Riassunto esame Archeologia greca, prof. Lippolis, libro consigliato Archeologia greca
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4.4 Gli anathèmata
Questo termine indica genericamente tutto ciò che “viene innalzato”, cioè offerto in dono alla divinità ( da un modesto
pìnax al Partenone ). Le descrizioni degli autori antichi si concentrano in modo quasi esclusivo sulle offerte di prestigio
conservate nei santuari, oggetti di valore economico, reliquie; ma gli inventari compilati dai responsabili
dell'amministrazione dei luoghi di culto rappresentano un'altra ricca fonte di informazione sugli oggetti presenti negli
spazi sacri, soprattutto quando si riferiscono a categorie che non si sono conservate come evidenze archeologiche ( è il
caso delle stoffe ). Le liste del santuario di Artemide Brauronìa registrano la presenza di diversi capi di vestiario
descrivendoli con molta precisione, mentre quelle del santuario di Asclepio sempre ad Atene ci infromano oltre che di
votivi anatomici in metallo, ignoti nella documentazione archeologica, anche della loro esatta sistemazione all'interno
del tempio.
L'uso di completare i doni con un'iscrizione dedicatoria apposta sugli oggetti stessi è attestata molto precocemente come
documenta l'Apollo di Mantiklos, statuetta in bronzo da Tebe datata intorno al 700; queste formule epigrafiche
ricordano il nome dell'offerente e le motivazioni della dedica ( Mantiklos dona il bronzetto come decima, ad esempio ).
Molti oggetti dedicati nei santuari sono veri e propri ex voto, cioè il fedele dona al dio quel che gli aveva promesso
quando aveva contratto un voto.
Si deduce quindi dalle diverse fonti di documentazione una grande varietà di categorie e tipologie di anathèmata, ma è
chiaro che questa immagine generale deve essere circostanziata, per evitare di ridurre la pratica dell'offerta ad una sorta
di “anarchia votiva”; insomma, vi era in alcune occasioni libertà di scelta, mentre in altre bisognava uniformarsi ad uno
standard imposto dall'evento rituale. Solo così infatti si può spiegare la presenza in alcuni contesti quasi esclusiva di
tipologie votive specifiche e riconoscibili ( il santuario della ninfa alle pendici sud-occidentali dell'Acropoli ha restituito
un grande numero di loutrophòroi, vasi dal collo allungato usati in ambito funerario o nuziale ).
La logica dell'anathèmata deve essere applicata anche a manufatti che la tradizione di studio ha considerato a lungo
esclusivamente come oggetti d'arte: a partire dal VII secolo ma prevalentemente nel VI e nel V l'Acropoli di Atene si
riempie di statue in marmo e bronzo ( di cui resta un riflesso parziale nella serie di oltre 60 kòrai arcaiche ). Il fenomeno
della statuaria interessa nello stesso periodo anche altri centri come Delos, da cui provengono circa 120 koùroi. Ma al di
là dei problemi relativi all'identità di kòrai e koùroi, bisogna considerare che ciascuna di queste sculture è insieme
anathèmata, àgalma e mnèma, cioè un dono e oggetto bello che allieta la divinità e conserva la memoria del dedicante, il
quale fa rappresentare tutto se stesso attraverso di esso.
4.4 La produzione per il consumo sacro
I materiali consacrati nei santuari prima ancora di essere elementi costitutivi delle dinamiche cultuali e rituali, sono
prodotti delle tèchne, ossia manufatti realizzati con l'abilità e l'esperienza artigianale. È vero però che non tutti gli
oggetti votivi possono essere considerati parte di una produzione artigianale specializzata: si deve tenere presente infatti
la differenza fra votivi “per trasformazione” e votivi “per destinazione” ( J. P. Morel ). Alla prima categoria
appartengono i materiali che, prima di essere convertiti in offerte avevano un uso primario diverso. Vesti, gioielli,
ornamenti personali, ma anche armi, dediche monetarie diventano votivi nel momento in cui vengono sottratti al
circuito d'uso. I votivi per destinazione sono prodotti appositamente per essere impiegati nel rituale e dedicati, non
hanno cioè una funzione che ricade al di fuori della sfera religiosa.
Un esempio tipico di industria del sacro è rappresentato dalla coroplastica: la modellazione a mano dell'intero manufatto
rappresenta la tecnica più antica e diffusa che anche nel mondo greco non si può dire scomparve mai in modo
definitivo. In età geometrica la coroplastica è quasi sempre lavorata a ano, ma in alcuni casi si sperimentano
combinazioni con la lavorazione al tornio. L'uso di stampi per la realizzazione in serie di coroplastica figurata,
documentato in Grecia già dal verso il 700, è soprattutto dagli inizi del VII secolo che inizia a diffondersi per diventare
dominante nel secolo successivo. Inizialmente poi l'uso dello stampo è limitato alla testa delle statuine, esteso in un
secondo momento a tutto il corpo, ma solo per la parte frontale ( matrice semplice o unica ) mentre quella posteriore è
costituita da una pacca d'argilla. Infine con l'introduzione delle matrici doppie ( ultimo quarto del VII secolo ) si
riescono ad ottenere figure cavi tridimensionali rifinite anche sul retro.
Questa tecnica diventa un tratto distintivo della cultura greca soprattutto per la scelta di applicarla su vasta scala e in
modo esclusivo alla sfera religiosa.
Il procedimento è semplice e rapido, e non necessita in tutti i suoi passaggi di professionalità altamente specializzate
pressando l'argilla umida all'interno dello stampo si riesce a produrre un grande numero di esemplari tra loro pressoché
identici; l'atto creativo e l'abilità artistica sono limitati all'ideazione del prototipo iniziale che deve essere modellato a
mano, da cui poi si prende l'impronta in negativo per ricavare lo stampo. A circolare non sono solo i manufatti finiti o le
matrici ricavate dal prototipo iniziale ma anche prodotti derivati e imitazioni; per ottenere una matrice derivata è
sufficiente un qualsiasi prodotto finito e una volta creata questa seconda generazione di stampi si può avviare la pratica
del surmoulage o ricalco, che dà vita ad una serie derivata. Si riesce così a spiegare come la coroplastica adotti un
linguaggio comune all'interno del quale si distinguono però sviluppi locali più o meno autonomi, a seconda delle
capacità creative.
* Attica: Atene domina come centro principale di creazione ed esportazione di questi modelli, la cui produzione
è attestata sin dall'età del bronzo e continua ininterrottamente dando vita verso il 320 alla tipologia delle
“tanagrine”.
* Peloponneso: i principali centri produttori sono Argo e Corinto, mentre in Laconia i più cospicui depositi di
votivi fittili sono legati ai santuari di Sparta.
* Ionia: inizia ad elaborare nel corso del VII secolo tipologie formali e stilistiche che verranno trasmesse
progressivamente nella Grecia continentale e in Magna Grecia. Centri come Samos creano modelli
iconografici come la kòre samia.
* Magna Grecia: nel VII secolo compaiono statuette in stile “dedalico”, mentre alcuni centri si distinguono per la
creazione di prodotti originali legati a specifiche richieste cultuali ( Locri Epizefiri si producono terrecotte
dello Zeus Saettante, ad esempio ).
Ma la coroplastica non è l'unica produzione associata al consumo sacro. Anche per la ceramica esistevano diverse
forme, classi, decorazioni riservate all'uso cultuale. I vasi miniaturistici sono il corrispettivo della coroplastica per la
prevalenza della funzione simbolica su quella pratica. Sono prodotti che i fedeli richiedevano in grande quantità; si
ricordano i kèrnoi, basi ad anello su cui sono fissati numerosi vasetti o elementi plastici.
La produzione ceramiche poteva specializzarsi rispondendo alle tradizioni specifiche di un singolo santuario: i
kraterìskoi a figure nere di VI-V secolo trovati nel santuario di Artemide a Brauron presentano iconografie realizzate ad
hoc per raccontare il rito di passaggio femminile dell'arktèia.
Non è tuttavia semplice ricostruire con precisione la modalità con cui l'artigianato degli oggetti votivi si inseriva nel
generale processo economico della produzione e della circolazione.
4.4 Il rituale funerario
La pratica funeraria è un ambito molto importante nelle comunità greche sia per la sua rilevanza nel sistema di culto sia
per il suo significato sociale. I sepolcreti costituiscono inoltre una realtà archeologica ben visibile che risulta spesso un
contesto privilegiato per studiare le comunità antiche.
Il defunto in un primo tempo esposto in casa ( pròthesis ) e poi trasportato nel sepolcreto ( ekphorà ) è oggetto di
lamentazioni e di un'accurata preparazione del corpo. Nelle varie pòleis il funerale è anche occasione per cementare la
solidarietà familiare o di gruppo, aspetto che si esprime nella consumazione di un pasto comune e nella gestione del
rito.
La sepoltura prevede due soluzioni:
* Inumazione: la pratica, di ascendenza preistorica, consiste nella semplice deposizione del cadavere, in Grecia
sempre supino, con braccia e gambe stese; è attestata anche la deposizione entro giare o vasi di grandi
dimensioni che per infanti e adolescenti è consuetudine molto praticata.
* Cremazione: rituale che si afferma gradualmente, a partire dalla fase submicenea e si diffonde per le sepolture
di adulto solo in età protogeometrica; ma si radica in maniera disomogenea, e mostra una recessione in età
geometrica, dove si vede il ritorno dell'inumazione. In Attica la cremazione conosce una ripresa alla fine
dell'VIII secolo con tombe di grande prestigio, per poi ridursi sensibilmente.
I due riti comunque coesistono nel tempo con un andamento variabile, rivelandosi quindi pratiche legate a tradizioni
famigliari o di gruppo. Deve essere ricordata poi la distinzione tra cremazione primaria e secondaria: la primaria
prevede l'incinerazione del defunto in corrispondenza della stessa fossa di sepoltura e non sono attestate prima della fine
dell'VIII secolo; la secondaria invece è diffusa in tutti i periodi e distingue in maniera netta il luogo in cui si consuma la
pira funebre dalla fossa deposizionale delle ceneri, raccolte in un'urna.
A Lefkandi in Eubea la sepoltura della coppia “nobile” dell'heròon prevede, ad esempio, l'uso dell'incinerazione per
l'uomo e l'inumazione per la donna sepolta nella stessa fossa.
All'interno della tomba possono essere deposti oggetti personali, contenitori per profumi e altri oggetti, sia reali che
simbolici i quali rispondono a precisi schemi di ogni singola comunità; si tratta anche in questo caso di decodificare un
sistema di segni per cercare di comprendere il senso e il messaggio dl rituale nel suo complesso.
Sin dalla fase protogeometrica sono attestati segnali esterni che indicano la presenza di una tomba e ne garantiscono la
memoria: si tratta di tumuli di terra e cippi in pietra ai quali nella fase geometrica si aggiungono grandi vasi
rappresentativi. In età orientalizzante i tumuli si monumentalizzano raggiungendo si 6 ai 10 m di diametro e il metro di
altezza.
Sono spesso le tombe femminili ad assumere la funzione di esibire con maggiore dovizia segni e oggetti della ricchezza
familiare, e costituisce un elemento persistente in diversi periodi storici; oggetti di pregio caratterizzano la deposizione
femminile: tra i gioielli in tutti i periodi prevalgono anelli e orecchini, mentre sono più rari bracciali e collane, elementi
che mostrano un uso improduttivo della ricchezza familiare, tesaurizzata sempre come offerta votiva.
