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Bolwby inizia a formulare una teoria che vede al centro del legame madre-bambino un

legame emotivo, a partire da queste teorie e da quella che viene definita teoria dei sistemi,

elabora la teoria dell’attaccamento e le conseguenze dirette che ha sul nostro

comportamento, ci fa capire che esiste un sistema più o meno chiuso, all’interno del quale

le informazioni vengono interpretate, selezionate e ricordate in un modo coerente al nostro

modello operativo interno (MOI).

Ogni sistema ha un meccanismo di autodeterminazione, ognuno di noi in base al proprio

STILE DI ATTACCAMENTO o ai propri MOI aggiusterà, momento per momento, non solo

il comportamento, ma anche i significati che vengono costantemente attribuiti agli elementi

quotidiani.

Due persone con STILI DI ATTACCAMENTO differenti, con MOI differenti, vedranno la

stessa cosa in modo diverso e il senso che ogni individuo darà della realtà esterna sarà

coerente con i suoi MOI.

Anche il concetto di feedback (cibernetica) condiziona in termini di attaccamento le

informazioni di ritorno dal contesto esterno, saranno lette anche queste in un modo

coerente c1on il nostro MOI.

Non solo il singolo individuo, ma anche le dinamiche duali ne saranno condizionate, c’è

poi l’aspetto del cognitivismo, che fa riferimento al fatto che i modelli cognitivi, che hanno a

che fare con i processi di memorizzazione, perché adulti con STILI DI ATTACCAMENTO

diversi, narrano la propria storia in maniera diversa, sia dal punto di vista del narrato che

degli elementi mnestici (dettagli).

Esistono quattro stili di attaccamento, che si sono selezionati ai primordi della specie, per

permettere la sopravvivenza dell’uomo e tutti e quattro sono funzionali all’adattamento,

non esiste uno migliore degli altri, esiste lo STILE DI ATTACCAMENTO SICURO, che

appartiene a soggetti che meglio si sono adattati all’ambiente, hanno competenze emotive

differenti e migliori, ognuno ha punti di forza e debolezza, avere un certo tipo di MOI

potrebbe essere utile in alcune professioni, è la loro espressione massima che può essere

problematica e a rischio.

Esistono due paure fondamentali nell’infanzia: la paura dell’estraneo e la paura della

separazione dalla madre, per le quali esistono due spiegazioni: quella dell’infanzia

condizionata, del comportamentismo, fattori positivi e negativi vengono letti come rinforzi

positivi e negativi dal bambino, che fanno sì che l’estraneo e la separazione vengono visti

da questo come negativi, qualcuno lo condiziona fin dall’inizio, ma è poco probabile che

una madre possa condizionare questa paura, di fatto intorno all’anno di vita queste paure

si presentano e questo può essere spiegato in termini evoluzionistici.

Bolwby quindi teorizza l’attaccamento come: una predisposizione biologica del piccolo

verso chi si prende cura di lui, una motivazione intrinseca e primaria basata sulla ricerca di

contatto e conforto, che si attiva nelle situazioni di pericolo, un sistema di controllo di tipo

cibernetico con lo scopo di mantenere un equilibrio omeostatico tra vicinanza ed

esplorazione, un comportamento orientato ad uno scopo, sopravvivenza, successo

riproduttivo.

Esistono quattro fasi di sviluppo del legame di attaccamento:

- FASE 1: (0-2 mesi) comportamenti di segnalazione e di avvicinamento, ricerca non

selettiva di contatto e prossimità.

- FASE 2: (3-6 mesi) comunicazioni dirette: ricerca selettiva di contatto e prossimità con le

figure familiari che si occupano di lui.

- FASE 3: (6-24 mesi) segnali di mantenimento della vicinanza, creazione di un effettivo

legame orientato e preferenziale, ricerca del contatto con il caregiver e paura

dell’estraneo.

- FASE 4: (24 mesi in poi) relazione basata su uno scopo programmato, perseguimento di

scopi comuni regolati dai feedback provenienti dall’ambiente.

Già dalla FASE 2 il bambino getta le basi di una consuetudine che diventerà aspettativa,

che poi si tradurrà in comportamento, fino ai 24 mesi il bambino continuerà a regolare i

suoi comportamenti secondo lo scopo e secondo i feedback che riceve, il bambino creerà

una vicinanza accettabile, secondo i feedback materni, per riuscire ad essere rassicurato.

Il bambino sarà:

- SICURO, se avrà una madre sensibile e responsiva

- EVITANTE, se la madre avrà un atteggiamento ipercritico, centrata sulla performance e

incapace di regolare le emozioni negative del bambino.

- AMBIVALENTE, se la madre avrà un atteggiamento imprevedibile, la metà delle volte

sicura e l’altra metà sottraente.

Bolwby ha creato un costrutto teorico ma dobbiamo aspettare il contributo della

Ainsworth, per comprendere che esistono gli STILI DI ATTACCAMENTO, la Maine

individuerà il corrispettivo di questi stili negli adulti, dimostrando con studi longitudinali, che

esiste una forte correlazione tra stili di attaccamento materno e quello dei loro figli.

Studi dimostrano che esiste una componente genetica temperamentale che permette ad

una madre di avere figli con temperamenti diversi che innescano feedback diversi,

esistono anche diverse variabili che co-variano, ma non condizionano lo STILE DI

ATTACCAMENTO, ma le sfumature.

