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Rinunciando a qualsiasi partizione architettonica, Michelangelo campisce
le figure che gremiscono la parete in una composizione turbinosa su un
cielo profondo, percorso da nuvole, e rappresenta al centro la figura di
Cristo-giudice. Accanto colloca la Madonna, in atto di rivolgere lo
sguardo verso le schiere degli eletti. Nelle lunette alla sommità gli angeli
innalzano i simboli della passione, mentre nella parte inferiore si svolge il
Figura 16 dramma della salvezza e della dannazione. 5
Nell’ideare il dipinto, l’artista trascura alcuni motivi tradizionalmente
presenti nelle raffigurazioni del Giudizio, per concentrare l’attenzione
sull’umanità dei personaggi.
Il dipinto suscita immediatamente polemic rispetto al “decoro” delle figure,
polemiche che però non coinvolgono il pontefice, il quale commissiona a
Michelangelo l’esecuzione di altri affreschi per la propria cappella privata, la
Paolina. Qui l’artista raffigura la Conversione di san Paolo (fig. 16) e la
Crocifissione di san Pietro (fig. 17), portando alle estreme conseguenze le Figura 17
scelte stilistiche del Giudizio. Di nuovo l’artista non si avvale del supporto
prospettico, ma ambienta gli episodi in un paesaggio privo di precisa caratterizzazione, collocando in
posizione leggermente decentrata i due protagonisti, circondati da una schiera di comprimari.
Nella Crocefissione tutta la tensione drammatica è concentrata nella potente torsione di Pietro, già
inchiodato alla croce e visto in una diagonale che tiene conto del punto di vista dell’altare. La solitudine del
pittore trova riflesso nelle figure dei due apostoli, raffigurati vecchi. Questa è l’ultima opera da pittore di
Michelangelo, che da questo momento si dedica esclusivamente alla scultura.
Da Antonio da Sangallo il Giovane a Michelangelo: i grandi cantieri
romani
Paolo III si interessa delle costruzione di San Pietro, ponendo il cantiere
sotto la direzione di Antonio da Sangallo il Giovane. Dopo la sua morte,
Michelangelo è incaricato da Paolo III di intervenire sul lavoro rimasto
incompiuto.
2. I grandi cantieri romani alla metà del secolo
Perin del Vaga viene chiamato da Paolo III per affrescare la Sala Paolina
(fig. 18), dove vengono illustrare storie di Alessandro Magno e di san
Figura 18
Paolo, dipinte entro riquadri quasi del tutto privi di riferimenti prospettici o
paesistici, animati da massicce figure. Intorno agli scomparti si dispiega una ricca
decorazione dai vivaci toni cromatici, che riprende motivi del repertorio
antichizzante elaborati nella cerchia raffaellesca dallo stesso Perino e Polidoro.
Accanto alle grandi decorazioni profane, a Roma si registra un rinnovato fervore nel
campo della pittura religiosa.
Lo scoprimento nel 1517 del Giudizio Universale, aveva suscitato negli artisti
dell’epoca le più diverse reazioni.
Fra coloro che sono sensibili all’opera vi è anche Pellegrino
Tibaldi, che verso la metà del secolo dipinge l’Adorazione dei Figura 19
pastori (fig. 19), dove intorno alla Vergine e al Figlio si
assiepa una folla di figure definite con forte risalto plastico. Nell’anno stesso dello
scoprimenti del Giudizio, Elena Orsini affida a Daniele da Volterra l’affresco della
sua cappella gentilizia nella chiesa romana di Trinità dei Monti, con un ciclo
raffigurante le Storie di sant’elena e una pala con la Deposizione di Cristo dalla croce
(fig. 20). Partendo dalla Deposizione di Rosso Fiorentino, Daniele aumenta il
numero dei personaggi e accentua la profondità spaziale, scalando la scena su più
piani con effetti di virtuosismo prospettico già ammirati dal Vasari. Le figure
Figura 20 6
appaiono modellate con rigore quasi geometrico e scultoreo, che rivela lo studio
delle immagini michelangolesche del Giudizio, mentre la minuziosa definizione dei
panneggi e degli abiti riconduce alle prime esperienze romane dell’artista,
compiute sotto la guida di del Vaga. Particolarmente efficace risulta il taglio
asimmetrico della scena che conferisce risalto alla gestualità dei personaggi issati
sulle scale in atto di protendere le braccia verso il fulcro drammatico ed
emozionale della rappresentazione.
Tra il 1548 e il 1553, sempre in Trinità dei Monti, Daniele dipinge la Presentazione
della Vergine al tempio (fig. 21), architetture e figure appaiono semplificate ma Figura 21
nel contempo definite con sempre più deciso risalto volumetrico, accentuato dai
netti contrasti chiaroscurali, con effetti di scansione rigorosa e geometrizzante
ormai molto lontani dalle ricerche dei eleganti variazioni fomali che caratterizzano
l’opera di numerosi artisti contemporanei.
Scheda 5. Francesco Salviati a Palazzo Ricci Sacchetti
Nella Sala delle Udienze del palazzo del cardinale Giovanni Ricci a Roma, Francesco
Salviati dipinge un emblematico ciclo di affreschi. Sulle pareti sono raffigurate storie
di David, mettendo in risalto nelle vicende del personaggio biblico l’ascesa da umili
origini al trionfo. Le storie bibliche non si collocano entro riquadri regolarmente
definiti e scanditi, ma hanno dimensioni e cornici varie, spesso sovrapposte alle
decorazioni stesse. Numerose figure allegoriche di ignudi si alternano ai riquadri e
agli elementi ornamentali. Nell’episodio raffigurante Betsabea che si reca da David
(fig. 22) la grande scala serpentina delle torre è esempio del raffinato virtuosismo di
Figura 22 Salviati, che riprende la scala dipinta da Pontormo oltre trent’anni prima nel
pannello raffigurante Giuseppe in Egitto.