Quindi il rituale adottato dipende da un codice ben preciso, comprendente alcuni aspetti simili in tutte le comunità
greche e altre variabili, in un sistema che esprime diversi livelli di informazione, da quello relativo alla pòlis di
appartenenza a quelli di gruppo o ala famiglia, senza escludere a volte la possibilità di comunicare specifiche attitudini
culturali del defunto. Un tratto comune è ad esempio la mancanza di attributi militari nel corredo degli uomini,
presentati quindi come polìtai e non militari. ( elmi, corazze, schinieri, scudi e armi di offesa sono generalmente banditi
dalle sepolture a partire dal VII secolo fino alle tombe reali dei macedoni della seconda metà del IV secolo.
Mentre nelle pòleis della madrepatria non si usa un ricco corredo ceramico, a proposito di differenze tra le varie regioni,
in Macedonia e nelle colonie occidentali è invece evidente il fenomeno contrario.
5 Il mondo delle pòleis
4.4 La cultura aristocratica
Bisogna usare molta cautela nella ricostruzione del sistema sociale, in quanto la stessa terminologia usata nel mondo
greco per indicare forme di aggregazione e parentela delle classi emergenti presenta problemi interpretativi: il termine
gènos in origine non indica, ad esempio, una struttura gentilizia chiusa di tipo genealogico, ma un organismo sociale più
ampio, all'interno del quale si più distinguere una linea genealogica specifica o principale ( òikos ), un nucleo familiare.
Le grandi famiglie tiranniche sono òikoi e non gène, come nel caso dei Cipselidi che regnano su Corinto mentre il
capostipite, Cipselo, appartiene ad un gruppo più ampio di un gènos, i Bacchiadi.
In ogni caso sia l'analisi archeologica sia le fonti letterarie concordano nel descrivere per le fasi più antiche società
governate da una minoranza per diritti di proprietà e di ruolo che detiene il potere economico e politico.
I gène sono presentati come elementi costitutivi di un sistema più ampio, quello della phratrìa: è una specie di
confraternita allargata che comprende gruppi di cittadini con una serie di culti comuni; a loro colta le phratìai sono parti
delle phylài, le tribù che costituiscono la ripartizione principale della comunità.
L'analisi archeologica rivela in maniera evidente il peso sociale di questa classe “aristocratica”, e uno studio di J. Morris
ha cercato di riconoscere in questo periodo ( tra protogeometrico e arcaismo ) un'alternanza di fasi in cui predomina una
netta differenza anche nel diritto ad una sepoltura. Sembra infatti molto probabile che in alcuni periodi ampi settori
della comunità siano stati addirittura esclusi dall'uso della tomba formale: il comportamento funerario quindi uno degli
ambiti in cui viene rimarcata la differenza sociale e permette di leggere le disparità economiche, culturali e di ruolo.
Queste vengono in primo luogo esplicitate dai corredi di accompagnamento del defunto e dalla tipologia della tomba,
ma le soluzioni adottate dai ceti emergenti tendono ad essere assunte come modello e conoscono una rapida diffusione
negli altri livelli sociali, sulla base di uno spontaneo processo di emulazione; quando la situazione tende ad omologarsi
ecco che all'interno della comunità urbanizzata le classi emergenti cercano altri elementi marcatori di status,
introducendo nuove forme rappresentative.
4.4 Le esperienze tiranniche
La crescita demografica ed economica, l'incremento produttivo e la mobilità sociale sono fattori di uno squilibrio
strutturale delle comunità tra VII e VI secolo; la struttura istituzionale ereditata dal passato non si adatta alla gestione
del dinamismo delle pòleis e le nuove situazioni politiche. In questo particolare contesto storico la comunità individua
spesso in una personalità eminente la funzione di arbitro o giudice del sistema e delle sue disfunzioni: essa proviene dal
ceto aristocratico e spesso persegue il raggiungimento di forme e di potere personale, imponendo costituzioni di tipo
tirannico, basate sull'autorità dell'individuo o della sua famiglia.
La prima tirannide ad affermarsi è quella degli Ortagoridi a Sicione ( metà VII – metà VI ), che interessa anche la vicina
Corinto con la tirannide dei Cipselidi ( metà VII secolo – 583 ), mentre ad Atene è famosa la tirannide dei Pisistratidi
( 549 – 510 ).
Spesso i tiranni si affermano in opposizione al potere delle oligarchie dominanti ( lo stesso Cipselo, ma anche a Cuma la
tirannide di Aristodemo si pone come una rivoluzione contro la classe dominante ). In genere comunque, l'attività del
tiranno non sembra segnare una cesura rispetto agli obiettivi già tracciati dalle oligarchie precedenti, ma pare accrescere
la rapidità, la quantità, e la qualità degli interventi.
1 Investimento economico, che innesca un processo di redistribuzione della ricchezza mettendo a disposizione
dei ceti subalterni nuove risorse.
2 Intenti di propaganda attraverso la realizzazione di opere pubbliche utilitarie e di prestigio. Quasi in tutti i casi
gli interventi erano volti a creare un sistema di riferimento idrico stabile e lo smaltimento delle acque reflue o di quelle
meteoriche.
L'acquedotto più famoso è quello voluto da Policrate per la città di Samos, che procede in un tunnel scavato nella roccia
per circa un chilometro. Anche Atene viene dotata di un famoso acquedotto che porta l'acqua dalla sorgente Kallirhòe.
L'attività dei tiranni si rivolge anche alla sistemazione di percorsi stradali, come attesta l'opera di Ipparco di Atene, alla
definizione delle diverse pertinenze funzionali, all'architettura religiosa e pubblica; ancora un volta Atene è il caso
meglio noto: alla seconda metà del VI secolo risale una nuova sistemazione dell'area del Ceramico interno, con
l'emergenza dello spazio dell'agorà.
La cultura tirannica rappresenta quindi un momento fondamentale nella storia delle pòleis e coincide con un incremento
strutturale e monumentale dell'abitato.
4.4 La città arcaica: urbanistica e funzioni
La formazione della città arcaica è avvenuta in base a processi diversi che hanno dato luogo a modelli distinti: nella
Grecia continentale è più frequente il caso di agglomerati che si espandono, ma esistono anche insediamenti formati da
nuclei abitativi dispersi, che possono tendere con il tempo a saldarsi in un unico organismo urbano; altre pòleis invece
sono l'esito di un atto di fondazione.
Nei primi due casi l'insediamento si forma intorno ad un'acropoli fortificata; la città si sviluppa secondo uno schema
radiale che si espande progressivamente lungo le direttrici viarie. L' altura più eminente è in genere l'Acropoli, a volte
trasformazione di una cittadella micenea ( Atene, Tebe ). Attorno a questa si sviluppa il nucleo abitato, la città bassa
( àsty ) spesso circondata da mura all'esterno delle quali si estendono le necropoli; le abitazioni si dispongono senza
alcuna pretesa di regolarità lungo i terrazzamenti naturali.
Un caso diverso prevede la pianificazione urbana in un luogo vergine, con la suddivisione e distribuzione del terreno in
appezzamenti regolari ( klèroi ) e la destinazione di alcuni di questi agli spazi destinati alle funzioni che riguardano la
vita comunitaria. Lo schema prevede allora una maglia urbana organizzata sulla base di lotti di forma rettangolare
allungata, delimitati da strade a loro volta organizzate secondo una gerarchia di ampie vie principali ( platèiai )
intersecate da vie secondarie ( stenopòi ); questo tipo di impianto a maglie regolari è detto “per strigas” ( schema
ortogonale ) e sembra essere la rielaborazione di principi da tempo messi in atto in ambito orientale: lo schema si ritrova
infatti in empòria e abitati marittimi di età orientalizzante come Vroulià a Rodi e Mileto. Già in età arcaica quest'ultima
era basata su un impianto pianificato, con abitazioni più complesse ( più vani organizzati attorno ad un cortile ). Lo
stesso discorso vale per le città occidentali: anche a Megara Hyblaia e Policoro come Smirne e Mileto le mura risalgono
ad una fase successiva a quella della colonizzazione di VIII secolo ( per cui non abbiamo molte rilevanze
archeologiche ) e a partire dalla metà del VI secolo le fortificazioni urbane assumono un carattere più rappresentativo,
con torri e una maggiore monumentalizzazione degli accessi.
Anche gli spazi pubblici vengono costruiti nel tempo: l'agorà è generalmente situata alla confluenza della viabilità
principale anche nelle città a sviluppo radiale ( come Atene ). Invece nell'impianto urbano pianificato la piazza agorale
può semplicemente occupare un'area riservata, corrispondente ad un certo numero di lotti, come nel caso di Poseidonia,
subcolonia achea di Sibari. In altri casi la aglia non appare uniforme e gli incroci delle strade non sono ortogonali: il
sistema può allora presentare quartieri con orientamenti diversi, spiegabili anche con la morfologia irregolare di un
terreno collinoso: allora l'agorà si può trovare a fare da cerniera, assumendo un perimetro irregolare che richiesto in
seguito interventi finalizzati a definirne la forma. È il caso delle agorài di Selinunte, che congiunge tratti di maglia
urbana di diversa direzione, e della stessa Megara Hyblaia.
Nel progressivo processo di specializzazione delle funzioni l'agorà aggrega lungo i suoi margini gli edifici funzionali
allo svolgimento delle attività politiche dipendenti dal regime stesso della pòlis o può costituire essa stessa il luogo
dell'assemblea cittadina, l'ekklesìa ( prima che si formi un tipo edilizio dedicato, l'ekklesiastèrion, di cui ne abbiamo un
esempio nella colonia achea di Metaponto ).
4.4 L'architettura arcaica
I tratti peculiari dell'architettura arcaica si riconoscono in un deciso sperimentalismo accompagnato da una tale
eterogeneità da determinare la formazione di specifiche scuole regionali. Il processo verso strutture integralmente
costruite in pietra, delineatosi in età orientalizzante trova pieno compimento nel medio e tardo arcaismo in
concomitanza con una sostanziale regolamentazione degli ordini architettonici.
In madrepatria Argo e Corinto continuano ad essere i centri più innovatori; Corinto introduce infatti un nuovo tipo di
copertura fittile, acquistando così un ruolo importante e il primato con la realizzazione di alcuni tra i più grandi edifici
templari del Peloponneso; tra questi intorno al 560 un nuovo Tempio di Apollo ( periptero 6 x 15 di massicce colonne
doriche ), esempio sia per le metope figurate del pronao sia, appunto, per la nuova copertura fittile.
Nel santuario di Zeus ad Olimpia, in Elide, all'inizio del VI secolo viene dedicato a Era un periptero con planimetria
allungata e nucleo interno tripartito. Per l'età tardoarcaica i dati più significativi provengono da altri siti della regione: i
templi di Atena a Prasidaki e a Makistos, peripteri esastili dorici datati ai primi decenni del V secolo mostrano una
pianta che diverrà canonica in età classica conformi alle situazioni più elevate del periodo, con l'abbandono del sistema
di copertura argivo a favore di quello corinzio.
L'Arcadia mostra invece un sensibile ritardo nel percepire le novità, evidente nell'uso di materiali deperibili e nella
persistenza di caratteri morfologici propri delle fasi iniziali ( come dimostrano i Templi di Atena Alèa a Tegea e Apollo
Epikoùrios a Bassai e, a metà VI l'Hekatòmpedon di Orchomenos, un periptero esastilo dorico con colonne dai fusti
lignei e i capitelli in marmo ).
