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Chiesa. Per D’Annunzio la borghesia sempre più viva a Roma è per lui un problema:

vede questi progetti sociali di uguaglianza come un rischio per una massificazione in

cui la figura del personaggio sublime, unico e irripetibile, scomparirebbe. Si accorge

che come scrittore il suo successo è funzionale proprio all’identificazione del pubblico,

è uno straordinario interprete dei desideri del pubblico ben consapevole che quel

pubblico è borghese. Sa benissimo che il suo successo dipende anche dalla sua

capacità di relazionarsi al mercato editoriale e quindi è presente una contraddizione

tra il suo rifiuto della borghesia e l’importanza che essa ha per il suo successo.

D’Annunzio presenta anche una straordinaria conoscenza del dibattito europeo e lo

traduce nel quadro italiano con una spregiudicatezza che può essere anche

considerata plagio. Il romanzo Il Piacere del 1889 è chiaramente inserito nella

situazione culturale europea dell’epoca e nel dibattito di quei letterati che si

allontanano da Zola dando vita alla letteratura decadente (Huymans – à Rebours è il

romanzo determinato sulla figura dell’intellettuale Jean Des Esseintes ultimo

discendente di una ricca famiglia. Vive una giovinezza scapestrata ma ha desiderio di

trovare il suo godimento in tutto ciò che è bello. Si rinchiude in una casa piena di

oggetti rari, raffinati, belli. Questo suo collezionismo lo segna al punto di avere nevrosi

e allucinazioni che lo porteranno anche ad abbandonare la casa. Alla fine della vicenda

non riuscirà più però ad avere una vita sociale. L’estetismo del personaggio è il

prodotto di un rifiuto patologico della normalità borghese. La bellezza è per lui l’unico

fine a cui si deve tendere. Bello è per lui ciò che è artefatto anche in modo malsano e

morboso. Il personaggio cerca disperatamente di sfuggire all’idea della moltiplicazione

dell’oggetto cercando di creare invece l’oggetto unico. L’arte e l’estetismo che si

sovrappongono alla vita rappresentano il caposaldo della letteratura decadente). A

livello economico e commerciale D’Annunzio fingerà addirittura di essere morto per

ottenere una rendita maggiore, capisce che la fortuna dei romanzi dipende dai giornali

e per questo scriverà vari romanzi d’appendice. Comprende anche che se lo scrittore è

anche giornalista in questo periodo si può ottenere maggiore successo. D’Annunzio è

poliedrico anche dal punto di vista giornalistico: firma articoli in riviste diverse con

nomi diversi, anche di donne. Conosce molto bene il dibattito francese sulla crisi del

romanzo naturalista e sa bene che in Europa sta assumendo sempre più significato il

romanzo psicologico, un romanzo con non è verista o realista e non ha come esigenza

primaria quello del racconto di eventi ma quello della narrazione di condizioni

psicologiche, di stati d’animo, di confessioni che portino alla luce sensibilità, modi di

pensare e costumi. Testi importanti per lui sono anche gli scritti dei De Goncourt. Egli

si faceva addirittura invitare a feste nobiliari per poterle raccontare negli articoli. Si

tratta di pagine che poi egli riutilizza anche in altre opere come poi anche le sue

lettere d’amore. Nell’intervista di Ojetti gli viene chiesto quale sia la situazione del

romanzo odierno ed egli afferma che gli umili cercano di uscire dalla realtà mediocre

per vivere una realtà superiore e il romanzo deve essere lo strumento letterario per

fare ciò. Il romanzo moderno deve inventare i miti di oggi, deve trasmettere una realtà

altra a chi legge il quale può trascendere la mediocrità della sua esistenza e spaziare

in una vita differente. Il romanzo del 1889 Il Piacere è pubblicato nello stesso anno di

Mastro Don Gesualdo. Le prime prove di D’Annunzio sono proprio veriste ma

successivamente ci sarà in lui uno spostamento verso il romanzo psicologico. Andrea

Sperelli, protagonista di Il Piacere, nella prima parte incontra una vecchia amante

Elena Muti e in seguito al suo rifiuto si getta nella dissolutezza: avrà relazioni con altre

donne, condurrà una vita sregolata caratterizzata anche da duelli durante uno dei

quali sarà ferito. Nella seconda parte del romanzo va in convalescenza nella villa della

cugina Francesca e conosce una donna, Maria, sublime da corteggiare. Andrea

desidera continuamente questa donna, ma vorrebbe possedere anche Elena, ma le

vorrebbe assieme in una sorta di perversione ossessiva. Quando Maria si concede a lui

egli la chiama per sbaglia Elena e Maria lo lascia. I nodi del romanzo sono tutti questi,

tutto il resto sono racconti di corteggiamenti, discorsi, descrizioni di salotti, …

Quell’ossessione perversa di voler unire Maria ed Elena implica anche qualcosa di più

complesso. L’onomastica infatti ha anche un forte valore: Elena rappresenta l’eros

mentre Maria rappresenta la purezza. Queste due figure rimandano ad Elena di Troia e

a Maria. Come per Jean anche per Sperelli vita e arte devono sovrapporsi, devono

coincidere. L’arte deve essere l’espressione più alta della vita. Il verso è tutto contro la

storia, contro la società degli uguali che la borghesia imprenditoriale e la classe

operaia che si sta organizzando con il socialismo propongono e cercano di imporre. Nel

