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CONCETTO TEORICO DI ARCHIVIO E DI VINCOLO
L'archivio non è un insieme di documenti basato su una scelta precisa di contenuto, bensì su una documentazione spontanea: il
vincolo è involontario, perché non può essere controllata la documentazione che arriva e quella che avrà bisogno di essere inviata;
questo è un vincolo necessario, perché se fosse volontario si parlerebbe di raccolta, che ha una volontà di scelta dei contenuti. Il
vincolo è anche originario poiché nasce subito alla nascita del documento.
→ NATURALE / INVOLONTARIO / NECESSARIO / ORIGINARIO
Il vincolo è un filo invisibile che lega tutti i documenti, per questo motivo l'operazione di scarto deve essere effettuata
attentamente per non rischiare di compromettere questo vincolo. L'operazione di scarto più oculata è quella di "scarto doppione",
effettuata scartando tutta la serie di fotocopie presenti nei fascicoli dei documenti che li appesantiscono, togliendo quindi i
"doppioni" dei documenti. La serie di documenti che si viene a creare attraverso lo scambio con esterni compone il fascicolo. I
documenti posseggono un vincolo archivistico interno ed esterno, ed anche un vincolo istituzionale interno ed esterno. Deve
essere rispettato con precisione il principio di provenienza di un documento, seguendo il metodo storico in base alle funzioni da
rispettare; negli archivi i documenti devono essere raccolti per funzione e non per materia, com'era operato secondo il principio di
pertinenza.
Il segretario comunale, provinciale o regionale, è un funzionario del Ministero dell'Interno inviato al comune, alla provincia o alla
regione: ha il compito di scrivere delibere e accertare che gli atti emanati dagli enti siano formalmente validi, senza però entrare
nel contenuto; esegue inoltre il compito di notaio e di responsabile degli archivi del comune, della provincia o della regione. Con
la legge del 1999, il sindaco può ripudiare il segretario statale per sostituirlo con uno suo fidato.
Ogni capoluogo di provincia possiede un archivio notarile distrettuale nel quale i documenti restano per cento anni, dopo di che
vengono versati all'Archivio di Stato del proprio distretto; questi documenti seguono un iter diverso da quello dei documenti
statali in quanto il notaio è un funzionario di stato e soggetto pubblico: alla bisogna di un atto notarile, si può andare a cercarlo
nell'archivio notarile se stilato in un lasso di tempo di cento anni, che corrisponde al periodo di valenza giuridica forte. È una
documentazione ad uso finanziario che dopo cento anni diventa ad uso di studio. Le ricerche sugli archivi notarili sono difficili
perché i documenti non seguono un ordine preciso. Il versamento di documenti non avviene tutto insieme ma in maniera graduale,
circa ogni cinque o sei anni.
La legge n° 445 del 2000 stabilisce che tutte le amministrazioni pubbliche devono sostituire il protocollo cartaceo con quello
informatico entro il 2004.
In Italia non esisteva il protocollo ma esistevano i cosiddetti "copialettere" sui quali venivano annotati i documenti ritenuti
importanti, da un punto di vista puramente soggettivo e quindi completamente impreciso, e dei quali si segnava solo l'emissione
poiché le ricevute erano presenti fisicamente all'ufficio. Il concetto di protocollo venne portato da Napoleone e dalla sua
amministrazione: per ogni istituzione egli porta dei registri cartacei di grandi dimensioni, con fogli prestampati a colonne, cuciti e
rilegati, elemento che distinguerà il registro dalla filza cucita, come quella delle pratiche notarili. L'operazione di protocollazione
ancora non aveva valore giuridico ma solo di registro e di memoria archivistica.
Le prime disposizioni di protocollazione furono quelle francesi, ovvero:
numero di protocollo, uno per ogni documento;
data di protocollazione;
mittente o destinatario con relativo indirizzo;
oggetto o contenuto del documento, cioè un breve riassunto conciso chiamato regesto.
Il quinto elemento di protocollazione era il titolario di classificazione, che serviva a specificare le funzioni dei vari uffici e a quale
di questi era destinato il documento; oggi va anche sotto il nome di categoria, posizione o ponenza: è un elemento archivistico di
fondamentale importanza ma non sempre applicato. Ogni stato preunitario gestiva il protocollo alla propria maniera, ma
comunque più o meno in modo simile. Con l'Unità d'Italia nel 1861, per uniformare le pratiche amministrative venne creata una
commissione per la revisione delle amministrazioni che completò questa operazione il 3 marzo 1865, cercando di costituire un
sistema non più frammentato e più preciso: le nuove disposizioni entrarono in vigore dal 1866. La protocollazione rimase più o
meno simile ma venne maggiormente dettagliata. Nel nuovo stato unitario il primo documento specifico e particolareggiato del
protocollo riferito in particolare agli archivi comunali, in particolare riferito all'archivio corrente, è stata la Circolare Astengo, che
presentava una parte discorsiva ed una composta dal titolario di classificazione uguale per tutti i comuni d'Italia. I punti della
Circolare erano:
ogni documento che arriva al comune e che parte da questo deve essere protocollato col proprio numero di protocollo.
la data deve essere quella di protocollazione ma anche quella della ricevuta del documento da parte dell'ufficio di
protocollo: si deve quindi protocollare il documento al suo arrivo.
la protocollazione deve presentare il nome del mittente o del destinatario, completo di indirizzo.
il regesto è l'elemento più utile per trovare il documento. Nei soggetti di modeste dimensioni, con un giusto fatturato di
documenti, accanto al registro di protocollo o addirittura in fondo è presente un altro registro, che invece nei grandi
soggetti sono due rubriche alfabetiche sulle quali vengono segnati i documenti protocollati per nome e per soggetto;
queste rubriche non hanno valore giuridico, al contrario del registro di protocollo, e si chiamano indici del protocollo.
