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CRISTALLIZZAZIONE DI PROTEINE

La frazione raggi-x richiede dei cristalli di proteine e ovviamente il primo problema è ottenere questi cristalli di proteina. Le proteine cristallizzano come tutte le piccole molecole e con le piccole molecole la cosa è relativamente semplice e si ottengono dei cristalli molto belli e molto grandi. Nel caso delle proteine invece le cose sono molto più difficili intanto perché dobbiamo sempre mantenerci in condizioni che siano compatibili con lo stato nativo delle proteine, quindi non è che ci possano aggiungere il benzene o altro per fare avvenire una cristallizzazione, dobbiamo agire più sottile sulla composizione della soluzione tampone. Le proteine sono delle molecole molto grosse e tendono a formare dei cristalli molto poco resistenti con un grande contenuto in acqua, si rompono facilmente e sono molto piccoli. Questi sono cristalli che al più si riescono a vedere al microscopio però quando si formano.È una grande soddisfazione, hanno delle strutture belle colorate, se la proteina è colorata, e con tante geometrie. Per ottenere la cristallizzazione occorre mantenersi in condizioni compatibili con la stabilità della proteina però entro questi limiti di pH, di temperatura, ecc ecc ci sono dei parametri che si possono cambiare: ad esempio, si può cambiare un po' il pH, si possono aggiungere gli agenti precipitanti, si possono aggiungere dei sali, sempre fermo restando che la proteina deve stare nello stato nativo. Se riusciamo quindi abbassare la solubilità delle proteine in questa condizione allora si può avere la formazione di cristalli. Questo è un lavoro che può richiedere anche mesi, è il passaggio limitante della determinazione della struttura delle proteine. Le cose sono reso un po' più facili perché oggi ci sono dei robot che sono in grado di modificare, di testare migliaia di condizioni dicristallizzata cadere nel pozzetto. Questa gocciolina si mescola con la soluzione di cristallizzazione e si spera che, in determinate condizioni di temperatura e pH, le molecole di proteina si organizzino in una struttura cristallina. Durante il processo di cristallizzazione, è importante controllare attentamente le condizioni sperimentali, come la temperatura, il pH e la concentrazione dei sali presenti nella soluzione di cristallizzazione. Questo perché anche piccole variazioni in queste condizioni possono influenzare la formazione dei cristalli. Una volta ottenuti i cristalli, è possibile analizzarli utilizzando tecniche come la diffrazione dei raggi X per determinare la struttura tridimensionale della proteina. Questa informazione è fondamentale per comprendere la funzione e il meccanismo di azione delle proteine. In conclusione, la cristallizzazione delle proteine è un processo complesso e delicato, che richiede attenzione ai dettagli e pazienza. Tuttavia, una volta ottenuti i cristalli, si aprono nuove possibilità di studio e comprensione delle proteine e dei loro meccanismi biologici.diluita con questa soluzione. Questa gocciolina può essere depositata su un incavo di questi canali fatti apposta oppure può essere depositata su un vetrino che poi va a chiudere il pozzetto. Nel primo caso si parla di sitting-drop, quindi di goccia seduta, mentre nel secondo caso si parla di hanging-drop, quindi goccia sospesa. Quando questo sistema viene lasciato tranquillo per diversi giorni, l'acqua, attraverso il vapore, passa dalla soluzione di proteine alla soluzione più concentrata di sali. La proteina in questa soluzione viene man mano a concentrarsi e vengono a concentrarsi anche tutti gli altri soluti, ad esempio dei precipitanti, dei sali o quant'altro, per cui in modo molto lento si raggiunge una condizione che potrebbe essere quella magica in cui la proteina cristallizza. Su 100 condizioni che si testano, se una viene si è molto fortunati. Sono approcci che si basano sullo screening di varie condizioni e una volta trovata la condizione

questa si può modulare, quindi alterare un pochino il pH, alterare un pochino la forza ionica, fino ad ottenere quella che consente la crescita dei cristalli migliori. A questo punto i cristalli diventano il punto di partenza per la determinazione della diffrazione dei raggi X per ottenere le strutture tridimensionale.

CRISTALLOGRAFIA AI RAGGI X

I raggi X sono delle radiazioni dello spettro elettromagnetico che hanno delle lunghezze d'onda tra 0.07 e 0.15 nm o 0.7 e 1.5 Å.

Queste dimensioni sono le tipiche distanze interatomiche. I raggi X hanno questo comportamento quando vengono fatti incidere su cristalli proprio perché la loro lunghezza d'onda è dell'ordine di grandezza delle distanze interatomiche. Il cristallo proprio per questo principio diffrange le radiazioni e fa uscire dei raggi X che si combinano tra di loro dando un fenomeno di interferenza che può essere analizzato. Quando su un cristallo viene fatto incidere un fascio di raggi X,

I raggi X in uscita si combinano variamente a dare una mappa di diffrazione che ha un aspetto come rappresentato nell'immagine. Questi spot sono la posizione in cui i raggi X interferiscono in modo positivo o negativo. Si vengono ad ottenere delle mappe di diffrazione che contengono un'informazione strutturale. (Spiegazione solo generale perché argomento già visto a chimica e perché se lo si vuole spiegare in assoluto dettaglio è una cosa che prenderebbe diverse ore. A noi interessa l'aspetto applicativo.)

