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Cos’è un macroarray? È un vetrino come quelli per preparati istologici, molto piccola, con tanti
puntini che non si vedono ad occhio nudo, che contengono ognuno una sequenza di DNA diversa,
che può essere un gene, ecc.. In genere si hanno due campioni, si estraggono gli RNA e l’ RNA
viene trasformato in cDNA. Uno di questi viene marcato in un modo, l’altro in un altro, tipicamente
con fluorofori diversi. Quindi si ha tipicamente un cDNA rosso e un cDNA verde, si prendono, si
mischiano e si pongono sopra il vetrino e si permette al cDNA di ibridizzare con il DNA, con le
sequenze complementari. Questo vuol dire che uno spot si colorerà di rosso o di verde a seconda
se la propria sequenza era complementare ad un cDNA colorato di rosso o di verde. Poi si prende
il vetrino, si fa una scansione per la lunghezza d’onda rossa e per la lunghezza d’onda verde e
quindi poi si sovrappongono le immagini e ci sono gli spot gialli quando l’intensità di fluorescenza
rossa e verde è uguale. Se l’intensità di fluorescenza non è uguale, allora il colore è più spostato
sul verde o sul rosso a seconda della sequenza.
E’ una tecnica di ibridizzazione di acidi nucleici. Dal southern in poi, passando per la PCR, quando
vai a valutare acidi nucleici c’è sempre uno step che è l’ibridizzazione, perché la specificità degli
acidi nucleici la controlli in quel modo.
I macroarray permettono di far questo. Ma vediamo adesso in maniera più sistematica.
I macroarray son in genere dei vetrini che contengono spot microscopici di sequenze di DNA,
ognuna delle quali può presentare un gene. Sostanzialmente, su un vetrino puoi avere tutti i geni di
un genoma.
Questi DNA sono legati alla superficie del vetrino, perché durante l’ibridizzazione non si staccano.
Puoi integrare sistemicamente il genoma e di questo puoi identificare i geni, valutare l’espressione
genica, utilizzarli per identificare mutazioni e polimorfismi. Per la prima e la terza cosa è un po’
superata dal sequenziamento parallelo, molto più veloce e meno dispendioso.
DI macroarray ce ne sono vari e differiscono per il materiale in cui sono fatti e per il DNA presente
sullo spot. Devi estrarre il DNA o l’RNA e marcare i campioni (sia per marcatura diretta o indiretta
l’RNA o con il nick translation per quanto riguarda il DNA). Dopo di che bisogna fare
l’ibridizzazione, solitamente competitiva (descritta prima), ma potrebbe essere anche non
competitiva, cioè ogni cDNA rosso e verde vengono ibridizzati su vetrini diversi, ma con gli stessi
spot con gli stessi DNA.
La prima differenza tra i vari macroarray esistenti è cosa c’è sullo spot, cioè se è un DNA lungo
( preparati “in casa” o ad hoc da ditte specializzate) o se il DNA è sintetizzato chimicamente, e qui
si tratta di oligonucleotidi quindi le dimensioni sono di qualche decina di nucleotidi (naturalmente
sono tutti filamenti singoli perché si devono ibridare nello spot).
I supporti possono essere membrane di nylon ma non si usano più (però non dice di cosa sono
fatti ) mentre gli spot quando sono poco densi hanno pochi geni, mentre quando sono molto densi
hanno molti geni.
Un’applicazione dei macroarray che è ancora utile è l’analisi dell’espressione dei microRNA,
essendo relativamente pochi e noti.
Come si costruiscono i macroarray? Si intende come si mette il DNA sul vetrino.
Una tecnica è quella della Affimetrix che sintetizza in situ l’oligonucleotide e quindi è direttamente
fissato sul vetrino, utilizzando una tecnica di foto induzione della sintesi. Oppure c’è uno spot
meccanico, cioè la punta va giù e lascia una goccia. Oppure c’è un sistema a pressione, simile a
quello di inchiostro, dove c’è una piccola pressione che si fa sulla goccetta che scende e rimane
fissata.
Comunque la tecnica di sintesi in situ della Affimetrix (brevettata) è una tecnica per cui l’ OH è
mascherato, nel senso che 3’OH del nucleotide è legato ad un gruppo chimico che lo rende
inattivo. Questo gruppo chimico può essere rimosso se la sostanza è illuminata, quindi se è
illuminata c’è un distacco di questo gruppo funzionale che rende inattivo l’OH. E’ una tecnica
abbastanza seguita qui nelle sintesi chimiche, bloccano dei gruppi funzionali che non vogliono far
reagire con questi agenti, fanno la loro reazione e poi sbloccano il resto. Tipicamente gli OH
perché i farmaci ne sono pieni.
Se questo è il vetrino, pongono sul vetrino una maschera che cambiano ogni volta, poiché ogni
maschera ha un foro che corrisponde ad uno spot, da dove può passare la luce. Quindi mettono
questa maschera e dove passa la luce l’OH si libera, dopodiché a tutto il vetrino viene offerto un
oligonucleotide. A quel punto questo nucleotide, che porta sempre il gruppo inibente 3’OH,
reagisce con l’OH del vetrino e rimane addizionato. Quindi in questo modo sintetizzano delle
sequenze precise in un posto preciso, andando avanti per 20- 30 cicli o più,in modo tale da
mettere in ogni spot un oligonucleotide di 20-30 basi.
