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Pietro in ciel d’oro (Pavia) e anche in una raffigurazione di Saddam Hussein, ministro della giustizia

di in Baghdad.

La benda come simbolo della giustizia: significato ed esempi.

La benda come simbolo della giustizia, secondo Ernst von Möller, appare per la prima volta in una

rappresentazione di Albrecht Durer (1493) e in Sebastian Brant (1494). Inizialmente è un simbolo

che esprime un significato negativo: viene infatti rappresentato un folle (persona che indossa il

cappello che veniva messo ai folli) che benda la giustizia (raffigurata sempre con la spada in mano

e accanto a una bilancia), a significare che la giustizia sferra i suoi colpi a caso.

Tuttavia, già a partire dal 1531, quindi pochi decenni dopo la comparsa di questo simbolo, la

benda assume un significato positivo: valore dell’imparzialità, a indicare che la giustizia non si

lascia guidare dalle condizioni e dal volto di chi giudica. Ne abbiamo un primo riscontro nella

Fontana della Giustizia, di Hans Gieng (Berna) del 1543. La bilancia, la spada e la benda sono tre

attributi della giustizia presenti in tutto il mondo nei tribunali e sono ormai radicati nella cultura

popolare (rappresentati congiuntamente in un album dei Metallica del 1988).

Altri simboli di minore importanza della giustizia: lo sguardo di Dio (nella mitologia di vari popoli,

la giustizia viene consegnata dagli dei), lo fascio dei littori (fasce unite in cui dentro vi è un’ascia, i

littori lo portavano per amministrare velocemente la giustizia; pronta a punire il colpevole. Hans

Krumper, Giustizia, 1600), la gru (animale dal sonno debole; vigilanza), lo struzzo (assimila e

digerisce ogni cosa, fa propri anche gli elementi più estranei, si pensava potesse mangiare anche i

metalli; pazienza), cornucopia, ulivo, penna (attributo delle professioni giuridiche, una volta i

giuristi erano gli unici a usare le penne), libro.

La giustizia e la concordia in Ambrogio Lorenzetti.

Nell’Allegoria del Buon Governo dipinta da Lorenzetti (1337) viene rappresentato il signore della

città circondato dalle sette virtù. Quella che primeggia su tutte le altre e in qualche modo viene

rappresentata come la sposa del sovrano è la Giustizia, la quale consente il buon governo. E’ al

centro di un asse verticale, al di sopra di questa vi è la sapienza che deve sempre guidare la

giustizia, al di sotto vi è la Concordia, come esito della giustizia. E’ inoltre al centro di un asse

orizzontale che rappresenta i due profili della Giustizia (per i quali Lorenzetti si ispira alle

concezioni filosofiche di Aristotele): da un lato, la giustizia distributiva, quella che punisce i

colpevoli (ha infatti in mano la spada e sta tagliando la testa ad una persona), dall’altro la giustizia

commutativa che ha a che fare con gli scambi, con le transazioni civili. La giustizia non ha solo

ruolo di proteggere i giusti e punire i colpevoli, ma produce anche benessere per la città, la

concordia. Questi effetti positivi si possono infatti vedere negli “Effetti del buon governo”, un altro

affresco facente parte di questo ciclo, in cui si osserva la vitalità della città, in cui non solo le

botteghe e i lavoratori sono in piena attività, ma vi è anche il divertimento (persone che danzano)

e il benessere che caratterizza anche la campagna. All’opposto, il cattivo governo è quello privo di

giustizia, in cui il male è presente, regnano i vizi e non le virtù, c’è violenza, rivolte e disordine.

Eugène Delacroiz, Le naufrage de Don Juan (1840)

Eugène Delacroix è un pittore romantico che per questo dipinto s’ispira all’opera del romantico

inglese Lord Byron. Viene rappresentata la scena drammatica di un naufragio e di queste persone

su una zattera che sono ormai rimaste senza cibo e acqua. Essi capiscono che per sopravvivere

devono mangiare uno di loro e si aprono così due prospettive: la prima, equivale alla legge del più

forte e prevede che si uccida e si mangi il più debole; la seconda (che poi è l’opzione che prevale)

prevede di mettersi d’accordo e scegliere l’individuo di cui cibarsi tirando dei dadi. In questo

modo, si supera la forza in nome di una procedura condivisa da tutti. Non è dunque un atto di

forza, bensì una soluzione rispetto a cui tutti sono d’accordo e questo è significativo dal punto di

vista del diritto poiché il diritto ha sempre a che fare con il prevalere di una regola rispetto alla

forza.

L’importanza di Athena per la comprensione del diritto.

Athena è la dea che ha istituito il giusto processo, basato su contraddittorio e terzietà del giudice,

superando la vendetta e marcando così il passaggio tra pre-diritto e diritto. E’ la dea che combatte

preferendo l’intelligenza alla violenza; l’associazione di Atena all’intelligenza è dovuta anche

all’etimologia del suo nome (infatti in greco théu noésis: pensiero di Dio). E’ una divinità

civilizzatrice che ha accompagnato gli uomini verso forme superiori di cultura: infatti, fu lei a

favorire la costruzione della prima nave che abbia solcato i mari (Argo), su cui salirono Giasone e i

suoi compagni. E’ anche la dea della tessitura, l’arte di collegare con abilità e pazienza, della

relazione.

Diritto come regola della convivenza nella societas perfecta.

