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TEST IN VIVO

Ci sono in merito ai test in vivo due scuole di pensiero. Le due scuole di pensiero si differenziano principalmente per

un motivo, cioè che tutto ciò che viene testato sugli animali non è trasferibile come conclusioni sull’uomo.

C’è chi ammette comunque una differenza biologica tra gli uomini e gli animali, quindi testare determinate cose sugli

animali non garantisce che funzionino sull’uomo. Infatti, alla sperimentazione in vivo, segue quella sull’uomo.

I test in vivo hanno lo scopo di andare a vedere se, al di là delle nostre previsioni, un certo materiale è pericoloso.

La differenza con i test in vitro è che i test in vivo vengono fatti sugli animali che sono organismi viventi, con

determinati sistemi di difesa.

La scuola contro sostiene che scartare un dato materiale perché fa male o accettarne uno perché sull’animale non fa

nulla, è assolutamente inutile, controproducente e dannoso.

Le normative prevedono una serie di numerosi e complessi test in vivo anche al fine di tutelare gli animali. Tra quelli

fondamentali abbiamo:

 tossicità sistemica;

 pirogenicità;

 sensibilizzazione;

 irritazione;

 cancerogenicità;

 test d’impianto;

tossicità sistemica : è definita precisamente dalla Iso 10993-11 che prevede dei test per andare a valutare gli effetti

sistemici del materiale, cioè i danni su organi lontani dall’impianto. Vengono valutati gli effetti avversi in funzione

della tossicità secondo una scala di tossicità:

 acuta: sono gli effetti che si manifestano dopo aver fatto un’unica somministrazione o più somministrazioni

ravvicinate nel tempo.

 subacuta: è quella in cui vediamo degli effetti solo se facciamo somministrazioni ripetute in tempi più lunghi,

cosa che come programma facciamo in seguito, cioè se non abbiamo manifestazioni acute;

 sub cronica: viene fatta se non c’è la subacuta, fino ad arrivare a quella cronica;

 cronica: viene somministrata per tempi lunghi a seconda della cavia utilizzata, corrispondente ad almeno il

90% dell’età media stimata della cavia.

La tossicità sistemica prevede due modalità di somministrazione. La prima è quella dell’estratto fluido somministrato

per varie vie: dermica, venosa, intraperitoneale, orale o inalazione. Mentre nel caso dei test in vitro non ci sono molti

ostacoli etici se non le disponibilità finanziare, nel seguente caso incontreremo più problemi. La normativa europea

indica un limite minimo di cavie nell’utilizzo dei test in vivo, ma non obbliga tale limitazione. L’altra somministrazione

è l’impianto di quantità del materiale direttamente nell’organismo a livello: intramuscolare, sub cutaneo e

intraperitoneale.

Pirogenicità : capacità di un materiale di indurre stati febbrili, cioè alterazioni del funzionamento dell’organismo che

si rilevano con la presenza di stati febbrili. La cavia principale nel seguente caso sono i conigli con la rilevazione della

temperatura rettale. La pirogenicità è collegata prevalentemente a tossine provenienti da batteri la cui origine è da

attribuire a qualche processo di lavorazione del materiale, soprattutto se è entrato in contatto con l’acqua la cui

sterilizzazione non è avvenuta correttamente.

Sensibilizzazione: si tratta di reazioni avverse conseguenti ad un’azione ripetuta e prolungata di sostanze rilasciate da

un materiale capaci di interagire con il sistema immunitario, quindi fanno attivare i processi di difesa tipici del

sistema immunitario. I test vengono fatti sui porcellini d’india. Ci sono differenti tipi di test, quello storicamente più

diffuso è il test di Buchler in cui si prende il porcellino, gli si rasa il dorso e poi si mette il materiale(in varie quantità)

direttamente a contatto con la pelle della cavia per 6h al giorno per tre giorni a settimana per tre settimane.

La prima fase equivale ad una fase di attivazione, chiamata anche fase di induzione, la seconda fase è una fase di

apparente riposo, chiamata fase di recupero, in cui il sistema immunitario è stato attivato e prepara le difese.

L’ultima fase è quella di applicazione sulla medesima cavia, osservando la reazione del sistema immunitario

precedentemente attivato. Ciò che si osserva sono parametri medici, come arrossamenti, tumefazioni, stati febbrili

o variazioni comportamentali come epilessia, convulsioni o spossatezza.

Irritazione: è analoga alla sensibilizzazione, solo che si vanno a vedere gli effetti dovuti al contatto con il materiale ,

ma non dovuti dalla conseguenza dell’attivazione del sistema immunitario, cioè il sistema immunitario nel seguente

caso non è coinvolto. Anche nel seguente caso vengono utilizzati i conigli e generalmente viene utilizzato l’estratto

per fare il test di irritazione cutanea od oculare. Invece di usare l’estratto si può anche utilizzare materiale posto a

contatto con la pelle della cavia e andare ad osservare se c’è un’irritazione localizzata.

