Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 8
Appunti sul lavoro femminile prof Catalini Pag. 1 Appunti sul lavoro femminile prof Catalini Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 8.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Appunti sul lavoro femminile prof Catalini Pag. 6
1 su 8
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Legislazione sul lavoro femminile

Le prime forme di legislazione sul lavoro femminile le ritroviamo nel 1902 con la legge 242 ("legge Carcano") che regolamentava l'uso della forza lavoro femminile, vietando alle donne i lavori sotterranei, insalubri e pericolosi. Era inoltre previsto un limite di 12 ore nella giornata lavorativa.

Questa tutela del lavoro femminile subisce un'accelerazione durante il regime corporativo (1926), che è ricco di legislazione sociale di tutela della donna. Qual è il problema? La legislazione sociale si basa, generalmente, su un assunto: "la donna è un soggetto debole e come tale deve essere tutelato", il regime corporativo quindi crea una regolamentazione forte di tutela nei confronti delle donne lavoratrici.

Queste disposizioni normative producevano un duplice effetto: da un lato si consolidava una tradizione di protezione e tutela del lavoro femminile che però di fatto contribuiva all'espulsione della donna dal mercato del lavoro.

favorendo un ritorno nell'ambito domestico oppure un trasferimento lavorativo della donna su attività che erano al di fuori della dimensione legale, quindi meno protette. L'eccesso di protezione produce effetti aberranti. Le principali leggi emanate durante il periodo corporativo sono: - Legge 653/1934 sulla tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli. - Legge 1347/1934 sulla tutela della maternità delle lavoratrici. Queste due leggi sono accomunate da un Leitmotiv, cioè la trattazione del lavoro femminile insieme a quello dei minori (che vengono chiamate "mezze forze lavoro") e l'esclusione dal loro campo d'applicazione del lavoro a domicilio, familiare e agricolo, quindi rimanevano scoperti di tutela. Le cose cambiano con l'emanazione della Costituzione, si afferma il principio di uguaglianza e divieto di discriminazione (art 3) e sulla volontà di rimuovere ostacoli economici-sociali che impediscono il pieno sviluppo di.una persona, creano i presupposti per una tutela positiva della donna nel lavoro. In questo contesto, ha particolare rilevanza l'art 37, che dice che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, la stessa retribuzione che spetta al lavoratore. Inoltre, le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla mamma e al bambino una adeguata protezione. Questa norma ha suscitato perplessità. Può essere suddivisa in due parti: la prima che sancisce il principio di parità di trattamento a favore della lavoratrice e una seconda in cui si prevedono eccezioni in relazione a determinate finalità, ma la perplessità maggiore sembra essere determinata da una formulazione ambigua ovvero "l'essenziale funzione familiare", come obiettivo esplicito, rispetto al quale il principio di tutela assume un valore strumentale. Questa dizione testuale sembrerebbe

imporre una sorta di compatibilità obbligatoria tra funzione familiare essenziale e condizione di lavoro, cioè il termine "essenziale" quindi è come se non potesse mancare, non se ne potesse fare a meno. Di fronte a questo tipo di logica, le forze politiche più progressiste hanno proposto un'interpretazione più equilibrata/evolutiva in base alla quale si è posto sullo stesso piano entrambe le dimensioni di vita, per cui la donna libera da condizionamenti può esercitare la propria libertà di scelta e questa libertà è resa possibile dall'intervento dello stato che attraverso un processo di legislazione riformista promuove gli opportuni cambiamenti nel mondo del lavoro, nella sfera sociale, culturale e del costume. Quindi questa essenziale funzione familiare diventa importante, ma che va conciliata con quella che è il ruolo lavorativo della donna. D'altro canto, l'art 37 contiene

un’ulteriore frase che ha lasciato perplessità agli interpreti, cioè la parte che si riferisce al campo retributivo. Infatti, la norma dice che la donna ha diritto alla stessa retribuzione, a parità di lavoro. Cosa si intende per parità di lavoro? Qualcuno ha voluto sostenere che fosse la parità di rendimento, per cui la valutazione era basata su elementi economici. In realtà, l’interpretazione più corretta è quella che fa leva sul combinato esposto di art. 37 e 36, che fissa gli elementi determinanti dell’equa retribuzione, per cui il presupposto di un’equa retribuzione e di una retribuzione che non crei discriminazioni sarà assicurata allorquando si avranno eguaglianza o equivalenza delle prestazioni della lavoratrice rispetto a quelle del lavoratore, senza possibilità di distinzione sulla base dei risultati ottenuti. Quindi la tesi che fa riferimento al rendimento risulta essere inaccettabile ed.

