Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 4
Riassunto esame Archivistica Generale, prof. Bologna, libro consigliato Storia dell'Archivistica Italiana, Lodolini Pag. 1
1 su 4
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Nell'alto Medioevo, archivi solo nelle istituzioni ecclesiastiche. Una nuova forte produzione si ha

con i Comuni e l'introduzione della carta. “Auctoritas archivi”, “ratione loci”: è l'archivio a

conferire pubblica fede ai documenti che vi si trovano. Gli archivi privati venivano spesso donati ad

istituzioni ecclesiastiche. La produzione di documenti da parte dei Comuni avviene con

progressione geometrica, e si differenziano sempre più uffici e magistrature, ognuno dei quali si

dota di un proprio apparato notarile.

5. La prassi archivistica medievale

Si trascrivono i documenti più importanti su speciali registri (cartulari o liber iurium) a partire dal

XII sec. che vengono considerati un autenticum. Spesso le normative prevedevano che di un

documento venissero redatte più copie, una per uso corrente e altra/e per garanzia di conservazione.

La conservazione dei documenti era un problema molto sentito, e c'erano norme di successione per i

notai, che dovevano consegnare i documenti inventariati ai successori, e una particolare attenzione

alle copie e ai contenitori (bauli, armadi). Pene severe erano stabilite per furto, distruzione o

falsificazione.

6. Principi archivistici nel Medioevo

Il primo archivio a rispettare l'unità di serie e di fondo è a Lucca, inventariato nel 1344. La critica

diplomatica esiste (Lorenzo Valla, Innocenzo III). L'archivio ha uno scopo giuridico, ma è

comunque utilizzato anche per fini storici, e se ne riconosce l'importanza storica (cronisti, che erano

spesso anche notai).

7. La concezione degli archivi dal Medioevo all'Età moderna

I Comuni decretano la libera consultabilità degli archivi, mentre monarchie e signorie ne decretano

la segretezza. Nel Quattrocento la ricerca di archivio accresce la veridicità di un'opera storica. È lo

Stato Pontificio il primo a creare una categoria ideale di “beni culturali” (1704).

8. I primi testi italiani di archivistica

Due scritti di carattere generale sugli archivi appaiono nel Seicento, ad opera di Baldassarre

Bonifacio e di Nicolò Giussani, una storia degli archivi romani di Alberto Barisone. Bonifacio

considera archivio qualsiasi deposito ordinato di documenti antichi, ma ne afferma anche il valore

corrente. Anche Barisone afferma la duplice valenza, giuridica e culturale, degli archivi fin

dall'antica Roma. Giussani si riferisce ad archivi ecclesiastici e, quando scrive dell'ordinamento,

non sembra dare spazio a nuove aggiunte, ma considera anche gli archivi minori e quelli privati

(l'archivista è archeota). Muratori, più volte citato come primo archivista, non amava essere definito

tale (ma bibliotecario ducale del duca di Modena) e dà un contributo importante solo in tecnologia

archivistica, disquisendo della qualità della carta e dell'inchiostro.

9. La giurisprudenza archivistica della Sacra Rota Romana (secoli XVI-XVIII)

La fede pubblica ai documenti di un pubblico archivio era limitata al territorio dell'autorità che

aveva costituito l'archivio stesso: l'archivio era perciò “privato” al di fuori di quel territorio. La Rota

Romana riconosce anche gli archivi privati: quelli pubblici godono di pubblica fede, a quelli privati

può essere riconosciuta.

10. L'età dell'Illuminismo e le origini dell'ordinamento per materia

Ordinamento per materia, sostenuto da Le Moine. Le riforme dell'assolutismo illuminato portarono

alla soppressione o alla modifica di numerose istituzioni e di conseguenza alla necessità di riunire i

documenti in un unico ufficio “super partes”: un archivio, e non più un ufficio. A Napoli Murat

fonda un archivio e una scuola di archivistica, a Parigi in epoca napoleonica l'archivio viene fondato

con i documenti esteri – a cui quindi si dà il valore di opere d'arte.

L'ordinamento per materia rispecchia la mentalità classificatoria illuminista.

Dagli inizi del XIX sec i documenti vengono organizzati in base ad una tavola di classificazione e

disposti per fascicoli (origine napoleonica o austriaca). L'ordinamento per materia viene dato a

posteriori, mentre il titolario è creato a priori.

11. L'ordinamento per materia dell'Archivio milanese

A Milano, Pescarenico (XVIII sec) porta avanti un ordinamento cronologico nonostante le direttive

di Kaunitz, che sovrintende tutti gli archivi del regno d'Austria e propone un ordinamento per

materia. I fondi organici vengono smembrati e si costruiscono nuovi fondi per materia basandosi su

33 parole chiave, secondo un concetto di classificazione linneiana. La nuova classificazione è detta

“peroniana” dal nome di Luca Peroni, che perfezionò la divisione nell'Ottocento, e aspramente

criticata da tutti i successori. Tutti i documenti vengono considerati correnti, e ordinati perciò in

modo che sia più facile trovarli ed utilizzarli con fini pratici. Osio, successore del Peroni, arriverà a

smembrare ulteriormente le serie documentarie, creando ad esempio un fondo di sigilli e uno di

autografi: è assiomatica la confusione tra archivio e museo.

12. L'ordinamento per materia in altri archivi italiani

L'ordinamento per materia è replicato e proposto in varie città d'Italia per tutto il corso

dell'Ottocento (fa eccezione Genova), e teorizzato dagli archivisti anche nelle scuole.

