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INDIRIZZO PREVALENTE:

NOTE PECULIARI: negli ultimi 40 anni del secolo si impongono poche imprese che monopolizzano il

mercato con i vari privilegi; si tutelano.

Tipografo: Alessandro Minuziano

Indirizzo prevalente: gusto popolareggiante di stampo utilitaristico

note peculiari: statura culturale non eccelsa.

Tipografo: Gottardo da Ponte

Indirizzo prevalente: utilitaristico: contemporanei, scolastici, liturgico, giuridico

note peculiari: a differenza di Minuziano, possedeva una discreta cultura e la conoscenza del greco. Tranne lui,

dal 1524 tutte le altre imprese escono di scena per la peste e la crisi finanziaria.

La nuova fase si caratterizza per la riduzione della produzione dei classici, forte espansione delle stampe in

volgare (60% del totale) e considerevole presenza di testi religiosi (33%)

Tipografo: Castiglione

Indirizzo prevalente: testi in spagnolo ed edizioni musicali

note peculiari: sobria eleganza

CITTA': Bologna

TIPOGRAFI: de Benedetti, Giustiniano da Rubiera, Giaccarello ma soprattutto Benacci (titolo di stampatore

camerale che lo farà esercitare in tranquillità)

INDIRIZZO PREVALENTE: italiano e latino (50% entrambi): emergono medicina e scienze naturali in luogo

di giurisprudenza; editoria dotta, destinata ai frequentatori dello Studio; ma si diffonde parallelamente anche

quella popolare.

NOTE PECULIARI: progressiva riduzione della produzione, crisi sempre più evidente.

CITTA': Napoli

TIPOGRAFI: Mayr, de Canneto (musica), Sultzbach (lett.scient.giurid.), Cancer (giur. E musica); Amato,

Cacchi, Salviani ma soprattutto Nicola Antonio Stigliola (& F.)

INDIRIZZO PREVALENTE:

NOTE PECULIARI: alle intimidazioni, ai controlli e agli editti furono sempre trovati sotterfugi, poi anch'essi

arginati (uno su tutti: fare stampare il libro fuori e importarlo)

Tipografo: Nicola Antonio Stigliola

Indirizzo prevalente: Tasso e della Porta

note peculiari: trascorse due anni in carcere per l'Inquisizione. Intrattenne rapporti epistolari con Galileo ma

anche con Campanella...fu cultore di scienze matematiche, filosofia e astronomia, laureato in medicina a Salerno

ecc.

1600-1750

4.LA CRISI DI CRESCITA: TRA CONTROLLO CENSORIO E ISTANZE DI LETTURA [pag. 189]

Breve intro politico-economica: l'Italia (e in particolare lo stato pontificio e il regno di Napoli) apparivano

come “one of the poorest nations in Europe”, altri diranno poco più tardi “extreme misery and poverty that are

in most of the Italian governments”. Miseria, disperazione, torme intere di mendicanti, decadimento della vita

culturale e morale, disinformazione, inerzia intellettuale: in una parola, degrado generale. La guerra dei

Trent'anni provoca in Italia non tanto mutamenti territoriali quanto danni economici e politici.

In questi anni, nel corso dei quali la Spagna continua ad esercitare il suo predominio, solo due Stati svolgono una

politica indipendente e tendono a salvaguardare la propria posizione: la Repubblica di Venezia e il Ducato di

Savoia.

1630. C'è la peste. Discussione interessante: è malthusiano definire le epidemie provvidenziali quando si

raggiunge l'optimum demografico?

In campo commerciale sono olandesi e inglesi a farla da padroni, e a parte Livorno, tutti subiscono la

concorrenza.

La crisi investe i settori navale, metallurgico e agricolo.

L'agricoltura è anch'essa in crisi: la manodopera decresce, è una sorta di rifeudalizzazione mentale.

L'Italia risalirà faticosamente la china nei primi del '700 quando finirà il dominio spagnolo e si rafforzerà il

Ducato di Savoia.