Sono presenti dei diffrattometri a raggi X da laboratorio che però consentono di avere dei risultati con strutture a bassa risoluzione. Oggigiorno la maggior parte degli esperimenti vengono coinvolti in sincrotroni, che sono gigantesche macchine (ce ne sono poche al mondo, una in Italia a Trieste, una a Grenoble, che è un centro Europeo, una in Germania ad Amburgo, una nuovissima ad Oxford poi ce ne sono svariate in Giappone e negli Stati Uniti).

Sono macchine enormi che producono dei raggi X particolarmente monocromatici e che quindi possono essere utilizzati per questi esperimenti di difrazione raggi X. Il rapporto tra questi strumenti che hanno di raggio di chilometri. Si vedono su Google Maps e se si cerca the Grenoble si vede subito questo grosso laboratorio e pensate che sono i ricercatori lì con un cristallino che si vede appena al microscopio e la combinazione di questa gigantesca macchina col piccolo cristallino è la struttura tridimensionale della proteina. Quegli spot, quelle macchie mostrate nella mappa di diffrazione, se analizzate matematicamente danno delle mappe densità elettronica. In queste mappe di densità elettronica possono essere ricostruiti la catena polipeptidica sostanzialmente. Le mappe, a seconda del cristallo e a seconda della sorgente dei raggi X possono avere una risoluzione maggiore o minore. Qui ci sono esempi di mappe ad alta risoluzione quindi risoluzione con minore.

Di 1.2 Amstrong e risoluzione via via peggiore. Quando la risoluzione molto alta siriesce letteralmente a vedere atomo per atomo quando invece la risoluzione bassa si puòmodellare all'interno di questo Blob la stessa catena, lo stesso anello benzilico che si vedemeglio alla risoluzione maggiore. Le strutture tridimensionali hanno qualità migliore opeggiore a seconda dell'esperimento che viene condotto.

A partire delle mappe di densità elettronica otteniamo dei modelli tridimensionali che sonoappunto la struttura della proteina. In questa operazione ci sono anche degli input che nonsono che non risiedono proprio della mappa di densità elettronica ma noi ad esempiosappiamo che le catene polipeptidiche possono assumere solo alcune delle combinazionidegli angoli famosi phi e psi quindi sapendo quello si perviene alla fine a un modello chepuò essere più o meno buono seconda dei dati originali e a seconda di come questi dati sonostati processati.

Il prodotto finale dell'esperimento è letteralmente una lista di coordinate spaziali che danno la posizione di ogni singolo atomo, di ogni singolo di ogni singolo residuo della proteina. Per volta prossima: cerco proteine viste fino ad ora e a turno vediamo su un database la struttura delle proteine. (non chiede all'esame) 20 maggio 2021

CRISTALLIZZAZIONE DELLE PROTEINE

I modelli di struttura proteica a risoluzione atomica possono essere ottenuti mediante tre gruppi di tecniche:

  • Diffrazione di raggi X da cristalli
  • NMR
  • Cryo EM

Questo sono le tre tecniche fondamentali per ottenere modelli tridimensionali di proteine a risoluzione atomica, ossia le tecniche che consentono di avere per una certa proteina le coordinate spaziali di tutti gli atomi. Questo accade nel caso più ottimistico, ma ciascuna di queste tecniche ha dei limiti e la qualità di un dato su una proteina rispetto ad un'altra può variare anche in maniera molto significativa.

Però, nel migliore dei casi queste tre tecniche sono in grado di restituire delle strutture tridimensionali.
  1. DIFFRAZIONE DI RAGGI X DA CRISTALLI:
  2. Un cristallo è la disposizione periodica di celle unitarie all'interno di un reticolo tridimensionale. Spesso la cella unitaria è costituita da più molecole. La cristallizzazione di proteine sfrutta la lenta variazione di diversi parametri che influenzano la solubilità della proteina (pH, temperatura, agenti precipitanti, forza ionica) per produrre uno stato di sovrasaturazione. I cristalli di proteine sono fragili e contengono fino all'80 - 90% di acqua. Spesso, le proteine mantengono la loro attività nel cristallo (legame, catalisi). Nel caso della diffrazione di raggi X da cristalli, uno dei passaggi che possono rallentare il processo è la cristallizzazione delle proteine, perché sono molecole grandi, non sono accessibili tutte le condizioni di cristallizzazione che possono

essere usate per le piccole molecole (per le piccole molecole si può anche usare molto solvente, al contrario di quanto accade per le proteine). Quindi, la cristallizzazione è tipicamente un passaggio limitante. Una volta che si sono ottenuti dei cristalli è possibile applicare questa tecnica che consente di ottenere delle mappe di diffrazione, che poi possono essere analizzate per ricostruire le coordinate spaziali di ciascun atomo che costituisce la molecola. Questa tecnica viene applicata anche nel caso delle piccole molecole, ma nel caso delle proteine le cose sono molto più complicate, si tratta di molecole molto più grandi. Questo è il motivo per cui i diffrattometri da laboratorio spesso non consentono di avere una risoluzione sufficiente per arrivare al dettaglio atomico: per questo, tipicamente per le proteine si ricorre ai sincrotroni. Ci sono alcuni sincrotroni in Europa e diversi negli USA. Per le proteine tipicamente si ricorre a questi acceleratori.

di particelle, che consentono di ottenere dei raggi X di qualità tale (in termini di densità e monocromaticità) che compensano i limiti dei cristalli di proteine.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
386 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/10 Biochimica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher UgolaTalpa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Perugia o del prof Bruno Stefano.