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PROTEOMICA
La proteomica è una branchia della biologia che si occupa di studiare tutto l'assetto proteico di un determinato campione biologico. È uno studio molto complesso in quanto ci sono diversi tipi di proteine (ormoni, recettori, strutturali, membrana, Ig, complemento, ...). La complessità sta anche nel fatto che il proteoma cambia a seconda degli stimoli, con il tempo, anche tra diverse cellule. Usato in molti campi di ricerca: il confronto tra tessuti sani e malati, campioni trattati con un farmaco o con un placebo, possono essere determinati nuovi bersagli farmacologici, performance di dispositivi biomedici. Per fare lo studio si inizia con la separazione delle proteine con elettroforesi monodimensionale o bidimensionale e successivamente vengono identificate con le tecniche di spettrometria di massa. Elettroforesi bidimensionale: Le proteine vengono separate in base a due parametri: il p.i. e il PM. Quindi si fa prima una isoelettrofocalizzazione e poi unaSDS-PAGE. Quello che ottengo è una mappa costituita da diversi punti dove ognuno corrisponde ad una proteina che viene definita da due coordinate cioè il p.i. e il PM. Possono essere colorate con gli stessi coloranti detti prima anche a seconda della sensibilità che si vuole ottenere. Queste mappe poi vengono analizzate con un software in cui si possono mettere anche a confronto due mappe per vedere se ci sono differenze tra i due campioni.
METODICHE DI ESTRAZIONE DEGLI ACIDI NUCLEICI. Può essere estratto da una coltura cellulare oppure da virus e batteri, organelli o da fluidi biologici come sangue e saliva. La tecnica di estrazione viene scelta in base al tipo di campione da cui si parte, quantità di campione, tipo di acido nucleico che si vuole estrarre. Consiste in diverse fasi:
- ROTTURA CELLULARE -> deve mantenere l'integrità dell'acido. Tecniche di lisi meccaniche, chimiche e enzimatiche.
- ELIMINAZIONE DELLE MEMBRANE -> centrifugazione
A condizioni blande si ottengono due fasi: un precipitato che contiene membrane e frammenti cellulari e un surnatante che contiene gli acidinucleici e delle proteine. Quest'ultimo viene trasferito in un tubo pulito e sottoposto a de-proteinizzazione per rimuovere tutte le proteine. Viene fatto utilizzando una soluzione di fenolo ecloroformio, il fenolo a pH neutro provoca l'aggregazione delle proteine che possono poi essere eliminate con una centrifugazione. Al termine si ottengono tre fasi: una acquosa dove ci sono gli acidi nucleici in soluzione, una interfase dove ci sono le proteine denaturate e sul fondo la fase fenolica dove ci sono le proteine solubili nel fenolo.
Per l'estrazione del DNA il fenolo deve essere assolutamente a pH neutro e viene aggiunto anche l'idrossichinolina per rallentare l'ossidazione. La fase acquosa viene recuperata e trasferita in un nuovo tubo e se dobbiamo estrarre il DNA questa verrà trattata con un RNasi per eliminare l'RNA.
Dopo viene fatto precipitare aggiungendo etanolo freddo al 100% e ioni Na. Il ppt viene poi lavato con etanolo al 70% e solubilizzato in acqua o TE (tris EDTA) a pH 8. Di solito viene lavato con acqua per evitare che il TE dia interferenze con analisi successive. Oggi esistono anche dei kit che riproducono con soluzioni standardizzate tutti questi passaggi. Questi spesso utilizzano delle spin columns cioè piccole colonne inserite all'interno di provette e in queste colonne è presente una matrice di solito silice a cui si lega il DNA e che possiamo recuperare. Sono chiamate così perché vengono sottoposte a centrifugazioni ripetute e alla fine otteniamo un campione di DNA ad elevata purezza.
Se vogliamo estrarre i plasmidi vengono fatti crescere i batteri. All'interno di questi è presente sia quello cromosomiale che plasmidico. Per separarli possiamo procedere in due modi: sottoporre il lisato ad elevate temperature oppure effettuare una lisi alcalina.
(la più usata) in presenza diNaOH e SDS che innalza il pH fino a 10-12. Queste due tecniche eliminano il DNA24cromosomiale che va incontro a denaturazione irreversibile. Il DNA plasmidico invece vaincontro ad una prima fase di denaturazione ma se ritorniamo a pH neutro o allatemperatura iniziale è in grado di rinaturarsi. Si procede poi con l’estrazione come per ilDNA. Per isolare il DNA plasmidico si può usare anche un'altra tecnica che è unacentrifugazione in presenza di un gradiente di densità ottenuto con cloruro di cesio edetidio bromuro. In una provetta viene messo il cloruro di cesio insieme all’etidio bromuroche è un intercalante del DNA, si aggiunge il campione, centrifughiamo e quello cheotteniamo è una separazione delle varie componenti cellulari a vari strati. In fondo ci saràl’RNA sopra le proteine mentre al centro ci saranno due bande una con il DNA plasmidico euna con il DNA cromosomiale.
