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Nella slide 10 vediamo come perché la reazione centrale (fosforilazione ossidativa a partire dagli alimenti)
di produzione dell’energia possa avvenire siano necessarie le reazione del fosfageno e quella che sfrutta il
glicogeno per produrre energia + acido lattico.
Ci sono delle situazioni dove c’è un improvvisa richiesta energetica senza la disponibilità di ossigeno.
In questo caso sarà il glicogeno alla base della produzione di energia. Alla base di generazione dell’energia
c’è la trasformazione che utilizza ossigeno, quindi quella aerobica ma affinché ci sia questa situazione ho
prima dei transitori, cioè è necessario che intervenga per prima il fosfageno, oppure nel momento in cui
abbiamo una richiesta di ossigeno eccessiva, intervenga a supporto di questo quantitativo energetico il
glicogeno.
Nel caso di esercizio submassimale (al disotto della richiesta massimale di energia) la richiesta di glicogeno
non è necessaria, al contrario nel momento in cui abbiamo un esercizio sopramassimale avremo la
presenza delle relazioni d, e e c (costante poiché nel caso massimale raggiungo un limite per cui l’ossigeno
non è più sufficiente) quindi sia della parte ossidativa che del glicogeno. La reazione centrale è quella
principale, nel momento in cui ho la richiesta di ossigeno, non essendo presente sufficiente ossigeno nel
corpo, la prima cosa che interviene è il fosfageno, ma quando supero un determinata richiesta per cui
questo non è più sufficiente interviene il glicogeno. Laddove i due meccanismi (1° e 3° relazione)
intervengono per sopperire alla necessità di ossigeno si viene a creare un debito di ossigeno che il mio
sistema deve ripagare.
In condizioni sottomassimali possiamo avere una relazione fra l’energia e il volume di ossigeno che
abbiamo. Abbiamo quindi una relazione tra il volume di ossigeno e il quantitativo energetico nel caso in cui
sono in uno sforzo sottomassimale. M è il coefficiente di proporzionalità tra energia e volume di ossigeno e
prende il nome di coefficiente energetico dell’ossigeno che è pari a 5 Kcal/Litro_02. Se vado in una
condizione sovramassimale non è più sufficiente l’ossigeno ma interviene la terza relazione che ha come
produzione l’acido lattico. In particolare l’energia è direttamente proporzionale all’acido lattico prodotto
mediante una costante N che è l’equivalente energetico e che è pari a 230 cal/g.
Sull’asse delle x abbaio la richiesta energetica dell’esercizio, sull’asse delle ordinate abbiamo a sx il
consumo dell’ossigeno e l’energia prodotta, a dx abbiamo l’equivalente energetico e l’acido prodotto.
In caso di sforzo sottomassimale ho il legame tra energia prodotta e consumo di ossigeno proporzionale alla
V02, nel momento in cui supero questo valore di energia richiesta mi interviene il comportamento dovuto
all’ acido lattico. A seconda della condizione di allenamento queste curve possono variare e ci può essere
uno spostamento della curva relativa alla produzione del lattato (che si sposta verso dx) perche è maggiore
l’allenamento del soggetto, quindi il meccanismo di produzione dell’acido lattico avverrà più avanti.
La tendenza però delle curve è sempre costante.
Considerando il quantitativo energetico prodotto dal fosfageno, dai meccanismi aerobici e anaerobici, che
sono le tre reazioni che intervengono, vediamo che la prima che interviene è quella del fosfageno che
produce il primo quantitativo di energia esaurendosi nel breve periodo, poi interviene il processo
anaerobico che si esaurisce in breve, mentre il processo aerobico interviene lentamente ma è quello che
dura di più nel tempo.
LEZIONE 11- 07-11-2017
La fosforilazione ossidativa è la reazione che usa l’ossigeno (aerobica), ma poiché l’ATP non è
sufficientemente presente all’interno del muscolo abbiamo l’intervento di due reazioni anaerobiche, quella
del fosfageno e quella anerobica lattacida.
Abbiamo tre tipi di adattamenti, uno ad opera del sistema cardiovascolare, una ad opera del sistema
respiratorio e quello legato alla termoregolazione corporea. Il primo chiamato in causa è il sistema
cardiovascolare. In particolare, il cuore viene messo in funzione per fare fronte ad una richiesta di O2 da
parte della muscolatura. L’obiettivo di questo adattamento è quello di portare ossigeno e questo viene
fatto variando la portata cardiaca, data dal rapporto fra la frequenza cardiaca e il volume di eiezione.
Nella slide 13 le linee continue indicano effetti meccanici diretti, mentre quelle tratteggiati indicano le
connessioni neurali dirette. Il cuore si comporta come un sistema stabile del primo ordine, per cui in
seguito ad un esercizio si ha l’aumento della frequenza cardiaca ed un aumento del volume di eiezione che
avviene con un leggero ritardo rispetto all’aumento della frequenza. Questo fenomeno avviene fino ad una
soglia, poiché il volume di eiezione può arrivare fino a 120 ml. L’aumento della portata cardiaca comporta
un aumento della pressione sanguigna. In particolare abbiamo un aumento della pressione sistolica e
diastolica che comporta un aumento di pressione all’intero dei sistemi venosi ed arteriosi. L’aumento di
pressione viene ad essere percepita da dei recettori, cioè barocettori carotidei e aortici. Questi barocettori,
percependo l’aumento di P, comunicano con i centri vasomotori cardiaci e midollari e quindi con i centri
nervosi superiori con una conseguenza riduzione di resistenza meccanica determinata da un rilassamento
della muscolatura liscia andando a cambiare la resistenza periferica. Riassumendo l’aumento di frequenza
cardiaca e del volume di eiezione comporta un aumento della portata, ma perche questa possa andare in
circolo è necessaria una riduzione della resistenza idraulica a livello dei vasi.
