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GIANBATTISTA VICO
Con Vico la filosofia moderna affronta per la prima volta, in maniera sistematica e orginale, il
problema del mondo storico, nelle sue strutture e nei suoi significati. Uno dei concetti
fondamentali della filosofia vichiana è la proposizione "il vero si identifica con il fatto".
Secondo Vico, Dio e l'uomo possono conoscere solo ciò che fanno. Quindi significa che l'uomo
non può conoscere il mondo della natura che, essendo creato da Dio, può essere oggetto
soltanto della conoscenza divina. Può conoscere tuttavia il mondo della matematica e della
storia. Nella Scienza Nuova Vico riconosce la storia come l'oggetto proprio della
conoscenza umana. Nel mondo della storia l'uomo è il prodotto e creazione della sua azione,
sicchè questo è il mondo umano per eccellenza, quello che certamente è stato fatto dagli uomini
e di cui si possono quindi conoscere i principi. La storia deve avere in sè un ordine fondamentale,
al quale lo svolgimento degli avvenimenti tende al suo significato finale. Il tentativo che l'uomo ha
sempre cercato di compiere nei riguardi della natura, quello di rintracciare ordine e leggi, può
essere effettuato con successo soltanto nel mondo della storia giacchè soltanto questo è
veramente opera umana. La nuova scienza deve fondarsi sulla filologia, intesa come studio
della lingua e di tutte le manifestazione della civiltà umana e viene detta da Vico "coscienza del
certo", e la filosofia, intesa come studio delle cause e delle leggi che spiegano i fatti ed è detta
da Vico "coscienza del vero". Filologia e Filosofia devono procedere insieme e completarsi a
vicenda, in modo tale che si possa giungere a inverare il certo e accertare il vero.
De antiquissima Italorum sapientia.
Proemio: Il De antiquissima Italorum sapientia è un'opera pubblicata nel 1710. Quest'opera che
doveva comporsi di tre libri , rispettivamente dedicati alla metafisica, alla fisica e alla morale,
risultò solo il primo ( Liber metaphysicus) perchè gli altri non furono scritti. Quest'opera è
dedicata a Paolo Mattia Doria, eccellente filosofo e matematico di nobili origini che aveva
appoggiato più di tutti Vico nel suo progetto. Nel proemio Vico chiarisce lo scopo della sua opera:
cercare di risalire, facendo la storia di alcune parole latine, alle dottrine dei primi popoli
italici ( Ioni e gli Estruschi) dai quali le parole sarebbero passate nella lingua latina. Vico
presenta perciò la sua metafisica come la metafisica degli antichi contrapponendola a quella
cartesiana. Vico nell'analizzare la lingua latina, nota che ci sono molti termini aulici come
locuzioni filosofiche, che i latini utilizzavano senza conoscerne il significato perchè i latini non
avevano una conoscenza filosofica propria. Vico allora si chiede come è possibile che ci sono
queste locuzioni filosofiche in lingua latina. Vuol dire che li hanno ereditati da un altro popolo in
particolare dagli Ioni che sono i primi filosofi, e gli Estruschi, i maggiori esperti di geometria e
metafisica. L'intento dunque di Vico era quello di analizzare questi termini dotti per risalire al loro
significato metafisico. Dunqua l'analisi filologica è solo un pretesto per introdurre un'analisi
metafisica dato che ogni parola ha un significato metafisico.
Capitolo 1: Il vero e il fatto. In latino verum e factum sono la stessa cosa. La gnoseologia
del De antiquissima si impernia sull'antitesi tra conoscenza divina e conoscenza umana. A Dio
appartiene l'intelligere ( l'intendere) che significa conoscere apertamente, leggere
perfettamente. E' la conoscenza perfetta risultante dal possesso di tutti gli elementi che
costituiscono l'oggetto. All'uomo appartiene il cogitare ( pensare) che significa andar
raccogliendo fuori di sè alcuni elementi costitutivi dell'oggetto. La ratio ( la ragione) significa
calcolo aritmentico e quindi è una facoltà umana. Ma la ragione è l'organo dell'intendere quindi
appartiene veramente a Dio, l'uomo non vi è padrone ma solo partecipe. Dio e l'uomo possono
conoscere con verità solo ciò che fanno: perciò le parole verum e factum hanno in latino lo
stesso significato. Ma il fare di Dio è creazione di un oggetto reale, il fare umano è creazione di
un oggetto fittizio, che l'uomo opera raccogliendo al di fuori di sè, per via di astrazione, gli
elementi del suo conoscere. In Dio le cose vivono, nell'uomo periscono. La conoscenza
umana nasce così da un difetto della mente umana, cioè dal fatto che essa non contiene in sè gli
elementi del suo conoscere. Questo difetto viene tuttavia convertito in vantaggio giacchè l'uomo
si procura mediante l'astrazione gli elementi delle cose che originariamente non possiede e dei
quali poi si serve per ricostruire immagini. L'uomo utilizza il difetto della menta umana per
immaginare due cose: il punto che può essere disegnato e l'uno che può essere moltiplicato. Ma
esse sono realtà sono fittizie poichè il punto se disegnato non è più un punto, l'uomo se è
moltiplicato non è più uno. Tuttavia tramite queste due cose che immagina, l'uomo crea un
modno pieno di numeri e figure. Il principio che il vero e il fatto si identificano e cha tanto si può
