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DISTRUTTIVITA’
2.
La distruttività è diversa dal sado-masochismo, perché non mira a una simbiosi
attiva o passiva, ma all’eliminazione del suo oggetto; anch’essa è radicata 13
nell’incapacità di sopportare l’impotenza e l’isolamento (quindi è anch’essa un
meccanismo di fuga).
La distruzione del mondo è l’ultimo, disperato tentativo di salvarsi dal venire
schiacciato. Oggi, nei rapporti tra le persone, domina questo aspetto distruttivo: ci
sono tendenze distruttive che derivano da una situazione specifica, e
rappresentano una reazione agli attacchi alla vita e all’integrità propria o altrui; e
poi abbiamo una distruttività latente, non legata a situazioni specifiche, che
attende solo l’occasione per esprimersi. In questo secondo caso, in cui non vi è
alcuna ragione obiettiva per esprimere la distruttività, la persona viene vista come
mentalmente o emotivamente malata.
Alla base del comportamento distruttivo vi è spesso un senso di ansietà, percepita
come minaccia, oppure può esservi il soffocamento della vita: infatti,
all’individuo isolato e impotente viene impedito di realizzare le sue possibilità
sessuali, emotive e intellettuali.
Questo problema del rapporto tra il soffocamento della vita e la distruttività è stato
toccato da Freud: infatti, in un primo momento egli aveva trascurato il peso degli
impulsi distruttivi, focalizzandosi più su quelli sessuali… Poi, egli passò a
sostenere che ci sono due tendenze fondamentali nell’uomo: un istinto rivolto
verso la vita (che si identifica con la libido sessuale) e un istinto di morte
(rivolto alla distruzione della vita stessa); quest’ultimo può unirsi all’energia
sessuale e indirizzarsi contro se stessi o contro oggetti esterni. Tuttavia, Freud non
tiene conto del fatto che la misura della distruttività varia da individuo a individuo
e da gruppo sociale a gruppo sociale.
Secondo Fromm, sembrerebbe che la misura di distruttività riscontrabile negli
individui sia proporzionale alla misura in cui viene stroncata l’espansività della
vita. La vita ha un proprio dinamismo interno: tende a crescere, ad essere espressa,
ad essere vissuta; se questa tendenza viene soffocata, l’energia rivolta verso la vita
subisce un processo di decomposizione e si converte in energia distruttiva…
Quindi, quanto più l’impulso alla vita viene soffocato, tanto più forte sarà l’istinto
alla distruzione. 3. CONFORMISMO DA AUTOMI
Questo particolare meccanismo è la soluzione che la maggior parte degli individui
l’individuo cessa di essere se
normali trova nella società moderna: stesso, adotta
il tipo di personalità che gli viene offerto dai modelli culturali, scompare il divario
tra se stesso e il mondo, e con esso la paura della solitudine e dell’impotenza…
Ma il prezzo da pagare è alto: è la perdita del suo Io! 14
Si ritiene che ciascuno di noi sia un individuo libero di pensare, sentire, agire
come crede… Ciascuno di noi crede di essere “se stesso”, ed è convinto che i suoi
pensieri, desideri, sentimenti siano “suoi”… In realtà, nella maggior parte dei casi,
un’illusione! Quando diciamo “Io penso” sembra una
questa convinzione è
dichiarazione chiara e priva di ambiguità: tuttavia, non sempre è così. Questi
pensieri e sentimenti sono stati immessi in noi dall’esterno, quindi sono
fondamentalmente estranei.
La questione decisiva non è quel che si pensa, ma in che modo lo si pensa: il
pensiero è sempre frutto della riflessione attiva, ed è sempre nuovo e originale.
Nel sentimento, come nel pensiero, si deve distinguere tra il sentimento genuino
(che ha origine in noi stessi) e lo pseudosentimento (che in realtà non è nostro,
anche se noi crediamo che lo sia).
Ciò che è vero per il pensiero e per il sentimento è vero anche per la volontà. La
maggior parte delle persone sono convinte che, finchè un potere esterno non le
costringe a fare qualcosa, le decisioni che prendono sono loro, e che, se vogliono
qualcosa, sono loro che lo vogliono. Ma questa è una delle grandi illusioni che
nutriamo su noi stessi; un gran numero delle decisioni che prendiamo non sono
dall’esterno; siamo convinti di esser stati
davvero nostre, ma ci vengono suggerite
noi stessi a prendere una decisione, mentre in realtà ci siamo uniformati alle
aspettative degli altri, spinti dalla paura dell’isolamento e da minacce più dirette
alla nostra vita, alla nostra libertà e al nostro benessere.
Nel caso di pseudovolontà, il desiderio originario viene sostituito da uno
pseudodesiderio: questa sostituzione di pseudoatti agli atti originari del pensiero,
all’Io
del sentimento e della volontà, porta alla sostituzione di uno pseudoio
autentico. Quindi, l’Io originario è quello che sta alla base delle attività mentali,
mentre lo pseudoio è solo un agente che rappresenta il ruolo che una persona
dovrebbe svolgere; esso lo svolge però sotto il nome dell’Io. E’ vero che una
persona può svolgere molti ruoli ed essere convinta di essere se stessa in ciascun
ruolo; in molte persone l’Io autentico è completamente soffocato dallo pseudoio.