13. Il rispetto dei fondi e l'ordinamento secondo “metodo storico” o “principio di

provenienza” (ricostruzione dell'ordine originario): primi passi

Rispetto dei fondi e metodo storico: si alternano e coesistono a lungo con l'ordinamento per materia.

14. La scuola archivistica toscana: Francesco Bonaini e l'affermazione del “metodo

storico” (ricostituzione dell'ordine originario)

E' Bonaini il primo a teorizzare il metodo storico, appoggiandosi alle lettere di Bonher, che in realtà

dice altro. Il principio è che l'ordinamento dei documenti costituisce il diritto pubblico di uno Stato

applicato ai documenti, e che un archivio si devono cercare le istituzioni e non le materie. Ottimo

esempio è l'inventario del Bongi (Lucca), che dà ampio spazio alla storia dell'istituzione produttrice

e in cui lo spazio della descrizione dei documenti dipende dalla varietà di questi e non

dall'importanza. Anche il metodo di Bonaini ha dei limiti: vengono ad esempio scorporate le

pergamene, e nessuno crede che si possa teorizzare il metodo storico. Nella selezione per l'accesso

alla Scuola d'Archivio vengono valutate soprattutto le conoscenze di diritto: l'archivistica non è

scienza, è pratica.

15. Il Congresso internazionale di Statistica (Firenze, 1867) e la Commissione Cibrario

(1870). Il R. Decreto 27 maggio 1875, n. 2552: il principio di provenienza unico metodo

di ordinamento

Nella Commissione Cibrario si discute dell'ordinamento (si decide per un'autonomia delle

soprintendenze) e della dipendenza degli archivi, che finiscono sotto il Ministero dell'Interno

(l'alternativa era Pubblica Istruzione). Nel R.D. del 1875 si dichiara la ricostruzione dell'ordine

originario come unica possibile, la necessità di lasciare gli archivi dove sono nati, la necessità di

conservare i documenti negli archivi e non nei musei e le “tre età” degli archivi (corrente, di

deposito, storico)

16. La diffusione del principio di provenienza nel XIX sec

Il principio di provenienza si diffonde in tutta Italia (a Genova era già applicato) e migliorato: si

abolisce ad esempio la “serie diplomatica” che scorporava le pergamene.

17. Prime affermazioni sulla natura “scientifica”dell'archivistica e sulla prevalenza di essa

per la formazione degli archivisti (fine sec XIX – inizi sec XX)

La storiografia romantica fa largo uso degli archivi per ricercare le fonti della propria storia

nazionale (anche la RSI inserisce gli archivi nel patrimonio utile per rafforzare la storia patria). Tra

il 1896 e il 1902 è previsto un esame di Archivistica e scienze ausiliarie, voluto probabilmente da

Malagola, che nelle sue lezioni proponeva l'archivistica come scienza. È una tesi di laurea di

Sebastiani (Macerata) il primo lavoro sulla natura giuridica degli archivi.

18. La Scuola archivistica milanese degli inizi del Novecento

Malaguzzi salvò Milano dall'impostazione peroniana, cercando di ricostituire l'ordinamento

originario dei documenti e basandosi su una forte preparazione di studi archivistici. Vittani e Bonelli

fecero una traduzione critica del manuale di archivistica olandese (pubblicato in Italia nel 1908),

che codificava per la prima volta gli studi archivistici. Nel primo Congresso internazionale degli

archivisti (Bruxelles, 1910) viene riaffermato il principio di provenienza. Dal 1909 al 1919 Fumi

pubblica l'Annuario del R. Archivio di Stato di Milano, prima rivista di archivistica in Italia. In un

manualetto del 1910 Pecchiai, allievo di Fumi, affermerà che tutti gli archivi sono storici e che non

esiste archivio corrente.

19. La Scuola archivistica romana. Eugenio Casanova

Casanova rappresenta gli Archivi in varie situazioni internazionali, tra cui il primo Congresso degli

Archivisti e Bibliotecari (Bruxelles, 1910). Tenterà anche di portare il Congresso in Italia (prima nel

'15, poi negli anni '30), ma fallirà. Dà vita alla prima rivista di archivistica, aperta a collaborazioni

esterne anche critiche (“Gli Archivi italiani”). L'associazione degli Archivisti Italiani muove i suoi

primi passi nel primo dopoguerra, ma il congresso costituente viene vietato prima da Nitti (1919) e

poi da Giolitti (1921), che temono rivendicazioni di classe e non dibattiti scientifici e tecnici. La

morte dell'associazione porta anche alla fine della rivista di Casanova, che non ha più senso di

esistere (1921).

Casanova fu anche il primo docente di archivistica (dal '25 al '35) alla Facoltà di scienze politiche di

Roma (ma i laureati non potevano partecipare ai concorsi per archivisti, all'epoca). Contestualmente

al corso, Casanova produsse il primo e più completo manuale di archivistica (1928), in cui viene

difeso il metodo storico e si propone anzi la necessità dell'integrità della serie. Nel 1933 rinasce la

rivista di archivistica (con il titolo Archivi d'Italia, ma la dicitura “seconda serie”), in cui Casanova

insiste ancora una volta sulla scientificità dell'archivistica. Contemporaneamente, viene pubblicata

una guida internazionale degli archivi sotto al sua direzione. L'estromissione dalla Commissione

archivi di Casanova e del suo alter ego Lodolini per motivi politici nel '36 frena le attività della

scuola archivistica romana, che godeva di ot

Dettagli
A.A. 2013-2014
4 pagine
9 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mercantediliquore di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archivistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Bologna Marco.