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Estratto del documento

ARCHITETTURA A DELFI

Il santuario di Delfi si trova nella Focide, sulle pendici meridionali del Parnaso, monte sacro alle Muse.

Secondo la tradizione, Gaia, fu la prima profetessa e la prima a regnare sul santuario insieme al figlio

Pitone, poi ucciso da Apollo, che dopo essersi purificato nella valle di Tempe, divenne padrone del

santuario e ne assunse le caratteristiche oracolari fondando gli agoni musicali.

I primi oggetti interpretabili come offerte, risalgono alla fine del IX secolo a.C. e l’accresciuta importanza del

santuario nel corso del VII secolo, fece si che l’amministrazione iniziò ad essere gestita da un’Anfizionia

(lega di stati vicini) di cui facevano parte: Focide, Tessaglia, Beozia e Doride. I conflitti tra gli interessi

dell’Anfizionia e quelli dei Focidesi, e anche quelli tra le varie poleis, portarono a delle guerre sacre: la

prima nel 600-590, vede la sconfitta dei Focidesi e la fondazione dei giochi Pitici nel 586 da parte

dell’Anfizionia; il santuario divenne così panellenico perché si aprì alla partecipazione di tutti i Greci e alle

potenze straniere.

All’inizio del VI secolo risale il primo muro di cinta poligonale, ad est dell’altare dell’Apollonion, sotto il

monumento che verrà dedicato dai Rodii ad Apollo-Helios. Allo stesso periodo appartiene il gruppo di

Kleobis e Biton e la sfinge dei Nassii. Pag. 19 a 67

La fonte di Castalia è un antichissimo luogo di culto: la sua acqua parlante veniva usata dalla Pizia (somma

sacerdotessa di Apollo) per bagnarsi i capelli prima di dare i fatidici responsi.

Il santuario di Atena Pronaia (colei che viene prima del naos, cioè del tempio di Apollo), era situato sulla

terrazza di Marmarià. Proseguendo verso occidente si trova il complesso del Ginnasio costruito nel IV

secolo su due terrazze sovrapposte.

Il temenos di Apollo si trova sul pendio della montagna: l’ingresso attuale immette nella via sacra

fiancheggiata da donari e tesori, offerti dalle più importanti città della Grecia, che facevano a gara per

dedicare al dio un monumento degno della sua importanza A sinistra dell’entrata, il monumento dei

navarchi spartani, vincitori a Egospotami nel 405 contro gli ateniesi, si affianca al donario che celebra la

vittoria di Atene a Maratona nel 490; in mezzo, il cavallo di Troia donato da Argo per una vittoria sugli

spartani nel 414; di fronte il donario degli Arcadi liberi dal dominio di Sparta risalente alla prima metà del

IV secolo.

Incomincia poi la serie di thesauroi, edifici di modeste dimensioni con pianta ad oikos rettangolare e due

colonne tra le ante, con funzione di rappresentare le poleis della Grecia e le colonie e di costudire i doni che

le città offrivano agli dei.

Sotto la terrazza che sostiene il tempio di Apollo, era situato l’antico santuario di Gaia, dove una roccia

aveva ricevuto la monumentalizzazione con l’erezione di una colonna ionica sormontata da una sfinge,

dedicata agli abitanti di Nasso nel primo quarto del VI secolo e con funzione di sema del luogo

dell’uccisione del serpente Pitone e la sua tomba.

Davanti alla sfinge vi è un’area circolare detta Halos (aia) nella quale sostavano le processioni per assistere

alla sacra rappresentazione della lotta tra Apollo e Pitone. Sull’Halos si affaccia il Portico degli ateniesi, di

ordine ionico e manifesto della potenza navale di Atene.

Il tempio di Apollo è stato ricostruito più volte: il tempio arcaico fu distrutto nel 548 e nel 510-505 l’edificio

fu rifatto con il contributo degli Alcmeonidi. Antenore realizzò i frontoni: quello est raffigurava l’arrivo di

Apollo a Delfi; quello ovest una gigantomachia.

Il tempio attualmente visibile è però quello costruito dopo il terremoto del 373, e qui, in una sala

sotterranea, la Pizia profetizzava ispirata dai vapori provenienti dalla terra.

A est era posto un grande altare dedicato agli inizi del V secolo dagli abitanti dell’isola di Chio, dove sono

conservati molti donari, tra cui il tripode di Platea, eretto per commemorare la vittoria nel 479 su persiani,

posto su una colonna di bronzo formata da tre serpenti attorcigliati, i cui resti sono visibili nella piazza

dell’Ippodromo a Istanbul.

Il teatro (costruito nella seconda metà del IV secolo) è preceduto da altri monumenti e donari, come la

colonna delle danzatrici, dedicata ad Atene intorno al 330; il donario di Daoco e la caccia di Cratero (famoso

episodio legato ad Alessandro Magno). Sul terrazzino più alto erano la Lesche degli Cnidii, una sala di

riunioni e banchetti affrescata da Polignoto di Taso e lo stadio, dove ogni 4 anni si svolgevano gli agoni

pitici.

Il primo tesoro che si incontra risalendo la via sacra è il Tesoro di Sicione, costruito verso la fine del VI

secolo inglobando due edifici più antichi: un tholos e un monoptero, costituito dalla sola peristasi come se

fosse un baldacchino destinato all’esposizione di una statua, con un fregio di 14 metope datate intorno al

560. La meglio conservata è quella che raffigura la razzia dei buoi da parte dei Dioscuri e dei loro cugini Ida

e Linceo: gli eroi sono di profilo, mentre le teste dei bovini sono frontali. Il modellato ricco di dettagli e

policromo accentua i valori ancora disegnativi del rilievo.