Piacere tutto ciò è molto chiaro. Andrea è cresciuto con la massima del poeta

decadente: bisogna fare la vita come l’opera d’arte. È evidente il rifiuto di tutto ciò che

egualitario e massificato. In un romanzo di poco successivo “Le vergini delle rocce” del

1885 l’autore scrive pagine contro la speculazione edilizia che sta mutando la Roma

che tanto piaceva a Sperelli, la Roma barocca. Ci mostra episodi realmente traumatici

perché nel giro di vent’anni la città viene sottoposta ad un’edilizia ben differente,

necessaria per ospitare l’amministrazione della capitale. È un romanzo particolare che

segna l’abbandono definitivo di ogni legame con il naturalismo e in qualche misura

con il romanzo psicologico e rappresenta il manifesto del superomismo dannunziano, è

un lettura del superuomo di Nietzsche maturo, il protagonista di quella che dovrebbe

essere una gigantesca operazione di smantellamento di tutti i pregiudizi, di tutte le

trascendenze religiose che suppongono l’esistenza di un ordine razionale e religioso

che dovrebbe guidar nella vita umana. Il superuomo dovrebbe essere colui che con la

vita libera da questi condizionamenti smaschera i valori che formano l’impalcatura

ideologica dell’uomo che lo rendono non libero. Anche D’annunzio è un interprete

precoce di questo pensiero. Il romanzo parla di Claudio, un giovane deluso dalla

modernità della Roma che si sta spogliando della sua bellezza, che è convinto di dover

difendere la bellezza ideologicamente poiché la bellezza è di pochi, è quello che si

oppone alla modernità. Claudio ha una missione: sa di poter dar vita all’eletto, colui

che può incaricarsi di ribadire i valori che si stanno perdendo. Per questo ha bisogno di

un figlio e quindi di una donna che egli va a cercare in una famiglia borbonica di

altissima nobiltà ma decaduta (la follia della madre pervade in tutta la discendenza) di

cui fanno parte delle giovani tra cui Claudio dovrà scegliere anche se queste lo

rifiuteranno. Quindi sostanzialmente Claudio non può portare a termine il suo progetto.

Il romanzo segna uno spartiacque in cui la dimensione poetica assume una

dimensione politica di rifiuto della modernità. D’Annunzio mostra abilità dell’uso dei

vari registri. Riflette su questioni di contento (il passaggio dal romanzo verista a quello

psicologico) ma riflette anche sullo stile. C’e un articolo pubblicato sul Mattino di

Napoli intitolato “L’arte letteraria nel 1892. La Prosa” in cui spiega quali siano le

qualità che i giovani devono avere per ottenere successo nel campo della scrittura:

abbandonare il regionalismo e abbracciare nuove correnti spirituali, farsi europei e

ragionare sulle scelte linguistiche che devono essere adeguate allo scopo dell’opera:

da una parte rispetto della tradizione e dall’altra conoscenza profonda della grande

duttilità della lingua italiana. Nella dedica del Trionfo della Morte scrive che il

romanziere deve costituire in Italia la prosa descrittiva moderna. Secondo lui l’italiano

offre la possibilità di rappresentare gli stati d’animo più complicati. Queste potenzialità

vanno sfruttate al massimo approfittando delle tante sfumature di significato che a

lingua stessa offre, non bisogna aver paura di ricorrere ad un lessico alto. Si tratta di

una lingua raffinata ed eletta che non rappresenta soltanto una scelta stilistica ma

anche ideologica perché la lingua che il narratore usa nell’opera accosta e sovrappone

il narratore stesso ai vari personaggi sublimi che rappresenta i quali usano la parola da

dominatori.

Tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 D’Annunzio comincia “Laudi del cielo del mare

della terra e degli eroi”. Nella sua idea di fondo sarebbero dovuti essere 7 libri in versi,

ciascuno destinato ad una delle stelle più luminose delle Pleiadi. Ne scrive solo alcune:

nel 1903 Maia, Electra e Alcyone e poi ne 1912 Merope. L’ispirazione di fondo è quella

del viaggio verso la Grecia, verso il mito classico, il mito rigenerante (dimensione

eroica, coraggio, corpo, forza, piacere, …). La su operazione è imponente: i suoi versi

sono numerosi e sottoposti ad una sperimentazione metrica. Maia è composta da

ottomila versi. Il primo momento di Maia (sezione) si intitola Laus vitae (lode della

vita). Ciò che deve essere lodato è l’uomo capace di coniugare la forza primigenia e il

mito che sta nella storia dell’uomo. Parla di tre viaggi, il primo nella Grecia antica

(viaggio legato al mito di Ulisse). L’opera nel suo complesso è introdotta con una

dedica alle pleiadi e ai fati. Ulisse è visto come campione del navigare necessario, fa

un viaggio che l’uomo dovrebbe sempre essere in grado di fare. Il viaggio verso la

Grecia si sposta poi verso Roma per vedere la Cappella Sistina (dalla Grecia alla

capitale della cristianità per poi raggiungere un luogo ostile).

CANTO AMEBEO DELLA GUERRA

Amebeo indica che i versi sono alternati in forma di dialogo e a dialogare sono i

vincitori e i vinti. Bisogna ricordare il periodo storico in cui l’opera è stata scritta è un

periodo di crisi vissuto dall’Europa intorno al ‘900 (crisi dei valori liberali). L’esercizio

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentinaorbacchi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Teoria e storia della letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Tongiorgi Duccio.