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Egizi, i Fenici, i Persiani; nel 3° libro studia le arti del disegno presso gli Etruschi; nel 4° libro studia le

arti del disegno presso i Greci, e l’idea del Bello; nel 5° libro il Bello è caratteristico dell’arte greca, viene

considerato nelle varie opere. Nel 6° libro si parla del panneggio; nel 7° della parte tecnica; l’8° da una

sintesi dei progressi e della decadenza dell’arte presso i Greci e presso i Romani, analizzando lo “stile

antico”, lo “stile sublime” e quello della decadenza. Nel 9° libro si parla della storia dell’arte presso i

Greci dagli inizi ad Alessandro Magno; nel 10° la storia delle arti del disegno da Alessandro Magno al

dominio dei Romani in Grecia; negli ultimi due libri (11° e 12° ) la storia dell’arte greca presso i Romani

dalla Repubblica al decadimento. Il pregio degli esempi di Winckelmann è di tentare di trasmettere con

parole e sensazioni l’opera d’arte.

§ L’archeologia filologica

La filologia nel mondo moderno è nata con Wolf , nel 1777, che viene immatricolato nell’Università di

Gottinga come studiosus philologiae. La filologia si afferma dapprima in Germania, dividendosi in due

rami: la grammatica comparata e la critica dei testi. Inizia così il periodo filologico: è in questo periodo

che si scopre che molte opere dell’età romana, non sono originali greci, ma copie. Dal 1830 quindi,

l’archeologia diventa scienza diretta dalle scuole di studiosi tedeschi. La Germania si vede erede diretta

delle civiltà della Grecia. Per quanto riguarda il parallelismo tra copie e fonti, la prima identificazione è

quella dell’ “Apoxyomenos” di Lisippo: le statue in bronzo potevano esser copiate in marmo, ma restava

comunque traccia della tecnica diversa usata; elementi evidenti sono i puntelli, visto che la statua di

bronzo si regge anche se è fuori dall’equilibrio statico, il copista, passando dal bronzo al marmo, deve

aggiungere un qualcosa che sorregga la statua, quindi deve realizzare dei punti di appoggio. Dove ci

sono puntelli, le statue non sono originali, bensì copie. Poi viene la volta del “Doriforo” di Policleto:

questa statua era nel mezzo tra l’età arcaica e l’età classica; nel periodo arcaico il kouros, cioè la statua

virile nuda, non rappresentava una divinità e anche la kore, la sua versione femminile. L’identificazione

del Doriforo è dovuta a Friederichs: egli nota prima di tutto che esistono molte repliche, perciò era una

statua famosa. L’origine era in marmo o in bronzo? Con lo studio della capigliatura, Friederichs si

convince che si tratta di un bronzo. Studia allora la composizione della figura, armoniosa, da una parte

la gamba è tesa, dall’altra è leggermente flessa, si ha uno spostarsi del busto e della testa, per cercare

equilibrio; si analizza il chiasmo, cioè le masse del corpo composto ad X. Si giunge al fatto che il Doriforo

del Museo di Napoli è solo una copia, perché contiene elementi arcaici. Furtwaengler, primo tra gli

archeologi, è stato il primo a sfruttare i progressi della fotografia, e dotato di conoscenza diretta di

molti musei, ha una memoria visiva che usa nelle identificazioni. Attraverso le copie di età romana si

può ricostruire il testo originale delle opere greche: questo processo però ha due effetti, quello di

concentrare la ricerca così da trascurare gli originali stessi; quello di perdere di vista lo studio della

qualità artistica dell’opera d’arte. In alcuni casi, ci sono attribuzioni che per molto tempo venivano date

per certe, poi vengono messe in dubbio: un esempio è “Eirene e Ploutos” di Kephisodotos. La statua

raffigura una donna che tiene un bambino appoggiato al braccio sinistro, era arrivata nel 1760 nella

raccolta della Villa Albani a Roma, ed era stata interpretata da Winckelmann come Giunone e Lucina,

poi, più tardi, con Ino-Leucotea col piccolo Bacco. La statua viene portata a Parigi da Napoleone, nel

1816 viene acquistata da un principe di Baviera, successivamente era stata ritenuta un originale greco

dell’età di Fidia, poi interpretata come Gea. Il Brunn interviene e dimostra che si trattava in primis di

una copia di età romana, non un originale, e che lo stile la categorizzava fra il V e il IV sec. a.C.;

conferma l’attribuzione a Kephisodotos, in base ai passi di Pausania, e l’occasione per cui la statua era

stata fatta, ossia la pace con Sparta del 375. Solo che di Klephisodotos ne esistevano due per le fonti

antiche, quindi Brunn propone di riconoscere in Kephisodotos il Vecchio un membro della stessa

famiglia, probabilmente il padre di Prassitele. Una somiglianza si nota con i rilievi delle basi delle

colonne dell’Artemision di Efeso: il tempio era stato ricostruito nell’età di Alessandro Magno, il che

escludeva i due Kephisodotos; Rumpf propone l’interpretazione della figura come Tyche e l’attribuzione

dell’originale a Prassitele. Anche per la pittura è lo stesso discorso: in una serie di quadri delle pareti

delle case di Pompei, ci sono riproduzioni di pitture originali greche. Tra i fondatori della scuola

filologica ci sono il Brunn, che ha saputo formulare giudizi adeguati, e che ha scritto un’opera

importante come “Storia degli artisti greci”; il Furtwaengler che ha portato al massimo il metodo di

ricostruzione degli originali partendo dalle copie e ha scritto un’opera grandiosa, “Capolavori della

scultura greca” pubblicato nel 1893.