3. Gli anni estremi di Michelangelo
Dopo la morte di Paolo III Michelangelo si dedica quasi esclusivamente all’architettura.
Dal 1546 il peso della fabbrica di San Pietro grava unicamente sulle sue spalle. Nel
continuare con i lavori Michelangelo abbandona il progetto di Sangallo e riprende
quello di Bramante, abbandonando nuovamente la croce latina in favore della pianta a
croce greca inscritta in un quadrato. Studia anche nuove soluzioni
per la cupola, il cui valore simbolico appariva fondamentale. La sua Figura 23
attività di architetto si estende anche ad edifici civili come porta
Pia.
Nel frattempo la sua opera di scultore non si arresta e l’artista si concentra
principalmente in gruppi raffiguranti la Pietà e nei disegni studia le Crocefissioni.
Probabilmente intorno al 1547-48 il Buonarroti inizia a scolpire un gruppo di quattro
figure raccolte in una serrata composizione piramidale con al centro il corpo di Cristo
morto, franante ma sorretto da Nicodemo, cui si stringono la Vergine e la Maddalena,
Figura 24 opera che l’artista abbandonò, dopo aver tentato di distruggerla. Uno dei particolari
più commoventi è sicuramente l’accostamento della testa del Cristo a quella della Vergine.
In seguito il tema è ripreso in forme sempre più semplificate nella Pietà di Palestrina (fig. 23) del 1555 ca. e
nella Pietà Rondanini (fig.24). Ogni ricerca di perfetta definizione anatomica viene meno e il “non finito”
7
nella modellazioni dei volumi e nella definizione delle superfici sembra consapevolmente negare la
consistenza fisica delle figure, dando vita ad un’immagine del tutto spiritualizzata.
Capitolo 3. La politica artistica dei Medici a Firenze
Il lungo dominio di Cosimo è caratterizzato in campo artistico,
da iniziative destinate ad incidere profondamente sulla città e
sul territorio. Figura 25
1. Le grandi imprese decorative
Sotto il governo di Cosimo, si procede al rinnovamento dell’interno di Palazzo Vecchio, al quale
partecipano numerosi artisti. Il progetto mira all’esaltazione dei fasti medicei attraverso
una decorazione esuberante: storia romana e mitologia vengono piegate ad esigenze
encomiastiche, glorificando insieme passato, presente e futuro della città e della famiglia
ducale.
Fra gli artisti chiamati vi è Francesco Salviati, che affresca la Sala delle Udienze con un
ciclo di Storie di Furio Camillo (fig. 25), proponendo una fantasiosa ricostruzione del
mondo antico noto attraverso lo studio diretto delle rovine di Roma.
Agli allestimenti partecipa anche Agnolo Bronzino, a cui viene affidata la decorazione
Figura 26
della Cappella della duchessa Eleonora di Toledo. Sulle pareti Bronzino raffigura le
Storie di Mosé (fig. 26), prefigurazione di Cosimo, restauratore dello stato
fiorentino. Lo stile di Bronzino è elegante e raffinato, la molteplicità dei modelli
appare assimilata in un linguaggio sintetico e prezioso che predilige forme tornite,
colori fraddi e smaltati ed esprime perfettamente l’ideale rinascita propugnata da
Cosimo, sotto il cui dominio avrebbe dovuto aprirsi una mitica “età dell’oro”. In tale
temperie culturale è dipinta l’Allegoria (fig. 27), tra i personaggi raffigurati si
riconoscono Cupido, Venere e il Tempo, nitidamente definiti, nei profili come nei
volumi, messi in risalto da tonalità smaltate ed innaturali. Figura 27
La fama di Bronzino è tuttavia legata soprattutto ai ritratti, nei quali la
rappresentazione psicologica e individuale dei personaggi sembra annullarsi
nell’elegante apparato che circonda le figure, nella resa dei particolari abiti e degli
oggetti che alludono al rango sociale, come nel ritratto della poetessa Laura
Battiferri (fig. 28), dal tagliente profilo stagliato su un fondo ardesia.
Il momento culminante della ristrutturazione di Palazzo Vecchio coincide con
l’arrivo di Giorgio Vasari a Firenze. Egli lavora agli
affreschi del Salone dei Cinquecento, dedicandolo
alla celebrazione dei fasti e dei trionfi dei Medici,
Figura 28 collocando al suo interno anche la Vittoria scolpita
da Michelangelo per il sepolcro di Giulio II.
Anche il successore di Cosimo, Francesco I, si avvale della collaborazione
del Vasari, affidandogli la realizzazione del suo studiolo (fig. 29). Gli Figura 29
interessi del nuovo granduca non rivolti a problemi di natura esoterica, 8
tecnico-scientifica. Lo studiolo viene destinato ad accogliere le opere più importanti
della collezione di Francesco I. Al centro della volta dello studiolo sono dipinte
raffigurazioni della Natura ceh offre a Prometeo un quarzo perché lo lavori e dei
quattro elementi originari, Aria, Acqua, Fuoco e Terra.
2. Palazzi, statue, fontane e giardini
Subito dopo la collocazione del David di Michelangelo di fronte
a Palazzo Vecchio, si era posto il problema di affiancargli una
seconda statua. Uno dei segnali del consolidarsi del potere
mediceo fu la commissione nel 1534 da parte di Alessandro de’
Figura 30 Medici a Baccio Bandinelli di un gruppo raffigurante Ercole e
Caco (fig. 30), da sistemare accando al David, pericoloso simbolo dell’orgoglio Figura 31
repubblicano. Bandinelli scolpisce un corpo massiccio e compatto nel vano tentativo
di competere con Miche