Dietro, si trova il Tesoro dei Sifni, costruito tra il 530-25: è un piccolo edifico in marmo, di ordine ionico,

con una ricca decorazione architettonica costituita da due korai che sostituiscono le colonne del pronao e

dei fregi che raffigurano ad ovest Hermes, Atena e Afrodite che salgono sul carro (probabilmente il giudizio

di Paride); a sud il corteo di cavalieri (forse legato al rapimento di Elena da parte di Teseo); ad est il duello

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tra Achille Memnome e una riunione di divinità; infine a nord una gigantomachia. I temi rispecchiano il

mondo del VI secolo, legato ai valori dell’aristocrazia e al concetto di Hybris punita, e le forme sono eleganti

e raffinate.

Il Tesoro degli Ateniesi è stato ricostruito nel 1903-06: è di stile dorico, in marmo, con due colonne tra le

ante e con le metope del fregio che raffigurano gli episodi del mito di Teseo e di Eracle. L’edificio originale

era stato costruito con il bottino di Maratona, quindi poco dopo il 490; le opere prodotte all’inizio del V

secolo risentono di una doppia natura: tradizione figurativa arcaica e la ricerca di nuovi mezzi espressivi.

Nella metopa di Eracle e la cerva le posture sono forzate con una definizione geometrica dell’anatomia;

mentre in quella di Eracle e Cicno i corpi sono disposti lungo due linee oblique parallele e danno un senso di

movimento più realistico.

LA SCULTURA

Per buona parte del VI secolo la scultura prestò molta attenzione per la resa del corpo umano nello spazio:

la figura umana diventa protagonista in ambito pubblico, nei santuari, e in quello privato sulle tombe.

La plastica a tutto tondo, manca però degli agganci cronologici per colpa della colmata persiana (scarico

delle macerie sull’acropoli di Atene dopo le violente distruzioni dei Persiani nel 480-79), quindi queste

opere devono essere datate solo su base stilistica.

L’arte greca segue un’evoluzione costante, che rende sempre in modo più naturalistico il corpo umano: nel

1942 G. Richter ha creato per i kouroi un sistema di datazione basato sul confronto del rendimento

anatomico tra varie statue.

I KOUROI

Il tipo scultoreo maschile dell’età arcaica è il kouros: statua maschile stante, nuda e priva di attributi.

Questo tipo viene adottato in Grecia continentale perché corrisponde all’ideale eroico della società

aristocratica, e ne incarna i valori, la bellezza e la giovinezza (è raffigurato come un kouros Achille morto

portato sulle spalle da Aiace nel Cratere François).

La perfezione del suo corpo e del suo spirito segue il principio del kalòs kai agathòs, ovvero bello e buono,

per questo è raffigurato sempre come un atleta nudo, con un’acconciatura molto elaborata, che rispecchia

la connotazione aristocratica del personaggio, la sua ricchezza e la sua appartenenza ad una società civile,

colta ed educata.

L’idea del kouros viene dall’Egitto: nella stele di Micerino il faraone Micerino è rappresentato con un piede

avanti e con le braccia lungo il corpo, come il kouros e la loro posizione viene definita zero, perché non

sono immobile, ma non sono neanche in movimento.

I kouroi in marmo rinvenuti nel 1906 nel santuario di Poseidone a Capo Sounion, sono di notevole altezza:

 Kouros n° 1 del Sounion: datato al 600-590, costruito secondo il principio dell’addizione delle

membra, ha il contorno del corpo più sinuoso con il passo che è solo accennato perché il peso del

corpo è ugualmente distribuito su entrambe le gambe.

 Kouros n° 2 del Sounion: risulta emblematica la resa delle clavicole e dei muscoli dorsali tramite dei

solchi.

Un altro kouros, che doveva essere alto più di 2 metri, è stato rinvenuto nella necropoli del Dipylon, lungo

la via sacra, sotto il battuto della strada per consolidare il terreno paludoso.

Datato tra il 479-478, riflette lo stile del Maestro del Dipylon, autore del kouros monumentale di cui, però,

rimane solo la testa (testa del Dipylon) e dai cui si comprende che è ancora legato alle dimensioni

geometriche del blocco. È importante far vedere la pettinatura minuziosa perché mostra il livello sociale

aristocratico e gli occhi sporgenti a mandorla e le orecchie sono riprodotti secondo una convenzione.

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Le due statue gemelle rinvenute nel santuario di Delfi nel 1893, sono state identificate con Kleobis e Biton,

due fratelli che secondo la leggenda, dopo aver tirato il carro della madre, sacerdotessa di Hera, fino al

santuario di Argo, furono ricompensati dagli dei con il privilegio di una morte dolce e repentina all’interno

di un luogo sacro. Riflettono il canone stilistico peloponnesiaco che privilegia la solidità della struttura

corporea: la linea alba che separa i muscoli addominali, il volto e l’acconciatura rimandano al canone

dedalico.

Intorno alla metà del VI secolo, si data il kouros rinvenuto nella necropoli di Tenea (Corinto), che aveva

funzione funeraria, ovvero il ruolo di sema della tomba, come omaggio al gruppo familiare del defunto.

Questo kouros rispecchia il nuovo canone ateniese di arrotondare i volumi e fondere le membra in senso

più naturalistico; nel volto fa la sua comparsa il caratteristico sorriso arcaico che rende la profondità della

bocca. Presenta anche un’altra innovazione: il sacco lacrimale.

Il kouros rinvenuto ad Anavyssos, in Attica, è un monumento del defunto Kroisos: il giovane è nudo, al

culmine della giovinezza e della forza, perciò celebrazione della bella morte, la morte eroica.

Abbandonata l’impostazione geom

Dettagli
A.A. 2016-2017
67 pagine
2 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/07 Archeologia classica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CristinaMenabo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte greca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Bejor Giorgio.