Istituzioni, centri e gruppi culturali

Gran secolo di romanzi il '600: storici, devoti, cavallereschi, di costume ecc.

Sotto l'aspetto dello spessore artistico, nella gran maggioranza dei casi il romanzo non raggiunge livelli degni di

nota, è un prodotto mediocre, spesso stereotipato, dai contenuti facilmente accessibili; insomma: letteratura di

svago a buon mercato. Si vogliono scrivere opere che possano essere dal più alto numero di persone possibile. Lo

scrittore a servizio del pubblico? Non esattamente, è solo che l'intellettuale scrittore vuole affrancarsi dalle

logiche del potere e da condizionamenti al di fuori dell'essere letto. Il romanzo rappresenta la consapevolezza

avvertita dagli editori di poter fare affidamento sul proprio prodotto sganciandosi da prassi di tipo clientelare,

siamo quindi su un piano di mercato “libero”. Il caso romanzo da un lato denuncia un diffuso inaridimento della

vena creativa, dall'altro testimonia una promettente vitalità di gruppi, categorie e fasce sociali che mal si

rassegnano a parcheggiare ai margini della storia e che vogliono dei propri spazi.

Nuovi generi: Teatro: genere molto apprezzato all'interno vi nascono il melodramma e la commedia dell'arte. Si

sviluppano anche la letteratura eroicomica, e la poesia dialettale, insomma non si parla più soltanto di eroi,

principi, saggi o astuti gentiluomini...

Insomma il 600 è una sorta di Giano bifronte: da un lato crisi, guerre, miseria, parassitismo, repressione,

conformismo, ossequio dell'autorità (supino), virtuosismo, artifici stilistici; dall'altro grandi individualità

artistiche e letterarie, scienza nuova e sviluppo tecnologico.

La mediocrità incalza anche a livello universitario, la disaffezione dei docenti è forte. Al livello d'istruzione

universitario se ne affianca un altro; quello religioso, in particolare dei Gesuiti che però è adatto soltanto ai ceti

più abbienti.

Biblioteche: elementi di innovazione ma anche di cristallizzazione. Nel '400 vi era stato il declino delle

biblioteche ecclesiastiche e il trionfo di quelle di corte e pubbliche degli Aragonesi, Visconti, Sforza, Estensi,

Gonzaga, Medici, Montefeltro, la Malatestiana, la Laurenziana ecc. nel '600 vengono fondate le prime

biblioteche universitarie (Roma e Padova) e si apre la Ambrosiana grazie a Federico Borromeo.

Nuove sono anche le procedure e le logiche con cui si raccoglie e si rende disponibile il patrimonio librario, esse

ora tendono ad esaltare la biblioteca come un luogo pubblico di studio e informazione culturale, e non di mera

conservazione.

Accademie: “uno adunamento di liberi e virtuosi intelletti […] con honesta, utile e amichevole emulatione al

saper pronti; li quali sotto diterminati lor leggi e istatuti [statuti], in diversi e honorati studi e principalmente di

lettere, hora imparando e hora insegnando, s’essercitino per divenire ogni giorno più virtuosi e dotti”(Scipione

Barbagli)

Sono micro-società con proprie leggi, procedure e aspirazioni, società autoreferenziali (in realtà, pur volendosi

separare dalla società reale, finiscono per riprodurne organicamente il codice culturale profondo e il modello

antropologico). Roma in testa, poi Napoli, Venezia, Bologna, Firenze ecc. (sia nel 5 che nel 600 Roma e Napoli

sono 1 e 2). La maggior parte esalta la centralità delle humanae litterae ma non mancano accademie teatrali,

musicali, scientifiche, giuridiche ed ecclesiastiche. Possono essere distinte in pubbliche e private, ma anche in

sovvenzionate e autofinanziate.