Anche l'architettura di Sparta segue un percorso evolutivo autonomo, in cui convivono diverse soluzioni: alle forme
tradizionali si affiancano realizzazioni eterodosse che attestano l'intensità dei contatti verso realtà greco-orientali. Il
“Trono di Apollo” presso il santuario dell'Amyklàion ne costituisce l'esempio più evidente. Più coerente con la
tradizione laconica sono invece i templi dedicati ai culti poliadici come quello urbano di Artemide Orthìa ( 570-560 )-
Ad Atene Pisistrato rafforza i culti poliadici: è probabile che sia responsabile dell'introduzione di alcuni culti
tradizionali nei demi rural, come quelli di Artemide Brauronìa o di Dioniso. Sarà l'Acropoli a registrare i primi
interventi: dall'Hekatòmpedon sino alla ricostruzione del tempio di Atena Polìas. Nell'area dell'Ilisso viene eretto un
tempio dedicato a Zeus Olympios rimasto incompiuto, e intensa è l'attività in Attica sia ad Eleusi, nel santuario di
Demetra, dove viene ricostruito il Telestèrion, sia in altri demi per le celebrazioni delle Dionisie.
Dopo la caduta della tirannide ( 510 ) e fino alla prima guerra persiana ( 490 ) l'architettura ateniese conosce una
relativa stasi e solo dopo la battaglia di Maratona sarà intrapreso un ambizioso progetto di monumentalizzazione
dell'Acropoli ù8 intervento che prevedeva il pre-Partenone al posto dell'arcaico Hekatòmpedon e un nuovo pròpylon di
accesso.
La pòlis di Egina all'inizio del VI secolo intraprende importanti lavori sia presso il santuario urbano di Apollo, con un
pròpylon, un altare e un edificio templare distilo in antis, sia poco dopo nel santuario di Atena Aphàia nella zona
orientale dell'isola, dove il tempio ( prostilo tetrastilo dorico ) mostra un tetto fittile dai tratti argivi corinzieggianti. Nel
tardo arcaismo Egina accresce la sua prosperità basata sul commercio marittimo con l'Oriente e con l'Egitto, e l'attività
edilizia coinvolge sia il santuario di Apollo che quello di Atena dove si rinnova l'edificio di culto dal 510.
Tra alto e medio arcaismo il santuario di Delfi costituisce un fecondo laboratorio di sperimentazione di nuove tendenze,
testimoniato dai thesauròi ionici che affermano un originale tipologia distila in antis enfatizzata da un forte
decorativismo e un ricco apparato scultoreo. L'incendio del 548 permette agli Alcmeonidi un rifacimento del tempio di
Apollo in forma più monumentale: l'edificio prevede tetto e prospetto orientale nello stesso materiale e rivela l'apporta
di maestranze di Paros. Esso sarà destinato a esercitare una profonda influenza sulla successiva evoluzione della
tipologia templare dorica per proporzioni, ricchezza di materiali e impegno costruttivo. A officine insulari si deve
attribuire il thesauròs degli Ateniesi, interamente in marmo che mostra ancora una volta l'apporto delle botteghe ioniche.
Dal santuario di Kalapodi provengono le maggiori informazioni per la Grecia centrale in età altoarcaica, dove due
peripteri dorici esastili in materiali deperibili presentano tetti fittili di tradizione locale.
Agli inizi del VI secolo l'Etolia conferma la sua vitalità nel santuario del Làphirion a Kalydon dove i nuovi templi di
Artemide e Apollo si dotano di una ricca decorazione fittile. La rilevanza dell'area in questa fase risiede proprio nelle
terrecotte architettoniche, le cui affinità con la produzione corcirese e occidentale segnalano la profonda influenza
esercitata dalla scuola etolica sull'Occidente.
Tra alto e medio arcaismo l'egemonia di Naxos sulle Cicladi trova ampio riscontro a Delos nello Hieròn di Apollo, il
principale santuario panionico, come testimoniano le importanti realizzazioni: la “terrazza dei leoni”, il Colosso e
l'Òikos dei Nassi e nel secondo quarto del secolo un pròpylon. L'architettura estende l'uso del marmo anche nella
copertura mentre nel contem8 cosa che trova riscontri anche nel santuario di Dioniso a Yria o nel Demetrèion a
Sangrì ).po si definiscono gli elementi dell'ordine ionico, con proporzioni slanciate e una certa sobrietà
dell'ornamentazione . Dagli anni trenta del secolo si assiste alla crescita economica di Paros a cui corrisponde la
costruzione di alcuni edifici, il tempio di Atena Polioùcos sull'acropoli ( anfiprostilo esastilo ionico ) e quello di
Demetra e Core.
Le città dell'Asia Minore malgrado l'espansione militare della Lidia indirizzata alle grandi città greche della costa,
mantengono sempre una forte ascesa economica e intensi scambi culturali sia con i principali centri anatolici sia con la
Siria e l'Egitto, mostrandone importanti ricadute in architettura.
Le trasformazioni più significative sono quelle che interessano l'Heràion di Damo, dove intorno al 565 si assiste a una
generale ristrutturazione del tèmenos comprendente un tempio destinato a diventare modello di riferimento per le altre
pòleis microasiatiche: un enorme diptero ottastilo ionico ( una stessa esigenza di monumentalità risponde all'altare, una
grandiosa struttura a pi-greco.
Il medio arcaismo è il momento di massimo sviluppo dell'architettura microasiatica: intorno al 560 prende l'avvio la
ricostruzione dei templi di due importanti santuari suburbani, l'Apollònion di Didime presso Milrto e l'Artemìsion di
Efeso, che riprendono il grandioso modello diptero ottastilo samio ccercando disuperarlo nella preziosità del materiale,
il marmo, e nella decorazione, arricchita da rilievi figurati di influenza anatolica.
Nell'Heràion di Samos si dà inizio alla ristrutturazione del tempio di Era negli anni venti: il tiranno Policrate opra per un
grandioso diptero ionico ma la costruzione rimarrà incompiuta.
Nonostante le similitudini tra alcuni edifici è tuttavia possibile identificare specifiche scuole regionali e un esempio
significativo è costituito dalle scuole ioniche: seguono un percorso alternativo sviluppando forme originali di cui sono
testimonianza il tempio di Apollo a Neandria e gli edifici dell'acropoli di Larisia.
La produzione architettonica tardoarcaica viene corrotta da alcuni eventi storici, che hanno come conseguenza un
pesante ridimensionamento delle principali città greche e asiatiche e, poco dopo, di Naxos.
A Creta l'architettura religiosa sembra ripetere modelli acquisiti: il tipo a òikos è ancora dominante e determina una stasi
evolutiva.
In Occidente, nell'età altoarcaica, vi è una significativa influenza di Corinto per il tramite due importanti colonie: Corfù
e Siracusa, dove sono documentate le prime realizzazioni monumentali in pietra. L'Apollònion di Siracusa ( periptero
esastilo dorico ) e il Tempio di Artemide a Corfù ne sono due esempi.
Delle colonie achee di Occidente poco sopravvive di Crotone, ma nell'area presso Cremisa è presente il primo periptero
del mondo occidentale, dedicato ad Apollo Aleo.
Sebbene Siracusa, Kerkyra e altre poche pòleis mostrano un evoluta fisionomia architettonica, a fronte di un avanzo del
processo di litizzazione, la maggior parte delle comunità preferisce soluzioni più tradizionali ad òikos: il tempio B di
Himera quello H nell'agorà di Megara Hyblaia.
Il medio arcaismo invece rappresenta un momento di grande crescita di queste pòleis, che si esprime attraverso la
monumentalizzazione delle aree pubbliche più significative: le colonie achee aprono grandi cantieri di notevole
impegno economico di cui sono testimonianza Metaponto, con la costruzione di due grandi templi peripteri, e
Poseidonia con il tempio di Era I e il santuario di Era presso il Sele. L'ordine dorico viene in questi edifici reinterpretato
secondo una sintassi di tradizione locale che si distingue nella produzione dorica della madrepatria sia nei capitelli sia
negli elevati.
Significativa è la produzione tardoarcaica, in particolare l'area achea sembra mostrare una marcata penetrazione di
ionicismi che si riconosce in edifici come il tempio di Atena a Poseidonia.
Più imponenti le imprese costruttive delle città siceliote: Siracusa, Gela, Agrigento e Selinunete si distinguono dalla
produzione magno-greca per la maggiore vicinanza al dorico della madrepatria.
4.4 I santuari panellenici
Ad alcuni tra i più importanti luoghi di culto era attribuita una valenza panellenica, uno status sovranazionale; questi
santuari hanno svolto una funzione aggregante tra le diverse pòleis favorendo il consolidarsi di un'identità comune e
attirando l'evergetismo dei poteri politici emergenti, con una ricchezza ed eterogeneità monumentale senza confronti nel
mondo greco.
In questo quadro affiorano chiaramente le diverse sfere di influenza: mentre Olimpia ha gravitato sul Peloponneso e sul
mondo greco occidentale, a Delfi emerge una più rilevante presenza dei centri della Grecia centrale, di Atene e per cesti
aspetti dell'area egea e microasiatica; diverso il ruolo dell'Istmo, in stretta connessione con Corinto e luogo privilegiato
di assemblee politiche delle pòleis greche in diversi momenti.
I grandi santuari sono accomunati dallo svolgimento di competizioni atletiche e musicali ( agoni ), le più antiche ad
Olimpia; le aree sacre sorgono tutte in età molto antica ma vedono un inizio della monumentalizzazione in
concomitanza con la crescita di importanza e la nascita della grande architettura in pietra.
* Olimpia
Situato in Elide, il santuario di Zeus occupa una bassura compresa tra i fiumi Alfeo e Cladeo dominata a nord dalla
collina di Kronos. Il tèmenos, noto come Altis, a una pianta approssimativamente quadrangolare. Le indagini
archeologiche pongono l'inizio dell'attività cultuale alla fine del X secolo, quando erano presenti solo un altare di cenere
e il tumulo attribuito all'eroe Pelope. La frequentazione iniziale appare limitata alle comunità delle aree limitrofe
( Pisatide, Trifilia, Elide, Messenia e Arcadia ), ma la situazione cambia all'inizio dell'VIII secolo quando i materiali
dedicati mostrano nuove provenienze, Laconia e Corinzia. Il santuario assume maggiore importanza e le fonti pongono
l'inizio dei giochi olimpici proprio alla fine del primo venticinquennio del secolo, il 776 a.C.; nella zona più sacra,
presso l'altare, solo ai primi del VI secolo iniziò la costruzione di edifici a cominciare da un tempio dorico periptero
dedicato a Era. Lungo una bassa terrazza a sud della collina di Kronos una serie di thesauròi, semplici òikoi o strutture
distile in anti, ospitavano doni votivi di varie pòleis. Alla metà del VI secolo risale pure la costruzione di edifici politici
funzionali alle esigenze della gestione del santuario ( bouletèrion, prytanèion ). Nel 470 a.C. Viene costruito il grande
tempio dorico periptero dedicato a Zeus che contribuirà a definire il canone per l'architettura dorica in età classica.
L'Altis troverà la sua configurazione solo alla fine del VI secolo con la costruzione del piccolo tempio della Mèter
Theòn. Gli altri edifici relativi alle esigenze degli agoni, la palestra, il ginnasio, il Leonidàion, esterni all'Altis,
appartengono invece all'età ellenistica.
