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LO SPIRITO DEL TEMPO
Lo spirito del tempo è un testo del 1962 di Morin, basato sull’analisi di un partico-
lare spirito del tempo. Lo spirito del tempo è un presente del mondo, il modo in
cui, in una certa fase storica, si concretizza il rapporto tra individuo e società. È il
contesto per osservare l’insieme delle immagini archetipiche che circolano e si
diffondono, soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione.
Lo spirito del tempo è (Alberto Abruzzese, 2001, studioso italiano di riferimento
per l’immaginario) l’insieme di mitologie e simboli che costituiscono il patrimonio
genetico da cui origina la comunicazione. Una base per la comunicazione sociale,
un patrimonio simbolico condiviso.
L’immaginario collettivo trova riferimento nell’industria culturale. Industria cultu-
rale è diventato il sinonimo più in uso del concetto filosofico di “spirito del
tempo”.
Spirito del tempo = industria culturale. Sistema della società in cui si produce e
diffonde l’immaginario collettivo (stampa, tv, cinema, teatro, ecc.). Lo spirito del
tempo cambia periodicamente con il cambiamento sociale - oggi con il cambia-
mento verso la società di massa.
Il contesto è la società moderna, il XX secolo, post forme arcaiche (società con
complessità controllabile con le regole come tribù, clan, villaggi. Non c’è in questo
sistema l’industria culturale, perché c’è trasmissione orale della cultura) e basata
sulla stratificazione. Poi si passa alla società centro-periferia (Roma, Grecia), con
potere centrale e rapporto gerarchico; nel centro si osserva la differenziazione
stratificata. Osserviamo quindi la struttura per classi sociali, chiuse e fortemente
diversificate.
Una società con struttura (forma basata sul rapporto tra le parti) caratterizzata
da una differenziazione funzionale, con una complessità di rapporti non più
trattabili nell’ordine di una gerarchia rigida. Qui entrano in gioco i sistemi sociali:
economico, culturale, familiare, politico, religioso, artistico. Tutti sistemi che si
basano sulla comunicazione e svolgono una funzione (sono sistemi “funzionali”)
per la società nel suo complesso. I sistemi sono in rapporto eterarchico, ma allo
stesso tempo i sistemi stessi sono in rapporto di accoppiamento strutturale, ov-
vero si possono influenzare a vicenda e incorporare elementi dagli altri sistemi.
Fondamentale il sistema dei media.
Il sistema dei media nasce con la stampa, ancora prima con la scrittura. Le tec-
nologie della comunicazione servono a rendere probabile la comunicazione
stessa. Nell’oralità è necessaria la compresenza, ma la scrittura introduce l’annul-
lamento delle distanze. Il luogo di osservazione perfetto è la metropoli, in cui si
esprime la borghesia ma confluisce anche la classe operaia, convivendo in un am-
biente che potenzialmente non distingue più come prima le varie classi. Qui si
manifesta il nuovo rapporto tra individuo e società (blasè, flaneur). Si sviluppa il
tempo libero, che non esiste in natura né nella società rurale. Le esposizioni uni-
versali sono un prodotto della metropoli volto a esporre la tecnica esistente (ci-
nema). Incidenti ottici (affiche, edicole, giornali, luci, vetrine).
La società moderna è quella tra 700 e 800, a partire dalla rivoluzione francese e
dalla rivoluzione industriale -> metropoli, secolarizzazione, industrializzazione.
Nella società moderna si impone un terzo problema, la terza cultura (cultura di
massa), che si pone tra le culture di riferimento antecedenti: cultura nazionale e
culture classiche, umanistiche e religiose. La terza cultura nasce negli interstizi
tra il funzionamento delle culture nazionali (madre patria, stato, eroi della pa-
tria), culture religiose (dio salvatore della comunità), cultura umanistica (surro-
gati degli eroi delle mitologie antiche, saggezza delle società arcaiche, lettera-
tura, moralisti).
La terza cultura nasce col sistema dei media.
Cos’è la cultura? Un complesso di norme, simboli, miti e immagini che penetrano
e caratterizzano l’individuo, consentendo proiezione e identificazione polariz-
zate sui miti e simboli immagini della cultura.
A cosa serve la cultura? A dare punti di appoggio immaginari alla vita pratica. Ali-
menta il compromesso fra universale e particolare, tra il reale e l’immaginario, ciò
che ognuno elabora dentro (anima) e fuori (personalità).
La cultura di massa (USA) costituisce un corpo di simboli, miti, immagini ri-
guardanti la vita (pratica e immaginaria), proiezioni di identificazioni specifiche
prodotte con la fabbricazione industriale di massa; è una cultura prodotta e divul-
gata dai mass media.
Policulturalismo e autonomia relativa della cultura di massa. La cultura di massa,
è una forma che serve per produrre rappresentazioni di sé. La massa è come una
folla solitaria. L’individuo è bersaglio della comunicazione (metafore guerriere),
teoria dell’ago ipodermico. La cultura di massa è comunque complessa, in
quanto l’identità di riferimento non è omologa, essendo composta da un policul-
turalismo che manifesta: cosmopolitismo, cultura di massa planetaria perché fon-
data sui mezzi di diffusione di massa. Ma anche contingenza, casualità e confu-
sione, occasionalità.