§ Le fonti letterarie

Le fonti sono molteplici, dirette e indirette: le fonti dirette sono costituite dagli scrittori che si sono

occupati di cose d’arte; le fonti indirette sono costituite dalle opere letterarie in cui è contenuta

un’opera o le notizie di un artista. Le fonti più importanti sono “Naturalis Historia” di Plinio e

“Periegesi della Grecia” di Pausania. Altre fonti sono state raccolte dall’Overbeck nel 1868 in “Fonti

letterarie antiche per la storia dell’arte greca e romana”. Plinio il Vecchio con la sua Naturalis Historia

rimane la fonte più completa e preziosa: i libri interessanti sono il 34° , il 35° , il 36° dove si parla di

pietre, marmi, della loro natura; della scultura; dei metalli, del bronzo, della metallo tecnica, delle terre

colorate, della pittura. La fonte principale di Plinio era Apollodoros ateniese, autore di una cronaca

enciclopedica in versi, era un grammatico, allievo di Aristarco, ed era il maggior rappresentante del

movimento classicistico. Pausania era vissuto nel II sec., la sua opera rientra negli scritti di tardo

ellenismo, i cui autori erano chiamati periegeti, cioè descrittori di viaggi, autori di guide per il forestiero

che visitava santuari, ecc. La Periegesi segue un ordine geografico chiaro: comincia dall’Attica, passa nel

Peloponneso, all’Arcadia, alla Beozia, alla Focide, alla Locride e alla zona di Naupaktos. Pausania si

propone di considerare la Periegesi un libro di lettura, non una “guida per il turista”. Ora, Pausania

sembra che abbia visitato alcuni luoghi, come ad es. i santuari di Olimpia, l’Acropoli di Atene. Un

esempio: la descrizione del santuario di Olimpia, molti capitoli contengono le narrazioni sulla storia

antica dell’Elide e delle città comprese; poi si passa alla descrizione del santuario, si parte dal centro, il

tempio di Zeus, poi al tumulo di Pelope, il tempio di Hera, e via di seguito. All’interno del tempio

Pausania parla di una statua di Hermes di Prassitele, ed effettivamente è stata trovata la statua

esattamente dove Pausania aveva scritto. La statua scoperta dai tedeschi nel 1877 è “Hermes con Dioniso

infante”, databile intorno al 340. Ad Olimpia Pausania parla dei due frontoni del tempio di Zeus. Luciano

era uno scrittore di cultura che parla di opere d’arte che ha visto e le descrive, esprimendo le proprie

sensazioni e il proprio giudizio. Ateneo, grammatico e sofista, nato in Egitto, poi vissuto ad Alessandria e

infine a Roma, vissuto verso la metà del III sec. d.C. è riuscito a comporre documenti interessanti, che

fanno conoscere lo splendore delle corti ellenistiche e le suppellettili in metalli preziosi.

§ Le scoperte e le grandi imprese di scavo

Lo studio dell’arte antica è composto da 3 filoni: la conoscenza delle fonti scritte; la conoscenza dei

materiali dello scavo; il criterio metodologico per raggiungere conclusioni storiche. Winckelmann si

trovava di fronte spesso a un caos di opere d’arte, uscite dal suolo di Roma, non classificate. Nel 700 era

nato a Londra un gruppo che aveva fondato nel 1733 la “Società dei dilettanti”, che finanziavano viaggi,

si accodavano a spedizioni, fatte dal governo inglese ( come gli scavi di Ercolano e Pompei). Una delle

prime acquisizioni sono i marmi del Partenone, e del tempio di Nike Apteros, legati al nome di Fidia: nel

1799 Lord Elgin viene mandato come ambasciatore a Costantinopoli e da lì cominciano le disgrazie. Elgin

si prende il risentimento di Napoleone, e anche nello stesso ambiente ecclesiastico inglese, in più aveva

contratto una malattia della pelle; nel 1803 lascia Costantinopoli e si reca a Londra, passando per la

Francia, ma Napoleone lo arresta come prigioniero di guerra insieme alla moglie e un amico. Liberato,

arriva a Londra, segue un processo di divorzio per l’infedeltà della moglie, che lo escluderà subito dalla

carriera politica. Mentre Elgin era prigioniero il suo agente comincia a spedire i marmi in ceste, che

sono però naufragate e salvate da palombari. Le ceste rimanenti giungono a Londra, al British Museum.

L’asportazione di opere d’arte dal luogo di origine, è possibile? È sì un atto lesivo e riprovevole, ma il

trasferimento può aiutare la cultura futura. Comunque, dopo che i marmi vengono posti nel British

Museum, si accentua l’interesse per l’arte greca: nel 1812 vengono portati a Londra i rilievi del tempio di

Apollo a Bassae per es. ; vengono intrapresi a Selinunte scavi da parte di due inglesi, che mettono in luce

i resti dei templi e delle metope tra le più antiche conservate. Dopo il 1860 vengono ripresi gli scavi a

Pompei e vengono alla luce sculture, copie di originali greci e soprattutto pitture. Nella seconda metà

dell’800 vengono intraprese delle spedizioni da parte di Inglesi, Tedeschi e Francesi; i primi scavi sono

in Samotracia, e la Nike viene portata al Louvre. Poi è la volta degli scavi ad Atene, in cui sono comparsi

i primi vasi di stile geometrico e scavi ad Olimpia, ad Efeso, l’esplorazione di Pergamo. Ci sono così 3

centri : Olimpia, dal periodo arcaico al periodo romano; Efeso, dal VII sec. all’età tardo antica e

bizantina; Pergamo, dall’et&agra

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosy988 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte romana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Slavazzi Fabrizio.