* Delfi
Il santuario di Apollo sorge in una zona ricca di acque sorgive alle pendici del Parnaso, nella Focide, in un abitato che
rimonta al IX secolo. Del luogo di culto si hanno testimonianze dall'età geometrica, ma strutture monumentali sono
attestate solo alla metà del VII secolo con il thesauròs di Corinto e un tempio dedicato ad Apollo. Con la fine della
prima guerra sacra ( 600-586 ) il santuario passo sotto il controllo di un consiglio di rappresentanti di popoli della
Grecia centro-settentrionale, l'Anfizionia: dal 582 si ampliarono le esigenze del santuario con la riorganizzazione dei
giochi pitici, e si moltiplicarono i thesauròi ( di molti non è facile determinare la pòlis di appartenenza ). Dopo
l'incendio del 548 grazie alle risorse degli Alcmeonidi si decise di ampliare il tèmenos e ricostruire il tempio di Apollo,
che avrebbe realizzato un inedito prospetto orientale in marmo pario. L'impatto delle botteghe ioniche nella diffusione
di elementi ionici in aree di tradizione dorica fu tale che il santuario divenne un importante luogo di sperimentazione.
Per lo svolgimento degli agoni venne realizzato uno stadio a nord-ovest del santuario di Apollo insieme ad un teatro per
le composizioni musicali.
* Isthmia
Per la sua posizione, sulla via che connette il Peloponneso con la Grecia continentale, il santuario di Poseidone all'Istmo
si prestava ad essere un naturale luogo di scambio e di incontro di diverse assemblee panelleniche. Le prime tracce di
frequentazione cultuale risalgono all'età protogeometrica, ma gli strati successivi di ceneri da sacrificio e ceramica da
mensa mostrano una continuità che arriva fino alle soglie del VII secolo. In questo periodo il santuario viene ampliato:
oltre all'altare fu realizzato un periptero dorico la cui importanza risiede nella struttura della cella completamente in
pietra e nella presenza di una peristasi. Il santuario divenne luogo di culto panellenico nel 582, data a cui si fa risalire
l'istituzione dei giochi istmici svolti come celebrazioni funerario in onore dell'eroe locale Melikertes-Palaimon. Venne
allora realizzato uno stadio. Una fase di rinnovamento si registra agli inizi del V secolo: distrutto da un incendio nel 470
il tempio fu ricostruito nelle forme classiche di un periptero 6x13 colonne. All'inizio del IV risale il teatro per gli agoni
musicali, a nord-est del santuario.
* Nemea
Il santuario di Zeus a Nemea, in Argolide, era connesso con la celebrazione dei giochi funerari in onore di Opheltes, un
eroe locale. Le Nemee, a cadenza biennale, iniziarono nel 573. Nella prima metà del VI secolo nel tèmenos fu costruito
un tempio di cui sopravvive parte della copertura fittile di tipo argivo. Alla prima metà del V secolo invece risale la
dedica di una serie di òikoi allineati a sud del tempio in modo da delimitare il tèmenos. Dalla fine del V al 330 circa il
santuario conobbe un periodo di declino, dovuto al trasferimento ad Argo dei giochi nemei, seguito da una fase
rinnovamento fino almeno al 270 circa in cui le festività panelleniche si svolsero nuovamente a Nemea. Si diede inizio
in questo periodo a un nuovo programma edilizio che comprese la ricostruzione del tempio, ora un periptero dorico, e la
realizzazione di strutture accessorie.
4.4 Abitare nella Grecia Arcaica
Il passaggio da abitazioni monocellulari a strutture più complesse avviene gradualmente a seconda dei luoghi, con
ritardi e anticipazioni che rendono difficile una ricostruzione lineare del fenomeno. A Kastanas in Macedonia, già
prima dell'VIII secolo sono state costruite abitazioni con ambienti comunicanti tra loro, mentre nelle fondazioni
coloniali di Occidente durante il VII secolo sono attestate case composte da un unico vano quadrangolare. Solo strutture
di particolare significato come la hierà oikìa a Eleusi o le case di Atene presso l'Accademia sembrano presentare piante
più complesse.
Nuove esigenze sociali condizionano la disposizione interna degli ambienti: se infatti questi nell'età del ferro sono
sistemati su un unico asse sul modello del mègaron, in età arcaica si predilige uno schema radiale in cui le diverse
stanze non entrano in comunicazione tra loro ma affacciano su uno spazio comune: gli ambienti sono così differenziati
per funzione. È presente in genere una sala di dimensioni maggiori, ma si conosce ancora molto poco delle sue funzioni.
Nel sito di Himera in Sicilia recenti indagini hanno permesso un'analisi dei sistemi abitativi e degli arredi. Le case della
fase tardoarcaica presentano già una divisione tra il quartiere di rappresentanza e le aree private: il primo è
probabilmente un andròn, stanza riservata al convivio maschile. Il modello imerese sembra essere ancora strutturato su
una tradizione altoarcaica, in cui l'òikos è ancora la sala principale. Manca uno spazio di passaggio e distributivo.
Il VI secolo mostra un'accentuazione del carattere privato degli spazi abitativi e dei servizi, che si concretizza nella
creazione di cortili chiusi.
In età arcaica emerge però una nuova tipologia abitativa, che presenta in pianta due o più ambienti su un corridoio
chiuso trasversale ( pastàs ) e che nei casi più antichi apre direttamente sulla strada. Il tipo è presente in alcuni varianti a
Egina, Paros. Creta, Rodi, Kopanaki in Messenia, Sicilia, Magna Grecia. Solo tra il tardo arcaismo e l'inizio dell'età
classica appaiono le prime testimonianze di andrònes all'interno di abitazioni private ( vd. “Casa dei sacerdoti” di Halai
Aixonides ). Il nuovo modello di casa è organizzato in modo da non permettere contatti tra vicini, trovando aree aperte
all'interno della casa, con la chiusura del cortile.
Il forte cambiamento nella cultura abitativa tra la fine del VI e il V secolo coincide con l'ulteriore sviluppo della
struttura urbana e con la necessità di attrezzare meglio i quartieri residenziali.
4.4 La produzione artistica
Un fattore importante nello sviluppo della produzione artistica è lo sfruttamento delle cave di marmo, con la parallela
organizzazione dell'estrazione e del commercio, nonché della lavorazione già in cava di manufatti destinati
all'esportazione. Referente privilegiato è l'area delle Cicladi dove prende avvio un fenomeno che si prolungherà fino
all'età romana.
La scultura in marmo di Naxos appare segnata dalla scelta di un canone che individua nella preferenza per uan
dimensione al vero o maggiore, se non colossale, l'elemento qualificante di una produzione ancora sperimentale;
documenta già dal VII secolo uno specifico interesse della committenza in manifestazioni attinenti sia alla sfra privata
che a quella pubblica, dando l'avvio a fenomeni di evergetismo dove la realizzazione di un'opera a beneficio della
comunità diviene occasione per affermare un potere economico, politico o culturale. Significativa è la documentazione
offerta dal santuario di Apollo a Delos, che già dalla seconda metà del VII secolo vede la presenza nassia nell'area sacra.
La statua di Nikandre ( 650 ) dell'Artemìsion ripropone nel marmo i canoni della tradizione dedalica in pietra e si
qualifica grazie all'iscrizione come àgalma ( dono alla dea ) e mnèma ( memoriale del donatore ). Come dedica puppliba
si connotano invece la “terrazza dei leoni” e il colossale Apollo, la cui base è ancora conservata a ridosso del muro
dell'òikos dei Nassi ( h 10 m ca per 32 t ca ).
Il marmo di Paros è attestato dagli inizi del VI secolo e sostituisce ben presto il nassio, divenendo almeno fino al V
secolo il materiale egemone nell'esportazione e nelle scelte da parte della committenza pubblica e privata.
Hanno diffusione locale invece i marmi presenti in Attica: il marmo dell'Imetto e il marmo del monte Pentelico.
Scuole regionali
La ricostruzione delle botteghe e degli scultori attivi nell'età arcaica p connessa con l'individuazione delle fonti di
approvvigionamento, l'esame della funzione e destinazione delle sculture e il ruolo della committenza, e la loro
esperienza si presenta articolata in una molteplicità di situazioni non sempre chiare. La difficoltà di circoscrivere alcune
situazioni è dovuta al carattere discontinuo della documentazione o agli indirizzi assunti dalla ricerca che talvolta ha
privilegiato alcune produzioni rispetto ad altre; a ciò si aggiunge la mobilità di alcuni scultori e officine che
interagiscono nei diversi centri con modalità diversificate e con scambi di esperienze reciproche.
La disponibilità di materie prime ha favorito chiaramente alcune aree anche in senso stilistico, come nel caso delle
Cicladi, dell'area micorinsulare o di Atene. Corinto invece o l'area peloponnesiaca in generale, ha una limitata
produzione marmorea il cui esame ha condotto all'individuazione di caratteri specifici in base al confronto con le altre
classi di materiali maggiormente attestate, la bronzistica o la produzione fittile e coroplastica. Per Magna Grecia e
Sicilia l'assenza di marmo locale ha fatto a lungo negare l'esistenza di una produzione locale mentre solo di recente
nuovi rinvenimenti hanno mostrato le colonie coinvolte quanto la madrepatria nel fenomeno della produzione scultorea.
Tipi iconografici e funzioni della scultura
Le tipologie attesta sono quelle che diverranno caratterizzanti nella statuaria a tutto tondo del periodo arcaico, in
particolare la produzione maschile e femminile nel tipo del koùros e della kòre, utilizzate in contesti diversi e con
differenti significati ( sèma, raffigurazione della divinità, dell'eroe o del devoto nei santuari, funerario nelle necropoli ).
Si tratta di tipi iconografici fissi che riproducono il corpo stante, frontale, con le braccia stese o lievemente portate in
avanti nel caso del koùros, o scostate a trattenere un lembo della veste o a sostenere un oggetto nel caso della kòre.
Carattere precipuo della figura maschile è la nudità. Espressione figurativa dell'ideale arcaico d'élite aristocratica.
Questi tipi vengono articolati nelle diverse esperienze artistiche, caratterizzandosi nei singoli casi attraverso il
rendimento dei volumi, il rapporto proporzionale tra le parti, il risalto della superficie dato alle partizioni economiche.
Il gruppo dei koùroi ( 600 ) dal santuario di Poseidone al Sounion in Attica attesta la ricezione in ambito attico dei
canoni sovradimensionali della scultura insulare, evidente peraltro nell'uso del marmo nassio; il modello è utilizzato
anche in ambito funerario.
Nel primo trentennio del VI secolo l'esperienza artistica samia appare interessata alla definizione di un nuovo vanone
per la rappresentazione della figura femminile: ambito di riferimento è il santuario di Era, e la disponibilità di marmo
locale favorisce la specializzazione delle maestranze e dà esito a realizzazioni impegnative come il koùros colossale ( h
5 m ) del 570. Le figure femminili, come quelle con la dedica di Cheramyes, sono realizzate secondo un modello
paralleli alternativo a quello dedalico, che sostituisce la volumetria a piani paralleli con una struttura tubolare, e sembra
essere l'elaborazione di una bottega o personalità altamente specializzata. Questa sperimentazione è ulteriormente
testimoniata dalla dedica di un gruppo familiare ( 560-550 ) opera dello scultore Geneleos, caratterizzato dalla
giustapposizione dei tipi di koùroi e delle kòrai per i figli e dalla ricezione di motivi iconografici orientali per i genitori (
con il personaggio maschile semisdraiato e quello femminile seduto ).
Complesso quanto astile e artisti è il contesto di Atene: la ricca testimonianza votiva e funeraria attesta un
coinvolgimento della società ateniese: dal 566 iniziano le dediche sull'Acropoli. La vittoria delle gare atletiche diventa
occasione per la dedica più antica, il tipo del koùros che reca offerte ( Moschophoros ). Un evento vittorioso può aver
fornito lo spunto per il tipo della statua equestre, il Cavaliere Rampin.
