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Costantinopoli su una base di marmo scolpita a quattro facce
con scene celebrative dell’imperatore, base che è arrivata
fino a noi, e che riprende lo stile del rilievo costantiniano.
Faccia Nord-Ovest: costruita su doppio registro: sopra,
Teodosio I con i figli Arcadio ed Onorio e Valentiniano (accanto, stesse dimensioni di
Teodosio), con dietro la tribuna delle figure togate, i dignitari; sotto, figure
inginocchiate, popoli barbari che rendono omaggio riconoscibili i persiani con il
berretto frigio a sinistra
Faccia Sud-Est: registro superiore: Teodosio in piedi con Arcadio e Onorio che si
affacciano da una tribuna, affiancato da dignitari (il Kadisma del circo); registro
inferire musici e scene di danza, che celebrano il momento in cui l’obelisco viene
innalzato. Uso costante della prospettiva ribaltata, ovvero ciò che è indietro va in
alto.
Faccia Nord-Est: registro superiore, Teodosio I e i figli Arcadio e Onorio assistono
all’erezione dell’obelisco; sotto delle figure di corte ma di livello inferiore e
nell’ultimo registro ancora più in basso degli operai lavorano per tirare su
l’obelisco.
Faccia Sud-Ovest: registro superiore, Teodosio I con Onorio e Arcadio
e Valentiniano assistono alla corsa dei carri, rappresentata in basso nell’ultimo
registro (non nella foto).
Nella base vediamo ricorrenti gli stessi elementi: 1) Rilievo gerarchico, 2) Presentazione forza
imperatore, 3) Uso della prospettiva verticale e ribaltata (teste folla), 4) Rappresentazioni statiche e
astratte, 5) Novità: Teodosio cerca di guardare al mondo classico, con volti più espressivi rispetto al
rilievo costantiniano e leggermente caratterizzati a livello fisico/psicologico.
Vediamo poi l’intervento di Teodosio II, figlio di Arcadio, 408-450, a cui si deve il grande restauro delle
mura, che quadruplicano rispetto alla loro dimensione originale: la costruzione è diretta da Antenio dal
413, e vi partecipò tutta la popolazione (impiego di 16.000 uomini che ultimarono i lavori nel 439). Il
circuito murario va sia nell’entroterra che verso il mare, lungo la costa; nel 447 un violento terremoto le
danneggiò, ma nonostante i vari danni ressero fino alla presa di Maometto II nel 1453; erano composte
da una cinta esterna e una interna, entrambe ritmate da torri, e più avanti un fossato; la muratura a
blocchi di marmi e mattoni, che conferivano bicromia. Era inoltre caratterizzata da molte porte, la più
importane la porta aurea, a tre formici e decorata.
Torniamo in Italia con Ravenna e Milano
Nel 395 Teodosio I muore a Milano, e l’impero viene spartito tra Onorio e
Arcadio: la capitale occidentale fino al 402 è Milano, Roma mantiene la
sua importanza ma Milano è più utile, per la sua posizione, al controllo
del territorio; dai tempi di Costante, molti imperatori si fermano qui, ed è
qui che nascono le prime basiliche, insieme a Roma, grazie anche alla
.
figura di Sant’Ambrogio, importantissimo nel IV sec Le basiliche
ambrosiane sono 4:
San Simpliciano (basilica Virginum, porta comacina nord)
San Nazzaro (basilica apostolorum, sud, porta romana)
San Dionigi (basilica salvatoris, est, porta orientale)
Sant’Ambrogio (basilica martyrium, ovest, porta vercellina)
Sant’Ambrogio: ha subito un restauro radicale nell’800, che ha riportato la chiesa all’aspetto
romanico; della chiesa originale resta il santuario e la camera dove sono sepolti san Gervasio e
Protasio, e lo stesso Ambrogio
San Simpliciano: trasformata in epoca romanica nella facciata, ma l’impianto è ambrosiano, a croce
latina.
Accanto alle basiliche ambrosiane, ne abbiamo altre due:
Santa Tecla: la cattedrale, affiancata dal battistero di San Giovanni in
fontis, adiacenti al duomo attuale e creati alla fine del IV secolo
La basilica di San Lorenzo, presso porta Ticinese, sulla strada
per Ticinum/Pavia, costruita nel primo decennio del V secolo. Questa
basilica è stata trasformata in epoca romanica nell’XI sec, ma è il
monumento che dà ancora l’idea della configurazione originale:
pianta centrale, aperta da un grandioso atrio; struttura
quadrilobata, formata da due gusci concentrici, uno interno, con 4
nicchie chiesa da semicupole (esedre) e grande cupola centrale, e
uno esterno che segue l’andamento delle esedre. Alla chiesa si affiancano i
sacelli, il più importante è quello a destra, di Sant’Aquilino, dove sono ancora
visibili gli affreschi (Cristo sol invictus, retto da Elia ad est)
Ravenna
Onorio la sceglie come capitale perché Milano è troppo esposta dopo l’arrivo dei Visigoti; origini incerte,
si narra che a fondarla furono i greci provenienti dalla tessaglia, e il primitivo nucleo abitato fosse sul
mare, mentre l’entroterra era paludoso; posizione strategica, in quanto era sul mare e difficilmente
attaccabile dall’interno. Nel III secolo viene nominata Civitas federale romana, nel I invece città romana,
e sotto Cesare si fonda l’insediamento di Cesarea; sotto Augusto viene invece fondato il porto di Classe;
come detto nel 402 Onorio la sceglie come capitale, ma raggiungerà il suo massimo splendore con
Valentiniano III e Galla Placidia sua tutrice, nel 423. Sarà poi capitale del re degli eruli Odoacre, nel 476,
fino alla conquista di Teodorico, re Ostrogoto nel 496, e verrà riscattata dai Bizantini nel 540.