conoscere quanto si fa, è un principio che dunque restringe la conoscenza umana. L'uomo non
può conoscere il mondo della natura che, essendo creato da Dio, può essere oggetto
soltanto della conoscenza divina. Può conoscere invece con verità il mondo della matematica
che è un mondo di astrazioni da lui stesso creato.La conoscenza umana è imitazione di quella
divina. Il criterio del verum/factum è un criterio di verità che significa: io conosco con verità
soltanto ciò che faccio". L'uomo è artefice della matematica, della geometria, e della storia e
dunque non potra conoscere le verità di Dio. L'uomo deve dunque abbandonare la pretesa di
conoscere il fine ultimo delle cose. Il criterio del verum/factum deve essere difeso dagli attacchi
dei dogmatici e degli scettici. Per dogmatici Vico si riferisce ai cartesiani napoletani, gli studiosi
dell'Accademia degli Investigati, che hanno fatto del pensiero di Cartesio un dogma. I dogmatici
dubitano di tutto tranne della metafica e fecero del Cogito la scienza che dimostra l'esistenza. Il
pensiero era la causa dell'essere. Vico contro Cartesio dice che l'uomo non può conoscere il
proprio essere, la propria realtà metafisica, perchè non è la causa di esso. Per Vico il cogito è la
coscienza del proprio essere, non la scienza di esso. Il fatto che io sono cosciente di pensare
e dunque di esistere è una conclusione a cui chiunque può arrivare. L'unco modo per conoscere
veramente l'essere è farlo, quindi la coscienza può essere propria anche dell'ignorante, la
scienza è la conoscenza vera fondata sulle cause. Ora l'uomo non conosce la causa del proprio
essere perchè non è egli stesso questa causa: egli nn si crea da sè. Perciò Vico osserva che
cartesio avrebbe dovuto dire semplicemente "io penso dunque esisto." Gli scettici dubitano di
tutto e dicono che l'uomo può conoscere solo gli effetti e non le cause. Vico dice che questo non
è vero perchè secondo il criterio del Verum/factum si possono conoscere le cause di ciò che si fa.
Capitolo 2: I generi o le idee. Questo capitolo è incentrato sulla critica dell'universale astratto
che non ci permette di scoprire nulla di nuovo. Vico dunque è contro il metodo deduttivo
( dall'universale al particolare) mentre esalta il metodo induttivo ( dal particolare all'universale.)
Vico analizza i danni e i vantaggi dei generi. In latino genere indica la forma metafisica
( universale) sul quale poi si modellano le specie ( particolari) che sono gli esemplari della forma
metafisica. Dice Vico le scienze più sono generiche più sono inutili, è più utile avvelarsi delle
eccezioni. I generi però hanno come vantaggio il fatto che fatti e vicende sono più facilmente
percepite dalla mente attraverso idee semplici e generali. Ma hanno lo svantaggio di essere fonte
di errori: le omonimie, termini equivoci che essendo troppo generi possono sifnificare sia una
cosa, sia il loro contrario. Facendo prevalere il metodo indittivo Vico prediligge la geometria
sintetica contro quella analitica di Cartesio.
Capitolo 3: le cause. In latino causa e negotium ( operazione) sono sinomini. La causa è ciò
che si fa quindi questo principio richiama perfettamente il criterio del verum/factum. Vico legge
dunque il principio di causa/effetto come principio di verum/factum. Secondo quanto
appena detto non si può dimostrare l'esistenza di Dio perchè altrimenti significherebbe che
abbiamo creato noi Dio. I metafisici devono essere allora tacciati di empietà.
Capitolo 4: le essenze, ossia le virtù. Tutti i filosofi sono concordi nell'affermare l'eternità e
l'immutabilità delle essenze che sono oggetto di scienza. Risulta dunque che la METAFISICA è
la sola scienza vera in quanto si occupa di essenze. Dalla metafisica derivano le altre
scienze. Tra queste quelle che risultano più vere sono l'ARTIMETICA e la GEOMETRIA.
L'artimetica ricava dalla metafisica la virtù dell'uno, ma l'uno non un numero ma lo genera. La
geometria ricava dalla metafisica il punto che non è esteso ma genera l'estensione. Sul punto si
sofferma l'attenzione di Vico che analizzando la teoria dei punti metafisici degli zenonisti
confrontadoli con Aristotele, ritorna alla metafisica degli antichi che intende sostituire a quella
cartesiana. Vico concorda con Zenone secondo il quale i corpi fisici erano formati da punti
metafisici indivisibili, quindi la fisica discende dalla metafisica per mezzo della geometria. Il
mondo fisico è un mondo imperfetto e finito mentre quello metafisico è perfetto ed infinito.
Aristotele e Cartesio non comprese ciò innalzando la fisica a metafisica. Il CONATUS o punto
metafisico che è allo stesso tempo principio di movimento e di estensione. Questi due
principi in Cartesio erano ben distinti, In Vico sono la stessa cosa infatti egli dice che il punto
metafisico si chiama MOMENTUM e vuol dire sia ciò che muove e rimanda sia al principio
dell'estensione. Quindi attraverso l'analisi etimologica della parola momentum Vico afferma che il
punto metafisico è il principio tanto dell'estensione quanto del movimento. A differenza di
Cartesio, Vico si rifiuta di ridurre tutto il reale a pura materia, non &eg