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L'APPROCCIO PEDAGOGICO DAL CRISTIANESIMO ALL'UMANESIMO
Un saggio di Annapaola Ursini
Il passaggio dalla scuola romana a quella cristiana non è stato drastico. I cambiamenti verificatisi nei primi secoli, infatti, non sono molti e ciò a causa della convivenza del messaggio cristiano nella scuola pagana, considerata essenziale per la trasmissione delle basilari nozioni culturali.
La continuità con le vecchie tradizioni venne spezzata solo quando i Padri della Chiesa presero dell'inconciliabilità della nuova fede con la cultura classica e pagana. L'acquisizione di questa consapevolezza maturò il bisogno di definire contenuti di fede, norme disciplinari e principi riservando particolare attenzione all'educazione dei etici, fanciulli e, in particolar modo, delle bambine.
All'interno di questo panorama spicca la figura di Sant'Agostino - in ambito pedagogico - (354 -430), ritenuto il massimo esponente dei Padri della Chiesa.
Chiesa nonché della pedagogia del Cristianesimo antico. Egli è altresì considerato un mediatore fra cultura classica e cultura cristiana in quanto si di definire quale fosse il ruolo del bagaglio culturale pagano all'interno della formazione occupò cristiana. In particolar modo, Sant'Agostino riconosceva la "bontà" dei modelli educativi e culturali del mondo classico: a patto che fossero osservati secondo la prospettiva del pensiero cristiano, essi potevano divenire fonti di preziose risorse. Al centro la trasformazione dell'uomo vecchio in uomo nuovo. Tale trasformazione avviene mediante l'educazione cristiana, il cui obiettivo ultimo è la salvezza dell'anima; Cristo diventa il modello da emulare per raggiungere questo alto traguardo spirituale. In linea con il modus operandi della nuova pedagogia cristiana, vividamente interessata al mondo dell'infanzia e.All'educazione dei più piccoli, Sant'Agostino era particolarmente attento ai fanciulli. Egli riteneva che il bambino fosse vittima del peccato e considerava l'infanzia come una delle diverse fasi della crescita umana - macchiata dunque dal peccato e tendente ad allontanarsi dal bene - e non come una condizione di purezza. Da ciò consegue che l'educazione va pensata per il bambino come per giovani e adulti e deve puntare all'insegnamento del controllo delle passioni (che possono dare origine al male).
Secondo l'ideologia agostiniana, è Dio l'unico vero maestro. La funzione pedagogico-didattica degli insegnanti è quindi posta in secondo piano, in quanto l'insegnamento mira a raggiungere la verità, la quale è insegnata da Dio. Perciò, un bravo maestro non deve imporre dall'esterno l'apprendimento.
di quale proviene da Dio. specifici concetti, ma deve aiutare l'allievo a trovare la verità che è dentro di sé. Infatti, secondo Agostino tale verità sta proprio all'interno dell'uomo: essa non può essere consegnata dagli insegnanti, ma viene cercata e scoperta dagli alunni sotto la guida dei loro formatori, i quali offrono modo l'educazione diventa stimoli e indicazioni. In tal autoeducazione; in questo processo, è proprio – – a parlare e agire dall'interno dello studente. Dio vero maestro di Sant'Agostino hanno influenzato non poco il pensiero pedagogico successivo, ma il Le riflessioni lungo periodo che da lui arriva a San Tommaso d'Aquino è ricco di eventi e mutamenti che vanno dalla crisi dell'Impero Romano all'affermazione degli Stati Nazionali. Il modello educativo cristiano rimaneva al centro dell'istruzione e, durante tutto il Medioevo, la Chiesa esercitò un
controllo sulle istituzioni scolastiche con l'intento di diffondere l'istruzione religiosa. L'autorità dei maestri, un insegnamento che si basa sulla memorizzazione e sull'ascolto sono gli elementi di disciplina rigida e unche caratterizzarono il sistema scolastico medievale, che riservava molto poco spazio alle iniziative degli allievi e alle attività ludiche. di San Tommaso D'Aquino (1225 – 1274), uno dei più importanti rappresentanti della Scolastica nonché punto di incontro tra filosofia classica e cristianità. Avendo aderito all'aristotelismo, il filosofo ha all'interno inserito il pensiero razionale di Aristotele della visione cristiana del mondo; recuperando i famosi concetti aristotelici di potenza e atto, Tommaso ha elaborato le sue idee adattandole alla dottrina cristiana nel tentativo di superare il contrasto fra Rivelazione cristiana e ragione umana. Il frate domenicano
