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A CIASCUNO IL SUO (1966)
Nella primavera del 1960, l'opinione pubblica, soprattutto quella siciliana, fu particolarmente interessata a un fatto di cronaca che richiama quello che è raccontato da Sciascia in A ciascuno il suo.
Un commissario di pubblica sicurezza venne ucciso ad Agrigento mentre passeggiava insieme alla moglie, una donna bellissima che era solita accompagnarlo durante queste uscite. La stessa moglie, che ricorda molto Luisa, la moglie del medico Roscio, aveva una relazione - neanche tanto segreta - con uno psichiatra piuttosto importante di Agrigento. Subito si pensò a un delitto legato a questioni amorose, ma ben presto si capì che ci doveva essere ben altro sotto e che non poteva essere semplicemente un delitto passionale; in effetti, la vedova e l'amante, che erano stati inizialmente accusati di omicidio, furono subito rilasciati perché la polizia si rese conto che presumibilmente la strada del delitto d'onore non poteva essere.
Quella corretta. Si capì, quindi, che ci dovevano essere sotto altre questioni, ma non si arrivò mai alla verità. I romanzi gialli e i romanzi inchiesta di Sciascia partono sempre da un fatto di cronaca, cioè da un fatto realmente accaduto che poi lui rimaneggia per costruire la vicenda; questo gli serve, probabilmente, per dare un senso maggiormente realistico e sincero a quello che sta descrivendo. Questo procedimento era già stato utilizzato nel primo romanzo di Sciascia, Il giorno della civetta, perché l'avvio metteva in scena l'uccisione realmente avvenuta nel 1947 di un sindacalista che nel libro viene trasformato in un piccolo imprenditore edile per non seguire troppo la verità storica e per costruire un vero romanzo. Anche in A ciascuno il suo, la polizia e i carabinieri crederanno tutto il tempo che la morte dei due disgraziati fosse dovuta a questioni amorose legate alla figura del farmacista Manno e non invece a quella
del medico Roscio. Andando avanti nella storia, i lettori sanno fin da subito che in realtà l'uccisione di Manno è stata solo un pretesto, e chi doveva davvero morire era il medico Roscio. Dal libro è stato poi tratto anche un film, uscito nel 1967 e diretto da Elio Petri. In una serie di lettere che lo scrittore scambia con il regista, Sciascia gli dirà che è certo che farà un gran bel film, ma che sarà molto diverso dal libro, e che questo in parte gli dispiacerà. Quando il film esce, Sciascia gli scrive ancora per ringraziarlo del film, ma rimanendo convinto che è solo liberamente tratto dal libro, così come si legge, effettivamente, all'inizio dei titoli. La libertà che si prende Petri, secondo Sciascia, è quello di non fare un film politico, ma un film di costume, quindi su certi usi e comportamenti tipici della Sicilia e dei siciliani. Petri risponde dicendo che nelMomento in cui si descrive il comportamento della Sicilia e i siciliani si fa anche - sicuramente non in maniera diretta - politica. Sciascia ribatterà un'ultima volta dicendo che il romanzo va letto non solo come un romanzo di mafia sui comportamenti tipici dei siciliani, ma soprattutto come un romanzo sul mondo della politica, e in modo particolare lo stretto legame che esiste tra politica, altri poteri forti e comportamenti mafiosi. Nel romanzo, in effetti, la mafia entra solo ed esclusivamente con il personaggio di Raganà, cioè quel personaggio che il professor Laurana incontrerà sulle scale del palazzo di giustizia molti mesi dopo l'uccisione di Roscio, quando ormai aveva deciso di smettere le proprie indagini e di lasciarle da parte. Mentre sale le scale, Roscio incontrerà l'avvocato Rosello insieme a un uomo politico importante e a un misterioso personaggio che non gli viene neanche presentato, ma di cui nota la marca del sigaro.
La stessa del mozzicone e della cartina lasciata sul luogo del delitto. Arriva così a capire come sono andati presumibilmente i fatti, e solamente andando al paese di origine di Raganà scoprirà chi è davvero, e cioè un killer professionista stipendiato dalla mafia. È qui che la collusione tra politica e comportamenti mafiosi entra in gioco. Sciascia ha sempre difeso questo aspetto, cioè il fatto che è un romanzo in cui si parla del cattivo funzionamento della politica e del lato sporco e oscuro della politica italiana, in questo specifico frangente siciliana. Per analizzare il romanzo, è necessario fare riferimento alla frase di esergo che viene messa dall'autore prima dell'avvio della storia propriamente detta, e cioè quella di Edgar Allan Poe tratta da I delitti della Rue Morgue: "Ma non crediate che io stia per svelare un mistero o per scrivere un romanzo". Come mai Edgar Allan Poe e questo testo?