Testimonianze epigrafiche attestano l'attività di scultori di origine ionica e insulare: Aristion di Paros che alabora lo
schema tubolare samio unito alla compattezza dei volumi di tradizione paria, è un esempio.
Scultura architettonica
Nel corso del VI secolo si sviluppa, in connessione con l'evoluzione dell'architettura religiosa, la scultura architettonica:
metope nel fregio dorico, lastre continue in quello ionico, campo frontonale, acroteri. Essa svolge un importante
funzione di comunicazione visiva.
Metope figurate scolpite sono attestate in ambiente peloponnesiaco nel tempio arcaico di Micene, 630-620 ca, e nel più
recente Hekatòmpedon sull'Acropoli di Atene; più consistente la serie di metope attribuite al monòpteros dei Sicioni a
Delfi ( 560 ca ).
Esperienze analoghe si riscontrano nel mondo occidentale; le metope più antiche dell'Heràion del Sele ( secondo
venticinquennio del VI secolo ) documentano diverse fasi di lavorazione.
Gli esempi più antichi di fregio ionico sono documentati nella prima metà del VII secolo nel tempio di Era a Samos e in
quello di Yria a Naxos; i soggetti dei fregi, costituiti da teorie di guerrieri, scene di combattimento, si prestano ad essere
rappresentati in uno spazio continuo. Fregi continui fittili inducono ad individuare in ambito microasiatico l'origine di
questa tipologia ( Frigia, Lidia ). Esempi anche in Magna Grecia ( Sibari, Francavilla Marittima, Metaponto ).
Sede priviligiata per la dotazione di una scena figurata è il campo frontonale, area triangolare, oggetto di un lungo
processo di sperimentazione nell'articolazione compositiva, nell'uso dei materiali e nelle tecniche di realizzazione. La
tradizione letteraria attribuisce l'invenzione all'ambito corinzio, e la documentazione non smentisce, sebbene indichi un
ambito coloniale ( esempi sono il tempio di Atena Aphàia di Egina e l'Hekatòmpedon di Atene, dove emerge un forte
sperimentalismo individuabile nella mancanza di unità compositiva della scena figurata ).
L'impiego del marmo nella scultura architettonica risale al terzo quarto del VI secolo, attestato contemporaneamente sia
in ambito cicladico che attico; il frontone orientale del tempio di Apollo a Delfi viene dotato di un ricco apparato in
marmo pario ( dopo il 548 ), che consiste in metope figurate nel pronao, sculture frontonali, Nìkai e sfingi acroteriali.
Anche sull'Acropoli ateniese il tempio di Atena Poliàs viene dotato di metope, fregio ionico sulle pareti esterne della
cella e sculture in marmo pario su entrambi i frontoni.
Scene narrative e frontonali e uso del marmo pario divengono un elemento costante , trovando nei complessi frontonali
del tempio di Atena Aphàia a Egina uno degli esiti più significatici per ricchezza.
4.4 I sèmata
A partire dagli inizi del VI secolo si afferma in ambito funerario il sèma ( segnacolo ) di pietra o in marmo nella forma
del tutto tondo ( statua ) e del rilievo ( stele ). Il fenomeno è documentato in modo particolare ad Atene e in Attica.
L'individuazione delle cause che hanno determinato la fine del fenomeno, intorno al 500-480, è problematica, sebbene
sia attribuita vagamente alle guerre persiane o a leggi antisuntuarie che avrebbero limitato la spesa per funerali e
sepoltura.
Anche per le statue funerarie i tipi più diffusi sono il koùros e la kòre: le statue avevano basi separati, le iscrizioni
recano spesso il nome dello scultore.
Oltre alle statue a tutto tondo le officine di Atene elaborano anche la stele funeraria, realizzata tramite l'accostamento di
tre elementi costitutivi: base, fusto alto e stretto, coronamento ), e si sviluppa nel tempo con alcune varianti. Gli
esemplari più antichi ( 600-575 ) mostrano un coronamento formato da un capitello sormontato d una sfinge;
successivamente ( 575-550 ) sui specializza tramite l'aggiunta di una predella sul fusto, anch'essa figurata, e di una
decorazione anche sul capitello.
6 La comunicazione per immagini
4.4 La ceramica figurata
La storia della pittura vascolare arcaica è essenzialmente la storia della produzione ateniese e la compiuta ricostruzione
della sua esperienza produttiva; la ceramica attica non ha infatti paragoni per la quantità e qualità dell'impegno e per
l'influenza che esercitò su altre produzioni greche e mediterranee, anche grazie all'autorità politica e commerciale di
Atene.
All'inizio del VI secolo la produzione ateniese conosce un profondo rinnovamento che investe il repertorio morfologico
( forma ), formule decorative e soggetti. Insomma, il numero dei pittori e il volume dei prodotti raddoppiano e
compaiono i primi segni di specializzazione del lavoro tra le botteghe. La svolta è di marca corintizzante, e l'incontro tra
la potenza narrativa protoattica e il decorativismo corinzio dà origine a quello che viene definito “stile attico a figure
nere”, per la generale adozione della tecnica, giò sperimentata nel protoattico tardo delle figure dipinte in nero sullo
sfondo chiaro del vaso, con uso dell'incisione per i particolari interni.
Caratteristica del periodo è la rinuncia alle monumentali composizioni protoattiche a favore della scansione dello spazio
in registri orizzontali di soggetto animalistico.
* Pittore della Gorgone ( 600-580 ): canonizzatore del nuovo stile, fortemente influenzato dalla maniera corinzia.
Di sua invenzione è il dèinos su alto sostegno su cui realizza l'opera eponima con Perseo inseguito dalle
Gorgoni, inaugurando lo schema che prevede un fregio narrativo nel registro superiore principale e teorie
zoomorfe in quelli inferiori.
* Dèinoi di Sophilos ( 580-570 ): simile sintassi del Pittore della Gorgone; è il primo a firmare come pittore e
ceramista le sue opere, che mostrano uno spiccato interesse per le scene mitologiche.
L'elevata organizzazione del lavoro raggiunta nel ceramico si evince dalla specializzazione di alcuni atelier in
determinate forme vascolari: il Pittore del Polos si dedica a grandi vasi, mentre il Gruppo dei Comasti produce coppe e
skyphoi.
Il secondo quarto del secolo è dominato dalle cosiddette coppe di Siana ( necropoli rodia ) cariante con piede e labbro
più alta di quelle dei Comasti.
* Cratere François: capolavoro della ceramografia attica della prima metà del VI secolo. Il cratere è
eccezionale sia nella forma ( primo esempio di cratere a volute fittile ) che nell'impegno decorativo. Le 270
raffigurazioni incentrate sulle figure di Achille e Teseo sono accompagnate da numerose iscrizioni che
illustrano personaggi ma anche oggetti.
Dopo il 570 l'organizzazione del sistema e il volume della produzione aumentano, mentre diminuisce il numero di forme
prodotte dai diversi atelier, che procedono all'individuazione di proprie aree commerciali, soprattutto in Etruria, dove
Atene conquista quasi il monopolio delle esportazioni.
* Gruppo Tirrenico ( 570-550 ): circa 250 vasi rinvenuti quasi esclusivamente in Etruria. La decorazione
presenta la consueta successione di registri zoomorfi sormontati da un fregio principale con una scena
figurata, espressa con un ampio uso el colore e frequenti didascalie. In questo gruppo inizia la sua carriera
anche Nikosthenes, la firma più nota su vasi attici, sempre come ceramista.
Alcuni grandi vasi rifiutano il frazionamento dello spazio a favore di raffigurazioni a tutto campo.
* Nearchos ( 570 – 555 ): l'impianto monumentale e l'originalità di un kàntharos frammentario ( scena della
consegna delle armi ad Achille impegnato nella bardatura dei suoi cavalli ) fanno di Nearchos uno dei
principali esponenti della sua epoca nonostante le poche opere attribuite. La sua bottega viene forse rilevata
dai figli che firmano con il patronimico coppe della serie definita dei Piccoli Maestri, kylikes prodotte ad
Atene tra il 560 e il 520/10.
* Lydos ( 560-540/30 ): autore di circa un centinaio di vasi, ha una decisa preferenza per le rappresentazioni
monumentali. Si tratta di forme grandi, anfore, hydrìai e crateri a colonnette. La sua esperienza è fondata
sull'esperienza ateniese più antica, che egli sviluppa nel suo personale stile. Il suo capolavoro è il dèinos
frammentario dell'Acropoli con Gigantomachia..
* Pittore di Amasis: intorno al 560 inizia la sua attività, della quale gli sono attribuiti circa cento vasi. La sua è
un'esperienza originale sia nella scelta delle forme ( predilige nettamente l'anfora ), sia nelle tematiche.
Sembra poco interessato ai soggetti eroici, e molto più a suo agio nelle rappresentazioni del corteggio
dionisiaco di cui sperimenta varianti.
* Exekias: è la personalità più notevole del periodo, attivo a cavallo della metà del secolo soprattutto su anfore
decorate da soggetti epico-mitologici in gran parte incentrati sulla figura di Eracle. La sua attività di pittore è
piuttosto circoscritta: un cinquantina di opere collocabili tra 550 e 530; forse più lunga quella da ceramista al
centro di un'officina importante dove vengono elaborate durature innovazioni sia del repertorio vascolare sia
tecniche. L'impianto monumentale delle figure è sempre sostenuto dalla sicurezza dell'incisione, dalla cura dei
dettagli e dalla varietà ed eleganza dei fregi accessori.
Nell'ambito degli allievi di Exekias viene inventata la nuova tecnica a figure rosse, dove la cromia è ribaltata: il fondo
è verniciato di nero e le figure sono risparmiate nel colore dell'argilla, con particolari interni non più incisi ma dipinti
con una vernice scura che può essere più o meno diluita.
L'invenzione della tecnica è tradizionalmente collocata intorno al 530/525.
* Pittore di Andokides ( 530-515 ): il primo a sperimentare la nuova tecnica. Alcuni vasi sono bilingui, in cui
una metà è decorata con scene a figure nere attribuite a un ceramografo convenzionalmente denominato
Pittore di Lysippides. Nelle figure rosse il pittore si dimostra ancora influenzato dalla vecchia tecnica.
L'ultimo ventennio del VI secolo è un periodo vivace, in cui diversi ceramografi sperimentano nuove possibilità
decorando sia vadi bilingui sia a figure nere o rosse, ma anche coral red ( a figure nere su fondo bianco e a pseudo-
figure rosse, cioè sovraddipinte sulla verniciatura nera in una tecnica detta “di Six” ). Continua senza flessioni, in
contemporanea, una copiosa produzione di serie nella tecnica a figure nere ( Pittore di Antimenes e il Gruppo di
Leagros ).
* I Pionieri: i primi a padroneggiare la nuova tecnica a figure rosse sono questo gruppo di ceramografi che
fissa i canoni della classe portandola a livelli di perfezione difficilmente raggiunti in seguito.
1 Euphronios ( 520-500 ): il più celebre tra loro, continua a firmare come ceramista fino al 470. Predilige vasi
grandi, crateri a calice, anfore e pelìkai su cui alterna temi mitici e scene di palestra, kòmos e musica. Del tutto inedita
al lotta tra Eracle e Anteo su un cratere a calice di Parigi; anche il trasporto del cadavere di Sarpedonte da parte di
Hypnos e Thanatos è sua creazione originale.
