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Tutte le proporzioni delle membra sono alterate in larghezza, per mettere in rilievo la sovrumana

muscolatura di Eracle. Le rughe che solcano la fronte, le folte sopracciglia, gli occhi infossati, lo

sguardo rivolto a terra ne accentuano l’espressione pensierosa, pervasa da un’intima tristezza. Il

momento scelto da Lisippo per raffigurare Eracle costituisce dunque una novità: anzichè

rappresentarne, com’era tradizione, il pieno vigore, o le lotte destinate a essere coronate dal

successo, l’artista coglie qui un momento di pausa. E’ probabilmente negli anni tra il 330 e il 320

a.C. che la cittadinanza di Atene affida a Lisippo l’incarico di realizzare una nuova statua di

Socrate, da collocarsi nel Pompeion (=una sorta di ginnasio presso la porta del Dipylon dove si

adunano e da dove partono le processioni delle Panatenee), ce ne resta una copia romana (fig. 7.17),

seguendo le regole della ponderazione, il peso è sulla gamba sinistra, la gamba destra e il braccio

sinistro appaiono piegati, il risultato è quello del ritratto di un venerabile cittadino, raccolto e

pensoso.

Alessandro Magno

Alessandro nasce a Pella nel 356 a.C., diventa re nel 336 a.C. e fin dall’inizio mostrerà eccezionali

capacità da conquistatore. Consolida dapprima il suo potere nella penisola balcanica,

successivamente nella stessa Macedonia, in Tessaglia, nelle città della Grecia (Tebe, che si era a lui

ribellata, viene rasa al suolo), in Tracia, in Illiria giungendo sino al Danubio. Nel 334 a.C. la grande

spedizione contro il re di Persia, Dario II, si rivela vincente, da lì in pochi mesi prende possesso di

tutta l’Asia Minore arrivando alla Cilicia. Sui passi che da questa danno l’accesso alla Siria, a Isso,

nel 333 a.C., sconfigge un nuovo esercito persiano. Segue una marcia trionfale che lo porta lungo la

costa della Fenicia e della Palestina, dove assedia ed espugna Tiro e Gaza, sino in Egitto. Fonda, nel

frattempo, Alessandria che diventa così la nuova capitale d’Egitto. Nella primavera del 331 a.C.

riprende la marcia verso est. La vittoria presso Gaugamela gli spalanca le porte anche dell’altipiano

iranico. In pochi mesi è a Susa, poi a Persepoli, che dà alle fiamme. L’anno dopo assedia Ecbatana,

da dove continua l’inseguimento di Dario; il quale verrà ucciso dal satrapo di Battriana e consentirà,

così, ad Alessandro di proclamarsi legittimo successore del trono di Persia. Sottomette quindi tutte

le regioni orientali, che erano appartenute al re persiano, oltrepassando la Battriana, sino alla valle

dell’Oxus (nell’odierno Turkmenistan). Si dirige poi verso l’Indo, che raggiunge nel 326 a.C. e,

sconfitto anche il re indiano Poro, è costretto dai suoi stessi soldati a iniziare il ritorno in patria. Nel

324 a.C. è nuovamente a Susa, ma ormai la conquista del mondo persiano è completata. Dalla città

di Susa trasferirà la propria corte a Ecbatana, poco dopo a Babilonia. In questa città nel giugno 323

a.C. improvvisamente muore. Alessandro Magno regnerà in tutto 13 anni.

Dopo la battaglia della valle del Granico, quella che apre all’esercito macedone le porte dell’Asia,

Lisippo riceve l’incarico di eseguire in bronzo un gruppo che ne commemorasse i cavalieri caduti,

da erigere nel santuario di Zeus a Dione, la città macedone sacra posta proprio ai piedi dell’Olimpo.