Vantaggi/svantaggi: bisogna conoscere bene i geni o la regione da individuare e poi ti vai a fare dei
nucleotidi che siano unici nel genoma. Se non sai quali sono i geni allora diventa difficile lavorare.
Quindi il vantaggio è che sai qual è il DNA e non c’è rischio sia contaminato. Inoltre, non ci sono
variazioni nel supporto ,cioè il vetrino è abbastanza omogeneo come struttura, perché non può
avere sporcizie in giro che ti alterano l’immagine.
Lo svantaggio è che è un sistema brevettato e quindi nessuno può utilizzarlo, se lo fai ti compri il
vetrino, punto. Ed è costoso perché lo fa l’Affimetrix.
Lo spot meccanico è veloce, versatile, i costi sono minimi. Anche questo uno volta uno poteva
farselo in casa, comprava il robot e in laboratorio se lo spottava ma non si fa più, perché le ditte lo
fanno in modo più efficiente. Si tratta di una punta microscopica da cui esce una goccia che viene
lasciata sul supporto. Naturalmente è un robot dove ci sono molti di questi aghi e il punto è che in
questo caso, che sia oligonucleotide che cDNA, tu devi sintetizzare in qualche modo( o
sinteticamente o te li produci con una library) li devi isolare, purificare, devi avere tante provettine
quanti cDNA vuoi spottare e dopodiché li devi spottare, il robot va, pesca e te li spotta. Ovviamente
questo procedimento è più soggetto a variazioni perché non c’è niente che controlla la goccia in
termini di quantità, concentrazione. Quindi è un sistema che porta a scarsa riproducibilità ed è una
cosa di cui tener conto.
L’ink jecting utilizza il principio delle stampanti in cui la goccia viene lanciata con una certa
pressione, quindi il sistema è più efficiente e si riesce a controllare meglio la quantità della goccia.
Quello che si può fare? Studi genomici ed espressione genica (es. tessuti diversi ,tumori vs
normali, mutazioni o delezioni di geni).
Il fluoroforo è grande, ha un sistema che produce la fluorescenza. Si usano di più c3 e c5, che
sono più standardizzati. La differenza sta qui: c3 ha un solo doppio legame, c5 ce ne ha due. Una
differenza minima che porta a un enorme differenza nello spettro di emissione. Per cui c3 si vede
come rosso, c5 come verde.
Quando si fa un disegno sperimentale:
1. bisogna pensarci bene dall’inizio per avere un buon esperimento perché ha un certo costo
e perché per aver un buon risultato bisogna impostare bene la prova sin dall’inizio.
2. Dopo di che bisogna controllare bene i geni che vuoi spottare. Naturalmente la fonte di
RNA può essere persa nei vari processi, infatti nei processi descritti i microRNA son quasi
tutti persi. Quindi non è una buona idea spottare i microRNA.
3. E’ importante fare bene l’ibridizzazione
4. Analisi della normalizzazione.
Ognuno di questi disegni sperimentali ha delle implicazioni statistiche, quindi la valutazione di
quale disegno sperimentale scegliere va fatta con un criterio statistico: qual è il disegno
sperimentale che mi da la valutazione statistica più sicura? Essendo un esperimento in cui si
confrontano due campioni, puoi avere delle situazioni in cui hai delle regioni trattate e non trattate
con un farmaco e li è semplice, non c’è molto da disegnare. Però spesso hai delle situazioni
invece, per esempio quando i macroarray sono stati utilizzati per la caratterizzazione di sistemi
patologici come il cancro, dove hai una serie di tumori e una serie di tessuti normali, si pone il
problema come fare il confronto.
Il migliore sarebbe l’Optimum dove confronti un campione con tutti gli altri, perché anche se perdi
un campione non perdi tutto e hai il confronto diretto con il wild type, anche se è un procedimento
più costoso.
Quindi il disegno sperimentale deve essere valutato. Quello che offre i maggiori vantaggi viene
scelto.
Quando si fa l’analisi dell’immagine, in caso di spot meccanico, a volte c’è un buco nero al centro
perciò l’intensità di colore non è omogenea, e questo può essere un problema quando si fanno le
analisi. Quindi si devono distinguere delle immagini di spot che hanno il segnale da uno che non
ne ha.
Questi sono un po’ i parametri che si utilizzano quando si fa un’analisi di immagini. Abbiamo detto
che il macroarray che alla fine tu hai è un’immagine e si utilizzano gli strumenti di analisi di
immagine, ogni pixel ha un’intensità di luce a quella lunghezza d’onda, qui sono rosse e verde.
Analizzi le intensità e alla fine hai un segnale (foreground).
Per ogni spot hai un background e un segnale, per il canale rosso e per il verde. Per cui l’intensità
netta dello spot è data dal foreground meno background.
M ed A sono dei parametri che vi servono per vedere quello che volete vedere, cioè la differenza di
espressione genica.
M= il logaritmo in base due del rapporto tra i rossi e i verdi, quindi rappresenta la differenza di
espressione genica.
A= l’intensità media tra verde e rosso, quindi il logaritmo di rosso più il logaritmo di verde/ 2.
Quando avrete uno spot e una zona di background, naturalmente uno spot è molto più grande di
un pixel, quindi al suo interno ci saranno molti pixel. Ogni pixel ha la sua intensità di fluorescenza,
quindi all’interno del segnale ho migliaia di pixel, quindi il foreground è la media dell’intensit&a