Il sistema respiratorio interviene al fine di fare fronte alla spesa energetica richiesta con l’obiettivo di
rimuovere la CO2 prodotta durante l’esecuzione dell’esercizio stesso. È infatti più rischioso lasciare in
circolo la CO2 piuttosto che fornire ossigeno, poiché la CO2 ha un effetto narcotico. Anche qui c’è un
comportamento con una costante di tempo in cui c’è un aumento sia della frequenza respiratoria che del
tidal volume al fine di fare fronte alla richiesta energetica. In questo caso il controllo avviene ad opera di
chemorecettori sensibili alla presenza del livello di CO2 presente all’interno del sangue.
Infine, abbiamo il comportamento a livello di termoregolazione corporea che ha delle tempistiche maggiori
di circa 1 h per eliminare l’energia resa in eccesso durante l’esecuzione dell’esercizio stesso.
Nella slide 16 osserviamo al t=0 una situazione in cui c’è una richiesta di esecuzione di un esercizio che si
mantiene per circa 300s (5 min). Quello che osserviamo è l’andamento dell’ossigeno quando viene eseguito
un gesto motorio. C’è una mancanza di disponibilità immediata di ossigeno, per questo intervengono i
meccanismi anaerobici. L’ossigeno inizialmente fornito è quello che va a costituire il debito di ossigeno
(area che si identifica tra il valore corrispondente al max e la curva), che dovrà essere ripagato al termine
dell’esercizio stesso. Il VO2 max è un parametro indicatore del livello di allenamento del soggetto. Posso, ad
esempio, eseguire l’esercizio per una durata di tempo pari a 300 sec e il valore di O2 consumato nel tempo
(300s) corrisponde al VO2 max. Un uomo non allenato ha un V di circa 2.5 l/min, mentre un uomo allenato
può raggiungere anche valori pari a 5 l/min. Nel momento in cui l’esercizio termina, c’è la necessità di
utilizzare ancora ossigeno per restituire il prestito ricevuto nella fase di transizione iniziale dalla reazione
anaerobica alattacida, che viene immediatamente restituita, e dalla reazione anaerobica lattacita per
consentire il riassorbimento del lattato. Tale area sottesa alla curva è anche chiamata consumo di ossigeno
post-sforzo in eccesso che è relativa alla fase post-esercizio. Si stima che l’area di ossigeno restituita è pari
a circa il doppio rispetto a quella fornita.
Quanto è importante la fase di recupero? È di fondamentale importanza poiché laddove questo recupero
non fosse sufficiente, non sarei in grado di smaltire tutto l’acido lattico creatosi.
Dagli studi di Margaria, 1969, l’ipotesi di base che viene fatta è che un esercizio sovramassimale se
effettuato in modo intermittente può essere ripetuto anche a lungo. Prendiamo un individuo e lo facciamo
correre su un treadmill per cicli a 18 k/h ad un inclinazione del 15%. Le tre curve ottenute e riportante nelle
slide fanno riferimento rispettivamente al primo ciclo di corsa eseguito (10 sec di stimolo e 10 sec di
riposo), al secondo ciclo (10 sec stimolo e 20 sec di riposo) e all’ultimo ciclo (10 sec stimolo e 30 sec di
risposo). Per ogni curva è riportato il valore di acido lattico prodotto. Considerando il primo ciclo ho una
produzione di 1.5 g/l di acido lattico e man mano che aumento la pausa diminuisce il quantitativo di acido
lattico prodotto. Nell’ultimo ciclo il valore di acido lattico raggiunge un plateau per cui dall’analisi del
grafico possiamo capire quale è il numero massimo di cicli che possono compiere. La pausa comporta una
generazione di lavoro che è considerevolmente superiore rispetto al non effettuarla.
C’è un modello basato sul principio dei vasi comunicanti per spiegare il consumo energetico. Questo
modello spiega come intervengono i meccanismi biochimici alla base del consumo energetico: fosfageno
(contenitore GP), aerobico (contenitore O2) e il meccanismo anaerobico lattacido (L.A.). il metabolismo
aerobico è dotato di una sorgente infinita, cioè viene riempito continuamente, cosa che accade in parte
anche per il fosfageno. Questo non accade per il lattacido che è un vaso chiuso il cui riempimento è
rappresentato da un piccolo tubo. I contenitori sono collegati da tubicini con resistenza idraulica differente,
in particolare R1 ha una resistenza maggiore di R2. La spesa energetica del modello è rappresentata
dall’apertura della valvola t, cioè ho un flusso in uscita a seconda di quanto è aperta la valvola. Aprendo
poco la valvola il primo contenitore che si svuota è il fosfageno mentre se la valvola è aperta maggiormente
avremo un equilibrio nel consumo tra GF e O2. Se la valvola si apre ancora di più, tutto il GP scende
arrivando al livello della connessione L.A. e a questo punto il contributo che interviene è quello del LA che
mi equilibrio il fosfageno che si sta es