Al centro della torma dei cavalieri, protagonisti di quella battaglia, è rappresentato lo stesso re,

anch’egli a cavallo (fig. 7.18, ce ne rimane una piccola copia in bronzo), l’accuratezza qui usata sin

nei minimi dettagli è caratteristica tipica di Lisippo. Il ‘tipo’ di statua adottato dallo scultore è

quello, da tempo consueto, del cavaliere che colpisce l’avversario con un fendente della spada.

Successivamente egli darà vita a un nuovo ‘tipo’ di re: non più un Alessandro vittorioso, ma un

sovrano innalzato tra gli eroi (come ci suggerisce già la nudità), rappresentato stante e appoggiato

alla lancia, paragonandolo così addirittura ad un Ares, o ad un nuovo Achille (fig. 7.19).

Contemporaneamente altre tipologie di ritratto di Alessandro vengono creati nella pittura. Uno dei

pittori più famosi di questo periodo è senz’altro Apelle di Coo, le fonti letterarie ci tramandano che

egli fu importante nella pittura per Alessandro, quanto lo fu Lisippo nella scultura. A Pompei è stata

scoperta una pittura parietale che rappresenta un personaggio seduto, mentre tiene con una mano

uno scettro e con l’altra il fulmine, nell’atto di dar forza sui piedi per alzarsi (fig. 7.20, Alessandro

col fulmine). Essendo, posizione e attributi, tipici dello Zeus creato da Fidia per Olimpia, si pensa a

una rappresentazione di Zeus, o meglio a un Alessandro che vuol dimostrare di essere un dio

reincarnato. Nella ritrattistica che lo riguarda si passa in pochi anni dal fanciullo cacciatore al

comandante vittorioso, per giungere, infine, a ritrarlo come un dio in terra. Questa pittura, insomma,

non è altro che la riproduzione della famosa opera di Apelle, eseguita su una parete di una casa

privata a Pompei (supplisce alla mancanza dell’originale a noi, purtroppo, non pervenuto). L’opera

che Filosseno di Eretria fece per il re Cassandro poco dopo la morte di Alessandro servì da modello

per uno dei mosaici più celebri di tutto l’Ellenismo, il mosaico con la battaglia di Alessandro che

ornava un’esedra della Casa del Fauno a Pompei (fig. 7.21, composto da circa un milione e mezzo

di tessere). Tutta la fascia centrale è occupata da una grande quantità di combattenti, con al centro il

carro da guerra del re Dario. Da sinistra irrompe però a cavallo Alessandro (fig. 7.22), in

un’apparizione quasi sovrumana, i capelli scomposti e divisi a metà della fronte, i grandi occhi

spiritati, l’espressione eroicamente decisa, il campo sembra spalancarsi come in una nicchia di

fronte all’impeto del re macedone e della sua guardia. Dario non può che guardarlo atterrito, attorno

a lui cadono gli uomini della sua guardia del corpo, e il suo auriga già sta volgendo il carro verso

l’ultima fuga. Il colore rimbalza di continuo, quasi fiammeggiando sui volti, sui corpi dei cavalli,

sulle armature.

Il quadro che ritrae le nozze tra Alessandro e Roxane (avvenuta nel 327 a.C., il matrimonio con la

figlia del re di Battriana fissa l’atto conclusivo della politica orientale del sovrano), probabilmente è

stato dipinto da Ezione, purtroppo è andato perduto ma ce ne rimane un’attenta descrizione da parte

dello scrittore Luciano (del II sec. d.C.). Questo dipinto ha il merito di aprire la strada al gusto di

rappresentare in interni, anziché in esterni, affollate scene ricche di luce e di profondità. Si è infatti

voluto riconoscere il capolavoro di Ezione nel modello di una pittura parietale pompeiana (fig.

