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L’iperuricemia è presente nel 4.3% dei maschi e 0.9% delle femmine di età compresa tra 20 e 59

anni. La gotta è l’artropatia infiammatoria più frequente nei maschi adulti. Colpisce il 2% circa

degli adulti di ogni sesso con una prevalenza che aumenta con l’età, tanto da raggiungere il 5% nei

maschi e 2% nelle donne di età >80 anni. Il rischio di sviluppare gotta aumenta esponenzialmente

con l’aumentare dei valori di uricemia.

L’acido urico deriva dal catabolismo delle basi puriniche. A pH 7.4 nei liquidi extracellulari, l’acido

urico è presente per il 98% come UMS che, quando precipita, forma cristalli aghiformi con

birifrangenza positiva al microscopio a luce polarizzata. La solubilità dell’UMS in acqua e plasma è

largamente superiore all’acido urico, ma si riduce col diminuire della temperatura e del pH,

incrementando quindi il rischio di precipitazione. Solo il 5% di urato si trova legato alle proteine

plasmatiche. I livelli di acido urico plasmatico riflettono il pool miscibile dell’organismo, a sua volta

espressione di un equilibrio tra produzione e eliminazione. Il pool miscibile è 1200 mg nell’uomo e

640 mg nella donna con un turnover rate del 45-85%.

L’eliminazione dell’acido urico avviene prevalentemente per via renale attraverso 4 tappe:

1. Filtrazione glomerulare (≈100% della quota plasmatica)

2. Riassorbimento tubulare precoce a livello del tubulo prossimale (90% della quota filtrata)

mediante trasporto attivo, ma influenzato dal riassorbimento del sodio. Un aumento del

riassorbimento di questo ione provoca quindi una riduzione della clearance dell’acido

urico.

3. Secrezione tubulare attiva a livello del tubulo prossimale (50% della quota riassorbita)

4. Riassorbimento tubulare post secretorio a livello del tubulo prossimale (40% della quota

secreta)

È recentemente stato scoperto Uric Acid Trasporter 1 (URAT1) che è in grado di scambiare acido

urico con numerosi anioni endogeni come lattato e chetoacidi, ma anche con farmaci anionici. Si

trova nel tubulo prossimale e rappresenta il meccanismo più importante di riassorbimento degli

urati. Soggetti con mutazioni a carico del gene per URAT1 presentano iperuricosuria e ipouricemia.

Il meccanismo è inoltre influenzato da età, sesso, ormoni sessuali e farmaci. Un terzo circa

dell’acido urico passa nell’intestino dove viene ossidato dalle ossidasi batteriche in allantoina,

acido allantonico, anidride carbonica e urea. Emuntori secondari sono saliva, secreto gastrico,

pancreatico ed enterico e il sudore.

L’iperuricemia è una condizione asintomatica caratterizzata da aumento dei livelli sierici di UMS

capaci di indurre rischio di precipitazione nei tessuti. La concentrazione massima normale è

stimata col valore massimo di saturazione dell’acido urico in soluzione nel plasma: nelle

popolazioni occidentali sono 6.9-7.5 mg/dl nei maschi e 5.7-6.6 nelle femmine. Il Rivetti Heart

Study identifica il range di normalità nella popolazione di età compresa tra 20 e 59 anni tra 3.7 e

6.2 nei maschi; 2.5-4.6 nelle donne.

L’uricemia può essere classificata in:

 Forme primarie. Per lo più rappresentate da un deficit di escrezione renale dell’acido urico

per inibizione di URAT1. Esistono poi deficit enzimatici a carico degli enzimi legati al

metabolismo delle basi puriniche. La condizione più nota è la S. di Lesch-Nyhan

caratterizzata dall’assenza completa dell’enzima HGPRT, trasmessa con il cromosoma X.

 Forme secondarie. Oltre il 70%. Solitamente associati a trattamenti farmacologici (diuretici

tiazidici e ASA a basse dosi), ma anche malattie mielo/linfoproliferative, anemie emolitiche,

psoriasi, sarcoidosi, ipossia tissutale, agenti citotossiche, diete iperpuriniche, potus, IRC,

nefropatia da piombo, rene policistico, acidosi, disidratazione.

 Forme né primarie né secondarie. È stata trovata correlazione con diabete mellito, obesità,

ipertrigliceridemia, ipertensione arteriosa, aterosclerosi e sindrome metabolica.

L’iperuricemia non è sufficiente a far precipitare microcristalli. Relativamente alla concentrazione

di acido urico, hanno importanza le brusche variazioni: non solo, come è ovvio, un suo

incremento, ma anche la diminuizione prodotta da farmaci ipouricemizzanti. Un aumento rapido

dell’uricemia può aversi per introito alimentare di carni o alcol, chemio- o radioterapia delle

neoplasie oppure per ridotta escrezione. A livello articolare, la concentrazione di urato resta in

equilibrio con quella plasmatica, ma nelle ore notturne vi è un incremento del riassorbimento

dell’acqua verso il plasma, aumentando quindi la quota di acido urico articolare.

Altri fattori che favoriscono la precipitazione di cristalli di UMS sono: età adulta, sesso maschile,

precedenti danni articolari, microtraumi ripetuti, aumento della pressione articolare, riduzione

della temperatura, riduzione del pH, ischemia.

Fisiopatologia

L’attacco acuto di gotta è verosimilmente il modello di flogosi più violento che sia dato osservare.

