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CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTA PRESTAZIONE (HPLC)

Ricordiamo che la cromatografia comprende una serie di tecniche analitiche di separazione di

miscele complesse nei singoli componenti basata sulla distribuzione differenziale degli analiti fra

due fasi, una mobile e l’altra fissa. Nel caso della HPLC, la fase mobile è un liquido.

La cromatografia si basa su:

 Selettività: capacità di eluire sostanze diverse in tempi diversi. Per avere una buona

selettività i picchi del cromatogramma devono essere il più distanti possibile, ovvero

sostanze di specie diversa devono avere tempi di ritenzione diversi. La selettività dipende

dalla composizione della fase mobile (la separazione dipende dall’interazione con le fasi),

composizione della fase stazionaria e temperatura, poiché aumentando quest’ultima

diminuisce la viscosità della fase mobile;

 Tempo di ritenzione: è il tempo che impiega l’eluente, ovvero la fase mobile, a trascinare via

dalla colonna l’analita e ad avere il piccolo cromatografico.

Questi parametri sono correlati all’efficienza della colonna, cioè la capacità di eluire una sostanza in

una banda stretta; l’efficienza di una colonna viene sempre espressa come il numero di piatti teorici

(N), o come altezza del piatto teorico (H), sapendo che:

=

/

Per aumentare l’efficienza di una colonna bisogna fare in modo che N sia il più grande possibile, di

modo che i componenti escano dalla colonna in bande più compatte. Questo è reso possibile

aumentano la lunghezza della colonna: tanto maggiore sarà la superficie della fase stazionaria,

tanto migliore sarà la separazione degli analiti.

La separazione cromatografica è influenzata dalla superficie di scambio (fase stazionaria);

maggiore è la superficie, migliore è la separazione. Per rendere questo possibile si possono usare

diversi metodi:

 Allungare la colonna: questo comporta un aumento dei tempi di analisi;

 Diminuire il diametro delle particelle che compongono la fase stazionaria: aumenta la

superficie di interazione con la fase stazionaria, quindi aumentano efficienza e selettività.

Diminuendo il diametro delle particelle aumenta la superficie di scambio e migliora la separazione,

ma si allungano i tempi di analisi perché aumenta l’attrito, e la fase mobile ha più ostacoli. Per

questo si è pensato di applicare una forza alla fase mobile, per permettere un miglior scorrimento.

La HPLC (cromatografia liquida a elevata prestazione) è una tecnica cromatografica basata su

principi analoghi a quelli descritti finora, ma effettuata su sistemi dedicati, capaci di fornire

prestazioni molto elevate a causa della generazione di una pressione molto alta. L’elevata efficienza

è dovuta alla matrice, costituita da particelle di ridotta dimensione (3-10 μm di diametro) per cui il

sistema nel suo complesso è caratterizzato da un alto numero di piatti teorici che permettono una

separazione di elevata qualità in tempi relativamente rapidi.

L’HPLC non è un tipo di cromatografia, è una macchina alla quale io posso applicare diverse

colonne con diversi principi per ottenere un’analisi con delle prestazioni molto elevate.

Gli strumenti necessari per effettuare un’analisi in HPLC sono:

1. Pompe: spingono la fase mobile lungo la

colonna, e contengono reservoir per gli

eluenti. Di solito si tratta di pompe binarie,

in cui una pompa contiene un solvente

acquoso e l’altra un solvente organico;

2. Iniettore: permette di iniettare il campione

in colonna nonostante la pressione che si

crea, e può essere manuale o

automatizzato;

3. Pre-colonna: “safe-guard”, utilizzata per preservare la colonna da possibili inquinanti in

miscela;

4. Colonna: luogo in cui avviene la separazione. È alloggiata in fornetti che possono regolare

la temperatura di corsa;

5. Rivelatori: si possono avere diversi tipi di detector, e addirittura ve ne possono essere

anche più di uno nello stesso macchinario messi in serie;

6. Collettori di frazione: ad ogni picco cromatografico ciò che viene eluito viene raccolto;

7. Computer: contiene programmi per la gestione delle pompe (isocratico o gradiente di

solvente) e per l’acquisizione e l’integrazione dei cromatogrammi.

Vi sono inoltre sistemi di degassamento (degasser) che permettono l’eliminazione di eventuali bolle

d’aria presenti nei solventi, che interferirebbero con l’analisi.

Il metodo in gradiente prevede che durante la corsa cromatografica si modifichi la fase mobile in

termini di polarità (generalmente da più polare a meno polare). Il metodo con isocratica, invece,

non prevede alcuna modificazione della fase mobile. La scelta di uno o dell’altro metodo dipende

dal detector; ad esempio, un gradiente viene effettuato con spettrofotometri o spettrometri di

massa.

Pompe

Esistono diversi tipi di pompe, ma in generale la più usata è a pistone (o reciprocante); una camma

guidata da un motore guida il pistone al rilascio del solvente attraverso una valvola di uscita. Il

gradiente è ottenuto usando due o più pompe (miscelazione ad alta pressione) oppure con valvole

solenoidi proporzionatrici (miscelazione a bassa pressione). Altri tipi di pompe sono pneumatiche, a

siringa e ad amplificazione idraulica.

