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Leonardo: la Sant’Anna

Abbandonata Milano dopo la caduta di Ludovico il Moro, Leonardo sosta per

qualche tempo a Mantova e quindi a Venezia per poi fa ritorno a Firenze. Pochi

mesi dopo espone alla Santissima Annunziata

un cartone raffigurante la Vergine con il

Bambino e sant’Anna. Nel cartone (fig.66) le

figure, serrate in un blocco, ma nel contempo

Figura 66 articolate con un complesso intreccio di moti

fluenti, sottolineati dall’andamento dei panni, appaionoimminenti verso il

primo piano, grandiose e monumentali, nonostante l’effetto di morbido

avvolgimento atmosferico determinato dal delicato equilibrioi tra sfumato

e alternanza di ombre e di luci. E alle figure del Cenacolo, esse sembrano

apparentate anche perl’intensità emozionale e psicologica.

Una stesura cromatica di stupefacente delicatezza nei trapassi e una più Figura 67

sciolta naturalezza nel fluire e nell’allacciarsi dei gesti e degli sguardi, sullo

sfondo del profondo paesaggio di acque e rocce, caratterizza invece il dipinto, Sant’anna, la Madonna e il

Bambino (fig. 67), accentuando l’impressione dello spettatore di trovarsi di fronte all’epifania di un evento

misterioso. Opera che doveva apparire quasi come la rivelazione di un nuovo universo formale, aprendo

territori inesplorati ai contemporanei della sua epoca.

La Repubblica fiorentina e il progetto di decorazione della

Sala Grande del Consiglio in Palazzo Vecchio

Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, la cacciata dei Medici e

la fine della Repubblica di Savonarola, Firenze aveva vissuto un

momento di profonda crisi da un punto di vista artistico.

L’istituirsi di un governo oligarchico retto dal gonfaloniere a

vita Pier Soderini, pone premesse particolarmente favorevoli

per una vivacissima ripresa delle iniziative di committenza,

pubbliche come private. È

Figura 68

significativo dunque che proprio a Michelangelo e a Leonardo venga

affidato l’incarico di rappresentare in forme monumentali due vittoriosi

fatti d’armi dei fiorentini – la battaglia di Anghiari e la battaglia di Cascina –

nella Sala Grande del Consiglio in Palazzo Vecchio, costruita su modello

della Sala del Maggior consiglio in Palazzo Ducale a Venezia.

Nel 1505 Leonardo inizia dunque a lavorare alla parete, sperimentando una

preparazione a stucco che gli avrebbe dovuto consentire di lavorare più

lentamente, ma ben presto questo metodo si rivelò inefficace perché sulla

Figura 69

parete si verificarono ben presto ampie colature di colore e l’opera è

abbandonata prima del giugno 1506, quando il maestro riparte per Milano.

Distrutto anche il cartone, rimangono solo degli schizzi e copie parziali come

quella di Rubens (fig. 68) e altri dello stesso Leonardo come lo Studio testa di

guerrieri (fig.69), che consentono tuttavia almeno di valutare quanto la

composizione si distaccasse dalle precedenti raffigurazioni di battaglie:

immaginata come un vortice travolgente, simile allo scatenarsi degli elementi

naturali in una bufera, con un’inedita varietà e violenza di moti e attitudini, a

esprimere lo sconvolgimento provocato da quella che l’artista stesso chiamava la “pazzia bestialissima”

della guerra.

Contemporaneo ai lavori per la Battaglia, è il famoso ritratto noto come la Gioconda (fig.70),

probabilmente raffigurante monna Lisa, la sposa di Francesco del Giocondo. Nel dipinto

Figura 70 sembra toccare il culmine la scienza de l’arte di Leonardo nella resa dei più sottili trapassi luminosi come

dell’avvolgimento atmosferico, che rende indissolubile – sul piano formale come su quello emozionale –

l’unione della figura al misterioso paesaggio. La luce, impedendo di oggettivare i particolari fisici, favorisce

la proiezione fantastica dello spettatore, così come il sorriso che anima impercettibilmente e pur già con

inquietante intensità il volto della donna, rimanendo tuttavia ancora indefinito ed indefinibile sul piano

delle emozioni e degli stati affettivi.

Michelangelo

Nel 1510 anche Michelangelo fa ritorno a Firenze. Nel giugno di quell’anno si accorda con il cardinale

Francesco Piccolomini (futuro Pio III) per scolpire quindici statue

per l’altare Piccolomini del duomo di Siena, ma due mesi più tardi

ottiene un incarico ben più prestigioso dai consoli dell’Arte della

Lana e dall’Opera del Duomo, quello di scolpire una figura

gigantesca del David (fig.71): il colosso si allontana radicalmente

dall’iconografia tradizionale dell’eroe biblico. All’acerbo

adolescente raffigurato da Donatello o dal Verrocchio, si

sostituisce una figura atletica di giovane nel pieno delle forze, non

ancora vincitore, ma che si appresta alla lotta sollevando Figura 71

fieramente il volto corrucciato e che nella tensione delle membra,

atteggiate nel contrapposto delle statue antiche, manifesta una terribile

concentrazione di energie fisiche e psichiche. Nudità e gagliardia fisica lo associano

alla figura di Ercole, onorato a Firenze come simbolo delle virtù civiche e la

rendono perfetta incarnazione dell’ideale fisico e morale dell’uomo del

Rinascimento. Il profondo significato dell’opera non rimane celato ai

contemporanei, che decidono di collocarlo davanti a Palazzo Vecchio, come

simbolo delle libertà repubblicane.

