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IL BAROCCO E GIOVAN BATTISTA MARINO
Il diciassettesimo secolo si contraddistingue per il radicale cambiamento di
prospettiva nei confronti della realtà. La serie di scoperte geografiche e scientifiche
compiute alla fine del Cinquecento segnò un netto distacco con il passato,
inaugurando un secolo denso di contraddizioni, dovute anche all’influenza della
Controriforma, propugnata in quegli anni dalla Chiesa in opposizione alla Riforma
luterana.
L’uomo, privato della sua posizione privilegiata al centro dell’universo, perde anche
ogni sua certezza, con un conseguente rifiuto del sapere precostituito della scuola
aristotelica e l’annullamento dell’ipse dixit, in favore del nuovo metodo sperimentale
di Galileo Galilei.
E’ proprio in questo clima culturale che nasce il Barocco, tendenza artistica
internazionale e interdisciplinare: esso, influenzato dalla sperimentazione
manieristica del Rinascimento, esprime reazione alla normatività, rottura delle regole
e rinnovamento. Il termine è di probabile derivazione portoghese e indicherebbe una
perla di fattezze irregolari. Questo sillogismo paradossale fu usato per la prima volta
nel diciottesimo secolo in senso dispregiativo, in riferimento all’irregolarità e alla
vuotezza artificiosa della cultura seicentesca.
Attraverso la ricerca di soluzioni spettacolari e la deformazione delle forme
tradizionali, l’obiettivo di questa nuova corrente è il superamento dei vincoli imposti
e la creazione di opere in cui risplenda l’abilità inventiva, al fine di suscitare
meraviglia e stupore, che talvolta sfociò nell’artificiosità tanto criticata.
L’originalità degli stili e delle forme spezza l’uniformità prodotta dall’imitazione dei
modelli classici, che nonostante per secoli avessero condizionato le varie forme
artistiche, ormai venivano considerati superati e ripetitivi.
Nella produzione letteraria sono preponderanti motivi come incertezza, senso di
precarietà, morte, pazzia, fugacità della vita; quest’ultima è frequentemente
rappresentata dalla rosa, simbolo della bellezza effimera. Tra i temi più diffusi vi è
anche la metamorfosi, che si riflette in una predilezione verso le forme in movimento,
contorte, indefinite, talvolta grottesche, per esprimere la frantumazione e la labilità
della realtà.
Quest’ultimo tema è inevitabilmente collegato con il teatro: ritenuto uno dei simboli
prevalenti del Seicento, esso con grande successo riuscì ad accogliere ed esibire i
disagi dell’epoca. La finzione teatrale si rivela dunque una necessità di fronte al clima
repressivo e opprimente della Controriforma, a cui si oppone con forza il concetto di
dissimulazione onesta, trattato nel saggio di Torquato Accetto.
Sul piano stilistico la rottura dell’armonia e il gusto per l’artificio si manifestano
mediante sintassi farraginosa, lavorazione estrema della parola e ricerca di figure