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Estratto del documento

La terrazza su cui sorge il temenos di Zeus prevedeva il che oggi è ricostruito al

Pergamonmuseum. La datazione è molto dibattuta. Scavi recenti, sulla base di rinvenimenti

ceramici, lo hanno collocato tra il 168-167, quando Attalo II sconfigge i Galati. Per Smith, i

rinvenimenti ceramici non sono attendibili e per lui è da collocarsi dopo la pace di Apamea, sotto

Attalo I. Anche perché non è noto che Attalo II abbia sconfitto i Galati. La datazione si colloca

negli anni che vanno dal 188 al 167 a.C.

grande altare di Pergamo

Il è un portico monumentale su alto podio, posto uno zoccolo

spesso decorato da pannelli scolpiti. Una scalinata monumentale conduce ad un cortile racchiuso su

tre lati da un portico. Al centro di questo cortile c'era l'altare dedicato a Zeus.

Il complesso aveva una ricchissima decorazione scultorea, con due serie di rilievi che correvano

rispettivamente nella parte interna e nella parte esterna, con ovvie differenze. Le figure contate sono

circa 110.

grande fregio,

Il così chiamato perché le figure sono alte più di 2 m, correva nella parte

Gigantomachia

esterna del monumento per oltre 20 m. Il soggetto rappresentato è quello della ,

ovvero la lotta fra gli dei e i giganti, figli di Ghèa, la Terra. È un'unica grande battaglia che si svolge

per singole immagini di una o più divinità che combattono contro i giganti: monomachie. Sono

delle istantanee.

Questo fregio è la più importante espressione di Barocco Pergameno, dove regnano teatralità,

pathos e giochi di luce che convergono a dare espressività al monumento. Il Barocco Pergameno

non è uno stile di periodo (come può essere il Barocco del 500). ma un termine anacronistico per

definire una cifra stilistica, non un ventaglio di stili di una determinata epoca.

Sia le divinità che i giganti hanno i nomi incisi: i giganti nella parte inferiore del fregio, mentre le

divinità nella parte superiore. Le divinità maggiori sono rappresentate nella parte orientale.

L'introduzione di nomi e personaggi caratterizzati in maniera diversa dai canoni mitologici classici

(Esiodo) è da riferirsi ad una rielaborazione della biblioteca pergamena, quindi ai suoi ambienti

culturali. Le figure interagiscono con l'architettura, con lo scopo di impressionare il fedele: le figure

fuoriescono dal fregio proiettandosi verso lo spettatore. I pannelli sono spessi 50 cm, e solo le figure

hanno uno spessore di 30 cm.

Pannello di Zeus , che vede 4 figure. 2 di queste figure sono i giganti, di cui uno ha gli arti

finali terminanti in parti anguiformi. Solitamente, questa caratteristica è riservata ai giganti con la

barba, i più vecchi, che hanno un legame più profondo con la Terra. Anche gli altri giganti del fregio

hanno delle caratterizzazioni: ali, artigli...

Le 2 figure hanno delle diagonali divergenti con elementi di variazioni con torsioni di corpo molto

accentuate. La figura di Zeus ha un panneggio pesante, che gonfia ancora di più quest'arcata

muscolare tirata, una tensione forte che va sottolinea la muscolatura. Il panneggio ha delle pieghe

molto profonde che assecondano il movimento, come per incorniciare la figura all'interno di un

medaglione. Le pieghe si fanno più massicce nella parte inferiore.

Tutti i pannelli sono caratterizzati da un'accuratezza stilistica che serve ad imprimere il movimento.

Il modello lontano ma evidente è quello del Partenone, con figure maschili e femminili divergenti

fra loro, per dare idea dello stupore del prodigio che si creava. Qui abbiamo la divergenza con altre

linee diagonali che sottolineano il movimento.

Pannello di Athena , la sua posizione crea una X con il gigante alato che punta i piedi a terra,

arcuandosi in maniera estrema. A fianco della dea, abbiamo la terra Ghea, che cerca di sollevarsi

dalla terra in un gesto di supplica. Inoltre, abbiamo la Nikè che arriva già a coronare la dea.

I volti hanno delle arcate sopraccigliari profonde, che disegnano una linea scura con occhi profondi

ed incavati per accentuare di più l'espressione facciale.

Nella Gigantomachia non abbiamo gli sfondi.

Il fregio è stato realizzato in larga parte dopo la messa in opera dell'edificio perché le figure

prendono più di una lastra, in una rappresentazione che non vede nell'architettura una sorta di

rappresentazione che non vede nell'architettura una sorta di contenitore. Sulle lastre dovevano

essere disegnate delle linee guida. Abbiamo inoltre i nomi dei diversi scultori che lavorarono con un

linguaggio comune.

piccolo fregio o di Telefo

Il corre nella parte centrale interna che incornicia l'altare.

Le lastre sono molto più basse (1,56m). Telefo è figlio di Eracle, progenitore della dinastia degli

Attalidi. È un fregio che raffigura l'origine divina della stirpe: divinizzazione degli Attalidi,

rapportandoli a Eracle e quindi a Zeus. Inoltre, li rapporta ai Troiani (Enea fondatore di Roma).

Qui non abbiamo elementi identificativi per le figure e l'attribuzione è spesso controversa. Le scene

rappresentate all'interno dei pannelli di dispongono in una narrazione continua, che si dipana

dall'inizio alla fine raccontando la storia di un solo personaggio, Telefo.

Questo fregio usa un progressivo schiacciamento delle figure per dare l'idea di piani di figure che si

sovrappongono. I personaggi non occupano mai l'intero spazio del pannello e sono di dimensioni

più piccole del vero, 2/3 dell'altezza. Gli elementi paesaggistici, “schiacciati” per dare un'idea di

profondità, servono da collocazione topografia, da scenografia alla storia.