Grazie all'etidio bromuro possiamo identificare le due bande di DNA all'interno della provetta e con un ago forare il tubo e recuperare il materiale corrispondente nella banda. Se vogliamo estrarre l'RNA è più complicato perché ci sono le ribonucleasi che lo degradano. Queste si trovano all'interno delle cellule e quindi vengono liberate nel momento in cui vengono lisate ma possono anche essere dovuti a contaminazioni degli operatori. Sono inoltre resistenti a pH acidi o basici. Per evitare la contaminazione si devono usare soluzioni in piccole aliquote e guanti, plastica e materiali certificati RNasi free e si deve identificare un'area in lab solo per la lavorazione dell'RNA. Si possono anche usare degli agenti denaturanti che vadano a denaturare le RNasi, lavorare in ghiaccio perché a temperature basse vengono inibite le loro attività, usare inibitori delle RNasi, usare acqua DEPC (dietil-pirocarbonato). L'estrazione inizia.concentrare e utilizzate per ulteriori analisi o esperimenti. Per la lisi delle cellule, possiamo utilizzare una lisi strong o una lisi più blanda, a seconda di ciò che vogliamo ottenere. Successivamente, procediamo come per il DNA, utilizzando fenolo a pH 5-6 per ottenere, dopo centrifugazione, una fase acquosa contenente solo l'RNA, mentre il DNA sarà nella fase fenolica. Se vogliamo estrarre solo l'mRNA, che ha una coda di poli A che si può sfruttare, possiamo utilizzare delle colonne cromatografiche contenenti una resina con un oligo di timina. In alternativa, possiamo utilizzare dei kit commerciali appositamente progettati per l'isolamento degli RNA. Un reagente molto utilizzato per l'isolamento di RNA, DNA e proteine contemporaneamente è il Trizol. Questo reagente è una miscela di fenolo e guanidinoisotiocianato, che funge da inibitore delle ribonucleasi. Quando viene miscelato con il preparato cellulare, genera tre diverse fasi: una fase acquosa contenente l'RNA, una fase intermedia contenente il DNA e una fase organica contenente le proteine. Queste fasi possono essere raccolte, concentrate e utilizzate per ulteriori analisi o esperimenti.precipitare esolubilizzate.-QUANTIFICAZIONE -> si possono usare diversi metodi: spettrofotometrico, fluorimetrico o colorimetrico. Quello spettrofotometrico vedi sopra. Quello fluorimetrico sfrutta l’etidio bromuro che è un intercalante cioè si inserisce nella doppia elica. Si valuta la fluorescenza che viene emessa quando viene eccitata da una lampada UV. L’etidio è tossico e cancerogeno, per questo si sta iniziando a sostituire con molecole più sicure. Per quantificare il DNA viene messo un marker costituito da bande di DNA a concentrazione nota per un confronto di PM con il mio campione oppure si possono usare delle soluzioni di acidi nucleici a conc note con cui andiamo a confrontare il nostro campione. Quello colorimetrico viene fatto reagire il preparato con opportune molecole e 25 si forma un composto colorato che viene analizzato con lo spettrofotometro. Per l’RNA si usa l’orcinolo e lo vedo a 670 nm mentre per il DNA con la
della radioattività è la capacità di misurare la sua attività. L'attività radioattiva di un campione può essere misurata utilizzando un contatore Geiger-Muller o un rivelatore di scintillazione. Questi strumenti rilevano le particelle o i fotoni emessi dal campione radioattivo e forniscono una misura dell'attività in unità chiamate becquerel (Bq). I radioisotopi sono ampiamente utilizzati in diverse applicazioni. Ad esempio, il radioisotopo tecnecio-99m viene utilizzato in medicina nucleare per la diagnosi di malattie e per la localizzazione di tumori. Altri radioisotopi, come l'iodio-131, vengono utilizzati nel trattamento del cancro alla tiroide. È importante notare che l'uso dei radioisotopi comporta anche rischi per la salute e per l'ambiente. È necessario adottare precauzioni appropriate per garantire la sicurezza durante la manipolazione e lo smaltimento dei materiali radioattivi. In conclusione, la radioattività è un fenomeno naturale che può essere sfruttato per diverse applicazioni. La misurazione dell'attività radioattiva e l'uso dei radioisotopi richiedono una conoscenza approfondita e precauzioni appropriate per garantire la sicurezza.Importante dei radioisotopi è il tempo di dimezzamento cioè il tempo necessario affinché almeno la metà dei nuclei radioattivi vadano incontro ad una trasformazione per diventare nuclei stabili. È un parametro molto importante perché chi maneggia questi isotopi deve sapere fino a quando l'isotopo è attivo, nelle indagini diagnostiche per sapere per quanto tempo rimane in circolo, e anche per lo smaltimento per sapere dopo quanto tempo non è più radioattivo e quindi "sicuro".
Decadimento alfa -> il nucleo rilascia delle particelle alfa cioè un atomo di He (2 protoni e 2 neutroni).
Decadimento beta -> attraverso particelle beta positive dette positroni o particelle beta negative.
Il tipo dipende dalla causa che determina l'instabilità dell'isotopo. Può essere instabile per difetto di neutroni (mancano neutroni), in questo caso viene emesso un positrone. Se invece il nucleo
èinstabile per un eccesso di neutroni viene rilasciata una particella beta negativa.
Decadimento gamma -> non si ha l’emissione di particelle ma di vere e proprie onde-10 -14elettromagnetiche (tra 10 e 10 di frequenza quindi raggi gamma e raggi x). Questo tipo diradiazioni sono quelle più penetranti e i meccanismi con cui possono interagire con la materiasono tre a seconda anche della quantità di energia di queste radiazioni:
- se a intensità bassa avviene secondo un effetto fotoelettrico -> laradiazione anche chiamata fotone tende a colpire gli elettroni dellamateria bersaglio che si trovano negli orbitali più interni che quindivengono espulsi e il passaggio di elettroni dagli orbitali più esterni aquelli più interni per rimpiazzare quello che è uscito determinal’emissione di energia sottoforma di raggi x.
- se a intensità medio-bassa secondo un effetto Compton -> questitendono a colpire gli