2 Euthymides: dipinge soprattutto anfore a profilo continuo e a collo distinto con anse tortili. Una da Vulci a
Monaco, con tre personaggi maschili impegnati in un kòmos con pose complesse, è un ottimo esempio della sua
attenzione al rendimento dell'anatomia e delle figure in movimento.
Nell'orbita di questi due gravitano anche gli altri Pionieri. È evidente che questi artisti formano un gruppo speciale
all'interno del Ceramico e sono legati da relazioni interpersonali strette, di amicizia o di bottega.
Il nerbo della produzione ateniese è sempre costituito dalle coppe, decorate spesso da ceramografi specializzati in tale
forma. Non è facile organizzare i decoratori di coppe in raggruppamenti stilistici, a causa della loro mobilità tra le
botteghe e della diffusa omogeneità dei soggetti ( scene di simposio, palestra, dionisiache ).
* Olpos ( 525-500 ): le sue opere giovanili sono prossime a quelle di Euphronios, forse per il comune
discepolato nella bottega di Andokydes. Le sue kylikes sono decorate anche da soggetti epici e mitici.
* Epikteots ( 520-490 ): mostra una decisa predilezione per le scene di genere e realizza raffinate composizioni
studiate per il campo circolare dei tondi interni.
* Pittore di Kleophrades ( 505-475 ): è ritenuto allievo di Euthymides, di cui ripropone gli schemi copositivi ma
in uno stile energico e originale.
* Pittore di Berlino ( 500-480 ): denominato dalla città che ospita una delle sue opere più famose. Si tratta di
un'anfora a profilo continuo da Vulci decorata da un gruppo con Hermes, un satiro e un cerbiatto, fluttuanti
sul fondo nero del vaso. Lo schema è invenzione di Euphronios, e diventa una cifra distintiva per il Pittore di
Berlino che la applica spesso.
*
Tra le altre esperienze regionali, tralasciando Atene, merita di essere ricordata Corinto, la cui produzione vascolare
arcaica si inserisce senza fratture nel solco di quella protocorinzia. Continua la presenza per lo stile animalistico
organizzato in registri orizzontali. Si generano inoltre botteghe da cui emergono personalità di spicco:
* Corinzio antico ( 615-590 ): l'autore del cratere del Louvre è il più importante, con il banchetto di Eracle.
* Corinzio medio ( 590-575 ) e tardo ( 575-550 ): le rappresentazioni figurate aumentano, certo anche sotto
l'influsso attico.
Alla fine del VII secolo anche le fabbriche laconiche adottarono da Corinto la tecnica a figure nere avviando una
produzione che fu largamente apprezzata ed esportata fino a quanto non venne surclassata dalle esportazioni attiche.
La superficie è in genere bianca, e la vernice nera e di buona qualità; le forme sono di importazione corinzia ( kylix,
piatto, pisside ) e la decorazione figurata si applica a poche di esse, come le kylikes e le hydrìai, con motivi floreali o
zoomorfi. Tra le figure più importanti spicca il Pittore di Arkesilas.
Anche nella Grecia orientale la percentuale delle ceramiche è molto minore rispetto a quelle a decorazione lineare,
molto esportate ed imitate nel Mediterraneo. A Samos pochi esemplari figurati sono realizzati nello stile dei 2Piccoli
Maestri”, una variante locale dello stile a figure nere.
Nella stessa tecnica sono realizzate le figure in vivace movimento dei casi dello stile di Fikellura, evoluzione stilistica
del Wild Goat Style orientalizzante.
È stato a lungo discusso il centro di produzione di una delle più interessanti classi di epoca arcaica, la ceramica
calcidese: più di 400 vasi realizzati nella tecnica a figure nere ravvivata da vistose suddipinture bianche e paonazze. Ad
oggi, questa produzione viene ricondotta all'attività di una bottega principale a Rhegion tra il secondo quarto e la fine
del VI secolo.
4.4 Il linguaggio delle immagini I temi e i contesti
A partire dal medio geometrico l'uso delle immagini sulla ceramica permette di usare i vasi anche come mezzo di
comunicazione sociale. Lo sviluppo della ceramografia corinzia prima e di quella attica poi si basa in manierap
articolare sulla presenza delle raffigurazioni, che arricchiscono in maniera notevole il repertori dei temi e le iconografie.
Questa enciclopedia che viene restituita è molto spesso priva di didascalie e crea problemi di lettura del significato.
Il mondo messo in scena, comunque, è quello della pòlis, in particolare quella ateniese, con i suoi modelli di vita. La
prospettiva maschile predomina dal punto di vista del numero e della varietà ( guerra e caccia ). I personaggi vengono
indicati in maniera convenzionale per classi di età o ruolo:
* Ragazzi: dimensioni ridotte.
* Giovani: volto privo di barba e acconciature caratteristiche.
* Maturità: barba.
* Vecchiaia: calvizie.
L'uso di attributi permette di individuare divinità: il kàntharos per Dioniso, il tridente per Poseidone, lo scettro per Zeus,
l'egida e l'elmo per Atena...
Allo stesso modo anche il mondo reale viene rappresentato secondo un codice di gesti, pose e attributi dove la posizione
delle braccia e delle mani, come della testa, la presenza di abiti e schemi definiti acquistano un significato specifico. Ad
esempio, nel caso di una donna che solleva un lembo del velo sul capo ( apokàlypsis ) si intende segnalare il contesto
matrimoniale.
Il contesto ambientale è reso attraverso segni specifici, come alberi, colonne isolate, prospetto di un edificio, un tripode
su basamento.
La sfera del sacrificio costituisce uno degli ambiti più significativi; non viene rappresentata l'uccisione degli animali,
ma tutte le operazioni preliminari e successive.
Non meno frequente è il tema del banchetto aristocratico e l'esaltazione dell'eros improduttivo, alternativo a quello del
matrimonio, che mostra anche i comportamenti omoerotici. Le scene descrivono le coppie composte da un uomo
maturo ( erastès, l'amante ) e un giovane ( eròmenos, l'amato ) legati dal rapporto sentimentale, insieme sulla stessa
klìne, o rappresentati in scene di seduzione o di corteggiamento o comastiche.
Un ambito strettamente legato al precedente è quello del ginnasio, il luogo dell'educazione dove si crea il rapporto
sociale, si forma la conoscenza e si intessono le passioni sentimentali; il giovane e il cittadino come atleta costituisce
una forma espressiva altamente simbolica, in quanto ne riassume il ruolo e la condizione civica. Alle rappresentazioni di
efebi che si preparano, si lavano si ungono, si esercitano e competono, si uniscono le acclamazioni per i giovani e danze
armate come la pyrrhikè, una delle rappresentazioni più tipiche di questo mondo posto tra cultuta letteraria, atletica, e
militare.
Il mondo dele donne è invece visto attraverso una prospettiva più limitata, nella dimensione destinata al matrimonio. Un
ruolo diverso e una socialità più dichiarata vengono denunciati dalle rappresentazioni di donne entro i contesti cultuali:
il mondo dionisiaco in particolare viene inteso come espressione di alterità rispetto al ritmo normale della pòlis, ed è
l'occasione per mettere in scena donne in un ruolo pubblico; in questi contesti il ruolo maschile è assunto da sileni e
satiri.
Passioni, forme sociali e ruoli degli uomini riguardano anche la rappresentazione delle divinità e degli eroi, impiegata
sempre nel suo significato esemplare, etico, gentilizio, cultuale, in quanto archetipi di una serie di realtà umane. Eracle
rappresenta l'eroe per eccellenza e le sue fatiche assumono nel tempo un significato sempre più simbolico. Teseo, eroe
ateniese, articola le sue gesta sull'esempio di Eracle ma acquisisce un valore più civico e sociale.
Gli schemi
Se le immagini riflettono valori sociali e culturali largamente condivisi è possibile comprenderle mediante la corretta
decodificazione del vocabolario attraverso il quale sono espresse, e in particolare degli schemi iconografici impiegati.
Lo schema è ciò che rende riconoscibile un soggetto: un personaggio, ma anche un'azione, in quanto espressa attraverso
un modello iconografico a essa stabilmente associato, a tutti noto e quindi universalmente identificabile.
In molti casi si pone però, per i moderni, il problema dell'interpretazione delle scene generiche: un esempio tipico sono
le numerose partenze di guerrieri anonimi, che salgono su un carro, salutati da un numero variabile di persone tra cui
una donna e, spesso, un fanciullo. Si tratta dell'esemplificazione di uno schema usato nei primi decenne del VI secolo
nella ceramica corinzia e attica a figure nere per raffigurare Anfiarao in partenza per Tebe ma, nel caso in cui mancano
sia iscrizioni sia attributi specifici della storia è impossibile decidere se il protagonista sia l'eroe argivo o un comune
mortale.
4.4 Forme e funzioni
In epoca arcaica le forme si standardizzano: le molte varietà regionali di epoca geometrica e orientalizzante si
razionalizzano in un repertorio che è simile in gran parte del mondo greco.
* Anfora: le varianti principali adottate in epoca arcaica sono l'anfora a collo distinto e quella a profilo continuo.
In entrambi la decorazione è organizzata in metope risparmiate sul fondo nero del vaso. Una viariante della
forma dell'anfora è la pelìke, con corpo a sacco, inventata intorno al 520 a.C., che i Greci forse chiamavano
kàdos, il termine base per tutti i vasi dal iquidi.
* Cratere: grande recipiente per la miscela del vino con l'acqua, è il simbolo del simposio. Il tipo più diffuso
nella prima metà del VI secolo è la kalèbe corinzia, forma di grande successo in tutto il mediterraneo. Dalla
metà del secolo la produzione ateniese non è più subordinata a quella corinzia, e i rapporti si invertono: il
raffinato cratere a calice, introdotto nel terzo quarto del secolo da Exekias, sarà usato fino al IV secolo. Una
funzione simile a quella del cratere ha il dèinos, la cui forma si esaurisce con il VI secolo.
* Kylix: usata per bere, ha numerose varianti. Per tutta la metà del VI secolo, dalle coppe dei Comasti a quelle di
Siana, si nota la tendenza verso un piede e un labbro più alti, fino alle slanciate kylikes dei Piccoli Maestri.
Vasi per bere sono anche la kotyle, corinzia, lo skyphos, più comune nel repertorio attico. Al vino sono
riservati il kàntharos,e il kyathos.
* Hydrìa: destinata a contenere acqua, munita di due anse orizzontali mediante le quali poteva essere facilmente
sollevata e di una verticale che serviva a versare il contenuto. Una sua variante a profilo continuo e labbro
arrotondato, la kalpìs, si diffonde nei decenni finali del secolo.
* Oinichòe: forma meno comune destinata a versare il vino, insieme all'òlpe.
* Cura della persona: alàbastra, i primi mutuati da Corinto. Lèkythoi, contenitori di balsami.
* Esigenze rituali: lèbes gamikòs, usato nei riti nuziali, simile a un lebete. Al bagno nuziale rituale e funerario è
destinato il loutrophòros.
7 Il secolo di Atene
4.4 Le pòleis del V secolo
Da una parte si assiste alla risistemazione di impianti più antichi, irregolari oppure a urbanistica ortogonale, dall'altra
emergono per la prima volta anche nella Grecia continentale l'esigenza di nuove fondazioni regolari.
Caso 1:
* Thasos: le fasi più antiche dell'agorà hanno restituito strutture di VI e V secolo e una stele, documento
epigrafico che stabilisce norme comuni per la gestione di un'area pubblica delimitata da un santuario. In questo
periodo continua il processo di formazione urbana con la costruzione o monumentalizzazione di santuari e
realizzazione di quartieri residenziali.