Inoltre, il Barocco Pergameno è molto meno accentuato e le figure hanno un pathos minore. Lo

scopo quindi era diverso.

I donari pergameni

Le composizioni mitologiche non sono una novità, ma nel periodo classico non erano state esplorate

come figure a tutto tondo, ma erano ricollegate ai frontoni e alle problematiche della loro

collocazione, Quando abbiamo gruppi a più figure, sono a schema semplice su alto podio allineate.

Dalle fonti, sappiamo che Lisippo fece due gruppi scultorei: il gruppo di Alessandro e i suoi

compagni della battaglia de Granico (334 a.C.) e il donario di Cratero (a cui ha collaborato anche

Leocare), dedicato a Delfi intorno al 320 a.C.

Piccolo Donario

Il ha dei precisi agganci letterari, chiamato così perché le figure sono 2/3

dal vero. Abbiamo delle copie romane, che ci mostrano come questo abbia avuto fortuna non come

gruppo ma come singole figure. La cui datazione sembra essere a quella dell'ultimo quarto del II

secolo d. C.

Le fonti letterarie che ci parlano di questo donario donato dagli Attalidi agli Ateniesi, che sorgeva

nella parte sud dell'acropoli, vicino al Partenone: Plinio, Pausania e Plutarco. Inizialmente erano

state attribuite a questo gruppo 30 figure, ma in anni recenti ci sono state delle ritrattazioni. Le

sculture del Piccolo Donario comprendono almeno tre soggetti diversi: Galatomachia,

Centauromachia e la Medomachia (Persiani). Inizialmente era stata attribuita anche

l'Amazzonomachia, ma gli studi sull'Amazzone di Napoli (copia romana in marmo) hanno rivelato

che doveva avere sul lato destro un neonato, come riportano i disegni del 500, e probabilmente è da

identificarsi come una galata.

Secondo Coarelli, si tratta di una statua appartenente al Grande Donario, che Plinio poté vedere a

Roma, nella Domus Aurea dove l'aveva trasferita Nerone o nel Templum pacis.

giganti

I hanno elementi che li imbruttiscono, tra cui un eccesso di pelo sul corpo, che li fanno

identificare come cittadini non perbene: invecchiamento e brutalità.

Persiani

I hanno delle labbra piene, aperte sui denti, occhi spalancati e arcate sopraccigliari

profonde e pelose. Sono volti segnati da rughe profonde che ne caratterizzano il volto e lo

invecchiano. Il Persiano morto (conservato a Napoli) è la rappresentazione di un Persiano morto,

con gli occhi chiusi e bocca semiaperta, che giace su una base di forma irregolare. La testa è piegata

in avanti, il braccio destro piegato ha lasciato cadere la spada ricurva, mentre il sinistro è piegato in

una posizione forzata, regge lo scudo ovale. Egli indossa una veste, con sotto i pantaloni e un

berretto frigio, da cui fuoriesce la frangia.

Galati

I hanno una muscolatura molto più compatta, con lunghe gambe affusolate e un volto

sbarbato. Il corpo è sottile ed affusolato. Questi stratagemmi (barba, corpi affusolati...) sono delle

caratteristiche dell'arte ellenistica per mettere in scena figure più o meno vecchie, più o meno nobili,

più o meno bestiali.

La Gigantomachia e l'Amazzonomachia sono dei temi che ritroviamo sul Partenone ed erano

allegorie tipiche delle battaglie greche contro i barbari: Pergamo si presenta come una nuova Atene.

Il ritrovamento di vari blocchi con graffe per bronzi sul lato sud del Partenone è stato ricollegato ai

gruppi del Piccolo Donario, perché sono compatibili con le dimensioni e la posizione concorda con

quello che dice Plutarco (gigante scardinato dal vento che cade nel teatro).

Piccolo Donario

Chi ha dedicato il ?

Pausania non specifica quale Attalo abbia fatto la dedica. Secondo alcuni, il complesso è troppo

avanzato nello stile e quindi è posteriore all'altare di Pergamo, a cui si ispira.

Smith si oppone a questa datazione perché il fatto che sia barocco non presuppone che sia posteriore

all'altare, ma che quest'ultimo possa essere il risultato di un processo stilistico che è partito dal

Donario. Inoltre, il Donario noi lo conosciamo da copie e solo l'altare è originale. Quindi, secondo

Smith, la datazione sarebbe da ricollegarsi ad Attalo I, il quale avrebbe donato il Donario dopo la

vittoria contro Filippo V.

Grande Donario

Il è collegato strettamente al piccolo per il tema trattato.

Il Galata suicida è una composizione piramidale composta da due figure che si apre e si

chiude da diversi punti di vista, ritagliando diversi punti vuoti. Abbiamo il contrasto tra muscolatura

tesa del personaggio maschile che volge di scatto la testa in maniera rabbiosa e preme il pugnale nel

suo petto, il cui panneggio sottolinea lo scatto rabbioso, e il corpo abbandonato della moglie, il cui

panneggio sottolinea il cadere verso il basso della figura, ormai deceduta. Il personaggio maschile

ha un volto espressivo, composto in un'espressione molto dignitosa senza alcuna sofferenza,

nonostante il suicidio. Inoltre, presenta con dei dettagli etnici: capelli lunghi con ciocche pastose e i

baffetti senza barba.

Il Galata morente è una figura semidistesa sul lato destro, con la gamba destra piegata a terra

e la gamba destra distesa sopra, leggermente piegata. Egli tenta di sollevarsi, puntellandosi con

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
75 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher m.cecca di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia del'arte greca II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Anguissola Anna.