Poe è uno degli autori centrali della forma-zione dello Sciascia giallista, tanto che in tutti i suoi studi dedicati al romanzo giallo o al raccontogiallo, Poe occupa un posto di primo piano, perché viene considerato uno dei più importanti inizia-tori di un genere, e quindi averlo scelto dà il senso e la cifra del fatto che questo romanzo, al di là di essere anche un romanzo di costume e politico, è chiaramente vissuto da Sciascia come un ro-manzo giallo, e come tale il lettore lo deve leggere. Il mistero che nel romanzo deve essere svelato è il motivo per cui Manno e Roscio sono stati uccisi; in verità, non è solo questo il mistero che dovrà essere svelato: ce n’è un altro, infatti, che non verrà svelato – o perlomeno conoscono solo in pochi– e cioè la scomparsa di Laurana. Non tutti i personaggi che agiscono all’interno del romanzo, siatra quelli principali sia tra quelli secondari.Sapranno che fine ha fatto Laurana. Le forze dell'ordine si convinceranno che la sua scomparsa è dovuta ad una fuga con una donna, forse con una giovane allieva, ma i lettori sapranno bene che Laurana giace morto in una cava di zolfo - non a caso - dopo essere stato ucciso quella sera in cui si è recato a Palermo per aspettare Luisa, senza che lei si sia mai presentata. All'interno del paese, gli unici che hanno capito come è andata davvero la storia e, soprattutto, che fine ha fatto Laurana, sono i notabili del paese: il romanzo, infatti, sembra circolare, in quanto inizia e finisce più o meno con gli stessi personaggi, tranne, ovviamente, i tre defunti: Manno, Roscio e Laurana. L'ultimo capitolo si chiude un anno dopo alla festa di fidanzamento tra Rosello e la vedeva Roscio, Luisa: durante la festa, i due più importanti notabili del paese discutono tra di loro e parlano della morte di Laurana; i poteri forti, e in
questo caso i poteri che reggono le attività politiche del paese in cui è ambientata tutta la storia, sono ben a conoscenza di quello che è successo, ma in fondo, a detta loro, Laurana era un cretino e quindi non vale la pena parlarne di più e tantomeno di comunicare alle forze dell'ordine della sua morte perché questo significherebbe rivelare anche il vero mandante dell'uccisione di Laurana, cioè l'avvocato Rosello, notabile altrettanto quanto lo sono loro. Tutti i personaggi, dunque, sanno perfettamente come sono andate cose, ma lasceranno che nessun altro lo sappia per evitare che uno di loro possa pagare per la morte di Laurana. L'altra questione che viene spiegata all'interno di questo esergo è quella che riguarda il romanzo: non che Sciascia non pensi che quello che sta per scrivere non sia un romanzo, ma lui sosteneva in generale che la sua misura era quella del romanzo breve perché la misura breve.Econcisa è quella che più gli appartiene. È difficile trovare parole chiave in questo romanzo, perché in realtà non esistono delle parole che vengono ripetute più spesso. Tranne due: la parola cretino/cretini, che è anche la parola con cui si chiude il romanzo, e la parola verità; queste due parole, guarda caso, finiscono per trovare il loro punto di incontro nel professor Laurana. Laurana, effettivamente, ha molte debolezze: conosce poco le cose del mondo perché ha vissuto sempre con sua madre e in un mondo tutto suo fatto di scritture e di libri, e caratterizzato solo dall'appuntamento quotidiano con gli amici del paese; la sua debolezza è stata proprio quella di non conoscere a fondo le questioni del mondo, tra cui non vedere quello che era evidente, cioè che Luisa fosse implicata nella morte del marito, ma la bellezza carnale e prorompente di Luisa non lo porta a ragionare. Per quanto riguarda verità,
Laurana viene spinto a indagare sulla morte di Roscio e di Manno esclusivamente per un senso di verità che, in alcuni casi, sembra essere curiosità, ma che è soprattutto ricerca di verità. Fin da subito, si convince che la strada del delitto passionale non regge, e di fronte ai carabinieri che non cercano e che non vogliono indagare oltre, è spinto dalla necessità di conoscere la verità. Spinto anche, forse, da un legame che lui sente più intenso nei confronti di Roscio rispetto a tutti gli altri compaesani: Roscio era stato suo compagno, si conoscevano da molti anni, e per quanto tra di loro ci fossero sempre state poche parole, quelle poche parole avevano creato, almeno nella mente di Laurana, un legame affettivo e più significativo rispetto ad altri. Incuriosito, soprattutto, da un dettaglio che lui vede in.Ha assunto anche il significato di una persona che non sa usare nella maniera più corretta le armi dell'intelligenza. All'interno del romanzo molti altri personaggi vengono definiti cretini, tra cui il mandante dell'omicidio di Roscio, l'avvocato Rosello, perché il cretino è quello che in certi momenti della propria esistenza non sa usare nella maniera più opportuna le due doti razionali e quindi finisce per compiere azioni tipiche di una persona non intelligente.
Controluce sulla lettera anonima che viene inviata al farmacista Manno, cioè la scritta "unicuique suum", "a ciascuno il suo", composta con i caratteri tipici del giornale L'Osservatore romano. L'altra parola che a un certo punto della storia acquista un valore determinante è "roba", termine che ricordai due testi di Verga, "La roba" e "Mastro-don Gesualdo", dove il tema dell'acquisizione di ricchezze materiale e immateriale è centrale.
'amore segreta. Questo fatto, unito alla gelosia di Roscio per il successo di Rosello nella vita professionale, ha portato alla tragedia.