* Mileto: presenta una struttura ortogonale che, dopo la distruzione persiana, venne riproposto allo stesso modo
del periodo tardoarcaico. Questo rifacimento è stato considerato in passato la prima esperienza urbanistica
dell'età classica.
* Pireo: sebbene sia poco conosciuta a causa dell'impossibilità di uno scavo intensivo, sappiamo che si
organizzava intorno a tre poli principali, quello dei quartieri residenziali nella zona interna della penisola,
quello delle strutture pubbliche intorno ai porti, e quello dei santuari posti presso gli assi principali. I
rinvenimenti ad est di Empòrion ( proto occidentale ) hanno permess di individuare dodici isolati di forma
quadrangolare. Nella zona sud occidentale si è potuta ricostruire una griglia analoga attraverso pochi ma diffusi
resti. Rispetto a Mileto l'organizzazione dell'impianto e la rete viaria mostrano una maggiore articolazione
ottenuta attraverso la diversa modulazione delle strade. Il sistema è legto all'opera di Ippodamo di Mileto.
* Thourioi: seconda città attribuita ad Ippodamo, la pòlis fu fondata nel 444 a.C. Da Pericle su un precedente sito
della colonia di Sibari, distrutta nel 510 dai Crotoniati. Gli scavi hanno identificato un'importante arteria larga
100 metri ( platèia A ) che a nord incrocia una seconda strada ( platèia D ) e a sud una platèia di 50 piedi ( B ).
Riprende nelle sue strutture generali il sistema gerarchico riscontrato al Pireo.
Caso 2:
* Olinto: gli scavi della prima metà del '900 hanno portato alla luce l'impianto di età classica privo di
trasformazioni successive.
* Pella
4.4 La cultura architettonica fra Temistocle e Pericle
La trasformazione monumentale
Ad Atene, con l'ascesa di Cimone nel 468, le accresciute disponibilità economiche consentono lo sviluppo di programmi
più organici di risistemazione urbana: in questa fase sono ascrivibili alcuni significativi interventi nell'agorà del
Ceramico: la Thòlos, luogo di riunione, di ricevimento e di banchetto per i pritani, e la Stoà Poikìle, a nord della via
sacra e destinata a celebrare le vittorie ateniesi con i dipinti di Micone, Polignoto e Panainos. La costruzione del
Thesèion nell'agorà antica è l'intervento politicamente più significativo di Cimone.
Al decennio successivo si possono riferire altri monumenti: il tempio di Atena ed Efesto sul Kolonos Agoraios
( periptero esastilo in marmo con fregi ionici del pronao e nell'opistodomo ). Allo stesso periodo sono riconducibili
interventi nel demo del Sounion, dove vengono ricostruiti dopo l'invasione persiana i santuari di Atena e Poseidone. Il
tempio del dio, periptero dorico in marmo locale, domina il promontorio e costituisce un riferimento per i naviganti.
L'attività edilizia nel Peloponneso dopo le guerre persiane rivela una consistente ripresa, attestata in Corinzia dalla
ricostruzione del tempio di Poseidone a Isthmia e ad Argo. L'intervento più significativo deve essere però riconosciuto
nel tempio dedicato a Zeus nel santuario di Olimpia: l'edificio, realizzato nel 456 da Libone di Elis si pone in continuità
con la tradizione costruttiva locale: i suoi caratteri più evidenti sono da riconoscere nelle proporzioni della peristasi con
6 x 13 colonne, nella tripartizione del nucleo interno del pronao, opistodomo.
Dopo la fine della seconda guerra persiana la difficile situazione politica delle pòleis greche d'Asia non consente una
reale ripresa dell'edilizia: i dati più significativi provengono da Mileto, dove la ricostruzione dell'antico abitato si
associa alla realizzazione di un nuovo tempio di Atena.
In Occidente la prima metà del secolo è segnata dallo sviluppo delle tirannidi di Agrigento e soprattutto Gela e Siracusa.
Il periodo tra il 480 e il 470 segna una svolta significativa nel linguaggio architettonico che emerge soprattutto
nell'ambiente siracusano, con la costruzione del tempio di Atena sull'acropoli di Ortigia: periptero dorico che introduce
una pianta in elevato, caratteri propri della madrepatria; l'edificio, con tetto in marmo di Paros, viene replicato con
poche varianti nel tempio “della Vittoria” a Himera. Opistodomo e doppia contrazione angolare si diffondono presto
nelle colonie greche d'Occidente per il tramite delle officine itineranti cicladiche, la cui attività nella prima metà del
secolo è molto intensa per via della richiesta di coperture in marmo. Vengono così realizzati templi a Gela, Selinunte,
Metaponto, Caulonia, Poseidonia. Lo sviluppo artistico dell'età severa
Il periodo delle guerre persiane è considerato un momento di cesura il cui esito è l'affermazione dello stile classico.
Infatti la vittoria definitiva sui Persiani evidenzia la necessità di ricostruire quanto era stato distrutto. Anche per la
grecità d'Occidente il conflitto con i Cartaginesi si conclude con la battaglia di Himera ( 480 ), che permette di stabilire
un parallelo con il successo conseguito sui Persiani.
La portata del fenomeno ha ripercussioni a vari livelli sulla produzione artistica del periodo: costruzione o ricostruzioni
di edifici nei santuari e le statue di culto contribuiscono alla notorietà degli artisti. A ciò si accompagna una
diversificazione nell'uso dei materiali: per la statuaria a tutto tondo viene preferito il bronzo, l'uso del marmo di Paros
per le sculture frontonali, i fregi e le sculture acroteriali.
Questo processo di trasformazione si afferma attraverso una fase di sperimentazione che è stata circoscritta al secondo
trentennio del secolo ( 480-450 ) definita stile severo.
Nella scultura la manifestazione più appariscente è l'elaborazione di un nuovo linguaggio nella rappresentazione della
figura umana: centrale è ancora l'esperienza ateniese.
1 Una più articolata resa del corpo, sia nei rapporti tra le singole componenti sia nella resa più naturale
dell'anatomia.
2 L'abbandono della frontalità, grazie a inclinazione e torsione della testa rispetto al tronco.
3 Maggiore compattezza di volumi nella struttura delle teste.
4 Nei tratti del volto la visione frontale e quella di profilo non più rese per piani separati.
Il nuovo tipo di ponderazione può essere osservata nell'efebo attribuito a Kritios.
Per il secondo quarto del secolo la tradizione letteraria e testimonianze epigrafiche attestano l'attività di esperti
bronzisti.
* Hegias: attivo almeno fino a po il 480 è ricordato dalle fonti come maestro di Fidia, insieme con Euenor e
Ageladas. Il primo, di origine efesia noto come pittore e padre del più noto Parrhasios; il secondo originario di
argo, citato come maestro di Policleto di Argo e di Mirone di Eleutherai.
* Scuola bronzistica di Egina: attraverso l'operato di Kalon, Glaukias e Onatas.
* Magna Grecia: scuole di bronzisti sono ricordate anche qui, con la figura complessa di Pythagoras e altri artsti.
Oggetto dell'attività sono le importanti committenze nei santuari o negli spazi pubblici delle pòleis. Occasioni sono
spesso le vittorie negli agoni atletici, come il caso del gruppo di cui doveva far parte l'Auriga bronzeo di Delfi ( primo
venticinquennio del V secolo ), ma anche la celebrazione di vittorie belliche. Ad esempio, come donario panellenico
dedicato alla vittoria di Salamina, si è proposto di interpretare il grande bronzo da Capo Artemisio raffigurante Zeus o
Poseidone nell'atto di scagliare un fulmine o il tridente, opera forse di Onatas o Agelatas.
Ad Atene invece la necessità di sostituire il gruppo dei Tirannicidi è il motivo di una nuova realizzazione affidata a
Kritios e Nesiotes.
Nuovi canoni per la realizzazione della figura umana in movimento sono sperimentati da Mirone di Eleutherai, esperto
nella raffigurazione di eroi e divinità, che lavora ad Efeso e Samos, Olimpia e nella stessa Atene. Il suo Discobolo
realizzato per il santuario dell'eroe Hyakinthos a Sparta elabora un tipo iconografico innovativo in cui l'atleta è fisato
nel momento immediatamente precedente il lancio del disco. Un'altra sua realizzazione sull'Acropoli è stata
riconosciuta in un gruppo raffigurante Atena e Marsia, in cui le figure sono isolate ma in stretta connessione grazie alla
complementarità dei gesti e degli sguardi convergenti sul flauto.
Di più difficile definizione è la figura di Kalamis, della prima metà del V secolo, di origine beota ma attivo ad Atene. La
tradizione gli attribuisce figure di divinità ed eroi. Una sua statua di Apollo ( 460 ) è caratterizzata dal contrasto fra
corpo teso e vigoroso e la testa piccola.
Complessa è anche l'interpretazione dei due bronzi di Riace: le proposte di identificazione e attribuzione ad artisti e
scuole regionali sono numerose e spesso contrastanti ( soprattutto l'interpretazione come statue indipendenti l'una
dall'altra o l'appartenenza ad un donario unico, forse Maratona o Olimpia, realizzati rispettivamente da Fidia e Onatas );
infatti pur nell'analogia del ritmo figurativo sono stati evidenziati caratteri diversi nella resa e nelle realizzazioni tra le
parti anatomiche che hanno fatto ipotizzare un'anteriorità del Bronzo A ( 460-450 ) rispetto al Bronzo B ( 430-420 ).
Nel settore dell'edilizia si registra un forte incremento della scultura architettonica il cui sviluppo tende a una sempre
maggiore omogeneità di contenuti. Le fonti legano l'inizio della costruzione del tempio di Zeus nel santuario di Olimpia
alla vittoria degli Elei su Pisatide e Triphylia avvenuta tra 480 e 470; metope figurate decorano la fronte di pronao e
opistodomo che ripropongono le fatiche di Eracle, codificate per la prima volta nel canonico numero 12; nel frontone
est la scena ripropone il mito della gara di corsa tra Enomao e Pelope , quello ovest invece propone la lotta tra Centauri
e Lapiti. Un sinecismo patrocinato da Atene è visibile nella presenza di Teseo, e di Atena.
Più complessa è l'identificazione della personalità che progettò l'intero programma decorativo, che per convenzione è
stato definito “Maestro di Olimpa”, ponendo in dubbio le attribuzioni riferite da Pausania ad Alkamens e Paionios di
Mende. Il primo, lemnio e ateniese, avrebbe lavorato nell'ambito dell'officina di Fidia: sue realizzazioni sarebbero
l'Hermes Propylaios, posto presse i Propilei dell'Acropoli, il gruppo di Prokne e Itys in marmo e le statue di Efesto ed
Atena realizzate per il tempio del dio sul Kolonos Agoraios.
L'adozione di estesi sistemi figurativi a complementi degli edifici templari è attestata ad Atene e in Attiva: i temi
esaltano la figura di Teseo e di Atena; rientra in questo contesto anche il tempio di Poseidone al Sounion, che presenta
un frontone con sculture in marmo pario raffiguranti tematiche legate ai miti di Atena.
Nello stesso periodo ( anni precedenti la metà del secolo ) sono attestati frontoni a soggetto narrativo nel tempio di Era a
Capo Lacinio presso Crotone, e nei templi di Zeus Olympios ad Agrigento e “della Vittoria” a Himera.