Morin critica gli intellettuali e come approccino alla cultura di massa, perché sfo-
cia nell’incapacità di leggere approfonditamente le dinamiche dell’uomo moderno
e come instauri un rapporto con il mondo. Teoria critica -> effetti perversi dell’il-
luminismo come responsabile dell’egemonia culturale borghese (egemonia come
falsa coscienza delle masse, Gramsci). Nel testo di Horkheimer e Adorno, Dialet-
tica dell’illuminismo. Scuola di Francoforte, riflessioni sociologiche sugli effetti
perversi dell’illuminismo. Non c’è liberazione dell’uomo dai concetti del passato,
ma assoggettamento in un altro uomo, con la produzione di una società basata
sulle dinamiche tecnocratiche e burocratiche che lo schiavizzano nel lavoro indu-
striale. Alienazione e nascita della vita immaginaria, una rappresentazione esem-
plificato nella figura dell’operaio contemporaneo.
La razionalità illuminista crea un dominio culturale che ha come detentori i mem-
bri della classe borghese, che vuole livellare saperi, gusti, conoscenze.
La forma della produzione industriale viene traslata anche nella cultura. La cul-
tura diventa industriale, una merce, caratterizzata da un consumo quotidiano,
che distrae le masse dai veri problemi. Non c’è valore, sparisce il concetto di mi-
glioramento dato dalla cultura. L’uomo è omologato e non riesce a creare un pen-
siero critico. La nascita di un oggetto sociologico come il tempo libero (liberato
dal lavoro), genera l’amusement, divertimento e distrazione genuina.
In Italia Pasolini è stato esponente di quel pensiero. Osservazione del carattere
dell’industria culturale applicato alla cultura ed alla situazione italiana del dopo-
guerra. Gli intellettuali rifiutano la cultura di massa perché non è fatta da loro,
perché spodesta la distinzione tra cultura alta e bassa, come detentori della cono-
scenza. Cultura alta vs cultura bassa.
A partire dall’osservazione dell’immaginario collettivo liberandosi della dicotomia
cultura alta vs bassa, si arriva al metodo autocritico e al metodo della totalità,
ovvero cogliere un fenomeno nelle sue interdipendenze e integrare l’osservatore
nel sistema delle relazioni osservate. Il metodo autocritico è un’osservazione che
ricade su di sé, e della totalità che cerca di comprendere tutti con le diverse sfac-
cettature. L’osservatore è parte di ciò che osserva.
Morin -> due meccanismi per spiegare il funzionamento dell’industria culturale.
Burocrazia - invenzione oppure standardizzazione - individualità. Abbiamo
produzione di serie, prodotti tutti uguali (burocrazia e standardizzazione). È ne-
cessario superare la contraddizione fra strutture burocratiche-standardizzate e
originalità del prodotto che bisogna fornire.
La struttura dell’immaginario è adatta alla sua resa burocratico-industriale perché
si struttura su modelli guida (archetipi). Si tratta di temi guida mitici e romanze-
schi. Lo sviluppo di un “tipo” dipende dall’originalità di attore o regista.
Strutture esterne: regole, convenzioni, generi, programmi.
Strutture interne: situazioni tipo, personaggi tipo.
Il fatto di funzionare per modelli fa sì che gli archetipi diventino poi stereotipi,
semplicizzazioni degli archetipi. Il sistema dei media osserva l’ambiente e lo
tratta su questa base. Il pubblico è pubblico sulla base di come i media lo hanno
pensato. L’industria culturale e il sistema dei media sono sviluppati nell’ambito di
una società di massa. La risposta della comunicazione all’evoluzione è l’industria-
lizzazione (anche culturale) che democratizza la società ma la semplifica anche,
eliminando la complessità per esempio, con l’archetipo che diventa stereotipo.
L’industria culturale mira al grande pubblico. Dagli anni 30 del Novecento si af-
ferma l’industria culturale con il grande cinema holliwoodiano. Il cinema è un me-
dium collettivo che non richiede sforzo cognitivo, che ha grande potenza di imma-
ginario (lavoro sulle immagini). Gli anni 30 vedono il cinema diventare forma
egemone dell’industria culturale. I media rinforzano la caratteristica di riuscire a
rivolgersi a tutti, creando un campo di azione che sappia rivolgersi a tutti stati
sociali, a diverse età, a diverse popolazioni.
Uomo medio come antrophos universale. Il suo linguaggio è quello audiovisivo.
La cultura di massa risveglia una universalità primaria ma allo stesso tempo crea
una nuova universalità partendo da elementi culturali tipici della civiltà moderna
e specificamente di quella americana.
Norman Rockwell -> molto amico di Disney, fondamentali per la cultura popolare
americana, con uno stile di realismo romantico. Importante lo scampo tra reale e
immaginario, nonché l’identificazione del pubblico nei confronti di quell’immagi-
nario, stesso tipo che nell’uomo del passato c’era con il sacro, con la religione.
Partecipazione estetica con fine del significato rituale o culturale delle opere. Oggi
conta principalmente la forma estetica, il sentimento verso le cose. La danza mo-
derna risuscita le modalità arcaiche, però non ci sono più i riferimenti