Cancerogenicità: capacità del materiale di provocare danni al DNA in un organismo funzionale. Ci sono diversi modi

per andarlo a testare. Viene utilizzato un test veloce e sensibile effettuato sui topi. I globuli rossi vengono prodotti

dagli eritroblasti che sono cellule che hanno un proprio nucleo, per cui si sviluppano, maturano, proliferano (mitosi)

e durante le fasi di mitosi arrivano a maturazione formando il globulo rosso e perdono il nucleo. Se c’è un danno al

DNA, in fase di mitosi le cellule che si formano vanno incontro ad una maturazione per cui il nucleo principale

scompare, mentre rimane presente un micronucleo costituito da DNA proveniente dal nucleo principale formatosi in

seguito ad un danno sul DNA. Ciò che si fa a tal proposito, è andare ad analizzare i globuli rossi e ad osservare quanti

ce ne sono con il micronucleo. La presenza di globuli rossi micro nucleati è indice di un danno al DNA.

Vengono anche fatti i controlli, cioè vengono presi una serie cavie a cui non facciamo nulla e andiamo ad analizzare

quale è il fondo di micronuclei che troviamo in condizioni fisiologiche e vengono presi cavie trattate sicuramente con

materiale cancerogeno che verranno studiati in parallelo.

Test d’impianto: descritti dalla normativa 10993-6. Sono test per la valutazione di effetti locali dopo l’impianto di un

biomateriale e non di un dispositivo. Abbiamo dei test che ci dicono come fare quando abbiamo:

 solidi e non – biodegradabili;

 degradabili e/o assorbibili;

 porosi, liquidi, particolati o cerosi(paste);

Ciascun materiale va sterilizzato, parametro estremamente importante in tale ambito. L’impianto va fatto in

condizioni asettiche, cioè in sa operatoria e poi andiamo ad analizzare i tessuti dove abbiamo fatto l’impianto a

tempi variabili, da 1 a 12 settimane se il materiale è previsto per impianti di breve utilizzo, da 12 a 78 settimane se il

materiale è previsto per impianti più lunghi. Nel seguente caso abbiano una grande varietà di cavie.

Fatti tutti i test in vitro e fatta la fase in vivo, il nostro materiale deve essere monitorato clinicamente. Nel seguente

caso non si testa il materiale di per se, ma si inizia a testare il dispositivo, realizzato con i materiali che abbiamo

precedentemente testato. La valutazione umana preliminare è una serie di pazienti consapevoli ai quali viene

somministrato o impiantato un dato dispositivo e poi vengono seguiti. Si parla di “follow up” clinico, cioè seguire il

paziente dal punto di vista clinico. C’è poi, l’analisi retrospettiva, che prevede l’espianto dell’impianto in caso di

fallimento e cercare di capire il motivo di tale fallimento.

L’analisi retrospettiva è complessa sia dal punto di vista medico che dal punto di vista delle normative.

Per fare la monitorizzazione clinica bisogna:

1. fare una documentazione degli esiti della precedente sperimentazione, sia di quella in vitro, che quella in

vivo.

2. descrizione del materiale;

3. descrizione delle operazioni chirurgiche utilizziate nell’impianto;

4. descrizione delle procedure post-trattamento;

5. tipo di valutazione attesa, cioè fare il confronto fra lo stato del paziente prima e dopo l’applicazione del

dispositivo; c’è poi il confronto con altri soggetti scelti in base al sesso e l’età. Quindi anche nel seguente

caso abbiamo diversi controlli;

6. prova dei benefici, cioè dimostrare che i pazienti avranno dei benefici in seguito all’impianto, ma ciò può

essere saputo solo a posteriori.

A questo punto l’istituito superiore di sanità può concedere il via libera, cioè può approvare il progetto e quindi

l’impianto sui pazienti.

Per quanto riguarda i tempi medi necessari per l’intero progetto distinguiamo più fasi:

 fase I: sperimentazione in vitro con una durata che può variare tra i 6-7-8 anni;

 fase II:sperimentazione in vico con una durata di circa 2 anni;

 fase III:sperimentazione clinica e arriviamo a circa 12-13 anni;

Fatte tutte le procedure con le opportune convalide arriviamo a circa 15 anni. Tale media vale sia per i farmaci che

per i dispositivi medici.

Analisi retrospettiva: recupero degli impianti fatti che sono falliti, per cui siamo stati costretti a togliere e quindi ad

intervenire nuovamente, oppure, più raramente, recupero degli impianti effettuati perché il paziente è arrivato a

fine vita. Gli espianti ci permettono di capire cosa è successo, cosa non ha funzionato e se ci sono dei fenomeni di

interazioni con i tessuti che non erano stati previsti e quindi di sapere di più in merito a tali interazioni.

Quando un materiale viene progettato, si fa sempre riferimento ad una fisiologia umana sana. Tuttavia, quando si fa

un intervento per introdurre un impianto, andiamo ad agire su un organismo che non è sano. Quindi partiamo già

con un’impostazione per cui l’organismo già non rispetta i canoni per cui un certo materiale è stato progettato.

I materiali che vengono poi espiantati sono poi studiati. Da qui ricaviamo i dati sulla sicurezza, sull’efficacia,

sull’affidabilità e quindi si riesce il più delle volte a conoscere le cause del fallimento che potrebbero non essere state

previste o comunque si ha una migliore conoscenza dell’interazione del materiale con i tessuti. Questo è un punto

fondamentale che permette alla scienza dei biomateriali di progredire.

LEZIONE 8 – 27/10/2014

Metodi alternativi alla sperimentazione animale

I metodi alternativi alla sperimentazione animale a differenza degli altri non hanno ancora trovato una conferma

formale

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A.A. 2017-2018
117 pagine
2 download
SSD Scienze chimiche CHIM/04 Chimica industriale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ing_bio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biomateriali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Lazzeri Luigi.