A parità di stili di attaccamento esistono persone più o meno flessibili nelle loro strategie,

quindi il legame madre-bambino si struttura fin dalla nascita, la madre comincia ad essere

quello che la Ainsworth definisce BASE SICURA, ed inizia a studiare quali sono le

variabili che condizionano il comportamento della diade, attraverso il BALTIMORE

LONGITUDINAL STUDY, si sono studiate 26 coppie madre-bambino, per mezzo

dell’osservazione si sono contati i comportamenti della diade, e sono emerse due variabili:

- SENSIBILITA’

- RESPONSIVITA’

Una madre sensibile è in grado di riconoscere i bisogni del bambino, una responsiva è in

grado di rispondere a quei bisogni.

Una madre può essere sensibile e non responsiva e viceversa.

Mary Ainsworth studia le caratteristiche genitoriali della sensibilità, cioè la capacità di

comprendere i bisogni del bambino, e la responsività, cioè la capacità di soddisfare i

bisogni del bambino, la madre può rispondere o meno a questi bisogni, ma c’è comunque

nelle risposte un andamento coerente con le aspettative (MOI) della madre.

La Ainsworth elabora la STRANGE SITUATION, diventata importante metodo di

valutazione per comprendere i MOI, e quindi lo STILE DI ATTACCAMENTO dei bambini

intorno ai 12 mesi, è possibile poi ripeterla fino ai 6 anni di età.

Sottoponendo il bambino alle due paure ancestrali, la paura dell’estraneo e di essere

abbandonato si voleva testare il suo grado di sicurezza.

La STRANGE SITUATION si svolge in OTTO FASI, di fatto però le fasi più importanti sono

tre.

All’interno di una stanza vengono posti la mamma e il bambino, con dei giochi a

disposizione, ad un certo punto entra l’estraneo nella stanza e si osserva come il bambino

reagisce alla sua presenza, poi esce la mamma, e il bambino resta solo con l’estraneo, poi

torna la mamma, si osserva come il bambino reagisce alla riunione con la mamma, c’è poi

un momento in cui il bambino rimane completamente solo, per arrivare ad una seconda

riunione con la mamma.

L’idea della Ainsworth era quella di testare quali fossero i MOI dei bambini e quindi di

identificare gli STILI DI ATTACCAMENTO, quindi non si poteva non tener conto del

comportamento delle mamme, perché emergevano alcune differenze sostanziali.

Una MAMMA SICURA, riuscirà a regolare le emozioni del bambino, ad essere sensibile e

responsiva e a l’ansia data dal contesto, quindi il BAMBINO SICURO sarà nella

condizione di esplorare l’ambiente, di giocare. Quando entra l’estraneo il bambino sicuro

sarà diffidente all’inizio, ma se vede la mamma tranquilla potrà interagire con lui o

continuare a giocare, quando la mamma si allontanerà mostrerà il suo disappunto

piangendo, ma sarà facilmente consolabile, più velocemente dalla mamma che

dall’estraneo, una volta consolato tonerà ad esplorare.

Il BAMBINO AMBIVALENTE, rimane attaccato alla mamma, non interagisce con

l’estraneo, urla quando è solo, è inconsolabile dall’estraneo, la MAMMA è INAFFIDABILE,

il bambino non sa prevedere il suo comportamento, tenta quindi di starle vicino il più

possibile, il bambino non si consola, tanto è che spesso viene interrotta la valutazione,

quando la mamma ritorna il bambino ambivalente probabilmente colpisce la mamma che

si rende conto di quello che sta accadendo e mentalizza paura e senso di colpa.

Il BAMBINO EVITANTE, è spinto a giocare dalla mamma che tendenzialmente sembra

preoccupata, vive la situazione sperimentale come un esame, sembra preoccupata per la

performance, normalizza i comportamenti, il bambino inizierà a mantenere una giusta

distanza dalla mamma continuerà a giocare in tutte le fasi della STRANGE SITUATION,

apparentemente il bambino sembra non fare nulla, ci si è allora interessati al perché

questo accade.

Gli studiosi hanno allora iniziato a rilevare i livelli di CORTISOLO, l’ormone dello stress dei

bambini, prima e dopo la separazione, ed è venuto fuori che questi bambini mostravano

livelli più alti di ansia rispetto ai bambini sicuri e a quelli ambivalenti, quindi quando il

bambino sembra far finta di niente, di fatto sta solo mantenendo una distanza ottimale, che

è paradossalmente, per i bambini evitanti più importanti della vicinanza della madre.

La spiegazione di tutto ciò è rintracciabile nei MOI, che ci dicono che è più funzionale per

un bambino evitante mantenere la distanza piuttosto che avvicinarsi alla madre, si tratta di

un comportamento corretto secondo lo scopo, l’impegno cognitivo ed emotivo per un

bambino evitante è più alto di quello del bambino ambivalente, perché deve imparare tutta

una serie di comportamenti complementari a quelli della madre.

Lo stile di attaccamento del bambino è funzione dello stile di accudimento della madre.

Nella prima fase degli studi della Ainsworth sono stati rilevati 3 STILI DI

ATTACCAMENTO, i bambini che mettevano in atto quelli che, all’epoca, venivano definiti

comportamenti assurdi, riconducibili a deficit cognitivi, tipo il FREEZING, in assenza o in

presenza della mamma, o l’evitamento dello sguardo, venivano definiti come bambini

problematici, non organizzati, successivamente la Maine ha categorizzato questi bambini

come DISORGANIZZATI e ha dato un senso a questo tipo di comportamento, erano

bambini che avevano sperimentato delle mamme particolarmente difficili, che

sperimentavano loro stesse l’angoscia, assum

Dettagli
A.A. 2017-2018
13 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Cristianabusatti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia Sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Toni Alessandro.