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TIPOLOGIA DI INSULINA

In commercio sono disponibili 30 tipi diversi tipi di insulina che differiscono per le modalità di

produzione e di funzionamento: alcune sono di origine suina altre invece sono prodotte in

laboratorio e hanno una struttura molto simile all'insulina umana. In sintesi, i tipi di insulina sono

distinguibili in relazione alla loro azione in:

- insuline ad azione breve, o regolare che iniziano ad agire dopo 30 minuti e vanno somministrate

prima del pasto; (actrapid, Hu,alin R)

- insuline ad azione rapida, che iniziano ad agire dopo 5 minuti e raggiungono la concentrazione

massima in un'ora e dura dalle 2 alle 4 ore. L'iniezione viene effettuata poco prima del pasto e

normalmente sono utilizzate in associazione all'insulina ad azione prolungata o ad azione

intermedia;

- insuline ad azione intermedia (NPH) che vengono associate all'insulina ad azione rapida o breve

per prolungare l'efficacia della somministrazione. Agisce dopo 2-4 ore e raggiunge il picco massimo

dopo 4-12 ore e si esaurisce in 16-20 ore (Novolin);

- insuline ad azione protratta, che consentono di regolare la concentrazione di glucosio per tutta la

giornata. L’azione inizia circa 6-8 ore dalla somministrazione e raggiunge l’apice in 12-16 ore ed

esaurisce l’effetto in 20-30 ore (ultratard, Humali U)

-glargine (ultralenta): nuovo principio attivo; il tempo medio di inizio dell’azione è di 60 minuti

mentre la durata è attorno alle 24 ore. Non presenta un picco di concentrazione ma simula

l’infusione continua di insulina. Non può essere miscelata con altre insuline (ES: lantus)

ASSISTENZA INFERMIERISTICA

Il ruolo dell’infermiere in questa patologia prevede:

1. L’accettazione: oltre all’accoglienza è fondamentale rilevare segni e sintomi, in particolare

la cheto acidosi (poliuria, polidipsia, perdita di peso, crampi muscolari, dolori addominali,

polipnea, alito fruttato, nausea e vomito, ipotensione posturale, ipotermia)

2. La gestione adeguata dell’esecuzione delle procedure diagnostiche e terapeutiche:

glicemia-emogasanalisi, elettroliti, azotemia/creatinina/troponina/transaminasi/amilasi;

emocromo/formula/acido lattico/chetonemia/salicilati ed etanolo: tutto ciò al fine di

migliorare la volemia e la perfusione tissutale, diminuire la glicemia, l’osmolarità e

correggere le alterazioni elettrolitiche e identificare e trattare gli eventi precipitanti

3. La sorveglianza: registrazione dei parametri, modifiche comportamentali; sorveglianza della

terapia infusionale come da protocollo; rispetto del timing terapia-pasto, specialmente se si

usa insulina

4. La collaborazione con il medico per fornire al paziente l’educazione necessaria e il

sostegno psicologico nel gestire la propria condizione, almeno per quanto riguarda gli

aspetti fondamentali

5. La presa in carico pre-dimissione (educazione-addestramento-follow up): integrazione dei

vari elementi della cura: terapia, dieta, attività fisica; insegnare le tecniche di iniezione di

insulina , le sedi e la sua conservazione, insegnare l’autocontrollo glicemico, segni e

sintomi di ipo-iperglicemia

Lo Scopo è quello di valutare e monitorare lo stato di salute del pz, prevenire le complicanze,

educare il pz verso un autogestione o alla massima indipendenza possibile.

La diagnosi infermieristiche più usate:

- rischio di complicanze potenziali correlate al diabete

- nutrizione alterata

- rischio di lesioni da compressione correlata a compromissione del microcircolo tissutale

- rischio di ipovolemia

1) Rischio di complicanze potenziali correlate al diabete

Verifica dello stato di salute degli esiti cronici delle complicanze

E.O. della cute,soprattutto del piede e della vista per valutare il bisogno di visite specialistiche.