A volte nei sogni, nelle fantasie o nell’ubriachezza può riaffiorare qualcosa dell’Io
originario, spesso si tratta di cose represse, per paura o per vergogna.
La perdita dell’Io e la sua sostituzione con uno pseudoio lasciano l’individuo in un
profondo stato di insicurezza, una sorta di perdita d’identità, per colmare la quale
è costretto a confermarsi, a cercare la propria identità nella continua approvazione
e nel riconoscimento da parte degli altri.
La trasformazione dell’individuo in automa nella società moderna ha accresciuto
il senso di impotenza e di insicurezza dell’uomo medio; perciò egli è pronto a
sottomettersi a nuove autorità, che gli offrono sicurezza e liberazione dal dubbio.
CAPITOLO 7: “Libertà e democrazia” 15
Nella nostra società ci troviamo di fronte allo stesso fenomeno che ha favorito
l’irrilevanza e l’impotenza dell’individuo.
ovunque il sorgere del fascismo:
Questa affermazione è in contrasto con la convinzione tradizionale secondo cui la
democrazia moderna, liberando l’individuo da tutte le costrizioni esterne ha
realizzato il vero individualismo; infatti, siamo orgogliosi di non essere soggetti
ad alcuna autorità esterna, di essere liberi di esprimere i nostri pensieri e
sentimenti e diamo per scontato che questa libertà garantisce la nostra
individualità.
Il diritto di esprimere i nostri pensieri, tuttavia, ha un significato solo se siamo
capaci di avere pensieri nostri, quindi solo se vi sono le condizioni psicologiche
interiori che ci consentono di stabilire la nostra individualità.
Esaminando i due aspetti che la libertà presenta per l’uomo moderno, abbiamo
affermato che le condizioni economiche attuali favoriscono il crescente
isolamento e l’impotenza dell’individuo; esaminando i risultati psicologici,
abbiamo dimostrato che questa impotenza porta o al tipo di fuga che troviamo nel
carattere autoritario, oppure a un conformismo ossessivo nel corso del quale
l’individuo isolato diventa un automa, perde la sua individualità e, allo stesso
tempo si immagina libero e sottoposto solo a se stesso. E la nostra civiltà non fa
altro che favorire questa tendenza al conformismo: infatti, la soppressione dei
sentimenti spontanei e dello sviluppo di un’individualità genuina, comincia
prestissimo, con la primissima educazione del bambino; nella nostra civiltà
l’educazione produce spesso l’eliminazione della spontaneità e la sostituzione agli
atti psichici originali di sentimenti, pensieri e desideri sovraimpressi.
Uno dei fini essenziali del processo educativo è quello di eliminare l’antagonismo
attraverso minacce e punizioni (che spaventano i bambini), oppure attraverso
l’allettamento e le spiegazioni (che confondono i bambini
metodi più sottili, quali
e li inducono a rinunciare alla loro ostilità).
D’altro canto, si insegna ben presto al bambino ad avere sentimenti che non sono
affatto “suoi”: ad esempio, gli viene insegnato a trovare simpatiche le persone, ad
essere amabile con loro e a sorridere. Dove non è arrivata l’educazione, arriva di
solito più tardi la pressione sociale: la gamma di emozioni spontanee (quali il
sorriso, la cordialità) vengono soppresse e sostituite da pseudosentimenti.
Nella nostra società le emozioni in generale vengono scoraggiate e con esse anche
Ad esempio, essere “emotivo” è diventato sinonimo di
il pensiero creativo.
instabile e squilibrato. Nell’accettare questa regola, l’individuo si è molto
pensiero si è impoverito e appiattito. C’è stato insegnato che le
indebolito, il suo
emozioni debbano avere un’esistenza totalmente separata dall’aspetto intellettuale
della personalità. Il senso della tragedia e la morte vengono viste come tabù.
Allo stesso modo, sin dall’inizio dell’educazione il pensiero originale viene
scoraggiato, e nei cervelli degli individui vengono inculcati pensieri già belli e
confezionati; il pensiero indipendente viene scoraggiato, viene piuttosto favorita
l’insincerità, che consiste in un’immagine fittizia del mondo che si da al bambino;
il concetto di verità viene considerato un concetto metafisico, essa viene vista
come una faccenda totalmente soggettiva… il risultato di questo relativismo, che
16
spesso viene chiamato “empirismo” o “positivismo” e che il pensiero perde il suo
stimolo essenziale: i desideri e gli interessi della persona che pensa. Diventa così
una macchina per registrare i “fatti”. Ne deriva una combinazione di cinismo e
ingenuità, assai tipica dell’individuo moderno, la cui conseguenza è quella di
scoraggiarlo dal pensare e decidere autonomamente.
Un altro modo di paralizzare la capacità di pensare criticamente è la distruzione
di ogni immagine strutturata del mondo: i fatti perdono la loro specificità e
conservano un significato puramente astratto, quantitativo (quel che conta è sapere
di più o di meno). In tal senso, la radio, il cinema e la stampa hanno effetti
disastrosi: a causa del bombardamento mediatico noi cessiamo di avere