Neppure Michelangelo rimane insensibile alla Vergine col Bambino e sant’Anna di

Leonardo: nella Madonna (fig.72) di Bruges, le figure della Vergine e del Bambino,

nonostante il contrasto tra la solenne compostezza della prima e l’accentuato

Figura 72

dinamismo del secondo, appaiono come incluse entro un ideale profilo ad ellissi, di

grande semplicità e purezza. Ma le riflessioni sul dipinto sono più esplicitamente

riscontrabili nei due tondi scolpiti, dove l’artista sembra voler sperimentare effetti

di indefinito spaziale e di avvolgimento atmosferico attraverso le tecniche del “non

finito”, in particolare nel Tondo Taddei (fig.73), ma anche nel secondo tondo,

scolpito per Bartolomeo Pitti, il Tondo Pitti (fig. 74), che presenta una

composizione puù bloccata attorno alla figura della Vergine che stringe a sé il

Bambino, ma che volge lo sguardo in direzione opposta, quasi a volerne scrutare il destino.

Una decisa reazione nei confrotni delle suggestione leonardesche è manifestata invece nel terzo tondo

dell’artista non più scolpito ma dipinto per Agnolo Doni, raffigurante la Sacra Figura 73

Famiglia (fig. 75) e, sullo sfondo di una veduta di paese, al di là del muretto sa

Giovanni Battista bambino e gruppi di ignudi.

Le figure compongono un gruppo serrato ma nello stesso tempo dinamicamente

articolato dal complesso concatenarsi dei moti e delle attitudini che ne esaltano il

potente risalto scultoreo, mentre la modellazione accentua il tagliente nitore dei

profili e l’intensa luminosità dei colori. Gli ignudi

sono stati interpretati come simbolo del

paganesimo, figure profetiche o di angeli, peccatori

in attesa della purificazione battesimale o

Figura 74 personificazione dell’atleta cristiano. Tra le letture,

una delle più suggestiva risulta essere quella che ha proposto di leggervi le

tre epoche fondamentali dell’umanità: prima della legge mosaica (gli

ignudi), il tempo del Vecchio Testamento (san Giovannino e san Giuseppe)

e infine l’età della redenzione (Cristo).

Tale interpretazione è confermata dalle immagini intagliate nella cornice Figura 75

originale: cinque medaglioni con le teste di Cristo, di due profeti e

di due sibille, e ancora figure di animali e maschere di satiri,

insieme allo stemma degli Strozzi.

Anche il cartone della Battaglia di Cascina è andato distrutto,

rimane una copia ad olio dipinta da Tile da Sangallo (fig. 76): la

vicenda raffigurata è quella relativa ad un gruppo di soldati

fiorentini che mentre si bagnavano in Arno vennero

improvvisamente allertati dall’approssimarsi del nemico e si

Figura 76

precipitarono a rivestirsi per affrontarlo. La copia di Sangallo è solo una parte

della vasta composizione. L’episodio fornì a Michelangelo il pretesto per una

rappresentazione virtuosistica delle figure nude.

Raffaello I primi mesi del soggiorno fiorentino permettono a

Raffaello di studiare le opere di Michelangelo e

Leonardo. Nel gioco di variazioni condotte

prevalentemente su spunti leonardeschi si innestano,

di volta in volta altri motivi: da Donatello, nella

Madonna Tempi (fig. 77), con l’accostamento dei Figura 77

volti delle due figure teneramente allacciate sullo

Figura 78

sfondo di un paesaggio luminosissimo, appena avocato nei suoi tratti

fondamentali o da Michelangelo, come nella Grande Madonna Cowper (fig. 78) e

nella Madonna Bridgewater (fig. 79), dove l’energico movimento centrifugo del

Bambino riprende quello del Tondo Taddei. Alle immagini leonardesche Raffaello

guarda cogliendone i principi di strutturazione plastico-spaziale, lasciandone però

in ombra la complessità di allusioni e implicazioni simboliche, oltre che il carattere

di “indefinito” piscologico, procedimento evidente nel ritratto di Maddalena

Strozzi (fig. 80), che ricalca quasi puntualmente la Gioconda, ma con intenti e

risultati espressivi quasi antitetici, accentuando la descrizione dei lineamenti fisici

come delle vesti e dei gioielli, analogamente al ritratto di

Agnolo Doni (fig.81) , marito di Maddalena.

Non si interrompono tuttavia le relazioni dell’artista con la corte urbinate e con i

Montefeltro per il quale Raffaello dipinge il dittico Figura 79

raffigurante San Giorgio e il drago (fig.82) e San Michele e il

drago (fig. 83), inteso a commemorare l’adozione dinastica da parte di Guidobaldo

del nipote Francesco Maria della Rovere. Nel San Giorgio il movimento impetuoso e

ruotante di cavallo e cavaliere conferma lo studio dei disegni leonardeschi della

Figura 80 Battaglia, mentre nel San Michele le immagini demoniache

che attorniano l’arcangelo vittorioso, sullo sfondo della città infernale, rivelano le

suggestioni dei dipinti fiamminghi.

Alla Pala Baglioni, può essere accostata la Santa Caterina d’Alessandria (fig. 84),

raffigurata da un punto di vista rialzato, sullo sfondo vasto di un paesaggio

brumoso, con un potente effetto plastico, accentuato dalla rotazione del corpo e

dal morbido gioco di spirali creato dalle braccia e

dalle vesti.

Tra le ultime opoere fiorentine, prima della partenza Figura 81

per Roma vi è anche la Madonna del Baldacchino

(fig. 85), che innova lo schema delle grandi pale d’altare, con i santi intorno al

trono della Vergine, collocati davanti ad un

grandioso fondale architettonico tagliato dai

margini del dipinto in modo da consentire il

massimo di monumentalità

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
37 pagine
21 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher erica.davanzo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia comparata dell'arte nei paesi europei e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Ghirardi Maria Angela.