Monitoraggio valori creatininemia, e esami di funzionalità renale, così come PV( P.A. FC). Raccolta

dell'anamnesi remota.

Prevenire e trattare le ulcere del piede

Rilevare stati di infezione

Nel pz diabetico il rischio di infezione è alto, ed quindi necessario monitorare continuamente

l'insorgenza di infezioni al fine di contrastarle in tempo.

Un E.O. deve puntare a verificare la presenza di infezioni delle vie aeree superiori e quelle

urinarie, le maggiormente colpite.

Alterazioni vascolari

L'iperglicemia costante modifica strutturalmente sia il microcircolo che vasi più ampi andando a

degenerare in aterosclerosi importanti e potenzialmente letali come le cardiopatie. Segnalare al

medico i fattori di rischio come l'ipertensione o il tabagismo per indirizzare il diabetico verso

valutazioni specialistiche preventive.

Alterazione neuropatiche

Nei casi in cui il diabete non è stato adeguatamento controllato o la diagnosi >10 anni, verificare la

presenza di alterazioni neuropatiche periferiche e del sistema autonomo:

Diminuizione della sensibilità, della propriocezione o presenza di dolore patologico, formicolii e

parestesie.

Ulcere neuropatiche

SUdorazione anormale

Ipotensione ortostatica

Diarrea notturna e gastroparesi.

Retinopatia

Una diminuzione della vista, o alterazioni tissutali devono essere indirizzate verso visite

specialistiche oftalmiche di controllo

Nefropatia

La filtrazione cronica di glucosio degenera la membrana capillare rendendola più permeabile alle

proteine del sangue (e quindi presenza di proteinuria).

Verificare presenza di Ipertensione, esami del sangue: Azotemia e creatinemia elevate, esami

delle urine: proteinuria, cilindri.

2)Prevenzione dell'insorgenza degli eventuali stati patologici acuti

Chetoacidosi diabetica

Tipica del Diabete di tipo 1, in seguito al calo ponderale( l'organismo non riuscendo a sfruttare il

glucosio metabolizza le riserve di lipidi, producendo corpi chetonici), il livello eccessivo di

chetonemia provocherà nausea, cefalea, vomito e dolori addominali. Il corpo per liberarsi dei

gruppi nocivi attiverà una maggiore frequenza e profondità del respiro col fine di liberarsi del CO2

in eccesso, riscontrabile spesso nel Respiro di Kussmaul. Mentre a livello renale il glucosio

impedisce il riassorbimento dell'acqua con una eccessiva diuresi osmotica con perdità di elettroliti

come potassio, sodio e fosfati.

Quindi in caso di sospetto sarà bene richiedere degli esami ematochimici, per verificare:

-se il pH del sangue sia inferiore a 7,35( acidosi).

-carenza di fosfato, sodio e potassio.

-Glicemia >300 mg/dl.

-Chetonemia media o grave.

-Presenza di chetoni nelle urine.

-Inappetenza e tendenza alla disidratazione.

-Calo ponderale.

All'esame obiettivo invece saranno riscontrabili segni di disidratazione, una storia di recente o

attuale infezione, e un alterazione del respiro(http://infermiereinpillole.blogspot.it/2012/09/la-

respirazione-patologica.html). In particolare un segno clinico di elevata evidenza è il cosidetto alito

acetonico: l'acetone uno dei chetoni maggiormente prodotto viene scartato dall'organismo

attraverso la respirazione(che come già detto quando i livelli sono elevati si riscontra un

iperventilazione chiamato respiro di Kussmaul)

Coma iperglicemico iperosmolare non chetonico

Tipico del Diabete di Tipo 2, quando la glicemia supera valori di 500-600 mg/dl il livello

iperosmolare del sangue richiama sul torrente cardiocircolatorio tutti i liquidi intracellulari presenti

nei tessuti(tra cui quello cerebrale, provocandone il danno e quindi il coma), che a livello dei

glomeruli renali non vengono più riassorbiti provocando un imponente diuresi osmotica(insieme

agli elettroliti) e quindi una grave disidratazione sistemica.

