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INTESA CON I VALDESI

La prima intesa è quella sottoscritta con i valdesi nel 1984, alla quale le altre sembrano conformarsi. Una volta denunziata la

legge sui culti ammessi del 1929, la Repubblica dà atto dell'autonomia e indipendenza dell'ordinamento valdese e riconosce

che le nomine dei ministri di culto, l’organizzazione ecclesiastica e la giurisdizione in materia ecclesiastica, nell'ambito

dell'ordinamento valdese, si svolgono senza alcuna ingerenza statale.

Molto singolare, perché in deroga a disposizioni generali di legge, la previsione dell'art.4: La Repubblica italiana prende

atto che la Tavola valdese (come gli evangelisti), nella convinzione che la fede non necessita di tutela penale diretta,

riafferma il principio che la tutela penale in materia religiosa deve essere attuata solamente attraverso la tutela dei diritti

di libertà riconosciuti e garantiti dalla Costituzione, e non mediante la tutela specifica del sentimento religioso . Tedeschi

concorda col principio riaffermato da parte valdese e con l’inopportunità di una tutela penale del sentimento religioso, che

potrebbe legittimare arbitrari interventi e illegittime differenziazioni tra i culti. Invece, per Balbi, è inammissibile che lo

Stato si sia impegnato a non applicare le norme penali, che invece devono essere applicate a tutti.

È prevista l’assistenza spirituale, senza oneri per lo Stato, e la rinuncia all’insegnamento della religione nelle scuole

pubbliche; però, le famiglie potrebbero richiedere lo studio del fatto religioso, espressione generica, senza oneri per lo

Stato. È riconosciuto il matrimonio celebrato dal ministro di culto valdese, se trascritto, mentre nessuna rilevanza hanno le

sentenze di scioglimento del matrimonio valdese, quindi in caso di invalidità del vincolo ci si rivolge al nostro giudice.

Per il riconoscimento degli enti ecclesiastici si richiede che abbiano fine di culto, istruzione e beneficenza.

È prevista la collaborazione con lo Stato in materia di beni culturali. I valdesi non hanno accettato l’8x1000 fino al 1993.

INTESA CON GLI EBREI

Lo stato prende atto che gli ebrei non possono svolgere attività durante il riposo sabbatico, che va dal tramonto del venerdì

al tramonto del sabato (i concorsi, gli esami di maturità ecc non vengono mai fatti in questo lasso di tempo)

Si riconoscono agli ebrei le loro festività religiose, il diritto a prestare giuramento a capo coperto (di solito si giura a capo

scoperto) e la macellazione secondo i loro riti (si uccide l’animale dissanguandolo, anche se il legislatore ha detto che

occorra adottare tutte le cautele all’uopo necessarie perché l’animale non senta dolore).

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In materia di assistenza spirituale, manca la clausola senza oneri per lo stato, che è invece prevista per l’insegnamento. Si

prevede il divieto dell’insegnamento diffuso.

INTESA CON LA CHIESA CRISTIANA AVVENTISTA

Singolare l'adesione delle Chiese avventiste ai valori del separatismo ai quali l'intesa si ispirerebbe, perché un sistema

separatista non dovrebbe avvalersi né dello strumento concordatario né di quello del l'intesa.

È riconosciuto il riposo sabbatico, come per gli ebrei; gli altri settori sono regolamentati in modo uguale alle altre intese:

assistenza spirituale ed insegnamento senza oneri per lo stato, matrimonio riconosciuto agli effetti civili, enti ecclesiastici…

LE INTESE PARACONCORDATARIE

Diverse dalle intese con le confessioni acattoliche ex art.8 co.3 sono le intese di collaborazione o intese paraconcordatarie.

Si tratta di futuri accordi di livello inferiore rispetto alla norma concordataria (infatti non sono stipulati con la Santa sede,

ma con la CEI), richiamati dal legislatore concordatario in vari punti, relativi alle materie più varie. L’art.13 Conc. prevede

in generale la possibilità di regolare sia con nuovi accordi (valore concordatario) sia con intese tra le competenti autorità

dello Stato e la CEI, ulteriori materie per le quali si manifesti l'esigenza di collaborazione tra Stato e Chiesa.

Altri richiami alle intese paraconcordatarie sono contenuti nell’art.5 Prot.add. e nell’art.12 Conc, rispettivamente in materia

di insegnamento e di beni culturali e di interesse religioso; invece, quando l’art.11 Conc. stabilisce che l'assistenza

spirituale è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell'autorità

ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l'organico e le modalità stabiliti d'intesa fra tali autorità, non si tratta di

un’intesa in senso tecnico, ma nel senso di accordo.

Le intese paraconcordatarie sono immesse nel nostro ordinamento attraverso regolamenti, che non sono soggetti a controllo

di legittimità costituzionale, né ad approvazione da parte del Parlamento, per cui, qualora risulti un contrasto tra una legge

ordinaria ed un regolamento, il go non lo applica e il ga potrebbe annullarlo; esiste quindi il rischio che il Governo, con

regolamento, disciplini con un’intesa una materia che invece va disciplinata con il concordato. Per tale motivo, con una sua

risoluzione, il Parlamento ha previsto che tutte le intese passino attraverso una verifica: esso non può approvarle, ma avrà il

compito di porre in essere degli atti di indirizzo, mozioni e risoluzioni per spingere a correggere determinati errori.