La pittura
Le informazioni sulla grande pittura derivano soprattutto dalle descrizioni conservate, che mostrano un rapido sviluppo
a partire dalla fine delle guerre persiane. In mancanza degli originali, la ceramografia e le fonti permettono di ricostruire
solo in parte gli schemi e le iconografie; rari originali come la tomba del Tuffatore di Poseidonia lasciano solo
intravedere meglio il rapporto figurativo e cromatico tra pittura e ceramografia.
Caratteristiche del periodo sono le megalografie, articolate per settori e singole scene all'interno di composizioni
complesse. Il tempio di Atena Arèia a Platea, ricostruito per celebrare la vittoria del 479 era decorato con i dipinti di
Polignoto di Thasos e di Onasia, primi esempi di megalografie. Polignoto fu attivo ad Atene tra il 480 e 450 e dipinse
l'eserrcito greco schierato a Troia nella Stoà Pokìle dell'agorà del Ceramico. Nella Lèsche degli Cnidi a Delfi, sempre
lui realizzò invece l'Ilioupèrsis e la Nekya ( discesa di Odisseo negli inferi ). Un altro celebre monumento ateniese
provvisto di pitture era il Thesèion. La ceramica attica della prima metà del V secolo
La crescita della potenza di Atene e della sua prosperità vengono allargate dopo le guerre persiane, incrementando il
commercio e la produzione. La storia della ceramografia di età classica è soprattutto il susseguirsi di grandi
raggruppamenti stilistici; la pittura vascolare in questo periodo cessa di essere una forma espressiva autonoma; i
programmi decorativi sono sempre più spesso la trasposizione di quelli dettati nei grandi cicli pittorici di età cimoniana
e periclea. Ma non tutte le officine partecipano in uguale misura del rinnovamento.
* Manieristi: scelgono di proseguire una produzione tardoarcaica di maniera, contraddistinta da figure slanciate e
teste piccole, gestualità esagerata e decorativismo eccessivo nelle vesti.
* Hermonax ( 470-450 ): epigono del Pittore di Berlino, a lui sono attribuiti numerosi vasi con scene solite di
simposi, kòmoi.
* Pittore dei Niobidi: nel secondo venticinquennio del V secolo altri gruppi procedono all'assimilazione di
formule che si possono immaginare desunte dalle megalografie. Egli si avvicina molo alle descrizioni delle
pitture di Polignoto, ad esempio. A lui e al Pittore di Altamura, fa capo un folto gruppo di ceramografi che
preferiscono forme grandi e complesse composizioni di soggetto mitologico, ma anche scene di vita
quotidiana.
* Pittore di Postoxenos e di Pentesilea: se le scene del primo risultano calibrate per il tondo interno dei vasi
( kylikes ) quelle del secondo mostrano una più decisa ricerca di monumentalità.
4.4 L'età di Pericle L'architettura della democrazia
Ad Atene il polo principale del rinnovamento edilizio è l'Acropoli, che recava ancora le tracce della distruzione
persiana; si dà così inizio a un vasto programma di ricostruzione che coinvolge tutti i principali santuari.
* Partenone: a partire dal 447 affidato a Fidia ( epìskopos, sovrintendente, dei lavori ). Interamente in marmo
pentelico il tempio, un periptero dorico 8 x 17 colonne, mostra una soluzione planimetrica senza precedenti,
essendo gli ottastili in genere dipteri o pseudodipteri. La scelta deriva dall'eccezionalità dell'immagine di culto,
la colossale statua crisoelefantina di Atena Parthènos per la quale il tempio era stato progettato. La planimetria
consente di ottenere una cella di ampiezza maggiore di quella di un periptero esastilo di pari dimensioni, e
l'organizzazione del colonnato interno, a pi-greco, contribuisce a dare un'ulteriore risalto alla statua della dea.
Sul retro l'opistodomo sul retro come un vestibolo dando accesso a un'ampia sala posteriore. All'esterno si
avvale di vari cicli figurativi, un fregio ionico figurato con la processione delle Panatenee.
* Propilei ( dal 437 ): destinati a dotare il complesso sacro di un accesso monumentale adeguato alle ambizioni
della pòlis. L'incarico è affidato a Mnesicle che progettò la realizzazione di un unico edificio che integrava il
propileo vero e proprio, una sala banchetti e un vestibolo al santuario di Atena Nìke a sud. La planimetria
combina in uno schema a pi-greco un corpo centrale, anfiprostilo esastilo dorico, e due ali di proporzioni
minori con prospetto tristilo in antis. L'edificio centrale presenta quote diverse ad est e ad ovest, il cui
dislivello comporta lo sfalsamento della parte anteriore rispetto a quela posteriore, entrambe coperte con un
tetto a due falde, determinando così un doppio frontone sul prospetto ovest. L'ala nord ospita un ampio
hestiatòrion e l'ala sud adotta una planimetria irregolare determinata dai vincoli imposti dal tèmenos di Atena
Nìke. Il progetto non viene portato a termine a causa dell'imminenza della guerra del Peloponneso.
* Nuovo tempio nel santuario di Atena Nìke: la costruzione viene intrapresa intorno al 427 con l'edificazione di
un anfiprostilo tetrastilo ionico. La tipologia trae origine da modelli cicladici medio e tardoarcaici e diviene
largamente diffusa ad Atene e in Attica in età protoclassica e classica: il tempio è infatti espressione di
un'architettura ionica affermatisi in Attica con forme ormai autonome indipendenti dai modelli cicladici
iniziali.
* Eretteo: la costruzione ( 421-405 ) inizia durante la pace di Nicia. Il corpo principale è diviso in due aree
separate tra loro e aperte su quote diverse, mentre a est la facciata esastila dorica precede la cella. La
terminazione ovest viene risolta con un alto podio sormontato da un prospetto tetrastilo in antis con
semicolonne ioniche addossate a pilastri. Addossata all'angolo sud-ovest è la “loggia delle Cariatidi” che
riveste la funzione di heròon di Cecrope, primo re dell'Attica.
L'impegno edilizio non si limita all'Acropoli: alle pendici sud viene ristrutturato il teatro, mentre poco più a est è eretto
un edificio destinato allo svolgimento di agoni musicali, l'Odèion ( sala ipostila coperta da un tetto a quattro falde
coronate da una lanterna centrale ).
Nell'agorà viene trasferito il culto panellenico di Zeus Eleutherìos, dedicando una monumentale stoà contraddistinta da
una planimetria a pi-greco con avancorpi laterali ( paraskènia ). Nello scorcio del V secolo è datata anche la costruzione
della stoà meridionale, un portico dorico a due navate che introduceva a quindici hestiatòria, e del nuovo bouletèrion.
Anche negli ultimi anni del secolo, durante la tirannide dei “Trenta”, si pone mano alla ristrutturazione
dell'ekklesiastèrion, con l'orientamento del thèatron originario.
Significativi appaiono anche gli interventi nei demi attici: in particolare a Eleusi, forse il più grande cantiere dell'età di
Pericle dopo quello dell'Acropoli, dove viene ricostruito il Telestèrion. A Ramnunte viene eretto ta il 430 e il 420 un
periptero dorico interamente in marmo dedicato a nemesi; nel santuario di Artemide a Brauron si procede alla
costruzione di un vasto complesso di hestiatòria preceduto da un grande portico dorico a pi-greco.
Anche presso il santuario di Apollo a Delos vi sono attestazioni dell'intraprendeza di Atene, documentata dalla dedica di
un edificio di particolare ricchezza, il “tempio degli Ateniesi”, un anfiprostilo esastilo dorico. Come nel Partenone, la
funzione di tempio-thesauròs dell'edificio richiede uno spazio interno particolarmente ampio.
Verso la fine del V secolo si assiste ad una ripresa dell'attività edilizia nel Peloponneso che si intensificherà nel corso
del IV secolo. Testimonianze dal santuario di Poseidone a Isthmia attestano trasformazioni nello stadio e la
realizzazione di una struttura teatrale con orchestra trapezoidale e thèatron. Anche nel santuario extraurbano di Argo
inizia la ricostruzione del tempio dedicato alla dea, distrutto in un incendio nel 423, un periptero dorico 6 x 12 colonne.
Nel cuore dell'Arcadia viene costruito a Bassai un periptero dorico di 6 x 15 colonne, con nucleo interno costituito d
pronao e opistodomo entrambi distili in antis.
La seconda metà del V secolo vede anche l'ultima produzione architettonica significatica delle pòleis greche
d'Occidente.
* Agrigento: continua l'opera di trasformazione monumentale della città con l'edificazione dei templi peripteri F,
G e I, dai quali emerge chiaramente la continuità con il rinnovamento architettonico delineatosi in madrepatria.
* Selinunte: viene realizzato il tempio O sull'acropoli, ma più interessanti sono gli interventi a Segesta ( il
“tempio dorico” ). La rivoluzione classica
La teorizzazione da parte dello scultore Policleto di un canone basato su precisi rapporti di misura per la resa della
figura umana e il programma di trasformazione dell'Acropoli, sono le esperienze più significative della seconda metà di
V secolo.
Le sperimentazioni della figura umana che avevano caratterizzato l'età severa trovano la loro compiutezza nelle opere di
Policleto, bronzista originario di Argo ( 490 ca. ), attivo nel Peloponneso e ad Atene tra il 440 e il 430. La tradizione lo
ricorda come l'autore del Canone, un trattato che lo scultore deve aver esemplificato nel doryphoros ( 450 ) nota da una
serie di copie romane. La figura sviluppa lo schema a ritmo incrociato ( chiasmo ) esasperando la contrapposizione tra
arti portanti e arti liberi mediante l'appoggio a terra della sola punta del piede della gamba libera, ma soprattutto è frutto
di complessi rapporti matematici che regolano le proporzioni tra le parti del corpo, con lo scopo di raggiungere una
perfetta armonia tra le forze contrapposte. Policleto elabora versioni differenti del medesimo schema, lavorando sempre
sul bilanciamento degli arti e costruendo figure dai ritmi complessi quali il diadoùmenos, l'atleta che si cinge il capo con
la benda della vittoria, e l'Amazzone ferita.
La salita al potere di Pericle e l'affermazione dell' “impero ateniese” con la conseguente gestione del tesoro della
Confederazione sono le premesse del programma di ricostruzione dell'Acropoli. Coinvolto in questo progetto come
epìskopos è Fidia, che già aveva realizzato anche la statua di culto di Zeus a Olimpia. L'artista doveva essere esperto
nella pittura, nella lavorazione del marmo e nella fusione del bronzo; tra le sue prime commissioni pubbliche vi è
l'Atena Arèia ( 465 ) per il tempio eretto in ricordo della vittoria sui Persiani a Platea. Realizza poi per Atene tra il 460 e
il 50 dediche votive in bronzo:
* Apollo Parnòpios
* Atena Pròmachos
A Delfi invece è autore del gruppo degli eroi vincitori di Maratona composto da 13 figure e collocato davanti al
thesauròs degli Ateniesi. Una seconda statua di Atena, la Lemnìa mostra la dea non in armi ma umanizzata in una
pensosa concentrazione.
* L'organizzazione del cantiere del Partenone dovette essere complessa: lo sappiamo dai rendiconti di spesa che
ci sono conservati, i quali attestano le modalità di procedimento del cantiere nella messa in opera delle diverse
partiture decorative, a cominciare dalla realizzazione del fregio dorico esterno: Gigantomachia a est,
Ilioupèrsis a nord, Amazzonomachia a ovest, Centauromachia a sud; per passare poi a quello ionico lungo i
muri esterni della cella con la celebrazione delle Panatenee; infine i frontoni, con la nascita di Atena su quello
orientale e la gara tra Atena e Poseidone per il possesso dell'Attica su quello occidentale. L'insieme delle
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