Dobbiamo evidenziare tre periodi principali:
Valentiniano/Teodosiano V sec
Regno Teodorico V-VI sec
Fase Giustinianea VI sec
Età Valentiniana/Teodosiana:
Partiamo da Onorio: abbiamo poche notizie, sappiamo che alla fine del IV sec la sede episcopale è
trasferita da Classe a Ravenna, con la basilica dell’Anastasis, o Ursiniana (dal nome del vescovo Ursus
370-96): cattedrale che ricostruiamo con l’importante fonte del vescovo Agnello, che nel IX sec scrive il
Liber Pontificalis di Ravenna, alias una raccolta di vite ed opere dei vescovi di Ravenna; la cattedrale ha
impianto a 5 navate, decorata con marmi e mosaici ma a noi non è giunto nulla; l’abside mostra una
particolarità piuttosto ricorrente di questo periodo: all’interno è circolare, all’esterno poligonale.
La fase aurea di Ravenna è con Valentiniano III e sua madre e tutrice Galla Placidia, una figura
importantissima: era stata una regina dei visigoti, fino a quando nel 417 non aveva sposato il generale
di Onorio, e nel 425 viene insediata a Ravenna come reggente
Riferibili a lei sono i complessi di Santa Croce e il Mausoleo di Galla
Placidia
Chiesa di cui sopravvive solo la navata centrale, perché in epoca romanica ne
furono ridotte le dimensioni; fu fondata tra il 417-21, ce ne informa Agnello:
doveva avere impianto a croce latina, che richiama il modello di San Nazzaro a
Milano (di cui non abbiamo tracce); importantissimi sono i due ambienti
laterali all’abside, i pastoforia: due funzioni: il protesis per le offerte, il
dyakonikon che accoglieva i vasi e paramenti liturgici. Alla chiesa si
agganciava un nartece, in cui vengono inseriti due sacelli, entrambi di pianta a
croce greca, a nord doveva esserci quello di San Zaccaria, perduto, mentre a
Sud il Mausoleo di Galla Placidia: la sua struttura è semplice all’esterno,
troviamo cortina muraria a vista, mentre all’interno è un’esplosione di colori e
grande profusione di mosaici, in tutte e quattro le lunette, caratterizzate da horror vacui, con zoccolo in
marmo e tutto il resto dell’architettura coperta da decorazione. Sono conservati tre sarcofagi, ma non
quello di Galla Placidia, che morì e fu seppellita a Roma. Forse doveva essere dedicato a San Lorenzo.
Le lunette del Mausoleo, tutta la decorazione è un gioco tra il contrasto di affermazione e negazione
della parete:
Prima lunetta: raffigura il buon pastore, cristo che si riconosce appoggiato alla croce, circondato
da agnelli; gioco nello spazio, il quale cancella la parete ma allarga la visuale: tutto acquista una
sua volumetria, visibile nelle rocce, ma anche nel cristo, e viene inserito una sorta di “gradino”
che stacca dalla cornice piatta e ci introduce nella lunetta, come se fosse uno sfondamento della
parete volto a creare uno spazio aperto e plausibile, in contrasto con la
cornice e la volta che sono bidimensionali.
Seconda Lunetta (no immagine sul libro): immagine ambigua, prima la
figura era stata associata a San Lorenzo, martirizzato sulla graticola, ma
ora rivista come immagine di Cristo, con croce e libro in mano, e con
armadio aperto con i 4 vangeli, mentre sulla graticola vengono gettati libri
eretici (tema dell’ortodossia). Importante è la volontà di creare uno spazio
prospettico che non venga compromesso dalla finestra.
Terza e quarta lunetta: anche le ultime due lunette non cedono alla
bidimensionalità: rappresentazione con i cervi del salmo 42, anche se i cervi
sono volumetrici e hanno una loro consistenza. Mentre l’altra rappresenta la
coppia di apostoli, ai lati delle finestre, e qui riconosciamo la ricerca della volumetria perché essi
poggiano su cubi che danno grande senso di spazio, creano l’idea di sfondamento.
Nella cupola invece “croce della seconda visione”, con ai lati nei quattro pennacchi i simboli
dell’apocalisse, dei quattro viventi, e circondata da stelle inserite a scalare, che dà un effetto raggiato e
che amplia la prospettiva.
Sempre di Galla Placidia è la fondazione di San Giovanni Evangelista, voluta per sciogliere un voto
della stessa, fatto quando era stata costretta a scappare a Costantinopoli, e durante il viaggio in mare
aveva corso il pericolo di naufragare: essendo tornata a Ravenna sana e salva,
scioglie il voto dedicando la chiesa a San Giovanni Evangelista, molto venerato dalla
famiglia; chiesa molto trasformata, che ha perso la facies originaria, sia per
trasformazioni di epoca romanica, ma soprattutto perché nel 1568 vennero staccati i
mosaici: conserva quindi lo stesso impianto, ma non le decorazioni. In più, nel 1845
subisce un bombardamento, quindi oggi osserviamo solo la ricostruzione.
Impianto a tre navate, abside con consueto esterno poligonale e interno circolare,
presenza dei pastoforia, come a Santa Croce, che riprende anche nella presenza del
nartece con i due sacelli. Gran parte della pianta emerse durante scavi del 1921: le
colonne erano molto particolari per la presenza del pulvino, una specie di cuscino a
tronco piramidale rovesciato, posto tra capitello e imposta dell’arco, e tipico di tutte
le fondazioni del V e VI secolo. Per ricostruire la facies della chiesa venne usata la
fonte del vescovo Agnello;
Ipotesi ricostruttiva della decorazione: era molto complessa, ricostruita tramite
Agnello e due sermoni anonimi, un trattato del ‘30