I principali requisiti dei sistemi di pompaggio sono:

 Le pompe devono mantenere un flusso costante, riproducibile e privo di pulsazioni;

 Devono alimentare continuamente il solvente;

 Devono avere la massima compatibilità con diverse fasi mobili;

 Devono permettere un volume morto minimo;

 Le pressioni devono essere costanti con un ampio range di flusso.

Sistemi di iniezione

Per l’iniezione si usa una valvola detta Rheodyne (a due posizioni e sei entrate), in cui due posizioni

sono collegate fra loro; in una di esse si inietta il campione, che poi attraverso un loop giunge a

un’altra posizione, collegata allo spurgo. Si hanno poi altre posizioni, di cui ad esempio una si

collega alla pompa (quindi in questa posizione si pompa il solvente), e una va alla colonna. Si

hanno due fasi di iniezione con questa valvola:

1. Caricamento: il campione viene introdotto nel loop fino a riempimento totale o parziale;

2. Iniezione: la rotazione di una valvola devia il flusso della fase mobile attraverso la camera

del campione e lo trasporta sulla colonna.

Il campione viene quindi introdotto in colonna tramite questa valvola a sei vie. Le porte adiacenti

sono collegate dai microcanali di un rotore. La valvola ha due posizioni, che rispecchiano le fasi di

iniezione: carica (load) e iniezione (inject). Quando il rotore è in posizione di carica, una siringa fa

passare il campione attraverso il loop, mentre la pompa flussa direttamente in colonna. Nella

posizione di iniezione, invece, il campione contenuto nel loop viene portato in colonna dal flusso

della pompa. Il volume del campione iniettato in colonna dipende dalla capacità del loop; in base

all’analisi che si vuole fare si sceglie un loop diverso, a seconda del volume che si vuole iniettare.

Colonne

Generalmente sono colonne di acciaio in cui è impaccata la fase stazionaria. Esistono diversi tipi di

colonna, a seconda del tipo di analisi che si vuole effettuare. In particolare, per le analisi

quantitative si possono utilizzare colonne preparative (diametro interno maggiore di 5 cm) o

semipreparative (diametro interno tra 1 e 5 cm). In queste colonne possono essere caricati volumi

piuttosto grandi di campione, e si possono avere flussi elevati (fino a 7 mL al minuto per le colonne

preparative). Per le analisi qualitative, invece, vengono utilizzate colonne convenzionali (diametro

interno tra i 4 e i 4,6 mm), wide bore (diametro interno tra 2 e 3 mm), micro (diametro interno tra 1

e 2 mm) o capillari (diametro interno minore di 300 μm); in queste colonne sono permessi flussi

molto più rapidi.

Il campione è la soluzione che contiene l’analita, mentre l’analita è la molecola di mio interesse.

Il diametro interno della colonna influenza la quantità di fase stazionaria, quindi la quantità di

campione da caricare, la diluizione dei picchi e il flusso. La lunghezza della colonna influenza

invece la velocità e l’efficienza di separazione. Agendo sulle diverse variabili si individua la miglior

condizione di analisi: ad esempio colonne corte con un piccolo diametro e particelle coarse

velocizzeranno l’analisi senza modificare l’efficienza. Colonne di maggiori dimensioni permettono di

processare quantità maggiori di campione, ma con inferiore capacità di separazione; colonne di

lunghezza maggiore (entro certi limiti) sono usate per migliorare le caratteristiche di separazione

tra molecole con caratteristiche cromatografiche simili.

A monte delle colonne si hanno pre-colonne, contenenti una cartuccia composta dalla stessa fase

stazionaria della colonna, che trattengono eventuali impurità in miscela, preservando la vita della

colonna.

In HPLC si utilizzano elevate pressioni, che vengono espresse in bar o Pa (1 Pa = 1 N/m = 10 bar;

2 5

1 bar = 0,987 atm). Per questo motivo vengono utilizzate colonne in acciaio.

Rivelatori

Dal rivelatore si ottiene un cromatogramma in cui compariranno picchi (di assorbimento o di

fluorescenza o di conteggi beta, ecc.) corrispondenti alla posizione di un campione, in funzione del

tempo di ritenzione (tR) o del volume di eluizione (Vel).

Le principali caratteristiche dei rivelatori sono:

 Elevata sensibilità: il detector deve riconoscere anche piccole quantità di sostanza;

 Elevata specificità: il detector deve discriminare fra due sostanze diverse;

 Versatilità;

 Largo campo di linearità di risposta;

 Non risentire di cambi di fase mobile;

 Dare informazioni affidabili: sia in termini quantitativi che qualitativi;

 Non essere distruttivi: il campione deve poter essere recuperato.

La funzione del rivelatore è produrre un segnale proporzionale alla

concentrazione del campione. Bisogna tenere conto di alcuni parametri

riguardanti il rivelatore:

 Limite di rilevabilità (LOD): segnale tre volte superiore a quello del

rumore di fondo;

 Intervallo dinamico di linearità (LDR): intervallo di concentrazione

tra LOD e il punto in cui la risposta devia del 10% dalla linearità.

Per alte concentrazioni, infatti, il segnale tende a non essere più

lineare.

Esistono diversi tipi di rivelatore; in base a cosa si vuole analizzare si può scegliere un diverso

rivelatore:

1. Se l’analita ha cromofori intrinseci o indotti, si usa uno spettrofotometro UV-VIS o un diode

array, con buona specificità, perché diverse sostanze assorbono a lunghezze d’onda

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luca.raiol25 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biochimica applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Mitro Nico.
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