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JACQUES RANCIERE – LA FAVOLA CINEMATOGRAFICA

Deleuze effettua un tentativo di classificazione dei segni,cioè le componenti

delle immagini. Il principio della rivoluzione innescata da Deleuze consiste

nell’abolire l’opposizione tra mondo fisico del movimento e mondo psicologico

dell’immagine, che è la cosa stessa. Esiste per sé, è materia-luce in

movimento. E’ la materia ad essere occhio,l’immagine ad essere luce,la luce

ad essere coscienza. La storia naturale delle immagini in movimento si

dispiega come la storia di un certo numero di operazioni e combinazioni

individuali attribuibili a registi,scuole ed epoche. Di Vertov dice che il

montaggio porta la percezione nelle cose, in modo che qualsiasi punto dello

spazio percepisca tutti i punti sui quali agisce o agiscono su di lui. In realtà la

sua macchina da presa agisce per conservare la percezione a proprio

profitto. La definizione di montaggio diventa paradossale: dà alle immagini e

agli eventi della materia-luce delle proprietà che già posseggono. Da un lato

le proprietà percettive delle immagini sono potenzialità. Il cinema estrae dagli

stati dei corpi le loro qualità intensive. Il secondo motivo che ci fa parlare di

paradosso è che se occorre dare alle cose una potenza percettiva che già

avevano,significa che l’hanno persa. Fosforescenza delle immagini del

mondo e i loro movimenti sono stati interrotti da un’immagine opaca che è il

cervello. Se il montaggio deve mettere la percezione nelle cose, lo deve fare

sotto la forma di operazione di restituzione. E’ emblematico che Vertov si

veda assegnare da Deleuze il compito di rimettere la percezione nelle cose.

Così la storia naturale delle immagini viene ad assumere l’aspetto di una

storia dell’arte che fa emergere potenzialità della materia sensibile. La

pretesa classificazione delle immagini del cinema è storia di una restituzione

delle immagini-mondo a se stesse,una redenzione. Bresson 2 volte

nell’analisi di Deleuze. Nel capitolo sull’immagine-affezione, il suo modo di

costituire gli spazi qualunque è messo in opposizione a quello di Dreyer:

questo ricorreva a primissimi piani per far emergere le potenzialità intensive

dell’immagine, Bresson metteva le potenzialità nello spazio stesso. Così

l’immagine-movimento analizza di fatto le forme dell’arte cinematografica

come altrettanti eventi della materia-immagine. E l’immagine-tempo analizza

le stesse forme, concependole come forme del pensiero-immagine. SI passa

dalle immagini come elementi di una filosofia della natura ad immagini come

elementi di una filosofia dello spirito. Il destino del cinema è di arrivare

all’infinita espressività delle immagini-materia-luce. Ciò nell’immagine-cristallo

che connette immagine attuale e immagine virtuale. Il lavoro del pensiero

consiste nel rendere al tutto la potenza dell’intervallo, significa creare un altro

tutto a partire da un’altra potenza dell’intervallo. Le categorie che secondo

Deleuze caratterizzano l’immagine-tempo segnerebbero il modo in cui il

pensiero si rende uguale al caos che lo provoca. La rottura del rapporto

senso-motorio esprimerebbe questo rapporto di corrispondenza tra infinito

della materia-immagine e l’infinito proprio al pensiero immagine. Con

l’immagine-tempo e con il cinema moderno ogni singola immagine esce dal

vuoto per ritornarvi e la separazione fra immagini assume un ruolo decisivo.

Sono 2 logiche dell’immagine fra le quali ha luogo una crisi dell’immagine-

azione legata alla seconda guerra mondiale. E’ ciò che mette in scena

Deleuze nell’ultimo capitolo di L’immagine-movimento. Nell’analisi del cinema

di Hitchcock possiamo trovare il punto forte di questa drammaturgia. Il suo

cinema riassume l’insieme della genesi dell’immagine-movimento, di cui

integra tutti gli elementi come i giochi di luce e ombra. Il coronamento

dell’immagine-movimento è anche il momento in cui questa entra in crisi. La

rottura si manifesta attraverso situazioni di paralisi,inibizione fisica. Ad es. in

La finestra sul cortile il fotoreporter Jeff è colpito da paralisi motoria e non può

far altro che osservare ciò che accade. La paralisi determina un dato

drammaturgico, una situazione narrativa. La logica dell’immagine-movimento

non è paralizzata da ciò. E’ più una paralisi simbolica della rottura

dell’immagine-azione. L’immagine-movimento è in crisi perché il pensatore ha

bisogno che lo sia. Perché il passaggio dall’infinito della materia-immagine

all’infinito del pensiero-immagine è anche la storia di una redenzione,sempre

contrastata. Deleuze vuole paralizzare la logica del concatenamento mentale

delle immagini,anche a costo di dare un’esistenza autonoma alle proprietà

fittizie degli esseri narrativi. Per vie diverse, Deleuze e Godard paralizzano il

cinema di Hitchcock, isolano le immagini, trasformano le sue connessioni

narrative in momenti di passività. Tramite Hitchcock tentano di rendere

passivo il cinema in generale. Ad opporre il regime estetico dell’arte al quello

rappresentativo classico è una diversa idea del pensiero che opera nell’arte.