Ci si riunisce per legittimare una dimensione di “virtuosi”, per privilegiato isolamento disimpegnato, quasi

snobisticamente, ma anche per confrontarsi e arricchirsi di esperienze diverse.

Talvolta subiscono, e talvolta sollecitano, per vanità o per interesse, l'intelligenza del potere politico.

Qualche esempio di accademia: dei Lincei, del Cimento, della Crusca, degli Incogniti, degli Umoristi, degli

Investiganti, del Cimento. Alla questione delle accademie fa da sfondo quella del rapporto tra intellettuale e

politica.

A partire dagli anni 70 del 600 inizia un processo di restaurazione della consapevolezza della perentoria necessità

di reinserire l'Italia nel più vasto panorama culturale continentale. Siamo alle porte della stagione dell'Arcadia.

L'età dell'Arcadia, in cui una nuova e più efficiente forma organizzativa si sostituisce alla frammentazione sterile

delle infinite accademie secentesche e, unificando, non solo ripropone su basi rinnovate una serie di temi, a

chiama soprattutto all'appello le forze intellettuali del paese, per assegnare loro il compito centrale della

rivendicazione e del ripristino del primato culturale e spirituale italiano.

Prende piede, in sostanza, un'organica capillare e agguerrita offensiva degli intellettuali, che tendono a evadere

dagli angusti spazi in cui erano stati confinati per proiettarsi come parte dirigente omogenea del generale

rinnovamento.

La crisi di crescita: da questa prova il mondo del libro ne esce sconfitto. Tramontano i Manuzio, i Giunta, i

Giolito, i Torrentino e i Blado. Ci sono invece (breve elenco):

Milano: Bidelli, Malatesta, Agnelli

Roma: Ercole, Facciotti, Fei, Grignani, Mascardi, Komarek, Bragiotti

Firenze: Cecconcelli, Marescotti, Massi

Bologna: Bellagamba, Cochi, Ferroni, Monti

Padova: Frambotto

Napoli: Bulifon, Parrino, Carlino, Cavallo

Venezia (dove ingerenze e censure ecclesiastiche trovano un limite in una chiara volontà di tutela dei

diritti giurisdizionali): Pinelli, Baglioni, Bragadin, Sarzina, Vincenti, Combi, Ciotti, Amadino.

Si acuisce, in questo secolo, il diaframma tra libro dotto e libro “popolare”. Nonostante l'abbassamento della

qualità dei libri (si parla di “disordine strutturale”, edizioni di lusso ma con caratteri logori e carta scadente), non

si può giudicare in assoluto negativamente il secolo XVII, comunque crebbe il numero di operatori del settore, la

produzione stessa aumentò, la divulgazione delle idee aumentò, l'alfabetizzazione e l'acculturazione.

Anche le professioni variano: è passato – dice Steinberg – il tempo in cui una sola persona riuniva in sé le

mansioni di fonditore di caratteri, stampatore, revisore letterario, editore e libraio, nel complesso la

differenziazione delle competenze è ormai affermata. Si dissociano il libraio e il tipografo. Generalmente lo

stampatore non è editore e viceversa, è frequente invece il caso in cui la stessa persona è editore e libraio. La

differenziazione delle competenze è ormai affermata

Nel '600 il numero di tipografi al servizio dell'autorità governativa si accrebbe. Mediante la concessione di

privilegi, spesso trasferiti o revocati, mediante le nomine a stampatore ducale o camerale o comunale (tipografie

ufficiali), l'autorità laica riuscì ad esercitare un controllo sulla produzione libraria spesso più efficace di quello

censorio.

Nel 1587 Sisto V crea la Tipografia Vaticana, attiva fino al 1609 (ufficiale)

Nascono poi le tipografie “personali” di ricche famiglie e prelati, specie nel Mezzogiorno, dove l'iniziativa

pubblica è carente; un

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
20 pagine
19 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Lellico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archivistica, bibliografia e biblioteconomia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Calabria o del prof Reale Carmela.