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CASE STUDY: AFLATOSSINE
Le aflatossine sono legate al metabolismo secondario della pianta e vengono prodotte anche in risposta a condizioni ambientali. Ci sono aflatossine del gruppo B (B1 e B2) o del gruppo G (G1 e G2).
Sono un problema serio per due aspetti:
- agricoltura biologica: la pianta cresce in condizioni di stress, se non vengono fatti interventi associati è maggiormente soggetta all'attacco dei funghi che producono tossine.
- Il cambiamento delle condizioni ambientali: le piogge molto abbondanti e concentrate nel tempo, si traducono in una maggiore contaminazione di aflatossine del prodotto. Recentemente è stato evidenziato un caso in cui il grano duro prodotto in una zona nel Nord Italia non poteva essere usato per l'alimentazione umana: l'abbondanza delle piogge ha fatto sì che la concentrazione di aflatossine fosse in eccesso rispetto al livello consentito anche per il consumo animale.
Infatti, dal 1999 il limite residuo
Il limite massimo di aflatossine è stato regolamentato soprattutto per quanto riguarda la M in latte e derivati. Esistono delle raccomandazioni per le aflatossine del gruppo B o del gruppo G. In generale, se l'alimento ha più di 2000 ppt di aflatossine B o G, non può essere consumato.
La presenza di aflatossine avviene direttamente sulla pianta ed è legata strettamente a fattori climatici. A livello della conservazione, se non condotta in modo ottimale, favorisce l'insorgere di aflatossine a causa di un'eccessiva umidità.
Una volta consumate, le aflatossine vengono metabolizzate dal sistema del citocromo P450 in aflatossine M o M (gli stessi gruppi con l'aggiunta del gruppo -OH), composti più solubili così da poter essere eliminate nei fluidi biologici, oppure si accumulano nel fegato e nel rene. Si possono accumulare in piccola quantità per tutta la vita senza provocare effetti oppure possono accumularsi ad alte concentrazioni portando a fenomeni.
degenerativi (cirrosi, fenomeni cancerogeni). Se cerco il contenuto di aflatossine nei cereali, nei vegetali o nel vino in partenza cerco le aflatossine B e G. Se invece cerco il contenuto di aflatossine nel latte o nel formaggio (prodotti che sono passati attraverso un animale) cerco le aflatossine M e M ,1 2 ovvero i metaboliti.
È stato valutato il consumo di alimenti a base di mais, o meglio gli obiettivi principali di questo studio erano di stimare l'esposizione alla fumonisina nella dieta e l'assunzione di nutrienti in un gruppo di pazienti con diagnosi di celiachia rispetto ai soggetti non celiaci. È stato determinato il livello di fumonisina in molti prodotti a base di mais consumati frequentemente e le abitudini alimentari sono state registrate utilizzando un diario alimentare ponderato per 7 giorni. I dati sono stati quindi confrontati con quelli ottenuti per un gruppo di controllo. L'assunzione di fumonisina nei pazienti celiaci era
significativamente più alta rispetto ai controlli. Per quanto riguarda le abitudini alimentari, i pazienti celiaci hanno mostrato una preferenza per una dieta ricca di grassi, unita a un alto apporto di dolci e bevande analcoliche e un basso apporto di verdure, ferro, calcio e acido folico. Questi risultati possono avere serie implicazioni per la salute della popolazione celiaca a causa della diffusa presenza di fumonisine nella maggior parte dei prodotti privi di glutine ampiamente consumati, con conseguente esposizione continua a questa particolare micotossina. Inoltre, la qualità nutrizionale registrata della dieta del paziente celiaco solleva preoccupazioni riguardo alla sua adeguatezza a lungo termine e al suo potenziale impatto su condizioni croniche come il diabete di tipo 2 e le malattie cardiovascolari. La natura del problema: il legame di aflatossine alle proteine: è stato notato che a seconda delle proteine cambia l'affinità con le aflatossine. Peraffinità si intendono i legami non covalenti con la proteina: interazioni idrofobiche o legami idrogeni (tra -OH e i gruppi -R delle proteine presenti). La diversità intrinseca delle proteine - l'influenza dei processi tecnologici - Come esempio della diversa affinità delle aflatossine con le proteine dell'alimento vediamo un case study. È stato fatto un esperimento su un latte di capra e uno di pecora. Il latte ha subito un trattamento di ultrafiltrazione (su membrana con soglia di 62 separazione solitamente di 3000-5000 Da, l'aflatossina pesa meno di 3000 Da quindi dovrebbe passare dalla membrana) per concentrare la frazione proteica. Si vede però che la maggior parte dell'aflatossina viene trattenuta dall'ultrafiltrazione, quindi si deduce che è affine e si lega alla parte proteica. Si osservano tendenze quasi identiche per il latte di pecora e di capra. Da un punto di vista pratico, questi risultati indicano chel'ultrafiltrazione non rappresenta un metodo adatto per la rimozione di AFM 1 da latte contaminato di ovini e caprini. Se separiamo dal latte la frazione lipidica per centrifugazione o per normale affioramento, notiamo che più del 90% delle aflatossine è presente nella frazione proteica, non si ritrova nella crema quindi si può concludere che l'aflatossina M ha un legame debole con il grasso. Per questo nel burro e nei derivati della crema di latte i limiti per le aflatossine sono molto più bassi. Nel latte