I cristalli di UMS, attraverso una interazione con i macrofagi, stimolano la produzione di IL-1 e IL-8

che richiamano neutrofili. Questi provvedono ad una fagocitosi, durante la quale vengono liberati

enzimi lisosomiali, radicali liberi dell’ossigeno, PG, LT e IL che amplificano enormemente il

processo flogistico. Si attivano inoltre il sistema del complemento e il sistema della coagulazione

con particolare intensità. La produzione di C5a, potente chemiotattico, è favorita dalla presenza di

C5a-convertasi sulla superficie dei cristalli. Vi è inoltre produzione di chinine determinanti

vasodilatazione e di altri mediatori quali la sostanza P che ha effetti flogistici. La straordinaria

attivazione del meccanismo di flogosi giustifica la presenza di manifestazioni sistemiche.

Nonostante la drammaticità degli eventi, i primi attacchi acuti di gotta durano solo una settimana o poco

Questo può essere giustificato dalla vasodilatazione che avviene durante la flogosi, utile a

più.

ristabilire l’equilibrio della concentrazione di urato con quella plasmatica e quindi minor tendenza

alla formazione dei cristalli. Inoltre l’aumento della temperatura articolare scioglie i cristalli e la

liberazione di cortisolo dalla corticale surrenale modula la flogosi.

Dopo un certo numero di attacchi acuti, questi tendono ad essere più frequenti, durare di più ed

interessare più articolazioni. Si va così verso la gotta cronica con la formazione dei tofi. La sinovite

che si viene a creare è molto simile a quella osservabile in corso di artrite reumatoide.

Nella gotta acuta le lesioni sono aspecifiche, anche se è possibile osservare cristalli di UMS nella

membrana sinoviale e nella cartilagine, circondati da reazione infiammatoria. Nella gotta cronica

vi è la formazione di una iperplasia sinoviale simile al panno con infiltrati monocellulari e erosioni

ossee. Inoltre si notano i tofi, inizialmente piccoli ammassi microcristallini, possono raggiungere

anche un diametro di 10 cm. Si trovano nelle articolazioni, borse, tendini, aponeurosi, padiglione

auricolare e reni; all’osservazione appaiono come pietre friabili.

La gotta viene anche definita ποδάγρα (podagra, tagliola al piede).

1. Attacco Acuto. Il dolore solitamente insorge nelle ore notturne, a letto. Solitamente

monoarticolare, progredisce lentamente, ma in modo grave, fino a causare immobilità. La

spiccata dolorabilità rende insopportabile il semplice contatto con il lenzuolo. La

tumefazione non è molto marcata, ma precoce. Il calore è notevole. Il rossore si istaura

subito creando un colorito “a buccia di cipolla”. I sintomi vengono accompagnati spesso da

febbre, astenia e irrequietezza. Con l’approssimarsi della fine della crisi, si manifesta

spossatezza e desquamazione cutanea. L’articolazione più interessata è la MTF dell’alluce

(60%) perché più esposta a microtraumi e ad aumento della pressione articolare nella

marcia. La durata del primo attacco, senza terapia, varia da alcuni giorni ad 2 settimane,

ma la crisi acuta non supera i 4-5 giorni.

Periodo intercritico. Se si eliminano le cause scatenanti, non è detto che ci siano altri

2. attacchi acuti di gotta. Solitamente, però, a distanza anche di qualche anno, subentrano

nuovi attacchi, sempre più frequenti con interessamento di più articolazioni e si accorcia il

periodo intercritico di completo benessere. L’artrite diventa dunque poliarticolare e

persistente, configurandosi nel quadro di gotta cronica. Secondo alcuni Autori, l’utilizzo di

steroidi nelle crisi acute potrebbe accelerare il passaggio verso la forma cronica.

Gotta cronica.

3. Impegno articolare. La poliartrite talvolta è indistinguibile da artrite reumatoide.

a. Negli anziani, a causa della degenerazione articolare, questa forma può essere

presente all’esordio. Elemento frequente di accompagnamento sono le borsiti: in

particolare del gomito, di cui la gotta è la causa più frequente.

Gotta tofacea. I tofi sono elementi caratteristici, anche se non costanti, della gotta

b. cronica. Inizialmente compaiono in elice del padiglione auricolare, gomiti e talloni.

Successivamente, interessamento di mani e piedi. Dimensioni variabili da qualche

millimetro a diversi centimetri. Consistenza solitamente dura, ma a volte molliccia

con tendenza all’ulcerazione e alla fuoriuscita di materiale biancastro.

c. Gotta viscerale.

i. L’interessamento più frequente è quello renale. Nefropatia uratica: esito

naturale e tardivo della gotta, dovuta alla deposizione di cristalli di UMS

nell’interstizio che può portare a insufficienza renale. Calcolosi renale: 1000

volte più frequente del normale nei pazienti gottosi. Nefropatia da acido

urico: rara, si manifesta nei soggetti in trattamento con alte dosi di

chemioterapici; i cristalli di UMS ostacolano il deflusso urinario causando

una forma reversibile di IRA.

ii. La xantino-ossidasi tende ad aumentare lo stress ossidativo e la produzione

di radicali liberi dell’ossigeno che sono direttamente responsabili della

produzione di citochine e dell’apoptosi. Inoltre interviene negativamente

sulla disfunzione endoteliale. Inizialmente su modelli murini, l’iperuricemia

correlava con peggioramento della funzionalità cardiaca che regrediva dopo

somministrazione di allopurinolo. Numerosi studi confermano tale

correlazione sull’uomo. A tutt’oggi non si può ancora affermare se

l’iperuricemia sia un marker di malattia cardiovascolare o un reale ed

emergente fattore di rischio. Da una parte esistono evidenze del suo

coinvolgimento n

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
8 pagine
SSD Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Rityanel di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Malattie del sistema immunitario e reumatologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Vinci Maria.