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CAPITOLO 3 – LE IMPRESE DEL RE E IL TRIONFO SUL CAOS

La figura del sovrano non è solo rappresentata come quella di colui che governa secondo equità

e giustizia il suo popolo e combatte le genti ostili che quella comunità di sudditi pongono in

pericolo, ma soprattutto come quella di colui che è il responsabile e garante di quell’ordine

universale creato agli inizi dei tempi dagli dei nel tempo della creazione. L’istituzione della regalità

è il prodotto originario della creazione divina. Quando si doveva indicare il passaggio

dell’egemonia da una dinastia all’altra, la formula usata è “la sua (di Eridu) regalità fu

trasferita”. Triplice articolazione della funzione del sovrano (conservazione giustizia,

assicurazione difesa militare, mantenimento risorse predisposte dalla natura). La cancelleria

assira, per diffondere messaggi di propaganda, emetteva resoconti dell’attività del sovrano,

manifesti del programma di governo del re d’Assira. Così Sargon II, nell’ultimo quarto dell’VIII

secolo, con il pretesto dell’inaugurazione della sua residenza regale nella nuova fondazione di

Durr Sharrukin in una serie di cilindri d’argilla emessi dalla cancelleria regale, ricorda gli atti di

giustizia sociale e pietà religiosa nel suo regno e i suoi trionfi militari. Il ruolo che il mondo

mesopotamico attribuisce al re è l’ordine e equilibrio che il sovrano ha la missione di attuare e

rinnovare, ma anche espandere (sia conquistare nuove terre sia di ampliare il controllo territoriale

a paesi prima estranei).

La legittimità stessa del re dipende solo dalla volontà divina ed egli ha la responsabilità di

interpretare attraverso segni e di riconoscere quella volontà, in quanto non è, come in Egitto, il

figlio del dio solare Ra ma solo l’umano vicario del dio, perciò limitato nelle sue facoltà intellettive.

Il re mesopotamico non ritiene di dover rendere conto delle sue azioni ai sudditi, bensì ai suoi dei.

Le imprese del sovrano sono l’oggetto dei monumenti che i re eressero e introdussero nei

maggiori santuari di Sumer e Akkad. La tipologia predominante è la stele commemorativa e

illustrativa degli eventi celebrati, la sua funzione è quella di presentare le imprese realizzate dal

sovrano e sottoporle all’approvazione divina. Nella composizione della stele di Ur Nammu (XXII-

XXI secolo) eretta nel 2100 per commemorare opere di irrigazione compiute unicamente nella

regione di Eridu, oltre le immagini principali di Enlil e Ninlil, forse con in grembo Shulgi (2094-

2047), sarebbero rappresentati vari dei e scene in un complesso intreccio di valori iconologici. Il

complesso della stele di Gudea (2144-2124) fatta scolpire a Girsu pochi anni prima della stele di

Ur, trae origine dalle imprese edilizie del sovrano. Nell’epilogo della stele del Codice di

Hammurabi, come le imprese edilizie, così le opere di giustizia sociale erano rievocate nelle sedi

del culto degli dei e, come per le stele edili, anche quelle giuridiche potevano essere dedicate in

più di uno dei grandi santuari della Babilonia. Il fondatore della III dinastia di Ur, Ur-Nammu o

suo figlio Shulgi, fu l’autore del più antico codice.

La stele votiva, presentando l’impresa o l’opera del sovrano al dio, non solo ne certifica

l’autenticità nella sua totalità, ma ne sancisce anche la reale ispirazione e ratifica divina. Ed è in

questo senso che, passando dall’ambito del controllo della natura e della società a quello militare,

vanno interpretate le iscrizioni templari dei sovrani di Akkad in larga prevalenza pervenute in

copie scolastiche degli inizi del II millennio. L’unica stele di trionfo di Naram-Sin che ci sia

pervenuta quasi integra è quella scoperta a Susa ma dedicata nell’Ebabbar di Shamash a

Sippar in occasione della vittoria sulla popolazione orientale dei Lullibiti. Qui l’ambiente selvoso

e montano dello scenario di vittoria dell’esercito di Akkad, che incede trionfante su un paesaggio

silvestre, è al tempo stesso l’ambiente dell’ascesa dell’invincibile sovrano, il dio di Akkad, verso i

simboli celesti di Shamash e Ishtar. L’immagine del sovrano, cinto dalla tiara a corna che

caratterizza il divino, è esaltata sia dal suo emergere fisico tra le figure dei soldati e nemici, sia

dal suo essere il riferimento visivo centrale.

Le imprese principali del sovrano, cioè le numerose guerre vittoriosamente concluse, o le loro più

rilevanti conseguenze, sono già nel palazzo Nord-Ovest di Kalkhu il tema quasi esclusivo della

decorazione della grande sala del trono. La decorazione scultorea della sala del trono si

estendeva lungo due interminabili fregi narrativi sovrapposti separati da una fascia intermedia

percorsa dalla lunga iscrizione cuneiforme detta Iscrizione Standard, riassuntiva delle gesta del

sovrano. In questi fregi si succedevano scene di assedi della fanteria a città turrite, battaglie

campali di cavalleria e carri, attraversamenti fluviali dell’esercito, sfilate trionfali di carri davanti

alle mura di città arrese, marce di soldati in boscosi paesaggi montani. Una serie di indizi rivela

che queste non sono scene di genere ma illustrazioni di precisi eventi bellici verificatisi in

determinati luoghi e in precisi momenti del regno di Assurnasirpal II. Sebbene per il fruitore

moderno, come per il visitatore antico, l’ammirazione per i rilievi narrativi bellici e venatori del

palazzo di Assurnasirpal II sia maggiore di quella per i rilievi di soggetto mitico-simbolico, nella

concezione del programma figurativo antico non vi doveva essere una sostanziale frattura tra i

due generi. Queste ultime rappresentazioni di cui erano protagonisti il re stesso, l’albero sacro, i

geni alati androcefali o a testa d’aquila e alcuni dignitari assiri, benché siano ancora difficili da

interpretare in maniera puntuale, è assai probabile che alludessero alla purificazione delle armi

delle imprese belliche affidata direttamente al sovrano. Nell’età imperiale assira è documentato a