ci sono caseine e sieroproteine, quali sono affini alle aflatossine? Inoltre, è necessario considerare che l'interazione può essere con proteine native o con proteine modificate (es. coagulazione) quindi capire come le modificazioni delle proteine influenzano il legame con l'aflatossina. Nel case study sono state indagate tre tipologie di trattamento su campioni contaminati: ultracentrifugazione analitica: separazione dellecomponenti proteiche senza modificarne gli equilibri. Ottengo una fase precipitata che contiene la caseina non denaturata (micelle), una fase solubile che contiene sieroproteine e le micelle di caseina con diametro piccolo (che risultano più solubili rispetto a quelle con dimensione maggiore) e grasso affiorato. Il legame tra AFM e caseine native (CN) mostra un comportamento simile alla saturazione: sembra che le proteine non precipitabili (sieroproteine) leghino l'AFM solo dopo che la tossina satura i siti di legame sulla CN e precipitabile. La coagulazione acida- coagulazione presamica- entrambi i tipi di coagulazione possono influenzare l'affinità di AFM verso CN. Nel latte ovino, il caglio non ha alterato l'affinità relativa di CN verso AFM. In questo caso, il legame con le proteine della cagliata ha mostrato un comportamento di saturazione vicino a quello osservato per il CN nativo isolato mediante ultracentrifugazione. Nel caso del latte di.caprasembra avvenga l'inverso, quando aumenta la concentrazione aumenta il legame con CN. L'acidificazione cambia leinterazioni ioniche: nel caso della pecora avviene una diminuzione dell'affinità e anche nel caso della capra.Pertanto, l'affinità prevalente presente nel sistema è nei confronti delle caseine e dipende dal tipo di trattamento tecnologicoeffettuato (trattamento enzimatico o precipitazione acida) che può influenzare la quantità di aflatossina risultante.In uno studio hanno fatto delle caseificazioni sperimentali utilizzando latte contaminato a vari livelli di AFM per produrre diversi1formaggi: caprino (coagulazione acida), crescenza (coagulazione presamica) e ricotta (siero). Con metodica ELISA si è visto chenel caprino avviene una ripartizione di AFM siero:cagliata di circa 50:50; nella crescenza abbiamo più del 60% di AFM nella1 1cagliata; nella ricotta solo una piccola % resta nella ricotta, sia dolce
che salata, tutto il resto rimane nella scotta (liquido residuo dalla lavorazione del giorno precedente). Queste analisi hanno permesso la stesura dei disciplinari per ogni formaggio in cui sono stabiliti i parametri del contenuto massimo di aflatossina M, che differiscono a seconda del prodotto considerato. M posso anche ritrovarla negli organi dell'animale (nei reni e nel fegato), ma non è definito un limite per le carni... È importante controllare le quantità presenti nei mangimi! Le aflatossine sono legate per lo più al mais e le persone che ne consumano maggior quantità sono quelle che seguono una dieta gluten-free. Per evitare le aflatossine possiamo distinguere due linee di intervento: - Prevenzione: interventi in campo (faccio crescere la pianta in assenza di stress) e durante la conservazione (evito la possibilità di presenza di aflatossina): - Interventi agronomici: a livello di coltivazione (biodinamica, biologico) che tengono inConto gli aspetti metereologici- (la pioggia influenza: la qualità, la crescita della pianta e la presenza di aflatossine)interventi biologici- utilizzo di organismi "competitori": in modo che crescano in alternativa agli organismi patogeni che sviluppanoo aflatossine: è il sistema più utilizzato. (Un altro sistema è utilizzare delle varietà pigmentate (mais blu, frumento viola), i polifenoli contenuti danno alla pianta maggior resistenza ad organismi che producono aflatossine)la biodegradazioneo l'impiego di anticorpi specifici: vengono inseriti nella varietà coltivata delle sequenze che codificano per deglio anticorpi contro alcune proteine di fusarium, così conferisco una maggior resistenza nei confronti dello sviluppodi questo fungo.
Detossificazione: interventi post raccolta:Selezione: attraverso una selezionatrice ottica che seleziona i difetti del chicco (individua i grani imperfetti e la presenza- di aflatossine).
Altro metodo è pulire la parte più esterna: infatti avrò più aflatossine nel grano integrale; infatti non viene più attuata la macinazione tradizionale, ma viene attuata l'azione di decorticazione in cui viene prelevata la parte più esterna. I trattamenti chimici: trattamento con ammoniaca gassosa, l'aflatossina quando viene basificata viene distrutta. Questo trattamento non è consentito in Europa, ma in Asia e negli USA. Il trattamento viene fatto nel momento in cui la granaglia viene trasportata (infatti accanto alla stazione ferroviaria, in Asia e negli USA solitamente si ritrova un serbatoio di ammoniaca). I trattamenti fisici- separazione su membrana: il vantaggio è che si possono usare attrezzature e processi già comuni come l'ultrafiltrazione, ma si può fare solo sui prodotti liquidi. Trattamenti termici: serve una temperatura superiore a 50°C e va bene per ridurre la concentrazione, ma non per eliminarla completamente.eliminare completamente i trattamenti biologici: usati in enologia soprattutto per problemi legati all'ocratossina A. Esistono delle sostanze che hanno una forte affinità per le aflatossine.