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CELEBRATION
In seguito al grande successo di Disneyland, la Disney, nel 1996, ha creato in Florida una cittadina
sulla falsariga dei suoi parchi tematici. Si tratta di un luogo dove tutto funziona, non ci sono
problemi e la società ideale trova la sua massima rappresentazione. Ci sono laghetti, campi da
golf, foreste tropicali, macchine esclusivamente elettriche per non inquinare e il numero di abitanti
non può oltrepassare il numero di 20.000, altrimenti si comprometterebbero ordine e pulizia.
Ritzer affermerà che tutti questi luoghi frutto della società moderna avranno come caratteristica
principale l’implosione dello spazio e del tempo: se cinquant’anni fa dovevo recarmi nei vari negozi
specializzati per acquistare la merce, oggi mi basta recarmi in qualsiasi centro commerciale per
trovare tutti ciò che mi serve e, quindi, risparmiare tempo. Il tempo e lo spazio perdono, dunque,
valore all’interno della nostra società proprio a causa delle nostre abitudini di consumo, o meglio,
alle abitudini di consumo alle quale qualcuno ci ha introdotto. 24/03/15
Negli anni ’80, poi, si iniziò a diffondere una nuova forma di negozio, esclusivamente monomarca,
ovvero i concept stores. Si tratta di grandi luoghi nei quali la merce è eterogenea; l’obiettivo di
questa nuova formula era quello di vendere i propri prodotti, ma anche lo stile di vita che gira
attorno al marchio. Ad esempio, Nike, nel suo concept store, non presenterà soltanto i suoi
prodotti, ma farà in modo che i vari schermi a muro proiettino immagini e filmati di vari sport perché
il messaggio è: “tu che compri Nike sarai uno sportivo”. Non a caso, la stessa pubblicità, oggi, non
sponsorizza più un singolo prodotto, ma punta tutto sulla marca e sullo stile di vita che questa
promuove. Questa strategia di marketing rientra all’interno del brand management, il cui obiettivo è
quello di aumentare il valore percepito di una marca per accrescerne le vendite e distinguersi dai
concorrenti.
Per organizzare un’efficace brand management, gli esperti di marketing si avvalgono di due figure
professionali moderne:
- Cool Hunter: è una persona incaricata di andare a caccia di tendenze; il suo compito è dunque
quello di individuare i posti più cool dove, ad esempio, i giovani fanno gli aperitivi, recarvisi e
studiare da vicino il modo di vestire che accomuna i frequentatori di tale locale. Infine, dopo varie
ricerche, sarà sua briga riportare i risultati alle aziende che gli hanno fornito l’incarico.
- Data mining: è colui che analizza i dati; tutti i giorni, attraverso le innumerevoli tessere con bande
magnetiche, forniamo informazioni sui nostri acquisti o sui nostri spostamenti, e tali informazioni
vengono racchiuse all’interno di database giganteschi. Il data mining si occupa di estrapolare da
questi database le informazioni che interessano alle aziende e, per fare ciò, si serve di alcuni
software di ricerca per campo semantico: es. digito jeans e il software ricerca tutte le volte che la
parola chiave appare all’interno dell’elenco e affianco a quali altre informazioni compare (es. jeans
strappati, jeans borchiati, ecc.). Tali informazioni infine verranno unite a quelle provenienti dalle
ricerche del cool hunter e le aziende le utilizzeranno per costruire una strategia di branding
adeguata.
All’interno di questa strategia di branding, dunque, non rientrerà soltanto la pubblicità, ma anche i
concept store che si fanno promotori dello stile di vita proposto dal marchio e si indirizzano a una
particolare fetta di mercato. Il primo a dare vita a questa nuova formula di vendita fu Ralph Lauren
(1986), con il suo stile di vita ispirato agli Ivy League, degli universitari americani casual chic. Per
realizzare questo nuovo negozio, Ralph Lauren comprerà un intero palazzo nella Madison Avenue,
in pieno centro a New York, e lo allestirà come la dimora tipica di qualcuno della Ivy League: in
ogni piano si trova un salottino dove si può mangiare, riposarsi, leggere giornali e tutto il reto,
ovvero la merce, verrà disposta intorno a questo scenario. L’idea del brand, infatti, non era quella
di spingere il cliente ad acquistare immediatamente, è molto importante che questo, prima di tutto,
si cali nell’atmosfera che suggerisce l’immagine dell’azienda.
Altri esempi di concept store sono: Victoria’s Secret, Abercrombie, Disney Store, Apple, Mondadori
e Feltrinelli. 27/03/15
I luoghi della moda sono un’altra forma di spettacolo alla quale vale la pena riservare qualche riga.
I negozi d’alta moda si presentano molto scaltri, qui, domina l’essenzialismo. Ci sono pochi capi
esposti, ma varie linee per raggiungere i diversi target di clienti. Questi luoghi vengono realizzati in
modo esclusivo, al loro interno contengono anche una sorta di installazioni artistiche. Lo spettacolo
non è dato dalla vastità di prodotti, ma dal minimalismo che trasmette l’idea di preziosità del
singolo capo.
Un esempio di questa tipologia di negozio è data da quello di Prada a New York è stato realizzato
dall’architetto Koolhaos che ha messo in piedi una struttura simile a quella di un museo; la merce,
in tale contesto, acquisisce la valenza di opera d’arte, veicolando il messaggio che il valore di un
prodotto dipende anche da quello del luogo in cui viene esposto.