Il fax è un documento con valore giuridico e va protocollato perché ha una firma, mentre l'e-mail normale invece non possiede
valore giuridico (con eccezioni in base al tipo di formato).
ogni documento emesso dal comune deve affrontare una pratica per volta, poiché elementi diversi vanno affrontati e sono
affrontati come funzione da uffici diversi: questo per evitare di non sapere quale titolario di classificazione assegnare al
documento. Quando però sarà un cittadino a scrivere e quindi il comune dovrà titolariare il documento, è probabile che il
privato tratti più affari di tipo diverso. La Circolare Astengo detta le regole al personale comunale; rispetto al cittadino,
prima veniva assegnato un titolario all'affare prominente che però risultava un dato troppo soggettivo: si mette quindi un
numero di protocollo al documento e tutti gli altri elementi essenziali, affiancandolo ad un foglio nel quale si attesta che
nella pratica era trattato anche un altro affare corrispondente ad un altro titolario.
la Circolare trattava anche l'aspetto della conservazione e dell'ordine della documentazione: solo l'archivista o il
protocollista possono entrare nell'archivio per ricercare le pratiche; se queste vengono trovate, saranno prelevate ed al
loro posto, nel fascicolo aperto, verrà lasciato un foglio attestante chi ha prelevato il documento e quando. Ad analisi
conclusa, si reinserisce il documento e si toglie il foglio.
Il problema del titolario consisteva nel fatto che gli addetti applicavano ancora "titolari personali": con la Circolare vennero dati ai
comuni esattamente quindici titoli, che vennero effettivamente applicati solo dal 1930; quello della Circolare Astengo era un
titolario fatto molto bene, al quale si poteva inserire dalla sedicesima in poi le categorie che più necessitavano a quel dato ente,
aggiornandolo negli anni senza mai sottrarre categorie una volta aggiunte e senza toccare le prime quindici fondamentali. Il
titolario rafforza di molto il vincolo archivistico, e non sono apposti per materie ma per competenze e funzioni. La Circolare
Astengo riportava che tutti i documenti devono essere protocollati: sono ben poche le cose che arrivano al comune che non si
protocollano (come propaganda e pubblicità). I titolari odierni non hanno più un layout formato solo di quattro colonne per i
quattro elementi essenziali, ma anche le colonne degli elementi accessori. Dopo la Circolare Astengo la regolamentazione del
protocollo è stata revisionata internamente: il modus operandi è stato imposto da magistratura, perché dal Settanta si sono
verificati una serie di falsi di atto pubblico con sentenze date dalla Corte di Cassazione, specificando come deve essere gestito il
protocollo su vari temi.
ESEMPIO DI PROTOCOLLAZIONE SBAGLIATA: è un esempio di titolazione sbagliata, ma è fatto molto bene dal
punto di vista delle diciture delle colonne.
α Numero degli allegati: elemento accessorio che indica il numero di allegati che arrivano con la pratica; ci sono vari
tipi di allegati, che non sempre sono documenti scritti. Si deve anche scrivere quindi di che allegati si tratta.
β Data e numero degli atti: elemento accessorio che indica la data di quando è stato spedito dal mittente il documento,
ed anche il numero degli atti, ovvero il numero di protocollo che (in questo caso, la Regia Procura di Firenze) è dato
dall'ufficio che emette il documento.
Il documento che analizziamo è un D.P.R. che si occupa del problema dell'amministrazione informatica. È una legge che
nasce a seguito di un altro D.P.R., cioè il n° 428 del 20 ottobre 1998, che venne seguito dopo poco dal proprio relativo
regolamento attuativo: questa legge era però piena di errori, e dopo aver deciso di affidarla a tre esperti, venne abiurata in
toto e fu promulgato sulla gazzetta Ufficiale un nuovo documento, un prodotto sia di alcune parti del decreto iniziale del
'98 che di parte del regolamento, un cosiddetto Testo Unico. Quella del '98, pur con tutte le sue imprecisioni, era stata la
prima legge che voleva regolamentare l'amministrazione con il sistema informatico.
Il comma 3, articolo 50 (R), è stato il comma rivoluzionario del sistema di protocollazione poiché obbligava
tutte le amministrazioni a realizzare o revisionare i sistemi informatici per permettere la protocollazione
informatica; questo non rappresenta un problema per i grandi enti ma lo è per le piccole realtà, le quali devono
dotarsi di software che spesso neanche sanno usare.
Il comma 4, articolo 50 (R), afferma che si debbano creare aree di organizzazione di uffici affini e ad ognuno
viene dato un titolario di classificazione per l'archiviazione; ma le grandi aree amministrative sono presenti pi&