Kalkhu un nuovo genere di rappresentazione per l’ambiente templare, quello della raffigurazione

delle imprese del dio come trionfatore del caos. Nel tempio di Ninurta, il dio protettore di Kalkhu

e patrono di Assurnasirpal II, sull’acropoli di Nimrud un ampio rilievo parietale presentava la

lotta vittoriosa del dio contro l’essere mitico primordiale Anzu, le cui forze negative del caos

mitico che rappresenta sono tanto le fiere selvagge che il sovrano caccia e uccide da solo,

quanto nell’ambito umano i nemici politici esterni che il sovrano annienta da solo.

In quelli stessi anni si hanno alcune trasformazioni fondamentali: dapprima al tempo di

Tiglatpileser III (745-727), il vero fondatore dell’impero assiro come organizzatore di un assetto

territoriale nuovo che intende inglobare il mondo esterno nell’Assiria, nel terzo quarto dell’VIII

secolo. La guerra diventa la tematica dominante e i soggetti mitico simbolici vengono

abbandonati o limitati. Tiglatpileser III tende a far coincidere il mondo con l’Assiria, a

sovrapporla al mondo. Più tardi, negli anni del successore Sargon II, quando si fa più viva e

consapevole la coscienza del ruolo storico dell’Assiria come protagonista dell’unificazione

politica, amministrativa e culturale del mondo conosciuto, la celebrazione della guerra come

strumento dell’unificazione si articola per quanto riguarda le tematiche narrative nel contesto

architettonico del palazzo della cittadella di Durr Sharrukin.

Se al tempo di Assurnasirpal II l’immagine del sovrano era onnipresente in ogni contesto dei

rilievi epico-narrativi come diretto protagonista delle imprese belliche e venatorie, nei rilievi di

Khorsabad Sargon II non è più raffigurato con un diretto impegno personale nelle imprese, ma

secondo un ruolo nuovo di stratega delle imprese di guerra e di polo di riferimento nelle stele di

tributo e di parata. A Nimrud il re era presentato come l’eroe di ogni battaglia, conquista, caccia,

mentre a Khorsabad si mostra soprattutto come il signore di un impero, la cui efficienza non

dipende più dall’eroismo del re ma dall’efficacia di una struttura di governo che diventa oggetto di

ostentazione attraverso i maestosi cortei di dignitari, sudditi, sottomessi, ai quali vengono riservati

per la prima volta gli ampi spazi decorativi dei lunghi prospetti architettonici delle corti

monumentali.

Il successore di Sargon II, Sennacherib, dispone di distribuire l’illustrazione delle campagne

nelle sale del grande palazzo sud-ovest di Ninive, il palazzo senza rivali, in modo che solo singoli

episodi bellici significativi siano rappresentati in ciascun vano, e di arricchire il repertorio tematico

con soggetti nuovi, come l’estrazione nelle cave montane e il trasporto delle statue colossali dei

tori alati.

L’imponente coralità dell’aristocrazia assira che dominava le composizioni solenni di Khorsabad

con la pienezza di forme è annullata nell’umanità dei guerrieri o dei fuggitivi nelle scene di guerra

e dei prigionieri o artigiani nelle rappresentazioni dell’estrazione dei blocchi scolpiti a Ninive. Gli

scenari naturali risaltano come un soggetto di primaria importanza. Per la prima volta l’ambiente

naturale, non più astratto, ma caratterizzato in profondità, diviene protagonista non secondario

della rappresentazione.

La raffigurazione delle imprese reali presenta ormai un messaggio nuovo, integrato

dall’innovativo trattamento riservato a un motivo dell’esaltazione del sovrano antichissimo nella

tradizione mesopotamica, quello della caccia al leone, i maestri di Assurbanipal immergono le

figure delle fiere, del sovrano, dei suoi carri e aiutanti in uno spazio astratto, che conferisce alle

rappresentazioni un’atmosfera rarefatta di estrema suggestione, in cui i protagonisti assumono

uno straordinario rilievo.

La celebrazione del ruolo cosmico del sovrano nel mondo mesopotamico non fu solo perseguita

attraverso le immagini ma in particolare nella regione babilonese la stessa finalità fu conseguita

attraverso eccezionali programmi edilizi che la affidavano alle realizzazioni architettoniche urbane

in generale e sacre e secolari in particolare. Questa via fu seguita in maniera intensa sul piano

dell’impegno e spettacolarmente su quello dei risultati dei maggiori re dell’età neobabilonese,

Nabopolassar (648-627), Nabuccodonosor II (605-562) e Nabonedo (556-539), che

dedicarono un’attività incessante a un complesso progetto architettonico e urbanistico, incentrato

su due poli di interesse maggiore, costituiti dal restauro della struttura urbana della città di

Babilonia e dalla ricostruzione dei più importanti santuari della bass

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
8 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-OR/05 Archeologia e storia dell'arte del vicino oriente antico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Maya E. di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia del Vicino Oriente antico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Pinnock Frances.