proporre una teoria educativa opposta a quella di Sant'Agostino. Mentre quest'ultimo risolveva la problematicità della relazione pedagogica nella dottrina dell'illuminazione, San Tommaso concepiva il rapporto educativo come il passaggio da potenza ad atto, secondo una visione gerarchica e funzionale del rapporto tra maestro e allievo. In questo modo, l'educazione non è altro che il rapporto fra questi due soggetti; questo rapporto è mediato dagli elementi culturali che - detentore dell'auctoritas - trasmette all'allievo che, dal canto suo, possiede una disposizione/facoltà di apprendimento di un sapere che è in potenza. Trattasi di una concezione trasmissiva e gerarchica dell'educazione (proprio quella negata da Agostino). L'allievo è in possesso di un sapere in potenza - quindi non è una tabula rasa - e il maestro puòstimolarlo dall'esterno per aiutarlo a trasformare questa potenza in atto. Per Tommaso l'educazione è un processo redentivo attuabile mediante una formazione cristiana. Questo tipo di approccio pedagogico subisce un drastico mutamento con l'avvento dell'Umanesimo, il quale sposta l'attenzione dalla sfera religiosa dell'uomo a quella umana (humanitas). In questo periodo la pedagogia si incentra sull'affermazione dell'individualità umana e della creatività personale e risponde a determinate richieste di educazione e formazione. L'infanzia torna primo piano: se durante il Medioevo l'interesse per l'educazione infantile era basso, l'Umanesimo in 3 rivaluta questo stadio vitale ritenendo che esso costituisca una ricchezza. Le famiglie - in particolare quelle nobili o borghesi - tendevano a educare la prole in funzione delle loro attività politiche, economiche, militari e religiose, secondo un nuovo
Il modello educativo di stampo umanistico e liberale, che fosse adeguato ai tempi e alla situazione storico-sociale, prevedeva la scelta di insegnanti preparati e l'inizio del processo educativo sin dalla nascita.
Concreta espressione degli ideali pedagogici dell'Umanesimo è stata specialmente la scuola di Vittorino da Feltre (1378-1446), umanista ed educatore che nel 1423 ha dato vita alla "Giocosa", un collegio fondato nella villa che Gian Francesco I Gonzaga, signore di Mantova, gli aveva messo a disposizione. Trattavasi della prima scuola che realizzava una fusione degli ideali umanistici con lo spirito cristiano.
La fama della Giocosa si diffuse molto velocemente e le richieste d'ammissione divennero presto così tante che fu necessario assumere altri insegnanti e costruire un secondo edificio per accogliere tutti gli iscritti. Il collegio era aperto a ricchi, nobili ma anche a gente di umili origini.
Vittorino preferiva alunni poveri a superbi figli di signori in quanto la sua scuola mirava all'uguaglianza, alla fraternità, al rispetto della personalità e all'ordine. Si riservava molta attenzione alle differenze individuali e perciò nell'insegnamento si teneva sempre conto degli interessi degli studenti. Era importante, però, anche la memoria, che si doveva esercitare sin da piccoli.
Vittorino da Feltre è stato uno dei primi a proporre un tentativo di sviluppo armonico di mente e corpo. Al lavoro mentale erano affiancati esercizi fisici, in quanto era importante curare mente, corpo e spirito. Alla Giocosa si studiavano i classici greci e latini, si faceva ginnastica, ci si dedicava alla danza, al canto e alla musica; anche l'educazione morale e religiosa era molto importante.
Il programma scolastico prevedeva ancora lo studio delle discipline del trivio e quadrivio, ma anche della letteratura latina e greca e della filosofia.
Era essenziale, nondimeno, ritemprare la mente: per questo motivo si organizzavano, ad esempio, escursioni presso il lago di Garda o verso le Alpi. Accanto agli svaghi non mancava, però, una rigida disciplina, ottenuta soprattutto con la religiosità; Vittorino si preoccupava di offrire agli allievi un'ottima preparazione scolastica (era lui stesso a scegliere i maestri della sua scuola), ma gli premeva soprattutto di formare anime integre e rette e perciò affiancava alle pratiche scolastiche una intensa pratica religiosa fondata principalmente sulla preghiera e sulla Messa.
Vittorino da Feltre aveva abolito le punizioni corporali; i suoi castighi consistevano nella perdita del sorriso del maestro e della sua benevolenza. I valori del rispetto, della collaborazione e della solidarietà caratterizzarono la sua scuola e il suo modello didattico ed educativo.