Il mondo della moda è dunque molto attento alla spettacolarizzazione sia attraverso i luoghi che
attraverso il cinema (importanza delle celebrities che indossano l’abito di tal dei tali a un evento
mondano). Per quanto riguarda la pubblicità, le case di moda sono tutte d’accordo nel non
avvalersi del mezzo televisivo per pubblicizzare i proprio prodotti (a parte per i cosmetici e i
profumi), utilizzando invece le inserzioni in giornali di prestigio come le riviste specializzate in
moda (Vogue, Marie Claire, ecc.) che vengono lette da un pubblico di nicchia. Questa scelta viene
giustificata dal fatto che il film televisivo è screditante per l’esclusività del marchio, dal momento
che i big della moda non intendono raggiungere la massa; ciononostante, si è comunque deciso di
trasmettere spot pubblicitari di profumi e cosmetici per ricordare la propria esistenza e perché
questa tipologia di prodotto è accessibile a più persone.
A proposito degli sceneggiati televisivi, Stuart Hall, negli anni ’70, si occupò di studiarne la
reazione degli spettatori. Il risultato fu che ognuno li interpretava in maniera diversa, a seconda del
loro contesto socio-culturale. Sarà, dunque, diversa la reazione di un operaio da quella di un
borghese. Partendo da questa constatazione, Hall elaborerà una teoria denominata “Stuart Hall
Agency”, nella quale verranno elencate le verie agency, ovvero istituzioni, che influenzano il modo
di interpretare e vedere il mondo dell’individuo. Queste agency possono essere la scuola, la
famiglia, la chiesa, i mass media, ecc., ma anche l’individuo stesso; infatti, a seconda del bagaglio
culturale, le varie istituzioni avranno un’influenza maggiore o minore su di noi: in sostanza, più il
bagaglio culturale di una persona è elevato, meno le istituzioni influenzeranno il suo mod di
interpretare i contenuti; viceversa, meno il bagaglio culturale di una persona è elevato, più le
agency influenzeranno il suo modo di interpretare i contenuti.
La globalizzazione degli anni ’90 ha portato ricchezza, ma anche ulteriore povertà nei paesi
sottosviluppati. Le realtà piccole, locali, sono stata completamente smantellate dal dominio delle
multinazionali e, in tale contesto, i paesi ricchi si sono arricchiti ancora di più a scapito di altri. A tal
proposito, Joseph Nye ha ipotizzato la teoria del “soft power” (potenza che non fa uso di violenza)
per cui una potenza internazionale, come gli USA, esporta la sua cultura, convincendo gli altri
paesi che il suo modello culturale sia la formula vincente per diventare ricchi e potenti. È chiaro
che si tratta di una strategia non attuabile dai paesi dove vige ancora la povertà.
Lo star bene economico, però, oltre a un’enorme quantità di vantaggi, ha portato anche a una serie
di problemi:
- Alcolismo e abuso di cibi grassi;
- La grande produzione è continuamente nell’occhio del ciclone per lo sfruttamento di manodopera
asiatica, costretta a lavorare in condizioni disumane e con salari bassissimi, e per quello degli
animali. 31/03/15
Una nuova forma di intrattenimento odierna è quella dei videogiochi. Non si tratta di una novità,
infatti i videogiochi appaiono agli inizi degli anni ’80 grazie al supporto della tecnologia, risorsa di
primaria importanza per l’industria dei videogames (si pensi all’aumento di interazione tra
macchina e uomo e ai miglioramenti nella grafica grazie allo sviluppo di software ed hardware
sempre più sofisticati).
I fruitori di videogiochi non sono più soltanto individui di giovane età, oggi si escludono soltanto gli
anziani. Il fatturato dei videogames ha superato oggi quello del cinema hollywoodiano, infatti, i
grandi personaggi del panorama culturale non sono più le star cinematografiche, ma quelle dei
videogiochi (es. Tomb Raider).
Caratteristiche tecniche dei videogiochi
- Storia;
- Grafica;
- Effetti sonori;
- Giocabilità: a differenza del cinema, nei videogiochi il giocatore interagisce con la stroia in prima
in persona;
- Interfaccia: l’interazione con il videogioco dipende moltissimo dal supporto fisico con il quale si
gioca (es. wii, console, ecc.).
Tipologia di giochi
- Azione e avventura: l’elemento prioritario è la trama;
- Driving & racing: basati sulla competizione;
- First person shooters: il gioco si svolge in prima persona e la violenza è l’elemento principale;
- Platform & puzzle: la grafica si sviluppa su una piattaforma che scorre in orizzontale (es. Super
Mario);
- Giochi di ruolo;
- Strategie e simulazioni;
- Giochi sportivi e di combattimento.
Costi di produzione
Avatar è stato il film cinematografico più costoso della storia, ma esiste un videogioco che detiene
il record in costi di produzione: stiamo parlando di GTA 5 che è costato 265 milioni di dollari. Ma la
cifra più impressionante è che solo 24 ore dopo la sua uscita sul mercato, era già stato ricavato
metà del costo di produzione.
Al di là delle critiche avanzate per i costi elevati di un prodotto di intrattenimento, l’industria dei
videogiochi è da sempre nell’occhio del ciclone dei non giocatori per quanto riguarda l’aspetto
violento.
I videogiochi incitano i loro fruitori alla violenza anche nella vita reale?
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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