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DIBETE DI TIPO I
Bassa incidenze, 5-10%. Colpisce prevalentemente i giovani. E’ dato da una distruzione delle cellule β
del pancreas. Può essere di origine autoimmune o idiopatica. E’ evidente un’ereditarietà familiare. Chi
ha genitori con tale diabete, ha più probabilità di esserne affetto.
Sintomatologia: polifagia, poliuria, polidipsia, irritabilità, malessere, apasia (le ultime 3 sono
sintomatologie neuronali).
Le cellule β del pancreas non riescono più a produrre insulina e ci sarà del glucosio che, arrivando alle
cellule, trova la porta chiusa. Se i carriers non sono aperti, il glucosio non riesce a penetrare.
DIABETE DI TIPO II
Incidenza più alta, 90-95 %. Non si ha alcun problema nel pancreas. L’insulina è prodotta ma non è
efficace. L’eziologia non è nota, è presente una certa familiarità ed è importante lo stile di vita. I fattori di
rischio sono: sovrappeso, inattività fisica, ipertensione > 140-180, percentuale di HDL > 35mg/dl,
trigliceridi > 250 mg/dl.
Nel diabete di tipo II c’è l’insulina ma non riesce a legarsi ai recettori e quando arriva il glucosio vicino
alle cellule, trova la porta chiusa, perché si va ad avere un cambiamento morfologico dei recettori per
cause non determinate.
Ci possono essere effetti sul micro e macrocircolo. Problemi nel microcircolo possono determinare
problemi soprattutto di tipo visivo: RETINOPATIA DIABETICA, nei pz con diabete difficilmente
compensabile.
A livello renale: GLOMERULO NEFRITI, OSTRUIZONI RENALI, come conseguenza del diabete.
STANCABILITA’, APATIA: per che il cervello è il più grosso consumatore di glucosio.
Effetti sul macrocircolo: ATEROSCLEROSI.
Le cellule del nostro organismo devono pur mangiare. Se noi non possiamo usare i carboidrati,
dobbiamo usare altre fonti: neoglucogenesi dalle proteine e dai grassi. Questa neoglucogenesi porta
alla formazione di gruppi chetonici che determinano, in caso di elevato aumento in circolo, una
chetoacidosi. Classico alito di acetone per questi corpi chetonici. Il glucosio richiama nei tubuli renali
l’acqua, per questo il pz va molto in bagno e beve tanto (per reintegrare). Si ha un sangue denso, poco
fluido perché ricco di zuccheri, proprio per questo nei vasi è richiamata acqua. Il problema è
l’iperglicemia. Se noi non riusciamo ad usare il glucosio, questa condizione viene letta come incapacità
di riuscire ad usare il glucosio. Dall’ipotalamo parte il segnale per far produrre più insulina. Quindi, si
produce più insulina, aumenta il glucosio che continua a non poter essere usato, si ha un quantitativo di
sostanze che rende il sangue meno fluido, esponendo il soggetto ad un rischio di trombosi.
Ai neuroni per svolgere la loro attività in modo adeguato necessitano di glucosio. Se ciò manca, si
hanno problemi dell’alterazione della trasmissione degli impulsi. Il pz è irascibile, apatico,
tendenzialmente bipolare.
Per fare DIAGNOSI di diabete deve essere rispettato almeno 1 dei seguenti criteri diagnostici:
- FPG > 126 mg/dl;
- Si somministrano al pz 75 g di glucosio e si vede dopo 3 ore la glicemia: se è > 200 mg/dl → il
glucosio non riesce ad entrare nelle cellule e resta in circolo (indice di diabete);
- Emoglobina glicata > 6,5 %;
- Iperglicemia random > 200 mg/dl.
Le cure del diabete e l’eventuale prevenzione gravano sulle spese del SSN per il 6,65 %, ovvero 5
miliardi di €.
Il 34,2 % della popolazione è in sovrappeso e ben il 10 % è addirittura obeso, quindi, con un indice di
massa corporea > 30. E’diabetica il 4% del popolazione, soprattutto dopo i 45 anni. L’80% dei pz
diabetici ha più di 45 anni.
Grafico che indica la prevalenza del diabete in Italia a partire dal 2000 fino ad arrivare al 2011. Si vede
che il trend è in continua crescita ed è aumentato di un punto percentuale nel giro di 10 anni. Per fasce
di età si vede com’è l’andamento: aumenta con l’aumentare dell’età. Sono leggermente più colpite le
donne (5%) rispetto agli uomini (4,7%). Se vediamo la distribuzione geografica: al nord la prevalenza è
minore rispetto al centro ed ancor più rispetto al sud ed alle isole. Le regioni rosse sono: Sicilia,
Basilicata, Campania ed Abruzzo.
Il 72% dei pz diabetici è in sovrappeso e all’82 % è stato consigliato di dimagrire, ma solo la metà ha
cominciato una dieta ed un’attività fisica. La metà tende anche ad essere ipertesa e per il 64 % soffre
anche di ipercolesterolemia e solo il 26 % ha intrapreso una dieta ed una terapia adeguata.
DIABETE E PARODONTITE
Nel 1950 è stato notato come nei soggetti diabetici la presenza della parodontite tenderebbe ad essere
maggiore rispetto ad i soggetti sani. C’è una maggiore presenza di parodontite nel diabetico rispetto al
non diabetico. Si cominciava a dedurre come il diabete iniziava ad essere un fattore di rischio per la
parodontite, invece, la parodontite era vista come una possibile complicanza del diabete. Le 2 patologie
tendevano ad avere una certa correlazione. E’ stato visto che il rischio di un soggetto diabetico di avere
una parodontite è 2-3 volte maggiore rispetto al soggetto non diabetico negli adulti ed ancor di più, fino
a 5 volte, negli adolescenti.