7.23), i volti delle due figure sono idealizzati come quelli di due divinità, la visione è prospettica,

molti sono gli effetti di luce (permette di farci un’idea di come potesse essere a grandi linee

l’originale). Le iconografie create per Alessandro indirizzano verso la regalità, i suoi ritratti

continuano a lungo a essere riprodotti, dato che molti programmi politici si rifanno alla sua persona,

risentendo, comunque, di volta in volta delle influenze stilistiche del luogo ove viene ‘ricostruito’ il

ritratto. Ad esempio a Istanbul, nel museo archeologico, (fig. 7.24), vi è una celebre opera nella

quale i tratti del sovrano perdono la vivacità fisionomica dei ritratti contemporanei, per essere

idealizzati in uno stile che è invece ben riconoscibile come quello pergameno del secolo II a.C.,

attento ai chiaroscuri e al gioco delle masse. Il personaggio (=Alessandro) resta però facilmente

riconoscibile attraverso alcuni elementi caratteristici: i capelli scomposti e spartiti sulla fronte, e

l’intensa, decisa espressione, che qui viene accentuata piuttosto dal rigonfiarsi delle arcate

sopraccigliari e dalle rughe della fronte, com’era tipico nella Pergamo del tempo.

La pittura della generazione di Alessandro

Racconta Plinio: “Apelle di Coo superò tutti quelli che erano stati prima…si può dire che da solo

egli fece alla pittura più progressi di tutti gli altri messi assieme”. Questo pittore dalla grande fama

dette, più di ogni altra cosa, importanza alla linea e al particolare. Dalle fonti letterarie sappiamo

che la più celebre delle sue pitture fu l’ ‘Afrodite che esce dalle acque’ (le cui descrizioni

ispirarono anche Botticcelli per la sua ‘nascita di Venere’). Famosi furono anche l’ ‘Alessandro

con il fulmine’ e l’ ‘Eracle visto di spalle’, quest’ultimo mostra notevole somiglianza con la figura

di Eracle che contempla il figlio Telefo che viene allattato da una capretta (fig. 7.25, probabile che

ci si sia ispirati all’originale). Apelle è sempre stato ricordato per la sua charis (grazia) ciò che,

ricordiamo, caratterizzò Prassitele in campo scultoreo.

Sempre dalle fonti letterarie (soprattutto Plinio, Luciano e Pausania) si conosce un pittore

contemporaneo di Apelle, Nicia, si ricorda di lui il dipinto rappresentante la liberazione di

Andromeda da parte di Perseo: un soggetto spesso riprodotto nelle pitture parietali pompeiane, e

grazie alle quali possiamo raffigurarci l’originale. L’azione (fig. 7.26, dalla Casa dei Dioscuri) si

svolge in uno scenario di scogli, tra i quali s’insinua l’azzurro del mare. Andromeda poggia i piedi

su di un masso, al quale era stata incatenata. La aiuta a scendere il suo liberatore Perseo,

riconoscibile dalle ali che gli spuntano alle caviglie e dalla testa recisa della Gorgone che ancora

sorregge nella mano sinistra, insieme alla spada. In basso sulla sinistra il grande corpo del mostro

marino, che Perseo ha appena ucciso, sottolinea la drammaticità del mitico evento. Coevo di Nicia è

il pittore Atenione di Maronea, il suo celeberrimo Achille vestito da donna mentre, a Sciro, viene

scoperto da Odisseo, è stato riconosciuto, anche in questo caso, in una serie di pitture parietali

pompeiane. Quella proveniente dalla Casa dei Dioscuri (fig. 7.27) rappresenta le due figure

dominanti centrali, che, come in una raffigurazione di battaglia, sono poste specularmente, a

formare con i corpi un triangolo. I gesti sono bruschi, pieni di movimento, sulla destra compare

Odisseo che con la mano destra afferra Achille, dalle vesti e dal biancore tipici di una fanciulla, ma

dal possente aspetto, la spada stretta nella destra, lo sguardo intenso, presago di come si stia

compiendo il suo destino (stanno per portarlo a Troia dove troverà la morte, un oracolo glielo aveva

predetto, motivo per cui si e

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
49 pagine
6 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher val.fi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Brizzolara Annamaria.