Ovviamente oltre al danno cerebrale, vi è una forte compromissione della funzionalità cardiaca, sia

per la forte ipovolemia sia per la carenza di potassio che può provocare aritmie cardiache.

Quindi all'E.O. rilevare:

-Ipotensione e PV(FC,FR,P.A.,ecc..), segni di disdratazione, stato di coscienza, presenza dei polsi

periferici e confronto con quelli apicali(COLLEGAMENTO), Cute(riempimento capillare, colorito),

-esami ematochimici: potassio sierico, ematocrito.

Ipoglicemia

L'ipoglicemia è la condizione opposta all'iperglicemia in cui nel sangue non vi è una

concentrazione adeguata di glucosio tale da permettere l'esplicazione delle funzioni cellulari, tra

cui quella cerebrale. Il tessuto cerebrale inoltre non utillizza altra fonte che quella del glucosio,

difatti è un tessuto che non utilizza la via dell'insulina per immagazzinarla, quindi è per questo che

uno stato ipoligemico è per il cevello uno stato di grave carenza nutritiva con esiti gravi come il

coma.

Nel diabetico un ipoglicemia può essere dovuta ad un eccessiva somministrazione di insulina, una

carente alimentazione o ad un attività fisica sfrenata.

I sintomi dell'ipoglicemia sono diaforesi, nervosismo, sincope e sonnolenza, una cute pallida,

fredda ed umida, tachicardia. Spesso però il paziente è inconsapevole del proprio stato a causa

del mascheramento dei sintomi in seguito ad una scarica di adrealina prodotta dall'organismo in

seguito all' abbassamento della glicemia, cosi può capitare che il diabetico passi da uno stato di

vigilanza alla perdita di coscienza.

Oltre all' esame obiettivo e all'evidenze cliniche riscontrate per verificare un ipoglicemia è

necessario effettuare un HemoGlucoTest che riscontri se il valore della glicemia sia < a 70 mg/dl.

In caso se il paziente è ancora vigile e collaborante invitarlo a mangiare alimenti ricchi in

carboidrati semplici(oppure semplicemente un bicchiere d'acqua con zucchero) e allo sparire dei

sintomi alimentarsi con nutrienti ricchi in carboidrati complessi, in seguito aumentare in numero

degli HGT per verificare il raggiungimento di una glicemia adeguata. In caso di grave ipoglicemia

con perdita di coscienza del pz, molti protocolli permettono all'infermiere di somministrare

attraverso un CVP(catetere venoso periferico) una soluzione da 250 ml di glucosata al 5%,

successivamente al richiamo dei soccorsi o all'allerta del medico.

3)Nutrizione Alterata

Attraverso un anamnesi verificare le abitudini alimentari del paziente e valutare se il paziente abbia

bisogno di un sostegno da parte di professionisti come dietologi e nutrizionisti specializzati

Monitorare peso, idratazione e la glicemia.

Rischio di lesioni correlato a immobilità

Paziente anziano, e/o obeso allettato ed immobile rischia maggiormente la formazione di lesioni da

decubito, con grave ripercussioni visto la tendenza alle infezioni e la lenta guarigione delle ferite.

Aumentare la frequenza dei cambi di posizione e il monitoraggio della cute dei punti sospetti e

sopratutto del piede.

Rischio di ipovolemia correlato a poliura

Effettuare un bilancio idroelettrolitico e valutare con anamnesi, PV ed E.O. lo stato di idratazione

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
8 pagine
4 download
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher penny91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Infermieristica clinica in area critica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Bonso Ornella.