LE FONTI

L'adesione dell’Italia all’UE ha determinato una revisione della gerarchia delle fonti nel nostro ordinamento, dovendovisi

inserire anche la normativa comunitaria. La Consulta, nella sent.n.168/01 a affermato che l'ordinamento statale non si apre

incondizionatamente alla normativa comunitaria, perché la necessità di assicurare il rispetto dei principi fondamentali del

nostro ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili dell'essere umano rende sindacabile sotto tale profilo la legge di

esecuzione del trattato. Tale posizione non è stata accettata dalla Corte di Giustizia, ma il discorso è ancora aperto.

• A livello costituzionale, sono fonti del diritto ecclesiastico gli artt.2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost.; inoltre, va ricordato l’art.117,

come modificato dalla l.cost.n.3/01, in base al quale (co.2), lo Stato ha una legislazione esclusiva in alcune materie, tra cui i

rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose e la tutela dei beni culturali e di interesse religioso. L'art.117 co.4

attribuisce alla legislazione concorrente (che significa che la materia è disciplinata dalla Regione ma nel rispetto dei principi

generali dettati dallo Stato) l'istruzione e la valorizzazione dei beni culturali e di interesse religioso.

• Le norme che derivano da accordi con la chiesa cattolica sono quelle pattizie, quelle concordatarie (dell'ultimo concordato)

e le norme relative agli enti ecclesiastici; invece, per quanto riguarda le confessioni acattoliche, si fa riferimento alle leggi di

approvazione delle intese, ex art.8 co.3 Cost.

• Le fonti unilaterali, attribuibili alla sola volontà dello Stato, comprendono:

- la legge matrimoniale e quella relativa agli enti ecclesiastici (nn.847 e 848/29); per una parte della dottrina, la prima è

ancora in vigore, mentre la seconda sarebbe stata in gran parte spazzata via.

- la legislazione sui culti ammessi del 29/30, varata dal regime fascista senza alcun accordo con le confessioni acattoliche.

Accanto a queste norme ce ne sono altre attinenti ad argomenti diversi, nello Statuto dei lavoratori, la legge sul divorzio,

l'obiezione di coscienza, l'art.831 cc ecc.

• Le fonti regionali sono emanate dalle singole regioni ex art.117 Cost. La riforma del Titolo V ha ribadito all'art.117 la

competenza esclusiva dello Stato circa i rapporti con le confessioni religiose e i principi fondamentali. Tra le materie

rimesse alla competenza esclusiva o concorrente delle regioni, alcune incidono direttamente su questioni ecclesiasticistiche,

come l'istruzione e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali. Si sottolinea comunque che le leggi regionali

rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica

• Le fonti di origine confessionale rilevano quando il nostro ordinamento rinvia alle norme di un'altra confessione religiosa.

• Tra le fonti internazionali rientrano, oltre alle norme dell’UE, la Carta ONU e la CEDU.

Era abbastanza assodato in origine che le sentenze di accoglimento della Consulta non avessero valore di legge ma si

limitassero a stabilire che una determinata norma non era compatibile con la Costituzione o le leggi costituzionali, per cui

non poteva ritenersi più applicabile (funzione negativa, anche se propositiva). Buona parte della dottrina, però, riconosce

alle sentenze di accoglimento della Consulta la qualità di fonti del diritto in quanto dotate di efficacia erga omnes,

ritenendole capaci di introdurre nel nostro sistema giuridico nuove norme di rango legislativo (funzione positiva),

dimenticando che le sentenze si pronunciano sull'esistente e al più possono chiarificare, in via interpretativa, la portata di

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una norma. Diverse dalle sentenze interpretative sono quelle additive, con le quali la Corte tenta di introdurre nuove norme

di legge, sostituendosi al legislatore. La possibilità di porre in essere nuovi atti normativi è frutto però di mera

discrezionalità politica e pertanto appannaggio in primo luogo del potere legislativo e poi dì quello esecutivo, non della

giurisprudenza costituzionale. E se ciò vale per le sentenze di accoglimento, a maggior ragione per quelle di rigetto o di

inammissibilità, che non costituiscono in alcun modo fonti di diritto anche perché non modificano alcuna legge. Le sentenze

della Consulta costituiscono certamente un rilevante polo di riferimento, ma non sono fonti del diritto in senso tecnico,

proprio per la funzione negativa da esse svolta. Il precedente, infatti, ha efficacia vincolante solo nei sistemi di common law.

L'accordo tra Stato e confessioni avviene sia a livello legislativo, che di funzioni amministrative; ad esempio, in materia di

insegnamento della religione cattolica nelle scuole, c'è un accordo a livello amministrativo, perché gli insegnanti devono

essere riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica.

ARTICOLO 19 COST. – OBIEZIONE DI COSCIENZA

L'art.19 Cost. sancisce che: Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma,

individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti

contrari al buon costume. Il problema è che possono nascere dei conflitti tra l'obbligo giuridico e l'obbligo morale, quando

il soggetto rifiuti di ottemperare a positive disposizioni di legge per motivi di coscienza. L'obiezione di

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A.A. 2015-2016
40 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/11 Diritto canonico e diritto ecclesiastico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher moati di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto ecclesiastico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Balbi Raffaele.