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EAST RTIFICIAL HROMOSOME

Questo cromosoma artificiale è nato dallo studio sulla struttura dei cromosomi

eucariotici che hanno consentito l’individuazione delle componenti chiave di un

cromosoma: - Il centromero, importante per la segregazione

- I due telomeri, importanti nella replicazione delle estremità

- Le origini di replicazione multiple, necessarie per le

dimensioni del cromosoma

Un esempio classico è YAC3. Questo vettore è costituito essenzialmente da pBR322 al quale sono stati

inseriti alcuni geni di lievito. Questi geni sono URA3 e TRP1, quest’ultimo ovviamente adiacente a un sito

ARS ma in questo caso, essendo un frammento più lungo, comprende anche la regione centromerica del

cromosoma IV, CEN4. Separate da un frammento con estremità BamHI troviamo le due sequenze

telomeriche TEL. L’ultima porzione di YAC3 è il gene SUP4, un marcatore di selezione all’interno del quale

viene inserito il DNA da clonare (sito SnaBI).

Il procedimento del clonaggio è il seguente:

Digeriamo con BamHI e SnaBI il frammento fra i due siti BamHI viene scartato, lasciando braccio dx e

sx, ciascuno fiancheggiato da una sequenza TEL e da un sito SnaBI il frammento da clonare deve avere

estremità piatte come quelle generate da SnaBI questo viene inserito in S.cerevisiae per trasformazione

- -

dei protoplasti il ceppo di lievito utilizzato è un doppio mutante⁡trp1 ⁡ura3 che grazie ai geni presenti sul

cromosoma artificiale può complementare la selezione avviene su terreno minimo, quelli che non hanno

ricevuto il vettore non prolifereranno, quelli che hanno ricevuto un vettore senza inserto produrranno colonie

bianche, quelli ricombinanti colonie rosse.

Svantaggi e vantaggi: possono andare incontro a chimerismo, ovvero la co-saldatura di più regioni nello

stesso YAC; sono talvolta instabili, soprattutto per ricombinazioni intramolecolari; può avvenire co-

trasformazione, ovvero più YAC per cellula. Ciononostante, hanno permesso la distribuzione dei cloni in

griglie (piastra di Terasaki), produzione di filtri con i singoli cloni da usare in screening e l’allineamento di

cloni in contigui (walking on the chromosome). 27

A.A. 2017/2018

VETTORI PER ALTRI LIEVITI E FUNGHI: scoprire nuovi modi per clonare frammenti all’interno di

questi organismi può tornare utile per studi di biologia molecolare o per applicazioni biotecnologiche. I

plasmidi episomici derivati da 2μ possono replicarsi in altre specie, ma hanno uno spettro d’ospite

abbastanza ristretto. Questo limite viene meglio superato dai plasmidi di integrazione YIp, in grado di

generare ricombinanti stabili, che sono stati utilizzati ad esempio in Pichia⁡pastoris e Kluveromyces⁡lactis e

nei funghi filamentosi Aspergillus⁡nidulans e Neurospora⁡crassa.

VETTORI PER ANIMALI: una notevole importanza è stata ricoperta dall’elemento P di Drosophila, un

trasposone in grado di spostarsi all’interno del cromosoma o su di un altro cromosoma, ma per gli insetti in

generali è stato importante Baculovirus, che però come già detto in precedenza portava alla produzione di

tantissime proteine ma tutte mal ripiegate. Per quanto riguarda i mammiferi, all’inizio SV40 ha ricoperto un

ruolo fondamentale, un esempio di applicazione è quello dell’inserzione del gene per la β-globina di coniglio

nella terapia della talassemia, ma col tempo altri virus si sono rivelati altrettanto efficaci, come:

- Gli adenovirus

- I papillomavirus

- I virus adeno-associati, che hanno bisogno di adenovirus come virus helper. La

peculiarità di questi virus è che inseriscono il proprio genoma sempre nella stessa

posizione del cromosoma XIX, e questo è particolarmente importante ad esempio in

terapia genica.

- I retrovirus, i più comunemente usati in terapia genica poiché, sebbene inseriscano il

loro genoma in maniera casuale, le linee ricombinanti risultano molto stabili.

Fino a qui abbiamo analizzato le varie tecniche per clonare i geni all’interno degli organismi. Ora vedremo i

vari metodi disponibili per l’ottenimento di un clone di un singolo gene specifico.

10. IDENTIFICAZIONE DEI CLONI

Il problema principale da affrontare per ottenere il clone di un singolo gene è l’identificazione del clone,

poiché anche gli organismi più semplici come E. coli contengono migliaia di geni, quindi una digestione di

restrizione produce sia un frammento con il gene desiderato sia numerosi altri frammenti inutili.

Sebbene esistano metodologie diverse attraverso cui ottenere il clone desiderato, sono tutte variazione sui

due temi fondamentali: la selezione diretta del gene di interesse e l’identificazione del clone all’interno di

una genoteca.

10.1. S ELEZIONE DIRETTA 28

A.A. 2017/2018

Questo principio si basa sul piastramento dei trasformanti su un terreno agar in cui solo i ricombinanti

desiderati possano crescere. Il caso più semplice sfrutta i geni che conferiscono resistenza ad antibiotici,

quindi i ricombinanti desiderati saranno gli unici a sopravvivere su terreno contenente antibiotici. -

Un altro metodo sfrutta i mutanti di E.⁡coli⁡o S.⁡cerevisiae, come ad esempio il caso di E.⁡coli⁡TrpA .

I limiti di questa metodologia sono intrinsechi nelle strategie utilizzate, ovvero:

- Deve esistere un terreno selettivo

- Deve esistere un mutante per quel gene

ma entrambe queste condizioni non sono sempre soddisfatte. Ciononostante, questa è sicuramente una

metodologia efficiente se si vogliono clonare geni per enzimi biosintetici.

