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Archeologia e storia dell'arte - Castelnuovo Pag. 1
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CASTELNUOVO

Nel 500 questo castello era circondato da un’ulteriore cerchia di mura che attualmente

sono state abbattute. Prima della costruzione del castello, quella zona era bagnata dal mare,

poi fu costruito in età angioina e completamente modificato in età aragonese.

Le torri

Inoltre il Castello presenta 5 grandi torrioni, quattro delle quali inglobano le precedenti

angioine, infatti le torri che ammiriamo oggi sono frutto delle modifiche fatte in età

aragonese. L’imponenza di queste torri testimonia il ruolo difensivo del castello. Le torri

sono state realizzate in piperno, ovvero una pietra scura di origine vulcanica. Le tre torri sul

lato rivolto verso terra, dove si trova l'ingresso, sono le torri "di San Giorgio", "di Mezzo" e "

di Guardia" (da sinistra a destra), mentre le due sul lato rivolto verso il mare prendono il

nome di torre "dell'Oro" e di torre "di Beverello" (ancora da sinistra a destra). La scala

interna ad ognuna delle torri, è chiamata volgarmente scala catalana. La stessa porta sul

tetto del castello, dove in passato venivano poste le vedette di guardia per controllare

dall'alto un eventuale arrivo dei nemici.

L’arco trionfale

Tra le due torri di ingresso troviamo l’arco trionfale, dove passo Alfonso d’Aragona quando

entrò vittorioso nel regno con il corteo nel 1443. Infatti questo arco è destinato a celebrare il

ricordo dell’ingresso del re nella capitale.

Un disegno situato a Rotterdam presenta una prima struttura dell’arco, infatti si scorgono

elementi dell’architettura gotica.

Nella prima metà del 400 a Napoli sono ancora presenti elementi gotici.

La complessità stilistica dell’arco trionfale è data da elementi tardogotici e da

anticipazioni del rinascimento.

Alfonso d’Aragona, che per suo gusto era ancora indirizzato ad una matrice architettonica

tardogotica, a un certo punto decise di rivolgersi, per la realizzazione dell’arco allo scultore

più importante del rinascimento: Donatello.

I documenti di commissione sono del 1452.

Donatello si trovava a Padova e aveva appena terminato il monumento equestre a

Gattamelata. Alfonso chiese a Donatello di realizzare per l’arco una monumentale statua

equestre del re.

Questa statua doveva essere collocata nella nicchia superiore che oggi vediamo vuota. Ciò

vuol dire che Donatello non giunse mai a Napoli, però siamo certi che iniziò a scolpire la

statua poiché oggi ne abbiamo solo un frammento, cioè una testa di cavallo, conservato al

museo archeologico nazionale.

Questo frammento è conservato al museo archeologico poiché si pensava che questa testa di

cavallo fosse di età romana, anche perché era posta nel cortile della famiglia Carfara.

Successivamente gli studi di Caglioti hanno portato alla certezza che questa testa di cavallo

fosse l’unica parte del monumento equestre di Alfonso d’Aragona.

Sicuramente è opera di Donatello poiché ha molti elementi in comune con la testa di cavallo

del monumento equestre a Gattamelata. Probabilmente lasciò quest’opera incompiuta

per realizzare altre opere a Firenze.

L’arco trionfale presenta una serie di elementi decorativi sovrapposti.

A partire dall’alto troviamo 4 nicchie con le statue delle 4 virtù, cioè temperanza,

giustizia, fortezza e Magnanimità, sormontate da un coronamento a forma di timpano

semicircolare, con figure di fiumi e in cima la statua di San Michele.

In basso a destra troviamo la nicchia vuota dove doveva essere collegata la statua equestre

del re, tra due colonne ioniche binate.

Più in basso troviamo il grande rilievo marmoreo che raffigura il Trionfo di Alfonso.

Il corteo trionfale è costituito da un carro dove è seduto il re, trainato da 4 cavalli e

sopra c’è scritto “Alfonso re principe dei re fondò questo arco”.

Poi ci sono una serie di figure che seguono e precedono il carro, come l’ambasciata Turca

che va a Napoli per omaggiare il re.

Molti artisti parteciparono alla realizzazione dell’Arco trionfale che arrivarono a Napoli a

partire dal 1452-1453.

Le sculture sono attribuite ad importanti artisti del tempo: Guillem Sagrera, Domenico

Gagini, Isaia da Pisa e Francesco Laurana .

la parte inferiore presenta una struttura simile a quella degli archi trionfali dell’età classica.

Alfonso vuole ricordare la porta di ingresso di Capua, la quale viene presa come modello,

anche per omaggiare il valore di Federico II, il quale attribuiva a quella porta il suo dominio

sul regno.

Tra i primi scultori dell’arco assumono un ruolo importante Pietro Di Martino e Francesco

Laurana, i quali avevano lavorato anche in Croazia. A Pola si conserva l’Arco dei Sergi,

testimonianza importante della presenza dei romani nel 40 a. C.

probabilmente i due scultori proposero questo modello classico ad Alfonso d’Aragona per la

realizzazione del suo arco trionfale poiché si riscontrano analogie tra questi due archi.

Sulla base quindi del modello dell’arco dei Sergi i due scultori realizzarono la parte inferiore

dell’arco.

Quando l’arco venne realizzato, venivano prima scolpiti a terra i marmi e poi

successivamente venivano assemblati.

Nel 1427 nella chiesa di S Angelo a Nilo in via mezzo cannone fu scolpito da Donatello la

tomba del cardinale Brancaccio. Probabilmente Donatello non venne personalmente a

Napoli.

Al di là dell’Arco di accesso si apre un cortile sul fondo del quale compaiono due strutture:

la cappella palatina, ovvero la chiesa del re che internamente conserva ancora la struttura

angioina, e sulla sinistra c’è la sala dei baroni, fatta costruire da Alfonso d’Aragona, quindi

in stile aragonese.

La cappella è l’unico elemento del castello angioino trecentesco, infatti presenta

un’architettura gotica. Essa fu danneggiata dal terremoto del 1456 ed in seguito fu

restaurata.

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
4 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/02 Storia dell'arte moderna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lulussa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Archeologia e storia dell'arte e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Salvatore Ercolano.