Nel regime rappresentativo, il lavoro dell’arte è concepito secondo il modello

della forma attiva che si impone alla materia per sottomettere quest’ultima ai

fini della rappresentazione. Nel regime estetico a essere ricusata è proprio

un’idea dell’imposizione volontaria di una forma alla materia. La potenza

dell’opera si identifica con una identità dei contrari: identità dell’attivo e

passivo, pensiero e non-pensiero,inintenzionale. E’ espresso un regime del

pensiero dell’arte che è la facoltà di divenire uguale al proprio opposto. La

macchina da presa non può essere passiva. L’identità dei contrari è data fin

dall’inizio e da qui è persa. Grazie al dispositivo meccanico, l’identità

dell’attivo e del passivo si tramuta in onnipotenza di uno spirito che coordina il

lavoro di un occhio sovrano e di una mano sovrana. Hitchcock non guarda

mai in macchina, i film sono nella sua testa. Ribalta completamente l’identità

estetica dell’attivo e del passivo. E’ significativo uno dei primi esempi riportati

di immagine-cristallo, che Deleuze trova in Lo sconosciuto di Browning. Il

protagonista del film è un signore privo delle braccia che esegue un numero

circense, la cui infermità è simulata: per nascondersi dalla polizia il

protagonista ha assunto questa identità. Temendo che la cavallerizza possa

accorgersene si fa amputare le braccia. E’ importante l’allegoria costituita

dalla forma di rottura del rapporto senso-motorio. Il pensiero creatore deve

auto mutilarsi per contrastare la logica con la quale riprende alle immagini del

mondo quella libertà che ha loro ridato. Per Deleuze lo sguardo del regista

deve diventare tattile e al contrario la mano deve essere colpita dalla paralisi

dello sguardo. L’opposizione dell’immagine-movimento e dell’immagine-

tempo è una rottura fittizia. Il cinema di Bresson incarna un paradosso. E’

costituito da un doppio incontro del passivo e dell’attivo, del volontario e

dell’involontario. Il primo lega la volontà sovrana del regista a dei corpi filmati

che chiama modelli. Il modello deve comportarsi come un automa

riproducendo con tono uniforme le parole che gli vengono insegnate. E’

proprio riproducendo meccanicamente,senza coscienza, parole e gesti dettati

dal cineasta che il modello le abiterà con la propria verità interiore. Il regista

ignora questa verità a tal punto che gesti e parole imposti ai modelli daranno

forma a film che non poteva prevedere. L’automa manifesta quel che nel

pensiero c’è di impensabile. Il modello fornisce la sostanza del film: pezzi di

natura, dice Bresson, che dovranno essere coordinati dal lavoro dell’arte.

Così lo scarto fra quel che l’occhio meccanico aveva il compito di cogliere e

quel che ha colto viene annullato. Deleuze dice che Bresson costruisce uno

spazio del tatto libero dall’imperialismo ottico, uno spazio frammentato le cui

parti si raccordano a mano. In una scena di Diario di un ladro i borseggiatori

non prendono quel che rubano, si limitano a toccarlo raccordando uno spazio

non orientato come parenti del falso invalido. Au hasard Balthazar è una

lunga storia di mani, che comincia con un primo piano sulle mani della

ragazzina che toccano l’asinello, per trasformarsi in mani che prendono e

trascinano l’animale che 2 bambini vogliono usare come gioco. Poi le mani

del fanciullo che battezzano l’asino Balthazar e quelle che caricano la

schiena dell’asino,la picchiano. L’asino è simbolo di passività fino alla fine,allo

sparo che lo ucciderà durante una vicenda di contrabbando. C’è un altro

gioco di mani: il gioco del desiderio di Gerard che vuole Marie come i bambini

con l’asino. La sua mano approfitta della notte per afferrare quella di Marie

adagiata sulla panca del giardino e poi taglierà i contatti della macchina della

ragazza per immobilizzarla e farle provare la potenza del suo sguardo che la

sottomette prima che la mano possa toccarla. Più avanti sarà lo schiaffo che

obbligherà Marie a riconoscere il suo padrone. In tutto il film 2 prede: asino e

Marie,sottomessi al potere di chi afferma la propria potenza attraverso

coordinazione di sguardo e mano. Gerard è il tipico regista Hitchcockiano,

passa il suo tempo a disporre trappole come provocare incidenti versando

olio sulla strada o far fermare la macchina di Marie servendosi di Balthazar. E’

l’allegoria del cattivo cineasta che il paradosso vuole somigli a quello buono.

Marie,il modello, fa anche altro che quel che vuole producendo verità inattesa

che lo contrasta. La risposta alla madre su cosa trovasse di buono in Gerard

evidenzia la parentela tra il potere del cacciatore Gerard e quello del regista

Bresson. Il regista fa ricorso a inquadrature frammentate visivamente, ci

mostra parti di corpi come le mani che toccano il ventre dell’asino. Deleuze vi

vede l’infinitizzazione dell’intervallo che toglie l’orientazione agli spazi e che

separa le immagini. Ci si può vedere anche il contrario, poiché la

frammentazione è un mezzo per intensificare la coordinazione visiva e

narrativa: è con le mani che si prende. Non fa che sottolineare la

coordinazione implacabile della caccia e del film che funzi

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
15 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher inzaghino di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cinema e fotografia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Cervini Alessia.