10.2. I DENTIFICAZIONE IN UNA GENOTECA

Le genoteche di organismi semplici come batteri, lieviti o funghi risultano abbastanza gestibili poiché questi

organismi hanno relativamente pochi geni. Quando si tratta invece di organismi superiori, come animali o

funghi, le cose si complicano perché le genoteche complete avrebbero dimensioni poco pratiche. Per questi

organismi si può ricorrere a un diverso tipo di libreria, che si basa sul fatto che i geni non vengono espressi

allo stesso modo e contemporaneamente in tutte le cellule. Quindi si può costruire una libreria di un tipo

particolare di cellule, come nel caso delle cellule dei semi di grano in sviluppo, che producono un’elevata

quantità di gliadina. Pertanto, in queste cellule troveremo un alto numero di mRNA specifico di questa

proteina, circa il 30%; quindi se lo clonassimo, otterremmo un elevato numero di cloni specifici per la

gliadina. Ovviamente l’mRNA non può essere ligato al vettore, pertanto dovrà essere trasformato in cDNA.

In linea generale comunque, l’identificazione di un gene specifico implica l’avere a disposizione una sonda

di ibridazione.La sonda consiste in una molecola di DNA o RNA in grado di ibridare molto stabilmente con

la molecola di DNA di nostro interesse, poiché da un lisato cellulare avremo molte molecole di DNA che si

appaieranno un minimo con la sonda, ma queste verranno scartate nel corso della tecnica usata.

Poggiando un filtro di nitrocellulosa o nylon su una piastra di coltura, alcuni batteri rimarranno adesi a

questa membrana; si procede quindi con la lisi delle cellule tramite alcali e proteasi e, sottoponendo a raggi

UV, rimarrà il DNA adeso alla membrana tramite lo scheletro zucchero-fosfato. Utilizzando quindi una sonda

radioattiva questa si andrà a legare sul DNA proveniente dal clone di nostro interesse e pertanto sarà

visualizzabile su una lastra autoradiografica.

la sonda si può ottenere principalmente in 3 modi:

- Il primo è stato spiegato in precedenza nell’esempio della gliadina, quindi si procede a

sintetizzare il cDNA 29

A.A. 2017/2018

- Il secondo sfrutta il fatto che di molte proteine si conosce la sequenza amminoacidica

parziale o totale. Si procede essenzialmente in un modo: si identificano dapprima Met

e Trp poiché sono codificati da una sola tripletta; seguono Asp, Asn e Glu sintetizzati

solo da 2 codoni; inoltre sappiamo che ad esempio, quando un AA è codificato da 4

triplette, quasi sicuramente è il 3° nucleotide a cambiare. Si usano quindi

oligonucleotidi degenerati come sonde di ibridazione.

- Il terzo sfrutta il fatto che alcuni geni fanno parte di famiglie geniche e spesso sono

molto conservati all’interno di uno stesso gruppo tassonomico. Si parla pertanto di

sonde eterologhe.

Un esempio è dato dalle proteine heat-shock. Costruiamo una libreria di cDNA di una situazione normale e

di una sottoposta a calore. Lo stress induce cambiamenti nell’espressione genica nel giro di 5 minuti. Si

confrontano le situazioni per vedere la differenza nel segnale dato. Si parla in questo caso di ibridazione

differenziale.

Un’alternativa alle sonde sono lo screening funzionale e lo screening immunologico. Il prodotto di un gene

può essere visualizzato in vari modi; per quanto riguarda i geni eucariotici una libreria a cDNA è essenziale,

poiché avremo dimensioni piccole e senza introni.

Screening funzionale: si può procedere con l’analisi per l’acquisizione di una nuova funzione, corrispondente

a un nuovo fenotipo, oppure ad un’analisi mediante complementazione di funzione. Un altro esempio sfrutta

il riconoscimento proteina-proteina, ad esempio usando una calmodulina marcata possiamo riconoscere se un

clone esprime determinate proteine leganti calcio.

Immuno-screening: se si inietta una proteina in un coniglio il sistema produrrà anticorpi che rimarranno in

circolo per un po’ di giorni; in cerca 10ml di sangue troveremo quantità di anticorpi più che sufficienti.

Quindi si trasferiscono i cloni su membrana, si lisano, si aggiunge l’anticorpo che si legherà ai cloni

contenenti la proteina desiderata e poi marchiamo gli anticorpi con la proteina A marcata, una proteina

aspecifica che lega il sito aspecifico degli anticorpi. Quindi visualizziamo su lastra autoradiografica.

Una volta identificato il clone contenente il gene di nostro interesse, possiamo utilizzarlo per ottenere

informazioni sulla sua struttura oppure, tramite questo, possiamo ottenere informazioni sul genoma in cui è

contenuto. Si ricorrerà quindi a tecniche per determinare la localizzazione di un gene clonato in una grande

molecola di DNA, a metodi per il sequenziamento, a tecniche che permettono di usare il gene per studiare la

struttura dell’intero genoma.

10.3. L OCALIZZAZIONE SUL CROMOSOMA

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A.A. 2017/2018

Se la molecola è troppo lunga, come nel caso di interi cromosomi, si ricorre a un tipo particolare di Southern

blot che non usa ER, ma il trasferimento su supporti solidi, preparati da gel elettroforesi OFAGE. Una volta

separati i vari cromosomi si può procedere ad ibridazione per localizzare i geni.

La tecnologia OFAGE però non è adatta a separare i cromosomi con dimensioni maggiori di

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
41 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/11 Biologia molecolare

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Vagnona di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Tecnologie ricombinanti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università del Salento o del prof Perrotta Carla.