Il diritto è regola di convivenza nella societas perfecta secondo la prospettiva di Aristotele, filosofo

greco del IV sec a.C, e di Tommaso d’Aquino, XII sec. E’ una componente della dimensione sociale

dell’uomo, divenuta di fondamentale importanza nel momento in cui l’uomo ha iniziato a

convivere con altri uomini (non diretti familiari) e si è reso necessario porre delle regole per

assicurare la pace. Il diritto è quindi innanzitutto (1) regola di convivenza, dal momento che esso

non si declina in un solo profilo, quello penale (diritto della notte), di protezione e difesa dalla

paura, ma è anche e maggiormente un diritto di progettazione (diritto del giorno), che favorisce le

relazioni e le transazioni fra gli uomini. E’ regola di convivenza nella (2) societas perfecta, per tale

intendendosi l’ambito che garantisce la pienezza della vita di ogni uomo. Non è perfetta perché

ideale e assomma a sé tutte le qualità positive, ma perché è completa, autosufficiente. Secondo

Aristotele, la polìs sorge per rendere possibile la vita e sussiste per produrre le condizioni di una

vita buona; ogni uomo per natura deve vivere una polis, altrimenti è bestia o dio. Secondo

Tommaso, sempre sulla stessa linea di pensiero, in una società perfetta si può trovare tutto ciò di

cui ha bisogno la vita umana e solo in essa si può perseguire una felicità comune.

Diritto e modernità.

Ad un certo punto della storia, nella modernità, la societas perfecta viene identificata con lo Stato

nazionale centralizzato che assorbe le società feudali ed è chiuso alle altre societas. Dal punto di

vista giuridico, la modernità si manifesta nella riduzione delle fonti del diritto alla sola legge dello

Stato, caratterizzata dall’attributo dell’astrattezza e della generalità, la quale si distingue

soprattutto dalle anteriori fonti del diritto, la consuetudine e la scienza giuridica. La modernità ha

determinato tre grandi cambiamenti di paradigma: (1) dal pluralismo sociale al monismo dello

Stato che diventa l’unica fonte del diritto (in Europa continentale, non in Inghilterra); (2) dal diritto

come oggetto di conoscenza (infatti prima, il giurista cercava la norma migliore da un punto di

vista conoscitivo) al diritto come prodotto di un atto di volontà (i giuristi danno opinioni e

commenti alle norme); (3) dal diritto elaborato da giuristi e maestri al diritto come monopolio del

potere politico (prima lo Stato si occupava solo del sistema tributario e dell’ordine sociale). In un

tale ordinamento giuridico, il pluralismo ha avuto un effetto dirompente, inizialmente come

pluralismo sociale e in seguito, nella tarda modernità, si manifesta anche nei valori e nelle culture.

Siamo oggi nell’età della decodificazione in cui il codice ha ancora un ruolo significativo, ma è

integrato da innumerevoli leggi speciali e internazionali. Si assiste oggi ad una perdita di solidità

della modernità: da strutture più stabili a più precarie (modernità liquida).

Il concetto di “narrazione” (o “metanarrazione”)

Jean-Francois Lyotard, in La condition postmoderne, analizza lo stato della cultura dopo le

trasformazioni subite da scienza, letteratura, arti dalla fine del XIX secolo e le mette in relazione

con la crisi delle narrazioni. “Narrazioni”, in termini sociologici, sono tutti i discorsi di

legittimazione, in cui i grandi valori giustificano scelte politiche e giuridiche. “Metanarrazione” è

un'idea astratta che si ritiene essere una spiegazione onnicomprensiva dell'esperienza storica o

della conoscenza. Metanarrazione è la storia presupposta da una narrazione.

Secondo Loyotard, nel postmodernismo si sviluppa un sempre maggior scetticismo nei confronti

delle metanarrazioni, contenenti qualche verità trascendentale o universale. Già in origine la

scienza è in conflitto con le narrazioni poiché, se misurate col suo metro (ovvero la ricerca del

vero), tutte risultano favole. Tuttavia, la scienza per legittimare le sue regole di gioco, costruisce

un discorso di legittimazione del proprio statuto, chiamato filosofia (metadiscorso che però ricorre

ad espedienti narrativi). Da questo risulta come, legittimando il sapere attraverso una meta-

narrazione che implica una filosofia della storia, si è portati ad interrogarsi sulle istituzioni che

governano il legame sociale. In tal modo, la giustizia diventa il referente di una grande narrazione

allo stesso titolo della verità.

La definizione di “postmoderno” data da Loyotard ed il suo significato.

Lyotard definisce quindi “postmoderna” l’incredulità dei confronti delle narrazioni (che in termini

sociologici sono tutti i discorsi di legittimazione, i grandi valori che giustificano scelte politiche e

giuridiche). Un passaggio d’epoca avviene quando le persone non credono più alle narrazioni

dell’epoca precedente; il sapere cambia statuto quando le società entrano nell’età postindustriale

e le cultura in quella postmoderna, evoluzione che è iniziata dagli anni 50 e la cui rapidità varia da

paese a paese. Gli Stati, le istituzioni, le tradizioni perdono così il loro ruolo di centralizzazione, in

quest’epoca caratterizzata dalla complessità. Secondo Loyotard, nel postmodernismo si sviluppa

un sempre maggior s

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A.A. 2013-2014
36 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

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