è ampiamentetutt’oggi superata. Il periodo della tutela (dai primi del 900) dura fino alla metàdegli anni ’70 e durante questo periodo, una volta caduto il regime corporativo,vanno segnalate per la loro importanza altre 2 leggi:

  1. Legge 7/1963 che riguarda i licenziamenti a causa di matrimoni
  2. Legge 1204/1971 sulla tutela della maternità.

Legge 7/1963: elimina quelle che erano chiamate “clausole di nubilato”, cioèquelle clausole che venivano apposte al contratto di lavoro al momento dellastipulazione in base alle quali, qualora la donna si fosse sposata, avrebbe persoil posto di lavoro. Si giunge a questa legge perché in realtà tutte le forzepolitiche erano d’accordo sulla necessità di emanarla, perché? Perché da unaparte, secondo le forze cattoliche era una questione di tipo morale, per cui siriteneva che le clausole di nubilato incentivassero unioni irregolari, in contrastocon l’art

Formattazione del testo

29,31 Costituzione, laddove si tutela la famiglia. Dall'altro siaffermava, in modo giuridicamente corretto, che l'illiceità delle clausole dinubilato andasse ricercata nella violazione dell'art 37, 4 Costituzione laddove si tutela il diritto/dovere al lavoro. Con l'emanazione di questa legge si stabilisce definitivamente l'illegittimità dei licenziamenti a causa di matrimonio, dal momento della richiesta delle pubblicazioni ad un anno delle celebrazioni e la clausola si ritiene come se non fosse stata apposta. In questo modo coerentemente con quelli che sono i principi del lavoro, viene applicato il principio di conservazione del negozio giuridico, per cui la nullità di una clausola non travolge l'intero contratto.

Legge 1204/1971: riguarda la maternità. In primo luogo va evidenziato che le sue norme trovano applicazione nei confronti delle lavoratrice dipendenti di lavoratori privati, dipendenti dello Stato, Regioni, Province e

delle cooperative. Questa legge compie un salto di qualità notevole, cioè per la prima volta la maternità cessa di essere un fatto privato della lavoratrice, per la prima volta viene considerata nel suo valore sociale e proprio in ragione di questo si ravvisa la necessità di tutelarla. Considerando le disposizioni della legge, diciamo che si possono evidenziare 3 temi fondamentali:

Divieto di licenziamento della lavoratrice madre: costituisce un aspetto fondamentale della nuova legge e rappresenta una rottura notevole con le disposizione precedenti in materia di cessazione del rapporto di lavoro, in quanto viene drasticamente limitata la facoltà di recesso unilaterale del datore, perché il licenziamento intimato è nullo e non inefficace, come previsto dalla normativa precedente. Questo divieto non è completamente assoluto, nel senso che possono sopravvivere delle cause oggettive, che il legislatore individua analiticamente, che consentono

Il licenziamento della lavoratrice anche se in gravidanza. Le fattispecie che il legislatore individua sono 3:

  1. Colpa grave da parte della lavoratrice, quindi l'esistenza di una giusta causa;
  2. Cessazione dell'attività dell'azienda;
  3. Compimento della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o scadenza del termine.

Previsione di un periodo di astensione dal lavoro obbligatorio per maternità: è previsto un periodo di astensione dal lavoro che si traduce in un divieto assoluto durante i 2 mesi precedenti il parto e nei 3 mesi seguenti.

Corresponsione di un'indennità di maternità per il periodo di astensione dal lavoro: si prevede che durante tutto il periodo di astensione obbligatoria, la legge assegni la corresponsione di un'indennità pari all'80% della retribuzione, ridotta quando la lavoratrice usufruisce di un'astensione dal lavoro facoltativa fino al 30%.

Un ulteriore passo avanti viene

compiuto nel 1977: viene emanata la legge 903. La legge 903 segna l'inizio del periodo della parità perché la donna non è vista più come un soggetto debole da tutelare, ma un soggetto pari all'uomo. Questo principio di parità, per altro, è un principio essenzialmente di parità formale e questo avrà pesanti ripercussioni perché, malgrado questa legge sia stato un avanzamento culturale sul piano della regolamentazione del lavoro femminile, per altro verso questa legge è rimasta spesso poco applicata e poco efficace. Nella legge possiamo dividere le prescrizioni contenute in diversi gruppi a seconda delle finalità che vengono perseguite, quindi nella legge troviamo norme finalizzate a garantire parità di trattamento nell'accesso al lavoro (art 1), norme volte ad assicurare la parità di trattamento nello svolgimento del lavoro (art 2 che riguarda la parità di retribuzione, art 3 che...

Riguarda l'attribuzione di qualifiche, art 4 che riguarda la cessazione del rapporto di lavoro), norma che mirano a ridurre le difficoltà d'impiego e assunzione della donna (art 5), norme tendenti ad adeguare la disciplina giuridica del lavoro femminile alla nuova struttura della famiglia e infine, l'apparato sanzionatorio costituito da 2 norme: art 13 e art 15.

Art 1: viene vietato qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione. Qui occorre però valutare 2 aspetti, cioè l'aspetto relativo al collocamento e quello relativo al periodo di prova. Per quello che riguarda il collocamento, c'era una classificazione separata per le donne e quindi venivano posposte nella prassi agli uomini. L'art 19 della 903, che abroga le precedenti disposizione, incide sulla legge 264 che prevedeva questa classificazione separata, per cui in base alle prescrizioni,

negli uffici di collocamento risultera

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Nauu98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Politecnica delle Marche - Ancona o del prof Catalini Paola.