrare non
riesce a sopravvivere, una serie di condizioni per cui non si può parlare di vera e propria resistenza,
la resistenza non host resistant è una resistenza a livello di genere, di famiglia, di specie, di ordine,
ma non è a livello di singoli genotipi, singole cultivar, si dice che facendo un esempio molto banale,
la peronospora della patata non è patogena del mais, oppure il mais è resistente alla peronospora
della patata in nessuna delle condizioni + favorevoli possibili il mais sarà mai ospite di fitostora
infestans, se noi scendiamo e analizziamo la situazione all’equilibrio a livello di specie come malus
domestica, o vitis vinifera o solanum tuberosum, all’interno di quella specie possiamo avere
resistenza, è una resistenza razza specifica o cultivar specifica e vuol dire che all’interno di una
stessa specie noi abbiamo delle popolazioni che nei confronti di un patogeno selezionato, specifico
sviluppa una malattia, a volte grave, distruttiva, ci sono altre popolazioni che non risentono
dell’influenza di un patogeno, in queste popolazioni un patogeno non si sviluppa, oppure inizia a
svilupparsi, ma per qualche motivo interrompe lo sviluppo e il patogeno viene ucciso, questo tipo di
resistenza è la resistenza mono genica o verticale, quella che si chiama resistenza gene per gene
perché come vedremo per questo tipo di resistenza occorre la presenza di un gene o pochissimi geni
all’interno di questa particolare popolazione dell’ospite e in corrispondenza esiste un gene o un
piccolo cluster all’interno del patogeno, quindi c’è un colloquio tra prodotti genici che sono uno
fatto per l’altro, in questa fato abbiamo una brassica dove abbiamo un genotipo suscettibile al
mosaico turmo virus e una specie resistente, non c’è un intermedio, in questo caso abbiamo un gene
di resistenza e un gene di avirulenza, abbiamo la presenza in questo caso di pochi geni, nel caso del
pomodoro, questi sono i sintomi (nel lucido) di tomato spotted with virus che è una delle malattie +
gravi del pomodoro, sulla bacca abbiamo queste decolorazioni che porteranno a una degenerazione
del tessuto, marciumi, spaccature e sulla foglia abbiamo accartocciamenti, molto rugosa, non ha
clorosi molto pronunciata perché prima ancora di diventare clorotica necrotizza, è una malattia
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marcorivi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie per la difesa delle piante e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Modena e Reggio Emilia - Unimore o del prof Stefani Emilio.
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