Inoltre, una donna gravida affetta dal diabete ha il rischio di 9 volte di sviluppare una parodontite.
In questa metanalisi sono stati raccolti 23 lavori pubblicati dagli anni ’70 al 2003.. Sono stati esaminati
1.835 pz diabetici di tipo I e II. Sono stati sottoposti a svariati controlli, ovvero 17. 500 controlli totali sul
campione. Età dei soggetti: 15- 78 anni. E’ stato visto che i soggetti diabetici presentavano un’igiene
orale peggiore, una gengivite più grave così come un quadro di malattia parodontite rispetto ai pz non
diabetici.
La prevalenza della malattia parodontale non è così diversa tra i diabetici e non. Questa metanalisi va a
dare 2 conclusioni non particolarmente concordanti tra loro.
In questo studio del 2002 è stato preso un campione di 4.300 adulti con un diabete poco controllato,
ovvero non avevano intrapreso un’adeguata terapia: nel caso del I tipo non veniva assunta insulina
dopo pranzo, nel diabete di tipo II non venivano assunti farmaci ipoglicemizzanti. Il rischio di ammalarsi
di parodontite nel diabetico non controllato è 3 volte maggiore rispetto al diabetico controllato.
Il controllo della glicemia è il fattore più importante di rischio, non tanto l’avere o meno il diabete.
Vedremo come chi ha il diabete controllato ha aspetti più simili ai pz sani rispetto ai pz con diabete non
controllato.
Il meccanismo su cui va ad interferire il diabete è rappresentato in questo grafico:
il diabete determina una ridotta funzionalità delle cellule di difesa e porta una ridotta risposta
infiammatoria ed un aumento della produzione di citochine. Il rilascio di citochine fa sì che venga
modificata l’omeostasi del collagene che porta ad un’alterazione dei nostri tessuti oltre alla lesione
endoteliale. Per questo, quando arriva un pz e vediamo che è diabetico, è un problema per il fatto che
la guarigione è ritardata.
Anche se negli studi sono presenti tali correlazioni, non si possono trarre conclusioni definitive perchè
non ci sono campioni idonei per ottenere un risultato valido (anche se molti ricercatori davano il
controllo antigenico come possibile aiuto alla terapia parodontale).
Metanalisi del 2005 di 10 studio che coinvolge pz con diabete di tipo I e II ed utilizza l’emoglobina
glicata come misura del controllo glicemico. E’ stato visto come la terapia parodontale non determinava
un miglioramento statisticamente significativo nel diabete, però, era presente un miglioramento più
sensibile in pz con diabete di tipo II (che è più difficile da trattare). Questo studio è stato effettuato su pz
diabetici sottoposti a terapia parodontale. E’ stato visto come non c’era un miglioramento significativo
con terapia parodontale. Però, se andiamo ad analizzare i pz che avevano un diabete di tipo I e II, c’era
un miglioramento in entrambi, ma il miglioramento maggiore era legato al diabete di tipo II. Per questo
non si può giungere a dire che la parodontite non modifica il controllo glicemico, proprio perché i
miglioramenti c’erano, ma, non statisticamente significativi.
In questo studio è stato visto con il trattamento parodontale, che prevedeva un certo mantenimento nel
tempo, si avevano risultati simili sia nel diabete di tipo I che di tipo II, una guarigione simile a quella
ottenibile nei soggetti non diabetici sia nel breve che nel lungo periodo.
E’ difficile studiare le basi eziopatolgiche così complesse come quelle della patologia diabetica e,
quindi, non si può parlare solo del diabete come fattore di rischio della parodontite, ma, si deve parlare
di un insieme di stati patologici che prevedono l’obesità, il diabete e la resistenza all’insulina. Questo è
la sfida che bisogna affrontare per capire come interfacciano tra loro questi stati patologici. E’ stato
visto, a proposito dell’obesità, come il tessuto adiposo di topo obesi produce il TNF. Il tessuto adiposo
non è solo segno si mancato equilibrio tra entrata e consumo di glucosio, ma, come si è visto per la
produzione di tale citochina, gioca un ruolo importante sull’omeostasi dell’intero organismo. E’ stato
visto, come il tessuto adiposo di soggetti obesi è capace di produrre anche l’IL-6 e tutte le sostanze che
hanno un ruolo importante per la patologia diabetica e per quella cardiovascolare. La correlazione tra
parodontite e diabete è molto vasta e comprende anche sovrappeso, obesità ed il ruolo del tessuto
adiposo.
In questo studio è stato visto il rischio di incorrere in parodontite:
- se noi consideriamo un pz in sovrappeso, con un indice di massa corporea tra 25 e 30, vada ad
aumentare di ben 3 volte;
- se il pz è obeso, con un indice di massa corporea > 30, il rischio aumenta 8,6 volte.
L’obesità è un fattore predittivo favorevole di parodontite (proprio per questo rischio aumentato di cui si
è parlato prima) e può essere anche legato all’obesità al di sotto dell’insulina resistenza, al fatto di non
riuscire ad usare il glucosio, aspetto che implica una serie di cambiamenti nel nostro organismo,
creando infiammazioni sparse ovunque. E’ stato visto come l’obesità, che indice un aumento del
tessuto adiposo, tende a produrre citochie proinfiammatorie da adipociti. Queste citochine vanno ad
influire sul diabete ch